La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 21 - 21 maggio 1961

Pag. 4 LA FIERA LETTFRARI~ Domenica 21 maggio 1961 1L viaggio di piacere d'un !{rande scrittore * SuUe difficoltà e i meriti del traduttore * Mark.Twain e l'Italia Lirici brasiliani * L'apparizione di ogni nuo– va raccolta di traduzioni di * La casa Editrice Lerici sot– topone al\'atten1ionc del let– lOrc italiano Gli imioce,ui all'estero di i\lark Twain · un libro che vuol essere la ~ re• )azione di un \'iaggio di pia– cere:-. di PIU,IIQ D1-ll'1JCCA J'anlichità, ma per vedere con i propri occhi, senza preoccuparsi di ciò che l!li altti hanno detto o scritto. La sua e relazione• indugia sugli aspetti economici, so– ciali, politici delle città che ,·a via via visitando; e quan– do mette in relazione il pas– sato con il presente non lo fa per confrontare ma so– prattutto per porre l'accento sulla precarietà del presen– te. In fondo, a lui non inte– ressa il passato: e mentre tan1i hanno scritto con ri– ,·crenza, e tillvolta con ac– centuata retorica, sulla Basi– lica di Santa Croce nella sua descrizione della visita a Firenze c'è soltanto un accenno a S. Croce; e .J?er scagliarsi contro la citta. poesia nproponc l'ormai ,·ccchia pcrpless1ta sulla lrdducibilità, o meno, della poesia stessa. di .\..Vl'ON A. CJJIO('CJUO Ogni volta che , iene pro– nunciato il nome di Mark Twain lo si associa all'umo– rismo, tanto che spesso lo scrittore viene considerato un autore comico che ha scritto opere per l'infanzia. 11 giudizio. tuttavia, non è csat lo: poiché se è vero che l'umorismo è una delle com– ponenti principali della sua narrativa è altrettanto ,•ero che la sua visione della vita è realistica essendo il Twain un osscr\'atorc acuto, molto attento ed oggcllivo. E an– che se Gli innocenti all'este– ro, pubblicato si badi, nel 1869, non raggiunge la ma– turità espressiva delle mi– gliori opere, tuttavia ha ben evidenti i segni che carauc– rizzano uno deg.li scrittori più popolari degli Stati Uni– ti. Cresciuto nella tradizio- nale del lowbrow J111111011r, Mark Twain si è sempre preoccupato di dare /un ai suoi lettori senza preoccu– parsi troppo della !orma e delle tecniche che si anda– vano atluando nel campo le11erario. Non si•creda. tut– tavia, che i suoi scritti la– scino desiderare in quanto a stile. aturalmcntc dotato egli ha scritto infatti delle opere che \'engono universal– mente apprezzate per lo stile chiaro ed energico, pieno di ritmo e di rrasi al– tamente espressive e folici. Per quanto egli fosse intima– mente pessimista le sue ope– re hanno il Potere di diver– tire il lettore che trova di– ,ertenti le sue frecciate con– tro il conformismo, contro il mito, contro tutto ciò che ave,•a il sapore di vecchiu– me e che costituiva tradi– zione. NARRATIVA OlPERIE lPRllMIE * La Sicilia diRossello *· ,li .11.11u_rrGQIU1l'I Che la Sicilia sia di per sé una sorgente inesauribile di materia e romanzabile • viva ed incandescente e che abbia in lUlli i tempi (ma parti– colarmente da un secolo a questa parte) esercitato una irresistibile forza d'a11razio– zione sugli scrit1ori sicilia– ni, auingendo, talora, perfino ragioni non Sempre giustiH– cate di ·polemiche politiche e di protesta sociale, è cosa ormai nota a tutti. tanto che abbiamo incominciato a leg– gere questo romanzo di An– tonio Russello, La Lww si mangia i morti, edito in que– sti giorni da Mondadori, col sospetto che si 1rattasse di argomento ormai sfruttato o per lo meno non tutto nuovo. Ma quando ci siamo adden– trati via via nelle dense pa– gine del libro, ci siamo su– bito ricreduti e non perché il Russello ci S\'Cli il ,,oJto di una Sicilia ancora inedita, ma perché nuovi ed autonomi ci sono apparsi i mo1i, 1 i poe– ti-ci e 1e Situazioni d'ambien– te che il giovane scrittore è riuscito a creare con la sua incisi\,a penna e con un for– te impegno umano. Leggendo Gli illocenti (I/– l'estero il lettore avrà modo di \'edere con quanta vee– menza lo scrittore si scaglia contro il Vecchio Mondo per tentare di demolire tutti i miti che vi erano stati co– strµiti. Egli vuole e suggerjrc al lettore il modo in cui egli vedrebbe l'Europa e l'Oriente se li guardasse coi propri occhi anziché con gli occhi di coloro che hanno viaggia– to per quelle terre prima di lui •· Con questa definizione che il Twain pone nella Prc– fozionc al volume è ben de– finito lo scopo della • rela– zione ,, e il contenuto di essa. li ritratto che ne uscirà fuori saril qualcosa di total– mente diverso da quelli che molti autori. da Hawthorne a Henry James, ci avevano dato del Vecchio 1\llondo e dell'Italia in particolare. e Gli innocenti all'estero• tratta di una crociera fatta presi che Michelangelo è morto!• Si potrebbe continuare ancora; mi sembra, pero, che gli esempi riportati dia– no un quadro abbastann chiaro della descrizione che Twain ha fatto dell'Italia. 'on c'è soltanto l'umorismo; c'è anche una nota profon– damente pessimista, che di• venterà in seguito il tema dominante della sua narrati– va, che permette di notare con quanto acume lo scrit– tore abbia ossen•ato l'ltali.:t. E se i risultati sono del tulio di\·ersi dai quadri for– nitici dai tradizionalisti, è per– ché Twain guarda con oc– chio spassionato, pri\'o di prcgiudizii, senza l'assillo co– stante del passato. Ei;!li è lo e uomo nuo\'O •· l'americano. che viene sul vecchio mondo non per sentire le ,•oci del- Gli innocenti all'estero ci offrono un quadro molto in– teressante della nostra terra; una visione nuova che spaz– za tutti i e miti•, soffusa com'è di umorismo e di pes– simismo. Perché questo vo– lume offre già al lettore tutta la problematica twainiana. Né sarò io che. nel pre– sentare • Lirici Brasiliani•, pubblicalo da Ruggerd Ja– cobbi per i tipi di Silva Editore, rinuncerò al destro che mi si offre di precisare una volta tanto e disinteres– satamente (Poiché non a proposito di mie traduzioni) il mio punto di vista. Il quale, a giusta e debi– ta distanza dalla fanatica intransigenza dei negalori e dal troppo riducioso - e fa– cilone - ottimismo degli as– sertori, può forse riassu– mersi nella prudente ammis– sione che si, e qualche vol– ta • la poesia è traducibile, perché no? Qualche volta. Quando? Semplicemente quando per caso o per fortuna non ,·i si rintracci alcuna di quel– le mille •impossibilità• che rendono il lavoro di noi traduttori una delle atti– vità più torturanti, più esa· speranti, più esaltanti dello ~pirito umano. Ah, non ca– pita di frequente davvero! Del resto tradurre non è certo obbligatorio. Non sto alludendo na1ural– mcnte alle banali difficoltà delle rime e dei metri even– tualmente presenti nel testo originale, che qualsiasi tra– duttore che si rispetti sa ag– girare o risolvere con l'au– silio della sua esperienza e con la scorta di un certo ba– gaglio di espedienti tecnici. Non è raro che un sonetto, o un'altra qualsiasi compo– sizione a forma chiusa o co– munque complessa, possano essere traskrili in altra lin– gua non solo con le rime e gli accenti originali, ma con la stessa " temperatura• dai e pellegrini • in Europa e in Terrasanta. A noi tutta– via interessa analizzare un po' più da vicino ciò che lo scrittore dice della nostra SULL.\. HJAPP,\.RIZJO.\'T DI * • PHl'JLUDIO I~ fUC}IÉ » terra. Nell'ottima introduzio– ne al volume Agostino Lom– bardo, che ha curato con profondo acume la pubbli– cazione di questo inedito, dice: e tra l'altro Tlte lnno– cenrs Abroad è l'anti Fa11110 L'inquieto Sabei di Ma,-mo, è la fin esasperata . smiticiz:zazione del mito, è la I C'era stata, appena finita realtà (magari deformala pur la guerra. l'edizione Einaudi essa, per eccesso di reali- del e Can::.oniere • di Um– smo) che succede al ., sogno berlo Saba. Vi a,•eva fatto d'Arcadia"•· Mark Twain. sèguito, ancora in 1omo uni– a1traverso gli •innocenti"· co, l'cdi1.ione Garz:anti. Fu personaggi fondamentalmen- quindi la volta di Monda– te saoi e capaci di vedere ol- dori: in una serie di volumi tre le apparenze della socie1à staccati, e in1crvallati nel dei benpensanti. ci offre una tempo edi1oriale. Volumi ri– immaginc •,,era•, anche se feriti alle varie tappe liriche cruda, del Vecchio Mondo, in cui il e Ca11:;.011iere • è rie– perché egli riesce a guardare camente articolato. La riedi– in profondità, a penetrare i zione mondadoriana è tutto– sotterfu~i_ e le contraffazioni ra in corso: è oggi il turno della. c1v1ltà che era stata di • Preludio e rughe•, che considerata fino allora un dsale al '928-29. Il teno edi– esc"'!pio da seguire. ri.1ar~ tore del corvus poetico sa- !~~~~~o nopnc/u 1 ~\e :~de~~fst~ ~~ln~e~apia\t.~ff~~~!. a r~~u~~~ ~1acc~é. e nello .stesso mod~ dola su quasi regolari di– ii:, cui il Vccch10 Mondo gh stanze cronologiche. Ciò si– s1 configura c.ome un. 11:1odello gnifica riproporre di quando da non seguire, .cast 1~ pas- in quando, con una certa s,at? appare a~l; occhi del- amabile perentorietà, l'attua– I e IJ"!nocente ali cstc~o • ~s- lit:\ inesausta del messaggio senz1almentc come d1struz 1 0· lirico di Saba. Più prezioso ne e m?rlC •· Questa acuia sen,izio non si poteva rcn– os.sen•az1on~ '!cl Lomb.a rd o derc alla vitale presenza del m1 ,rare dia_ I csa11_a m1s~ra ;,oeta triestino dentro gli dcli 1mposta,zionc di Cli. m- anni del nostro secolo. 11ocent1 ~~l eftero, . un ~1br~ E' di quest'oggi dunque Ja che ha .gia m fi~rt. tutli gli riproposta e la sollecitazione ~!~~ict~ c~~\•~i~1~~~'.ra~l~u~~ ad ,una pi~ es.tesa ,rilettl!ra ~~i~r:e s1~•ir:~,i~o:Cc!lioch~ ~!. ~l.lc' rp~ra~;~ri':1 ~~~11 o~~~s;~: dell'Italia ebbe lo-sérittoie;" rmone d1 cP:ejr,:tro e fughe•. è una , 1 isione molto reali– stica che stronca il e mito• di una Italia considerata co– 'me il • paradiso terrestre•· Vediamo per esempio la de– scdzione che lo scrillore ci fa di Venezia. e Venezia, che fu una ~u– perba, invincibile, magnifica Repubblica per quasi mille– quattrocento anni; i cui eserciti suscitavano l'applau– so del mondo dovunque com– ba11essero: le cui na\ 1 i ebbe– ro quasi il dominio dei mai-i e le cui notte mcrcanlili im– biancavano i più remoti oceani con le loro \'Cle e riempivano questi moli dei prodotti di ogni clima; que– sta Vçnezia è ora preda del– la miseria, dell'abbandono, della rnclam;onic~ decadenza. Giungemmo a Venezia alle otto di sera cd entrammo in un carro funebre che ap– parteneva al Grand Hòtcl d'Europe. Dopo a,·er descrillo la lei sta • in onore di un santo che si era adoperalo per fer– mare il colera trecento anni prima• Twain continua: e Fu una resta magnifica. Durò tutta la notte e mai mi di– \'crtii di più. Altri momenti - altri in– dugi dell'esercizio di poesia S\ 1 iluppato da Saba per oltre un cinquantennio - possono venirci incontro nella luce persuasiva e familiare di una più concreta pregnanza liri– co - autobiografica. Possono, specie se a noi più vicini negli anni, scoprirsi e sor– prenderci, più fortemente al– lettandoci, nel brillio incisivo che scatta dal segno lessicale e immaginoso di una meglio puntualizzata e bruciante mo– dernità. Ma nessun altro li– bro sì definisce e si tipici1.za , con la urgenza asseverativa cd esemplificativa di • Pre– ludio e fughe•, in ciò che c6stituisce la condizione spi– rituale di fondo, immanente e affabilmente severa, del paesaggio interiore di Saba. Un libro perciò questo che ha un suo valore d'indice, una insostituibile runzione dì chiave di \ 1 0lta, idonea a mc– g!Ìo chiarire i confini, a più prontamente penetrare i si– gnificati umani, in direzione individuale e universale al tempo stesso, di cui il dono che Saba ci ha lasciato è stipato. * di HOHTOLO l'~;"WTO Nel virilmente afflitto e rasserenato •Preludio•• che è la lirica di apertura, in un monologo di sé a se stesso il poeta saggia il senso delle componenti morali su cui si imbastiscono le dodici • fu– ghe,,: le care voci discordi, voci di un tempo, nelle quali la luce e l'ombra, la gioia e il dolore risuonano attra– verso la dialettica delle an– tinomie spirituali, ma che il poeta da ultimo fa vibrare in ,wovi dolcissimi accordi, com– pone negli estremi accordi. E' il dramma dell'uomo contemporaneo. Dramma li– rici7.zato nel dialogo, a ,•o\te saettante, più spesso disteso, delle due \'Oci lungo le prime sci e fughe•: disarticolato nelle doviziose sequenze delle immagini di cui si compone l'dficace ritmo chiaroscurale dei testi. L'uomo del nostro tempo, crocifisso alle sue di– laniatiti contraddizioni, sem– bra aver qui trovato, nella esperienza e nella necessita espressiva di Saba, i modi di una interpretazione e di una liberazione singolari. Ed in1erprctc attento e trepido è U. Saba. Egli ha affidato alle voci in cui l'io pare sdop– piarsi. e la propria umanità misteriosamente moltiplicar– si, le cadenze del patire, del male di esistere - le punte acri del pessimismo sabiano - e, coesis1enti con quelle, i toni della gioia di vivere, le insospeltate accensioni della contentezza, le stupefatte scoperte della felicità in re– conditi istanti, in impensati recessi dell'anima e del mon– do. La voce che piange in un tenero recriminare sulla pro– pria condizione, sul configu– rarsi ostile dei ,•ohi della , 1 i– ta, trae con sé l'eco di una dolente sagge;,.,;a, di un'adul– ta consapevolezza: La vita, la mia vita, Ila la tristezza I del nero maga;.:.ino di car– bone, / elle ,•edo ancora ili questa strada. Nero / come 'ltì dentro è nel mio cuore; il cuore / dell'uomo è wi antro di castigo. La coscienza dell'avvilita pena tende a far– si spietata e senza scampo nelle battute di chiusura, in cui è un'accoratez:za che esita tra la rassegnazione e la di– sperazione: lasciami assomi– gliare la mia vita / - tetra cosa opprimente - a quella 11era / 1•0/ta, sotto alla quale un uomo siede, I fm che gli 1er111i11i il giorno, e 11011 ,,e– de / l'a::.z.urromare. Ma c'è l'altro interlocutore. Esso attinge le sue verità - la verità del rasserenarsi sul– le tempeste del giorno, del– l'estrarre- la giocondità dal tempestoso soffrire - ad una zona non meno au1entica della riJ)Osta coscienza. Ed ha vari nomi. Ora è un'ani– ma fancitd/etta, anima cara (non cogli, in questa indi– cazione di primordiale inge– nui1à, come una reminiscen– za, un'aggiornata infiltrazione del pascoliano e fanciullino• che manda la sua voce d'oro e di meraviglia dalla cavità più profonda dello spirito adulto?). Altra \'Olta è eco gentile. Ed è anche una sot– tile, ineffabile presenza nata col nome di Letizia. O s'iden· tifica con la calda vita. L'una e l'altra , 1 oce, separate e in– sieme rraternamenle unifica– te nel colloquio, al di là di questo loro serrato dialet1iz– zarc sull'ostinata ti;arna dei contrari, rappresentano in de- (Contln~ pag. 6) Una bella Immagine di Umbcr 10 Saba ,·ocalica, con la stessa pro– ponione ( e distribuzione) di suoni scuri o chiari, aperti o chiusi; mi riferisco piut– tosto ad un aruPP0 di dif– ficolta piu sottili come quel– la nota e malfamata della estrazione, del passato, del • pedigree,. di certe deter– minate parole intenzional– mente usate dal poeta da tradurre. In questo caso, la parola letteralmente cor• rispondente sul dizionario è spesso la meno adatta. Il traduttore che - come spero sia noto a tutti - ha tanti doveri quanto pochi diritti, deve allora sforzarsi di cercare nella propria lin– gua una parola che si tra– scini dietro un alone let– terario, un gusto, una ca– rica evocativa affini a quel– li della parola originale. De– ,·e attingere insomma, sem– pre che possa, ad un reper– torio storico-culturale (che potrà essere, ad esempio quello barocco, o quello ro– mantico, o quello parnassia– no, ecc.), che corrisponda in qualche modo alla cultura cui si riferiva l'cn.tdita o preziosa intenzione cfel poe– ta. Lo stesso vale per alcuni particolari costrutti sintatti– ci, alcuni arcaismi, alcuni solecismi, ecc. Altro pericolo del quale io sommamente diffido è co– stituito dalla personale in– clinazione che un tradut– tore possa per aV\·entura scoprirsi verso un certo poe– ta o una certa poesia. E' evi– dente che durante il lavoro di traduzione egli sarà ine– vitabilmente seppur incon– sciamente portata ad accen– tuare gli clementi della pro– pria pretesa identit3. con il poeta straniero, a scapito degli altri: sarà indotto, in sostanza, a for7.arc il testo, a correggerlo, a e migliorar– lo •, altro lusso che non può ~ non deve mai per– mettersi. Tradurre non è necessaria– mente ricoooscersi nella poe– sia sulla quale si la,·ora, come si sostiene da troppi: a me pare che si tratti piut– tosto di qualcosa come di un processo di incorporazio– ne medianica, 1an10 più pos– sibile, tanto più e puro•, quanto meno intorbidato da affinità, simpatie, somi– glianze. Altre liriche, non intradu– cibili per se stesse, lo di- • \'engono in quanto sono il prodotto di una realtà cul– turale con spiccati caratteri di originalità che non trova riscontro in alcun clima cor– rispondente del paese nella cui lingua si vorrebbero tra– durre. Mi spiego: per non uscire dall'àmbito della poe– sia brasiliana, ad esempio, non c'è dubbio che a parilà di difficoltà intrinseche di traduzione. i \'ersi di un poeta smibolista o futurista siano più traducibili di quel– li di un poeta • pau brasil • O e vcrde-amarelo •, appar– tenente cioè ad una di quel– le tipiche del " modernismo• brasiliano e per ciò stesso ignote alla cultura italiana. E qui subentrano altre di– stinzioni: la traduzione di una tale lirica, inadatta alla pubblicazione isolata, già si giustifica se appaia in\'ecc in un'antologia, preceduta da un'acC"oncia introduzione cri– tica e storica che prepari, çhc cduçhi il lettore alla sua comprensione. Sempre nello stesso cam– Po, è ugualmente lapalissia– no che gli obblijZhi di un traduttore che presenti le sue traduzioni isolate siano diversi da quelli di un tra– dutlore che consenta al let– tore di consultare il testo poc1ico originale, specie se raffrontabile sulla pagina ac• canto. Si tratta - è eviden– te - di traduzioni che ver- ranno e !.:tte • in maniera di· \·crsa e che quindi in ma– niera diversa dovranno cs– \Cre concepite. E quanto più lfar!i~fr~di~:~~al!tt~ri:~~~= IO piu letterale e meno poe– t(ca potrà essere la tradu– zione. Ruggero Jacobbi, nel libro che ho sotto g.li occhi, è riu– scito a compiere quasi sem– pre il miracolo di conciliare la fedeltà letterale con quel– la poetica. Nessuna inutile parafrasi, nessuna indulgen- 7.a, nessun orpello. N'el caso poi della tradu– zione di versi come quelli di • O carro da Mi.séria,, di Mario de Andrade. da me francamente ritenuti sino a ieri intraducibili, si tratta dello sfoggio di una bra1..'1l– ra addirittura funambole– sca; e degni deJla mia am– mirazione professionale non so se siano di piu il pazien– te rigore dello scrupolo, o la ~~~~J: d~1:nf~r~. s n~~ ro • tour de force •, infine, che rivela un grande tempe– ramento di traduttore. Non sto affermando - si badi bene - che • Lirici BrasiJiani,, dia una visione completa ed equilibrata del– la poesia brasiHaoa contem– poranea. Né ciò e stato pre– teso dall'autore. Jacobbj è troppo buon traduttore per non sapere che disgraziata– mente a volte proprio le co– se più significative di un poeta sono le meno traduci– bili; non gli resta,--a quindi che rassegnarsi - a pena di sacrificare l'alto livello qualitath·o del suo lavoro - a una presentazione solo parzialr dei suoi poeti. Son per nienle ha intitolato la sua antologia solo e Lirici bra,;iJiani • e a pag. XXl confessa candidamente: " TI libro che a,·ete fra le mani non è un panorama storico né una crestomazia sistema– tica della nu0\'3 lirica bra– siliana: è soltanto un album di quasi cento belle poesie, di pochi autori fra i molti che \·arrebbc la pena enu– merare cd esemplificare in un la,·oro piu completo e dncumenlato "· Una delle limitazioni capi– tali alla già scarsa libertà di un traduttore, poi, è costi– tuita dal carattere stesso di una lingua. Ci sono in essa certe ricchCZ1.e o poverta assolute, una fisionomia, una disponibilità, certi ca– ratteri fisici, oltre quelli psicologici, che non posso– non condizionare la produ– z:ione generale di un poeta. Insomma io qualche ,·alta mi chiedo se non sia la lin– gua (e non ,;ceversa) che spinga i Tedeschi alla iU,Cr– ra, i Francesi all'amore, gli Italiani al canto, gli Spa– gnoli all'enfasi_ TI Portoghese - Brasiliano, Nato a Favara d'Agrigemo, ma residente da più anni a Castelfranco Veneto, il Rus– sello (è quasi inutile dirlo) si mantiene fedele alle me– morie, ai miti, alle lcggen~e della sua terra natale. 11 h– bro, tuuavia, s'impone alla attenzione del lettore, non perché parli di fuori-legge al– la macchia, di mana e .ai ca– rabinieri, .o perché abbia una sua rusticana bellezza non disgiunta da affetti paes~nì e casalinghi, ma per. la in– confondibilità dello sule e la personale intonazione con cui sono interpretati la natura e~ i sentimenti dei personaggi. Piace ancora per la sua inti– ma forza evocatrice che dà rilievo poetico e dimensione pittorica pe~ino . ~Ile .co~e ed agli aspetti um1h ed insi– gnificanti. La singolare vicen– da è raccontata dal protago– nista, un ragazzo, ycnuto al mondo sotto le fucilate, nel– lo stesso istante in cui suo padre, il fuorilegge V~rdone, viene ucciso a tradimento. Egli è coinvolto nel tragico urto fra due famiglie rivali che parteggiano, per opposti interessi, ora con la mafia e~ ora coi carabinieri. A lui viene imposto un altro pa– dre, l'appuntato Lobianco, perché dimentichi quello ve– ro e cresca in città educato ed istruito. Ma è una fatica inutile, perché il ragazzo non solo ritornerà più volte al paese per trascorrervi le vacanze, ma anche perch~ non riuscirà a distaccarsi sentimentalmente da tutte quelle cose e quelle persone che gli ridestano nella mente, come un'ossessione segreta, l'immagine del padre passato alla leggenda. Quanto di ,·e– ro e d'inventato o quanto di autobiografico vi sia nel li– bro, non è facile dirl(?, il"! quanto reahà e fantasrn s1 mescolano a vicenda in una sintesi perfeua, senza sovrap– posizioni polemiche e~ ?r~– torie e senza ddormaz1om li– riche inopportune od ester– ne. Vigile Ì! la coscienza mo– rale dello scrittore anche se il romanzo non ha l'aria di proporre alcuna problemati– ca. Sui fatti che narra, l'au– tore non ci dà alcun giudizio morale, ma esso è implicito e \'ive nella memoria del protagonista, il quale, nella sua innocenza e nell'impetuo• so richiamo del sangue, re– spinge la protcz.io ~e. del .P<!· trigno, per sen11r,1 ir~s1s11- bilmen1e a11ratto dal ncordo del padre vero, le cui epi– che imprese gli sono raccon– tate, quasi di nascosto, un po' da tuui di casa e spe– cialmente dai vecchi. desiderio che strugge il pro– tagonista, egli rivive il mito dell'infanzia e della sua terra lontana; e l'incanto di un tempo remoto, con i suoi contrasti violenti e la sua suggestiva forza barbarica, si schiude alla sua rantasia, suggerendogli immagini fre– schissime, ed aderenti al pro– prio ambiente naturale e sen– timentale. L'evocazione por– ta con sé la nostalgica riso– nanza d'un mondo perduto per sempre ma che ora ri– torna alla sua coscienza di scrittore nella sua verità poe– tica cd umana, diversamen– te aueggiato nella sua chiusa pena. T.u1to ciò che vive ~ soffre in quella piana d'Agri– gento, i moti arcani del san– gue e della coscienza, la rc– dehà alle abitudini e l'ubbi– dienza alla terra, la gioia fal– la di umili cose o la solen– nità della morte liberatrice, recano il segno fatale e tra– gico d'una data, d'un'cpoca, d'un tempo finito e ritrovato nella sfera della poesia e del– l'arte. <\lcuni personaggi co– me Belgio,·ine, nonno Pcp– pe, Lucia, Angelina, il mas– saro Vito, il Bova, hanno ca– raucri umani essenziali ed indimenticabili. Ti sembrano usciti da un film di Cayatte. Nella sobrietà dei gesti e del– le pa raie, nella secchez.za aspra e tagliente del dialogo, essi hanno la stessa ruvida immediatezza, le stesse di– mensioni psicologiche e mo– rali della gente abituata a vi– vere ed a lottare, con idee e sentimenti propri in un mondo angusto, dominato dal calcolo e dall'interesse e re– so cieco dalla legge del • chi ha tradito paga•· I loro scalli, i loro risentimenti, le loro ripulse come le loro sfide, hanno lo Stesso ribol– lire sotterraneo della terra tcrrcmotaia che li ha gcncra- 1i. Ed il ragazzo è il regisla che li fa muovere cd agire sullo sfondo di una natura meravigliosa quanto impassi– bile, prodiga di uve, olivi, su– ~ini, agavi. carrubi e d'ogni altro ben di Dio. Egli è co– me il centro lirico del dram– ma da cui si dipanano le azioni degli altri protagonisti, legati, chi più e chi meno, al– la sua anima, al suo so– gno, alla sua tristc7.za. Con la sua logica penetrante, con le sue riflessioni piene d'in– genuità e di candore, ma spesso velate d'amarezza e di ironia, egli sembra incarna– re un ideale di vita libera cd effeuiva senza tempo e sen– za storia, nella quale il Rus– sello si riconosce attra\·crso una sorta di liberazione poe– tica. Il continuo impulso alla libertà, all'amore, alla giu– stizia, cresce nel raga1.zo c~n gli anni e si fa \·ia via più pungente, fmo a quando di– venterà, a contatto con la realtà, coscienza angosciata e dolorosa. Allora ripiega ma– linconicamente su se stesso come un grande e generoso cuore rerito, incapace di svin– colarsi da quel vincolo fami– liare, da quel mondo in cul è cresciuto. Vi sono pagine che toccano a ,•olle il tono epico d'una tragedia greca. Le gesta di Verdone, la mor– te di Lucia, l'arresto di Bel– giovinc, gli spari, le feste, gli arrh•i e le par1enze, le fughe e gli agguati per i campi, ti restano incancel– labili nella mente. Senza dub– bio Antonio Russello ha doti personali di 1raslìgurazione fantastica e di potenza de– scri11iva. Il suo linguaggio non è facile; anzi è piuttosto rude e disadomo: qua e là perfino asintattico e poco r~– spclloso verso la grammati– ca, ma la pagina ne guada– gna in resa icastica e colo– rito, anche perché è un lin– guaggio •parlato• (ma non dialettale) che aderisce con sorprendente naturaleu.a allo stato d'animo ed al carattere di ciascun personaggio. E~so si vale di una parol:i laco– nica ed acerba che scaturisce come una vergine polla dalla sc-nsibilita dello scrittore, ri– ducendo ogni situazione a particolari sapidi cd eviden– tissimi che fanno balzare le figure principali con tutta la loro carica emotiva ed uma– na, tanto che alla fine si prova per essi un sentimen– to di simpatia e di cristiana pietà. • Che buffa città è questa Regina dell'Adriatico! Vie an– gust~, grandi e tetri palazzi di marmo, neri per l'umido– n: corrosivo dei s1.-coli,e tutti ad esempio, è più ricco di e nuanccs • dell'Italiano, più brumoso, meno eloquente, ha una musicalità più ,·erti– cale (armonica) che orizzon– tale (melodica). In certi poe– ti (Cecilia Meireles, Raùl Bopp, Jorge de Lima, ecc.) queste cara11eristiche orga– niche sono non solo il pun– to di partenza dell'ispirazio– ne dei poeti, ma anche il punto d'arri,-o del loro in– teresse: si tratta quindi di una materia linguistica già per sua natura refrattaria al– la traduzione. E' come se un orefice volesse realizza– re in metallo un oggetto na10 per essere realizzato in legno. Altri poeti. invec:e {to– me Muri.lo Mendcs, Manuel Bandeira. Joan Cabrai. ecc.) anche nell'opera di questi poeti usano una lingua più asciut– ta, più tagliente, la cui so– norità oriro!inaria non è mol– to dissimile dall'effetto acu– stico ienerale ottenuto nella traduzione In Italiano. Ma anche nell'ora di questi poeti c'è da eliminare. scartare. rinunciare. a meno che non si sappia brasilianizzare ---------------------------------,---------------~---1 l'ltaliano. E persino ad ot- In proposito bisogna tener presente che il libro più che romanzo è un lungo raccon– to ricco di personaggi e di -vicende; ma è un raccon10 •corale• con il suo piano ed il suo mosso, con Je sue voci intime e singolari ed il suo ti– pico colorito regionale schiet– to e non fittizio. Per approfondire di più il Jegame tra l'ambiente ed i suoi personaggi, _il R:ussell? rinuncia ad ogni ps1colog1- smo di maniera. Attraverso il parzialmente sommersi; e non si ,,cde terra asciutta in nessun dove e non vi sono marciapiedi degni di nota; se volete andare in chiesa o al ristorante do,•ete chiamare una gondola. Dev'essere il paradiso dei monchi. perché qui uno non ha proprio bi– sogno di gambe •· Le frecciate di Twain non \'anno soltanto alle città, si rivolgono anche contro gli artisti. Davvero divertente il quadro che egli ci fa di Michelangelo. e Ho sempre venerato il ge– nio possente di Michelangelo, uomo grande in poesia, pit– tura, scultura, architettura, grande in ogni cosa cui po– nesse mano. Ma non voglio Michelangelo alla colazione del mattino e del mez:zogior– no a pranzo, al tè, a cena, rr.{ un pasto e l'altro. Ogni tanto mi piace cambiare. A Genova ha disegnato tutto; a Milano ha disegnato tutto, lui o i suoi discepoli; ha disegnato il lago di Como ... ~} ~jr~;~~~~ h~l~i 1 ~in~o t~~~O: si ( ...) A Pisa fece tuuo tranne la vecchia fabbrica di pallini da caccia ... Fece i moli di Livorno e il regolamento della dogana di Civitavecchia. Ma qui ... qui è terribile. Ha progettato S. PielrO, il Papa, il Pantheon, l'uniforme dei soldati del Papa, il Tevere, il Vaticano, il Colosseo, il Campidoglio, la Rupe Tar– pea, Palazzo Barberini, S. Giovanni in Laterano.,. que– sto eterno scocciatore ha progeuato la Città Eterna e, a meno che tutta la gente e tutti i Jibri non menti– scano, vi ha djpinto ogni cosa ... e Mai mi sono sentito cosi fervidamente grato, placato, sereno. cos} colmo di beata pace, come ieri, quando ap- 11"01'EUELLl:J DI JU.,'lll!!iI011 1 E CIU'l'l('A: di ìU.\.Rli'\O PL\ZZOl,L\ * Lo spirito classico di Leopardi tenere questi risultati - quando era necessario - mi pare che Jacobbi sia riuscito egregiamente. Per concludere, questa nuova antologia dello Ja– cobbi (delle precedenti non posso non ricordare 1'011i– ma e completa e Croce del Sud • di Raffaele Spinelli, Bocca Editore) atgiunge un nuo,·o gruppo di ottime tra– duzioni. quasi tutte inedite. alle molte con le quali alcu– ni studiosi e poclj Italiani, primo rra tutti Giuseppe Un– garcui. hanno cercato dì rendere- poJ>Olare in Italia la poesia Brasiliana. E' strano che nessuna personalit3 del mondo cul– turale Brasiliano abbia scn- 1ito il dm•ere di contraccam– biare il nostro interesse con qualche iniziath-a consimile. Dopotutto la poesia Italiana non è meno degna della Brasiliana di essere tradot– ta e divulgata, e non ne ha meno bisogno, anche se la sua influen7.a sulla poesia Brasiliana sia stata sempre incomparabilmente più im– portante della contraria.

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=