La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 9 - 26 febbraio 1961

Domenica 2/i f rhhraio 1961 1UN A\. lL 11:i:'J[''JL' IH:H .\\ 1[ 'EDllTA\ JamesJoyce nella vecchia Trieste ,li l>A IUO DI~' 'l'llf>tl' I Si parla 1an10 del Joyce fn qucsli mesi, c ci.a parte di clii non lo co11obbe. che due parole de11e da cJii lo conobbe. possono foTse i11· rercssare. E clic lo cono– scessi di persona lo attesta una lettera finora inedita. che reca la data del 20 febbraio I 940. Per il co111emt10. JJCr i /ani e le persone che Ti– corda. essa si riferisce perO a giorni piit. lontani. a tm ambiente e a 101'epoca or– mai del tuiro scomparsi: alla Trieste degli anni che preceder rero la prima guerra mondiale, quella Trieste del 1913 e 1914. Poiché. com'è gencralme11- tc Tisaputo. il Joyce ira– .scorse a Trieste quasi dieci anni. esercitandovi la pro– fessione. tu.U'all1'0 che ltt· erosa. di insegnante pri– varo d'inglese. Ma eccone il te!ito: .. Dopo un buon - o piuttosto - un cattivo quarto di secolo Le sarà certo una sorpresa rice– vere questa mia lettera. Fatto sta che lessi qual– che tempo addietro un suo articolo su Morand e Valery Larbaud e ve– nerdì scorso, essendo a Vichy (20 chilometri di qui) andai a rivedere il mio amico Larbaud al quale avevo a suo tempo invià.to l'articolo. Egli m i incarica di rin– graziarLa della sua cri– tica amichevole. Gli ho spiegato che noi (ci) si conosceva e in ilio tem– pore ... a Trieste. La si– gnora Larbaud è geno– vese. Egli è stato molto ammalato da parecchi anni ma secondo me ora va per la buona strada. ro che, se Dio vuole, Le giungerà finalmente. Me lo faccia sapere, se crede, con un suo cen– no in riscontro all'indi– rizzo qui sopra. La lettera è iuteres:ianle perché in essa Joyce men· ziona alcune persone del· l'ambiente triestino. delle q1U1li generalmente non si parlct. o se ne parla a denti si-retti. perché non a.ppar· tengono. e 11011sono inse· ribili. in quetla ristrerra cerchia di persone c he oogi passai10 per lcmrani ami.ci e sviscerati ammiratori dello scrittore irlrrndese. Assai di rado i11/atti. si fa un accenno all'impor· tante ruolo che il Fra11ci11i Bruni ebbe nelle vicende triestine cli James Joyce, specialmeure negli a1111i 1906 e 1907, QIUHld0 le le– zioni alla Berlit:z Schoo/, una perso-ria/e simpatia fo· me11t.ata anche dall'indole caustica, che avevano in com1rne, ,1onché le difficol– tà finanziarie. 11e avevano farro due buoni amici. ciò che è convalida10 dalla cir· costanza che, .,ia pure per convenien.2:", ji11iro110 co11 l'appigionare insieme 1m a.ppartamcnto. Ma se il Joyce stampa qualche ar1ico·10 sii e Il Piccolo della Sera », se tie– ne qualche conferenza alla Universit.11. del Popolo. non va dim.e11ticaro che il Frrm· cini Br1rni faceva. parte del– la recinzione del gioriwlc. e che d: co11fere11ze iri quell'ente cultttmle ne 1e1111e anche lui. Né va di– menrica10 - fatto im.por· tantissimo - che la fio– rentinità dell'eloquio del Francini Bruni. in un am– biente di cosi inten.,o fer– vore nazionalista. quale il triesfi110. esercitava un gra11dissimo ascende11te. Nei due casi. quindi. deoli articoli e delle co11ferenze, 11011 è fuor di proposito supporre che ci sia stato di me:zo ttnn sua racco· ma,1dazio11e. Credere che basti pre· sentarsi al dirci/ore di un giornale con un articolo in ta~n, vantando solo nteriri letterari di là da venire, è cl'1tna inge11ui1à para– dossale. E per giuntn rii direttore di un oiornale ingaggialo in una violen· til!&ima lottc1 politica cot1· fro Il governo dominante, q1iale era appunto H caso di .. 1 t Piccolo .... E' a.,surdo immedesima· re, ciò che si .,ta facendo, il Jomes Jouce d'ante· guerra nel James Joyce del dopoguerra. che so11 due fioure assolUlamente distinte. Non già nei co11- fronti. dello &crittore, die rinwnc senLpre uno e lo stesso. ma 11ci raffronti deL pubblico e delle singole persone. pronte a prodiga· re al seco11do Joyce. ormai famoso, tutte quelle at· terizioni clic avrebbero 11e· gato aL Joyce oscttro irtse· gnante privato e per giun– ta, come si assicura. di te11de11.ze &0cialistc. Fa110 gra vis.'l'im() 11ell'ambiente di Trieste, dove un sociali:;ta. o comunque un simpatiz· za111e di si11istra. era visto peggio d 1 u11 lebbroso: per· sino dai componenti del partito mazziniaflo. Che se poi si volesse eccepire l'espressione di "'osc1iro i11se1711antepriva– to .. per sostituirla con la asserzione che intorno (I/ 1907 egli e·ra di già L'i11se– g1wnre alla moda della borghesia triestina. si p11ò opporre che anche lii ml caso s-i sia facendo trna gran confusione con il fra– tello Stanislau.s Joyce. che in effetti era riuscito a iw 1rodursi nella migliore so· cietà di quel tempo. Ma lasciando da parie il caso del Fra11ci11i Bru11i e di Stcmislr,us, passiamo a un altro perso1wggio no– minato nei/a lettera. In essa si domanda infatti, che ne sia di Tullio Si/ve· stri. che e era un buon pit– tore e anche una bela ma– eia come si soleva dire:., ouia ti,10 spassoso mattac· chione. d'una faco11din i11e· sau-ribile. 1l Silve~tri è l'autore di due ritratti a olio che al– lietavano con la loro pre· sen.~a il salotto dell'appar– rame11to joyssia110 di via Donato Bramante. e che poi finiro110 a Parigi. Ecl anche questi due ritraiti po1lgo110 il problema di sa· pere perché nei libri che parlano detlo ,;criltore non sie110 mai citati. Eppure. nell'eve11-tt1nle elerico dc>i PHECJlS iZJrONlr / f.---,-..vt "-< /4 -1-!__. >r /. ?M........A. -4 ~' r--,,.,_ ........ <I\,,,.""" - o /.J.-l,..,f.."v')k - - e.....,A.,,,..,, F.... ..._.4 "' v-< c....rf., I(... , <A .. ~ ,.,. .....__ t -y,-,.L.,4--.. ,.,_,,_.~ ~ ~f... ..,._ ·,. -41'-µ_._ , /-~k ✓ f.... r.k -4✓.,....· (-~ 1~- ,-,"-/~o ---. .;.._ e-e.,, h,~ 1 ..,. lu--. .,._,,:i) ... /1/'~-;> .4.,,,_..{.......-v .. ~,...•.,._-_,-,;-~ <; :<·,-<.~ ( .(. ,.,.(.,...,-1"'-~ ..... 1.:...:.) "' - ..: ..:,. ~'"'· .. -.., .:-, --! 4 ~ .... ~i--./,• ., .-< 'i--'-" 4........,...., "' "-- k-/,.. ....:.--•-.,ç, • '.....A- .rf',. ~.,.-<-,·...._ ·...:.. _..,.... ~ ,,..z-!..r">•·-.<-i., ....,,i-< .. ./ ~.., ~ .t.,......... --~~ . T-<.· _.e., ;f>"'<f-,/. ~ '< ..._• n' c.,,_ VI...._. t ..:._, ·.;.e, ~ ..... -< , "' ,-:;_A . ..f! ,~·· ..,( - A i'.,..., .....""- rilralll del Joyce e de/ICI sua consorte, eseguiti d(I artisti. i due del Silvestri te11go110 il posto d'aasolutC1 precedenza. poiché ci clava· 110 lo s-crittore tre111e1111e. visto da un arrisla che avcva la stessa età e che il Joyce non sottovalutava af/atto. Lo attesta appun– to la lettera che si riporta. Non sta qui dire come il Joyce conobbe li suo ri– trattista. In proposito si può interrogare lo stesso Tullio Silves1ri. ch'è t111cor vegeto e allivo. con un bel uru.:zolo d'anni sul grop· pone e trna parla11ti11a pronta, che chiede $Olo di es$ere sollecitata .. Che foss e un buou pit· tore. è un far.to innegabile. e ,1011 è c o lpa sua se 110n riusci a conquistarsi. quella fama elle si. merit·ava. Era 1rn acceso impressionista, che maneggiando il pen· nello come una sciabola o ttn fiorerro. s'avventava sulla tela da lo111ano. per colpirla con stoccate a /011do. con svi.rgolate di striscio. balzando poi in· dietro per meglio contem– plarne l'effetto. Que:;ro suo modo di pir- La prima racclata della lettera di Joyce: turare, cond!ro da barzel– lette, da frizri mordaci, da accordi di chitarra. da ca11ti. quel s-uo co11siderarc la vita spcr1aiera1amente. da vero scapioliato. quella sua diretta esperienza del– la $CtLOlafrancese. fatta a Pnrigi. ,of/rendo la fame, avevano o/quanto sconcer· rato il dignitosissimo am– biente degli artisti locali. i11 cui predominava 1m com-passato in1pru.t1011is-mo di sapore accademico. portato ai Belle cieli dal· la oculata critica uf}ìciale. Il giudizio del Joyce co· glie quindi nel giu.110. Scrive11do quelle righe, il Joyce si sarà ricordato delle briose ore trascorse nello studio di via Rcss· man. dove furono eseguiti i due ritratti. Uno studio per modo dì dire! In real– tà era la camera in etti vi– veoo il pittore. appena .,.posato o in proci1110 di sposarsi. camera in citi ol· Ire a qualcl1e ,eggiola. a ttll divano. al cavallet10 e alla ch itarrn. si potevano vede.re soltanto tele e car· toni appeli da tutte le parti. Per arriva.rvi. bisogna- va affro11wre 1111'er1a di.– ~rerame11te ripida e soU- 1arla, chiusa fra muriccio– li: un'erta clic a un cerio punto dava stilla via Ress– man caratteri::ata. alme· no allora. solo dnlla pre– !!enza di u11 vasto e lumi– noso caseggiato di recente costruzione. che dominava la città sottostante. ll Silves1ri. eseo1tì ,mche 1111 altro ri11·a1to di James Joyce; ma non colà. U11 ri- 1ra110 che con conosco. di– piluo nel breve soppinrno che lo scrittore fece a Tric.sie dopo la guerra. os· sia nel 1919 e '20. A giustificare aLme110 in parte il silenzio stti due primi ritratti. co11vie11 ri– cordare che ln suppellel ti– le dell'appartamento pari· gi110. ricordato dal Joyce nella leNera, quello di rue des Vignes. non essendo stato pagato L'af]ìtto. fu. mandtJta all'asta alla Salle Drouot. • Tutto quello che c'era, fu venduto,.. disse la portinaia dello stabile. Quindi. a rigar di logica. andarono dispersi anche quei quattro o cinque qua– dri del Silvestri. che vi si trovavano Riferendomi ora aUa .. Spero che Lei stia bene malgrado questo tempo che corre quando non zoppica. Mio fratel– lo è sempre in Trieste, professore all'universi– tà. Io sono nonno di un nipotino che ha festeg– giato il suo ottavo com. pleanno il 15 di questo mese. Ebbi recentemen– te una lettera di Fran– cini il quale è tornato al suo vecchio mestiere, l'insegnamento. E' mae– stro alla scuola dei pa– dri e Scolopi ,.. a Firen– ze. E Tullio Silvestri? Dov'è e che cosa è di– ventato? Ho sempre quattro o cinque dei suoi quadri nel mio appartamento a Parigi. Era un buon pittore e anche una e bela ma– cia» come si so1eva dire. '"l<. ~' ~ ~ ._, A• ,.,,1''2., .-(. · ,. ,....,_,. u 7• .,.___,,, -,,.1~ .J , . , v ... ....e..-1 ~ .... ;--,;-<- ~ ,k ...... ..,.t....--c.-.-1'-1, • k-. r.. ,;-~......, lcltera. posso dire clic mi. fu r,.capi'tata con tul luw go ritardo, Spedita il 20 /ebbrC1iO da St. Géra nd Le Puy. mi fu rimes.sa appe· 11a dopo tre mesi. Nono· stante i controlli militari, s'era ormai i,/ guerra, aiume a Roma il 26 /eb· braio, m11 per rimanervi 11eaii 110ici del Meridiano di Roma per ben tre mesi. Finalmente, dopo civerla e aperla per errore:., 8i decisero a darmela. • Mando questa lette– ra per tramite del gior– nale nel quale lessi il suo articolo e( cosi spe- f7t..r~._, I .,-c.''(..,.~~, ~ ~ _,t....__ ~..-~ ~ ,"'--<.;,r~l., y V"? ,._ ·l . L'ulllmfl parte della leltera d I Joyce e la sua firma M'affrettai a. rispondere proprio nei giorni che pre– ced.errero ! 'inizio delle o~tilitd ron la Francia. Non so qttindi se la mia lettera r,itt nse a destina– zione. Era u.rt destfoo c11e le nostre 1'elazioni doves· ~ero sempre P.S...eretronca.– te bru3cnmente dai. rove– sci delle forsennate ouerre! I'·'° Pl<JICS 4 >~AGGJO .\ FFASCD"Aì\°'I'I~ I * Alessandro Magno mirabile monstrum di * VLADJ.U.IICO CAJOLI Se ben ricordo. e la i;econda volta nella vita che mi citpita di occupar– mi di Alessandro ;\lagno: occuparmene, dico, con una certa ponderazione. su letture fatte. da renderne conto ad altri. La prima fu all'inizio della mia at– tività per le stampe, quan· do dovetti recensire un li· bro di Mario Bertolotti: La critica medica nella storia - Alessandro Magno (Torino. Fr.lli Bocca), li· bro che diede alla mia fiducia ~iovanile un fiero colpo. dal quale non mi son poi ripreso. Diceva un sapiente, che nessun uomo è grande per il proprio cameriere. Potrei aj!:giustare il detto al caso mio. e sostenere che nessuna illusione poe· tjca regge alla diagnosi del medico. Quando la personalità umana può essere interpretata come effetto di squilibri endocri· ni o. per intenderci me– glio. ghiandolari. mi do– mando se la poesia non vada a rifugiarsi nei reces· si meno frequentati della memoria. Di fatto. io che giungevo alla responsabi· lità di recensire un Ales· sandro. con l'animo ancor pieno di Curzio Rufo. di testi ginnasiali e liceali, e prontissimo ad accen– dermi al simbolismo pa– scoliano de 11' imperatore che e pian~e dall'occhio nero come morte: piange dnll"occhio azzurro c9me cielo>, mi trovai dinanzi a ipotesi che non esito a definire sconvole:enti. Un certo dottor Esser. , supponendo il padre e la madre di Alessandro di tipo biondo ambedue"'· so– steneva che • l'eterocromia dell 0 iride del figlio di Fi· lippo e di Olimpia:. (cioè il fatto abbastanza credi· bile, che egli abbia avuto 1.m occhio nero e uno az· zurro). , diventerebbe il segno rivelatore di un prodotto adulterino>. L'ipotesi. anche a te· nersi al Pascoli che parla di un'Olimpia facile a smarrirsi nei sogni. lascia– va aperte porte e finestre. nonchC all:i. poesia. alla tra,litedia e perfino al dram– ma borjithese. Ma i I Berto– lotti spietato. facendo os· servare che non era • af– fatto provato che ambedue i genitori di Alessandro avessero occhi chiari>. in· rorma\·a che < si deve menzionare un altro tipo di eterocromia: seconda– rin a una lesione del si– stemn nervoso simpatico del se,emento cefalico"'· così facendo di un ma.e· ~iorato storico. una specie di minorato o lesionato fi. sico. che anche per altri aspetti (J!li endocrini det– ti sopra. e quelli che ognu· no può trovare nel libro) non rassicurava circa la superiorità del biotipo, e insinuava il sospetto che il mondo. oer motivi noti forse alla Provvidenza ma non comprensibili ai co· muni mortali. spesso si comoit1ccia di se,rnire ed esaltare siffatti tipi bio· Joglci, non perché :;upe– riori ma perche eccessivi. Tipi che il mondo, nor· malrnente. chiuderebbe in carcere o in manicomio. mentre talvolta ne !a miti o simboli, per conseguire misteriosi riscatti: ecce– .-;ioni. s'intende. Eccezioni. rispetto a che cosa? e riscatti, da che? A ~uardar bene nella sto· ria. si potrebbe pensa re a eccezioni rispetto alla regola deU-avvilimento co– mune, in determinati pe– riodi di decadenza. e al riscatto presuntivo di tut· ta una stirpe che pensi e riconosca di aver toccato il fondo. Come fu pc r i 1 :\lacedone. giunto a domi· nare una Grecia ormai incapace di autodominio. e la Persia, non meno decadente e. inoltre, am· malata di elefantiasi. t:n greco. sia pure periferico, che si !a portatore e re· stauratore di due diverse e altissime ci\·iltà, tentan– do di fonderle e imporle come cosa nuova (me– diante le botte da orbi che menava. da barbaro pieno di fede), non e più un uomo rispondente a un biotipo, ma appunto il simbolo e il mito. che i mondi in sfacelo aspetta– no e accettano con dedi– zione mistica. \"oglio dire che un Bertolo!.ti. che pu– re studiò acutamente Ales· sandro. non vedeva quanto di lui è in tutti quei con– temporanej che lo invo· cano. perché i vizi. le di· sfunzioni, gli squilibri e. insomma. gli eccessi deJ– ruomo-simbolo. \'engono a pareggiare. quasi a col· mare il vuoto che ciascu– no dei suoi zelatori avverte in sé medesimo. Cosi che l'eccesso di un sol uomo e assunto a compensare i difetti di tutti gli altri: e la psicologia µuò rite– nersi soddisfatta. Vivaddio. comincio a ca– pire: dicevo a me stesso. occupandomi per la secon– da volta di Alessandro. Capisco !"importanza di apparire al tempo ,eiusto. nella storia: e il fatto. al· trimenti incomprensibile. che un protagonista riman– ,ea nella memoria degli uomini e o me mirabile nionstrum, e un altro. co– me mostro e basta. Perché non mi par dub· bio che. mostro. anche Alessandro sia stato e fuo· ri del comune. Ma debbo ad Antonino Pagliaro. di aver capito che ru un primus inrer pares. mo– stro fra mostri. sia pure per ragioni opposte: quel– le già dette. della carenza e dell'eccesso di persona• lita. Xon affermo che il Pa· Jtliaro. nel suo Alessandro Magno (Torino ERI). af– fermi alcunchC di simile a questo mio moralistico farneticare. Egli C filologo e storico cosi distaccato e glaciale. che ci fa inten· dere in ogni pagina quale debba essere ranimus del vero studioso: ossia. la mancanza di animus in o,e-ni senso. e la presenza deil' intelletto vi(ile che sappia ben condurre il pro– prio giuoco. :\.fa io. che non ho mai saputo giocare sen· za appassionanni. e non riesco ad occuparmi di storia se non per appli– carla alle mie esperienze di uomo "';vo. mi scu~ con l'amico dottissimo. se ten· terò di rinnovare in mc. per mezzo della sua dot– trina disincantata. l'incan· to giovanile perduto per colpa dél Bertolottl. Beninteso, non J)OSso creder più al favoloso personaggio che. ~iunto al <fine>, ordina al ~ sacro araldo> di squillare: o. se ci credo, non lo !òiento pascolianamentc. ora che potrei immaginarlo imbar· cato sopra un Venusik. e incapace di rimpiangere la terra, conquistata tutta . che si lascia alle spalle. :\Ia vorrei poter credere che egli non era il folle criminale, che un esercito di soldati e di ufficiali ubriachi di lui e ipnotiz· zati. avrebbe incompren· sibilmente sopportato e assecondato. < Una grande figura co– me quella di Alessandro si pone come una realtà da interpretare"'· dice il PagJiaro. ed assume ap– punto l'ufficio d·interpre– tarla. facendoci intendere. non già il superuomo. che e sempre ininteUegibile e deferibile alla psichiatria. ma gli uomini che s'incar· nano in lui. coloro che si sentirono rappresentati da lui. forse colpe\·o)j perché devoh·e,·ano ad altri il personalissimo diritto di interpretare la ,;ta. ma uomini che. inetti a per– Se)!uire il loro destino di conoscenza. Si affidarono a chi poteva strapparli dal pantano 0\·e march·ano: fiduciosi. quindi un poco credenti. in un·era molto scettica: umili e desiderosi di salire: dunoue. contrad– dittorii: umani JIN '""DIO É NATO IN ESJI.LIO,,,, JC SI.&'\BOLJ[ DEL :NOSTRO TE.N\.IPO E· un ar.e:omento. chi jtuardi bene in fondo. che soiej?:a la ricorrente dispo– sizione dei popoli a rica· dere sotto le dittature. quelle necessarie e. pur– troppo. quelle non neces· sarie. E a chi non abbia dimenticato i più efferati delitti di Alessandro. e voglia conto almeno di quelli. risponderò che nel Pagliaro i conti tornano sempre. Cito il caso più brutto. quello che neppu– re l'ufficio stampa del ma– cedone seppe _e-iustificare: l'assassinio di Filota e del padre suo Parmenione. <compa~ni » e condottie– ri fedelissimi. accusati. pare falsamente. di con" )!iura. Dice il Pagliaro: e Parmenione. con la sua autoritil e indipendenza del giudizio più volte di– mostrata. sembrava che polarizzasse tutto il mal· contento deir aristocrazia macedone. di fronte allo affermarsi di un potere. che. crescendo. le dh·en– tava sempre più estraneo. e che ormai palesemente mostra\·a di cercare e di .e-radire. per }a creazione delle gerarchie. il concor• so dei barbari•. In altre parole. tutti coloro che volevano restare ,Ereci e macedoni. non potevano esser più sopportati da un re. figlio di Zeus. che voleva unificare il mon· do. darsi a tutti e a\·er tutti sotto di sé allo stesso modo. Questa. come è [a. cile intuire. potrebbe es– sere effettivamente la chia• ve dell'a\rventura di Ales– sandro. Ma i casi sono due: o ci si appa~a di siffatta giustificazione so· vn1mana. che ha pure umanissimi e i i e t t i. da bearcisi. essendo U("lmini d'intelletto (chi non gode. per esempio. nel ritrovare influssi greci, certamente dovuti all'imoresa di Ales– sandro. nell'arte indiana. e poi in quella cinese e ~iapponese: barlume di unità mondiale?): o essen– do non privi di sentimen· to. e per di più cristiani, si prova raccapriccio e ri· bellione dinanzi all'a.::<:eri· la fatalità del rapportn tra codesto fine e i meni "he dovrebbero ri.s:!lt;irne 21u· stificati. QuRle m1·Rnto, dtmque. sento in me :::al– vato. fra tante contraddi· zioni? Forse q uest' uno. che oure è de,2:no di so– pravvivere: la certenR che l'uomo. oer non r-e.:tare nel oantano. e sempre oronto a vender l':mima anche al diavolo. che po– trebbe essere. nella ratti– •mPC'ie. un Alec.~t1ndro o Diabolico \ mrila Horia era un D-ule poco cono3ciuto. un uomo ~lo, con nlle ~palle quindici anni di \'ila fug2i.lsca n<:I mondo latino di qua e di là dall'Oceano, quando \'lll!'.oe11 e Goncoun 1960a, e pan·e che l'incantesimo nero do,·csse rompen,i. :\la non c'è line alla solitudine. Per alcuni la viia <;j o0re senza \'cli, nella ,;ua dram· matica nudità di doloroc:a .:.nlicamera della mori'!. Hori:l apparlienc 3 costoro, il suo destino i! di andare sc=mprc più ]on•ano. C disilluder-,i senn fine. Sapeva di aver :.cntto un buon libro e crcdc,:1 C'he ciò pote:.~e b:istare per fer– mare il meccanismo della caduta, per con..:cdergli un'e.i• s1cnza a misura d'uomo. A,·cva scrillo in francese, la lingua degli esuli .. d: ie1; "· e a\'C\'a rice\'uto il riconoscimento di un grande giL•rì parigino, nella dt_tà amica de~li es':lli: il d~tino oarc,a da, ,crò fosse ben d1spos10 per Iawemrc. Ma proprio a Parigi lo 31lendt·, a il p:'\,;sa10. unn botola :zii si apri sollo i piedi_. . An,;hc costretto a nliutare bruscamente 11 Goncourt - l! stato <lPt:O e può ancora dirsi, av\'Cntatamentc - Moria ha comunqut.: ~cncfìciato del suo lancio; lo stcss-::i brutale 1;torno del pas.s:ito l'ha me~so in litoti neri sui giornali di tulio il mondo; e ha fatto •caso•. ha venduto e ,cnde a dccinf! di migliaia di copie il suo Dio è 11010 in esilio: tulio que~lo è ,ero. Horia non è ~ili l'o~uro _ l'U· i~~~~tocldec1i·~~~~gflcn~~~i~onRcJCÌ ~ 1 ~o r~~i~:-~ ~!t 1 J! 05 ~a~~~0 3 clcll'~3ilio si è Ji,aldata ai suei polsi. la rug:i continua, la <;olitmtine è forse antora più gronde. cerio più amara. L'illusione 110n lo ,uole: lloria è chiamalo a vh•crc sim· holicamenic la condizione dell'uomo, la sosianza spirituale rlclla maledizione e dcll'cs1lio E' lontanissima da mc la tentazione di f arne un eroe, meno che mai un eroe poli· tico: ma r.or. po~.so riliutarc l'c,•iòenza del suo essert! sim– bolo, con~ro la 3ua ,,essa \'0lontà d'uomo. Vi '-0no de gli esu li pe:- i quali l'accoglien7.a pietosa e hcnel·olcnle i: qua.si obblijj:atoria, e sono quelli che defini• remo i!li ...esuli uffici.,li », che po~sono scegliere la seconda palria ,:hc non aspettano neppure più il ritorno. E ,,e ne ,;ono 'altri che un destino impacificabile mantiene lontani ~~m0 J;~/ agg~d~h~ 1 t~i3(~ j.~Ji~~cib;r~ion:, !~~:~irTI: ~·~ ullimo dio che li insegue e tormenta; che mentre s1anno seder.dosi. lliunti sfiniti. toglie loro la scranna, e come un'eco di risaia li umilia mentre cadono. E dawero c·è del l!rot re... co nel "c?,o a di H,,ria. in un solo giorno vin• ciwre e <.t·r,nfttto 1in:tlmente ,,, ri\'alo e subito capo\'olto, riprecipi1ato c•:m(; u na cl-::-,;siè.1a, ~ riccminciarc da capo. E le aros5c tirau.uc a che servono, ora e sempre, quando e grottesco per Jlintila Boria * di PJETICO CDIA.'l"l'I si traducono solo in cifre morte? Quale cifra paga l'esilio? Il passato è tornato: ali~ :;ue s1,allc tramava \'endclta, e in lui l'hn compiuta. Si dicc,•n delle due categorie di esuli, quelli che JlOSSQnodimenticare - lullo pare li agevoli - e quelli che non dimen!icano, soprallutlo che non .sono dimenticati. Horia è di questi ultimi. Orribili passati, oscu· rissimi trascorsi possono da taluno \'enir cancellali con stupefacente facilità. con !"aiuto oela buonn occa<;ione che passa spugne rradicie sul sangue e sull'abiezione di ieri. Allri passali sono invece incancellabili, l'occasione appa· renlcmcnte piu fonunatn per comporli neU-oblio ~i tra– <:fonna in sorlile~o diabolico: e si ripresentano c,•identi, giganteschi, ossessivi. E' quello C'hc è successo .1 Vintil,1 Horia. 11 Goncourt 1960 è .stato un sortilc~io dove diaho· lico e grottesco h:"nno acceso un fuoco sulforeo. Non è la quantità e la q11alilà del passato che conta: la differcn;,.a è tutta e solo nell'incih•icluo ,nel suo dcslino. Un mostro può liberarsi del passato, un ingenuo può ca• den•i dentro: a sua insaputa la crepa di ieri è dhcnlata voragine, abisso. M~ questo de\'e av,·enire. Infine, di quale passalo si lr.>tt~,a' Di qualità comune, si deve dire in tulta obictth·ità, della più comune anzi. pensando all'età d1 Horia, al tempo della sua giovineaa e dei suoi errori politici, nella sua piccola Romania schiac• ciata tra la Germania e la Russia, tra il male e il peggio. ~a~o~asiwi~iafl°~i cg;~'.v~od:e~•~rt~orJeg?ria;~~o~at~;ts:,r~~f~;i della pro,•incia europea. La differenza, per Horia, sta solo nel suo destino, Al· cuni pagano per tutti, nella folle economi:i. della storia umana, e sono i capri espiatoli. Horia è un capro d'espia• 1ione. In apparenza scelto da una diabolica macchina poli• 1ica e avallato dalla viltà, in verità già dcs1inato. Alle sue spalle la crepa cm diventala \'Oraginc. Non era più il suo passato che tom3va, ma i mostri nati da esso. Egli non ha riconosciuto nè quello. già pagalo e ripagalo, nè questi: ma il destino non chiede d'essere riconosciuto. C'è una • colpa europea,. che appartiene a tutti, vogliano o non ,•ogliano. L'Europa ha l'anima r.cra. milioni di formiche hanno portato chicchi d'errore e di acquiescenza e di op– portunismo c di viltà al nido dei rr-uC"ci folli di ieri L'espia• iionc è un privilegio che sr,~ua per ~orte a pochi: gli inaenui sono sempre favoriti; e cos'è Horia se non un ingenuo? L 0 as1uzia cancella la colpa con un'altra colpa. l'errore con un nll0\'O <"rl'orc, l'astuzia passa dall'uno all'altro dei reucci folli. Anch<"per Moria c·è stata l'occasione d.::ll'astu- 1.1a: il Goncourt 11otcva essere suo, il passalo po1c, n essere ricacciato nella tana comune della vìlà umana, del com• promesso. Ma non sarebbe un simbolo se fosse entrato nel gioco proposlogli, se fosse usci10 dal suo destino. E que· sto non è successe - ma non po1cva succedere. E il mec• canismo è =ntratc in movimento: il neo del suo passato e diventato un l!ubbone j!:igantesco; le sue parole S\'cntate dei \!Cnt'anni, non dissimili da milioni di parole scritte a!• lor.t ciagli ;1ccu,a1ori di oggi. l'hanno accusato. Dove quelle parole non arri\:wano, è giunia la C'alunnia. C'ern a por– tata di mano l'occasione per rifarsi una verginità, per confcrmaru una nuova acquiescenza. t·cco si è ben presto esteso: tulla l'Europa è piena di colpevoli i cui ritorni di memoria possono essere c:'\ncel– lati solo incolpando fratelli: pieni di uomini che hanno ,crill::> .i.ltrcttanto e peggio, e che possono assolversi solo accusando. Né biso~na dimen1icnre la seduzione che i -pro• cessi alla strew:hc h:"nno per i piccoi sadici. Quelli che ieri non rurono formiche passi\'e, portatrici ciel loro chicco di errore, non hanno oggi nulla d1 cui in• coloare Moria; <:anno che riconcsccndoili una colpa do– \'rcbbcro, per giustizia, rivangare migliaia di altre colpe, riaprire processi che la pietà vuole chiusi. Gli accusatori non sono l.omini liberi: sono le formiche di ieri, formiche di oggi, fonnichc di sempre. E' per loro cambiato solo il nido d_·arrivo;_ non muta la qualità del tributo che por– tano (11 e dàlh alla strega» che hanno gridato ad Hona è uno òi questi tributi), non è mu1ata la loro condizione di fonniche operaie della viltà e della paura. li • caso Horia,. s'è in bre\òe tan10 inarossato che pare"a in lui si fossero radunali e confusi, come viluppi di serpi, 1ut1e le colpe e tutti gli orrori del passato. La cat1i\'a coscie111..aeuropea ha rischiato di fare di Horia un eroe. comunque negato e negativo. Il metodo è antico come il mondo; più vicino a noi, somi2lfa paurosamente al metodo che in Vintilia Horia s'è voluto iden1ificare e ardere vivo. L'isteria era stata accortamente nobilitata. Ma anche per gli ,1ccusatori l'uomo libero non 1ro,,a colpe: sono strumenti del destino. Nei aiomi del maggior furore giornalistico ho sentito la soli1udine di Horia, la solitudine dell'uomo, della \•ittima senza nome. Era dh·cnta10 un simbolo. E lo rimane. Non poteva esserci nulla di cui l'avrei potuto e lo possa incolpare. <:1.nchemi avessero portato le pro\'e più evidenti, quelle che sempre si sottin1esero e non sono mai venute. !/ù ;~:~. solo che era diventato mio fratello, il mc stesso Dio è 11ato in esilio (pu.bbllcato ora dalle Edizioni del Borghese, dopo che tulli gli altri nostri editori, solitamcn1c così attenti al sapor di scandalo internazionale, ave,•ano ceduto all'ingiunzione del e silenzio su Horia •). è stato trad_olto dall"origioale francese da Orsola Nemi, la più pudica delle scri11nci italiane: e l'ori~inale non vi ha cer– tamente rimesso. E' di quei libri che :Htaccano piano, su un •basso .. psicologico di sospensione incantata. dolorosa. Parole miste di rancore, tristezza, fatalità. Lo stile è un po' antiquato, un po' logato, sommessamente retorico. Ma si addice nl tema, al personaggio: e l'uno e l'altro, ci appaiono subito non comuni. Qualcosa chiede l'attenzione, obbliga alta lettura. In poche pagine il personaggio ha acquistato una dimensione simbolica, un des1ino misterioso. che ci riguarda da vicino. Gli at1ardament1 intimistici, la lentezza di dipanazione d'una vicenda narrath'a bloccala in anticipo (tutto è stato consumato prima della prima pagina} producono una mono· tonia che allucina: il passo della lettura può essere solo lento. E prop~o Jenlam~nte l'autore vuol portarci all'epilogo, per darci ragione del molo L'impegno è grosso: trasformar" l'Ovidio che tulli cono• sciamo, il conigiano esiliato, il poeta dell'Ars amandi e om. a Tomi, dcll'inu1ile arte di supplicare e blandire i divi di Roma. trasformare questo p:..gano istintivo, esteta della parola e della carne, in un'anima rcli,1iosa, slicnziosa cerca– trice di verità e di fede. li romanzo - che è il diario, nao•.rolmente apocrifo di Ovidio esiliato - si svolge in due dircziom, quella dcll:ap• ~~ft:i:zten~io~~-laE f c~!:~iost~~~ a.in~ o~~al ~rad~~!~ sfi5':~~"m~ alla e dolce VJl.c"!."' del!a ~orna 1mpenale, e usa di tulta Ja sua a~e per nmgr.wars, August? e_ poi Tiberio, e pensa c;olo d1 tornare ad essere quello d1 pnma, ricco e tamoso e follcg~iante. ~d ~ un altro Ovidio cui l'esilio (una fatrilit~ ,upcnore a ~u1e ,allo Stesso Augusto) sta donando un':'\nima ~ 11 ~cfl~f:~~i~!z:nt 0 ~~w;z~. ~--,~~-c,~~~;("~1~1a b:1i~c~~~p'~:a 1 ;~; (Continua a pa1::,6) .. 1 ·'i1lpr V ·,•,.rin si possa iire che e ,ba2liata la scelta, non il fine.

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