La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 1 - 1 gennaio 1961

Domenica 1 gennaio 1961 TA FTFR,\ I FTTFR,\RTA Pali:. 3 PARTE DELLA PREFAZIONE E L'EPILOGO DI « POETIALCAFFE' » DI IMMINENTE PUBBLICAZIONE I EDIZIONI BOMPIANI * La mia vita al caffè La poesia di Blok HO TRASCORSO b:iona .parte della mia vita al caffé, e non ne sono d1splac1u.o; per me esso rappresenta un'anticamera della poesia. Sua caratteristica princi– pale è che uno vi si sente Ilbero: vivo in società men– tre nessuno mi conosce; la gente parla e non occorre eh 'io ascolti. Guardo i presenti uno dopo l'altro: questi volti mi sono familiari. Per me è tutta gente che recita una parte. Se poi uno qualunque di loro mi dispiace, prendo cappello e cambio caffé. Talvolta penso di fare al caffé una visita a me ~esso. Così mi succede di girare per una mezza doz– zina di locali prima di riuscire a ritrovarmi. Tutt'intor– no specchi e tanti altri ancora che si rifletto fra loro. Un cenno di saluto alla mia lminagine e tre parole: salve. vecchio mio. Se avverto di essere in vena, cavo di tasca un vec– chio quaderno e una matita e m1 metto a scrivere. Dimentico tutti: camerieri. clienti, anche me stesso. Il caffé diventa aUora il mio Parnaso e io ml s-ento Apollo con la cetra. Spesso il caffé mi dà intimo senso dl Indipendenza; oppure mi considero straniero in una città in cui tutti si conoscono: ospite. dove ogni altro è a casa propria. Con poca spesa prendo posto ad un tavolo che non mi appartiene. accanto a gente estranea, sorseggio una bibita o mangio qualcosa. mentre osservo l''ìntenso traffico sulla via e quello che rispecchiano i volti degli uomini. Nel breve giro di un'ora ho modo di assistere a una dozzina di commedie mentre sento l'eco di tra– gedie che nessuno ba scritto. Ero ancora un ragazzo, al caffè conobbi i tedeschi Quante zone della vita si svolgono al caffé: amore e morte. passatempi e affari. Esso tuttavia non offre che l'effimera lievità d'un balletto. E poi, i più lo fre– quentano come volessero evadere dalla quotidianeità del1a vita.. Ancora ragazzo. tu al caffé che imparai a conoscere j} particolare umorismo dei tedeschi. Mio padre correva ogni giorno al solito appuntamento. con la serietà e la compunzione che altri ripongono nel quotidiano lavoro. Spesso ci prendeva con sé. Il cameriere conosceva i miei gusti; e senza far molte domande, mi portava un caffellatte con torta di cioccolato e un fascio di gior– nali umoristici: il Sirnplici.ssimus, la Jugend. il Kladrie– radatsch, t Meggendorfer Bliitter, l'UOc; anche la Zu– kunft di Maximilian Harden e Dle Fackel di Kar1 Kraus, che il cameriere considerava pubblicazioni sa– tiriche. Fu in queJl'ambiente clle feci conoscenza per Ja prima volta coi moderni poeti tedeschi. Talvolta erano essi a scrivere per quei giornali; alcuni appartenevano alle redazioni: Ludwig Thoma. Thomas Mann e Jakob Wassermann; talaltra erano quelle pubblicazioni a scri– vere di loro. Ero ancora un ragazzetto di sei anni o poco più e quasi non giungevo aJI'altezza del tavolo, ma ben prima di essere in grado di capire qualcosa della moderna letteratura tedesca, essa era oggetto della mia Uarità. Studente liceale cominciai a recarmi al caffé da solo; ogni mercoledl pomeriggio, col consenso del di– rettore dell'istituto che frequentavo, il Melanchthon– gymnaslum. Dopo un giro per i caffé di Norimberga egli stesso aveva scelto per noi. alunni della seconda e terza liceale, quello più serio. Ma prima aveva lunghe dlscussloni moralistiche col proprietario; era costui che cl doveva preservare dai vari pericoli cui saremmo stati esposti! La sala anteriore era occupata da gente annoiata. gente dal cuore di bambagia e dai sentimenti multico– lori. Nella saletta interna c'era un grosso biHardo dove il nosfro condiscepolo Ricbard Schrotter, timido come una fanciulla che non si sente di cogliere una mar– gheritina, colpiva a morte le lucide palle come un gio– vane torero trafigge il suo primo toro. Assolto il liceo frequentai il caffé senza natural– mente dover ottenerne il permesso; andavo in ogni sorta di locali: c'era gente che gìocava, coppie d'inna– morat~ emigranti, pittori. poeti omosessuali. madri scollacciate con le figlie da accasare. Ho frequentato i caffé su spiagge. i caffé che sorgevano nei parchi. i caffé--ristoranti e con spettacoli di varietà; sono stato al bal mu.sette 11 i. io caffé di rivoluzionari. dove agenti s-egreti si scambiavano sottovoee le loro impres– sioni, in covi di delinquenti; non mi è sfuggito il Café de Paris e non ho trascurato i caffé dove gli av– ventori vanno solo a leggere 1 giçrnali, Qppure i caffé ambigui, frequentati da soli uomini q da i-ole donne; o quelli da trogloditi nel meridione della Trlpolitania. dove si praticava il meret 1 ricio ai prezzi più bassi del mondo. Al caffè ingannavo l'ozio degli altri, lavorando Quante esperienze vi ho vlssuto. Nel Café Haupt– wache di Francoforte ho giocato a scacchi. A Marrakesc un domatore di serpenti mi ha predetto l'avvenire. Al Café Royal di Londra ho mangiato ostrichee e ca– viale in compagnia di scrittori proletari. Una sera di S. Silvestro mi son trovato a sedere nel Café Rotonde a Montpamasse fra due poetesse tedesche in esilio: una era di Colonia, l'altra dl Magonza. Irmgard Keun diceva a ciascuno dei compagni di tavola: baciami sulla bocca (aveva una straoa flessione di voce nella «o>, di bocca). Voleva poi che tutti toccassimo Ja gran bar· ba nera di un signore straniero seduto al tavolo ac– canto: ci avrebbe portato fortuna. Intanto Anna Se– ghers. profondamente turbata. cercava negli altissimi specchi le immagini. presunte o reali, di dittatori ani– mati da un folle spirito di persecuzione, quella del dit– tatore dal quale. tremante. si era sottratta con la fuga e di quel1o che. tremante. essa adorava. Tre tavoli più in là c'era Joseph Roth che faceva la corte a una con– tess,a bavarese e nello stesso tempo a sua figlia; men– tre il poeta fissava davanti a sé con sguardo acc:lgliat.o. una contessa rideva forte e rispondeva a Roth guar– dandoci tutti con occhi indagatore. AI caffé in Place Brouckère a Bruxelles, uno sco– nosciuto si sedette al mio tavolo. senza chiedere per– messo. e con tono di comando mi invitò a conversare con lui. Scoppiai in una grande risata e gli voltai le spalle. Fu con la voce più calma. del mondo che. cost~i mi disse di raccontargli una storiella, e che altnment1, suo malgrado. egli avrebbe dovuto uccidermi con un colpo di pistola; d'altro importava perché la sua vita dipendeva dal mio discorso_; e comunque s'egli d~veva uccidermi per avergli io rifiutato ·una cosa cosl inno· cente. avrebbe preferito scomparire dal mondo ~ru– ciandosi le cervella con una tragorosa detonazione. Poìché dappertutto nei luoghi pubblicl si può trovare qualche pazzo, mi voltai v~rso di !ui e. cominciai a raccontargli una buffa stona. Quasi subito ridevamo fino alle lacrime ed egli mi batté sulla spalla sod~i: sfatto. Avevo appena finito il racconto che due uomm1 dal volto glabro e severo a:ll sl erano messi alle costole come per arrestarlo. Il mio p~rtner impall_idi., poi ar– rossi. in infine. senza degnarmi nemmeno di uno_ s~Ar– do, s'Incamminò fra i due: un pazzo fra infenm~ri. un delinquente tra poliziotti. un principe ered1t~r10 fra educatori, un comunista fra compagni tncaric~t1 di sor– veglJarlo? Non lo saprò mal. Purtroppo bo dimenticato anche la mia storlella allegra. Allegra? Non abbiamo forse riso soltanto per la paura? Frequentavo i caffé soprattutt? per. scrivere. ma 1;>ri– ma facevo una passeggiata, peripatetico o accademico, alla moda dei discepoli di Aristotile. Creavo versi. dia· loghi. scene, intere pagine di prosa. fi?ché ogni parola finiva con l'inserirsi saldamente nell opera. un rna~– tone nella costruzione; allora andavo a &edere al mio caffé e gettavo giù tutto come se copiassi dal libro di un altro. * di IIER1JIA/1 1/IT KESTE,\I Scrivevo nelle sta1.:ionl 1errovfarte. sul piroscafi.. seduto sulla roccia o sulla sabbia di una spiaggia, o anche in un parco o nell'anticamera di un dentista; perfino a casa fra i miei libri o a letto: quasi, la gente oziosa mi stava osservando; lo lntanto scrivevo fra nu– vole, vette, onde. Al caffé ingannavo l'ozio degli altri col mio lavoro. Sembravo uno sfaccendato mentre accanto a me delle ragazze cinguettavano come stornelli. Quando sedevo alPaperto ad uno dei tavolini. lo stesso vento che agi– tava gll alberi lungo il marciapiede agitava le 6'Cene nel mio quaderno: le stesse automobili che mi passa– vano davanti, transitavano davanti ai miei personaggi. Se però una coppietta d'innamorati taceva, voleva dire che quella sedula al tavolo accanto s'era messa a parlare. Nel caffé dove si ballava sedevo davanti alla pedana: cosl gli amanti entravano danzando. nel mio romanzo o ne uscivano come da un taxl: sedevano al mio tavolo, bisticciavano con me, litigavano tra loro. Minacciava– no: li avrei fatti morire prima dell'ultimo capitolo. Non rispondevano che con un sospiro; bevevano alcool e. bisticciando. ancora si facevano moine. A volte deponevo la matita tra i fogli e ballavo con l'una o l'altra delle ragazze intorno; possedevano uno sguardo desolato come se fossero certe che nessuno le avrebbe sposate. Ballavo e parlavo: mJ mostravo come certi personaggi del miei primi romanzi: eroi disoccu– pati. feroci moralisti che non trovano il tempo per vi– vere. gente che non comprende il prossimo. Ricondu– cevò le ragazze al loro freddo tavolo e riprendevo a scrivere. assorto e sollevato. distante; un po' come se mi trovassl su di un taro In mezzo al mare o come fossi in un'oasi in mezzo al Sahara, e sentissi il ri– chiamo dei Muezzin: Allah il Allah. Accanto a me c'erano i cammelli che ruminavano mentre io aspiravo l'odore delle palme di dattero e del cafl'é to9tato. Il sassofono di un'orchestra jazz urlava. il Muezzin ri– peteva: Allah il Allah, lo scrivevo e mille e mille Fate Morgana mi sfilavano davanti e poi il mare con I gab– biani, o lunghe teorie di grattacieli, o greggi di ele– fanti bianchi fra templi indiani. Fra non molto sarà mezzo secolo che me ne sto seduto nei miei caffé a scrivere. Mi son passati da· vanti fantasmi da febbricitante ed allegri eroi di un mezzo secolo. Tutto di questo secolo bo annotato. ho riprodotto. Ho profetizzato gli eventi, i migliori e i peggiori, i paradisi e gli abbondanti inferni. Nel 1914, davanti a un caffé di Norimberga. vieti p~ sare a cavallo un intero reggimento che andava alla guerra. con cannoni e bandiere. Mio padre. assai più giovane di quanto io sia ora. era seduto accanto a me. Sospirando e torcendosi le mani dalla disperazione mi disse: «Povero flglluolo! Costoro ridurranno in polvere la mia epoca ma anche il tuo promettente avvenire. Che farai ora della vita? A che ti ho messo al mondo?>. Risposi risentito: a Papà, sai bene che la vita mi piace». Ma presto quei:U artiglieri erano caduti sul cam– po. i cavalli crepati e il mio povero babbo era morto in un ospedale da campo. a Lublino. Le bandiere imputri– divano nelle pa,ludi; cannoni e jdeali erano in!ranti. In ogni caffé c'erano giovani vedove con abiti assai scollacciati, gonne troppo corte e neri veli civettuoli; attendevano l'amore: di mutilati o di studenti, di pe– scecani o di mUitari stranieri. Si sarebbe detto che le lacrime avevano reso più fre,sco il loro so.rriso. Nell'in– verno 1918 1 reduci ebbero scontri sanguinosi con i compagni di sventrura: in nome della rivoluz.ione e della controrivoluzione. Tutti chiedevano pace e pane. Poveri diavoli facevano fuoco su altri poveri diavoli; tutt'intorno al mio cafl'é sibilavano le pallottole. men– tre tavoli e s-edie diventavano armi. e nella Confusione i camerieri si tacevano pagare i1 doppio. Le ragazze allegre seguivano il t,artito dell'ultimo pretendente. i monelli giocavano alla ghigliottina o al plotone d'ese– cuzione. Io sedevo al caf!fé e scrivevo. A Berlino, nel marzo 1933, stavo con amici davanti al Café Wie,i, al Café DobTin o alla Mampes LikOr.,tube. Al Kurfilrstendamm era quotlctiano spettacolo veder passare gruppi di ebrei inquadrati o di operai, pungo– lati. perco~si da giovani camicie brune di Hitler. La coce uncinata l'avevano nel cuore. Allora smisi di scri– vere e uscii dal caffé, mJ scossi di dos.so la polvere di Berlino e andai, e mi sedetti nei caffé stranieri e scrissi. Finii con lo scuotermi dJ dosso la polvere di Ber– lino e andai all'estero. Ma anche in esilio sedevo al caffé, e scrivevo. In esilio il caffé diventava tutto: casa, o addirittu– ra patria. chiesa e parlamento, deserto e campo di battaglla. culla di iJlusioni e cimitero. L'esilio dà la solitudine e l'Isolamento. ma vivifica anc!le e rinnova; qui il caffé è l'unico luogo dove avvertiamo un senso di continuità nelle cose. In una dozzina di ospitali paesì vivevo al caffé; era pur sempre lo stesso caffé. al mare o In montagna.· a Londra o a Parigi, lungo i canali di Amsterdam o fra i conventi di Bruges: se– devo al caffé e scrivevo. Ho sogni sereni al caffé; g1! incubi dell'umanità mi passano dinanzi. ma lontani. Talvolta mi si para da– vanti una bella ragazza, talaltra mi siede accanto un uomo spiritoso. Qualche volta un angelo mi saluta. o un genio. Gli sciagurati tempi si mettono a dormire per una o due ore e i1 secolo sembra sereno. I camerieri stanchi mi girano intorno e sorridono e sognano laute mance. A1Ia mia sinistra c'è il consueto cliente che avrebbe una voglia matta di attaccar discorso; queUo alla mia destra mi ricorda il personaggio di una mia novella. E poi: in un angolo, non manca la coppia di innamorati: tubano e sbadigliano, ridono o bisticciano. C'è poi sempre una solitaria signora. abbandonata non da un uomo ma dall'intero genere maschile. In uo remoto angolo, dietro la cassa. quasi invisibi– le o trasfigurata c'è una musa. E ml sembra di avver– tire il flauto del dio Pan. cosi distinto nel caratteristi– co silenzioso brusio del caffé. Per estranea che mi sia una città. basta che sieda in un suo caffè per sentirmi a casa mia. E poi. l'ozio accomuna gli uomini. Da parte mia preferisco lavora– re al cospetto di chi se ne sta in ozio, piuttosto che rimaner ozioso in presenza di a:ente in piena attività Guardo con compiacimento gli esseri compiaciuti. Os– servo gli lnnamorati. innamorato io stesso. e sorridendo prendo parte alle loro risa. Guardo il loro gioco d'amore e come sono felici e si amano, o come sono in- Epilogo in versi N EL CAFFE' • La Terra• - sei un ospite · non invitato. - E quando hai finito di bere, - ti -conducono via i n_eri cavalli. - Già il cameriere ti attendeva alla porta. - Che tu sia un poveraccio oppure un uomo illustre, - per vivere ti bastava la tua moneta spicciola. - La morte l'hai anche senza pagarla. - Eri seduto in compagnia di amici - tutt'intorno buffoni, poeti e ladri, - hai riso 1 meditato e scritto - e sperperato quanto hai posseduto: - l'amore 1 il tempo e te stesso. - Quanto spesso hai visto stelle filanti? - Quanto spesso ti hai incontrato? - Eri tu quello? Un essere cadente? - Paghi lo scotto. Si chiude il locale. - Già l'indomani siederà fresco come ciliege - un nuovo avventore al tuo tavolo - pieno di vita come un'iridescente opale. * di WALTE!t :UAURO felici. si odiano e ciascuno vive in ~é, e a se stesso parla, con se stesso lotta; aspettano con Impazienza che l'altro venga e io vedo la loro pazlente disperazio– ne, la !retta di venire e d1 andarsene, H loro pensieroso discorso fra sé e sé o con gli altri, come muoiono cli mille morti e vivono un'unica vita. Roma, Piazza del Popolo fine settembre Scrivo queste righe a Roma. in piazza del Popolo. Sono le sei del pomeriggio ed è la fine di settembre. Seggo all'aperto al Caffé Rmati. Il cielo ha tonalità di azzurro e di rosa insieme. mentre le nuvole che avan– zano a ondate sono dJ un rosso intenso. con riverberi dolcissimi d'immense fiammate. A destra sorgono le due gemelle chiese barocche inlz1ate dal Rainaldi, compiute dal Bernini e dal Fontana; a sinistra la Por– ta del Popolo (l'interno è del Bernini), è stata co– struita per commemorare l'ir'lgresso della regina Cri– stina di Svezia; ed è decorata da una sel1a e da una ghirlanda. Accanto. la millenaria Chiesa di Santa Ma– ria del Popolo. con la tacciata del primo Rinasci– mento. Fu eretta sopra le tombe di imperatori romani per comprimere nel profondo lo spirito di Nerone. In mezzo alla piazza, circondata da un parcheggio di cento auto, un gregge di pecore d'acciaio. l'obelisco Fla– minio del tredicesimo secolo a. C. Veniva da Eliopoli in Egitto ed era dei faraoni Rameses II e Merneptah; fu l'imperatore Augusto a trasportarlo a Roma per il Cir– co Massimo e il Papa Sisto V a collocarlo in Piazza del Popolo; Leone XIII lo circondò poi di fontane con l'acqua zampillante da leortine bocche. Di fronte a me altre fontane e statue e la scalinata al Pincio. e poi la terrazza costruita da Valadier, i cipressi. le palme. i pinJ, e infine Nettuno e Tritone che ricordano quelli del mondo di Luigi XVI. Di .fronte ho n Caffé Canova, ritrovo di artisti e letterati. Al bar stanno chiacchie– rando giovani attrici. poeti. registi della Radiotelevi– sione italiana. Nel convento all'angolo ba soggiornato Martin Lutero; Goethe, provenendo da via Flaminia. era passato a cavallo sotto la Porta del Popolo. Dal mio tavolo scorgo la casa sul Corso. in cui aveva abi- . tata negli anni del periodo romano. Non è il mio cafié una be'Ua camera in cui un poeta possa scrivere? (Per gentile concessione dell'Editore Bompiani) (Traduzione di Alfredo Foelkel) , Ntlla mtuica ddl'orcht- 1tra unfvt11alt, nel ,uo-no delle corde e dei tamburi, nel 1ibilo dPl t?ent.o, nello 1tridio dei violini è nata la CTeatura di Gogol. Ed egli l'ha chiamata Rua•ia-- Noi non aappfomo in che coaa e.ua diverrcl grande, né 1ap– p-f.amo come la chiameremo ... Tutto finUce ... 1olo la mtuica non muore... no, la mwtca no-n d abbando-n.erd ,._ In que1ta ,orta di atto di fedP'. connaturato a una Rtusia dei ,oani inte,a e,aenzialmen:e com.e -- entità hrica ,., direi che è condensabile tutta l'ar– te e la poelia d, Atek.aandr Blok. il più grande dei lfm.– boli.,ti ruui e uno dei mag– giori lirici del Novecento europeo, del quale l'editore Lerici ci ha in que1ti glomi pre,entato tutta l'opera poe– tica tradotta in italiano da Angelo M. Ripellino. Occa– &io-ne migliore qtdndi non poteva capitare per ripren– dere il filo interrotto di un diacor,o ,ul ,imboii.smo ru.a– so e per /l, $aa.re certi ele– menti di rapporto e di diffor– mità con l'omc:>nimo movi– mento europeo. Ad o,aervarlo 0gQi, nella &ua pro.spettii,a storica. il movimento 1imbolU"ta nuao. nel suo primo manifestarsi. ebbe i 1uoi teorici nette /ir gure di Solovev e Annen.– skij, filosofo l'uno. fitologo e cultore di 3tudi cla.uici. l'altro. Tutti e due furono poetici e critici di bpira– zione simboli&ta. prima on• cora che questa scuola assu– mene quei. caratteri propri e indipen.denti che ereditò da Ivanov. Belyj e BJok. Le idee di Solovev aoprattutto indirizzarono i simbolisti della aeconda generazione r,er10 certi atteggiamenti e intonazioni. contenendo gid: il Qerme di uno ,v,tuppo nel– la con.statazione che la bel– lezza e ., la tnufigurazione della materia attraverso la incarnazione in e.ua . d'un al– tro principio fondamentale ~: il che Qli. servird a stabHlre NEL 1960 IL IULANCIO DELLA * un leQame tra H ,imbotl.,mo dei romantici e H roman(t.. cl.amo dei ,imbolilti e a dare alla ,teua termlnoloQia ro– mantica nuovi e più ampi .aignift.caU. Sulla 1cia di Do- 1toJev1kiJ, che avtoa atfn– mato H principio fondamen– tale dtlla Bellezza come 1alvatrice dell'univeno, So– loveo ne raccoUe fJ ,en.– ,o profondamente Teligu,10, mentre J' altro precuraore, Annen.skij, ne intup-retò il t.orm.e-nto e,i.,tenziate, l'ani– ma malata, ,tabil-,ndo .con l'anello di con.giun.doM, U leQam.e ideale tra genera.tio– ne decadi>nte e .rimbolùta. Cresciuto n,ll'ambtente tn.– tellettuale dL PietroburQo, le– gato fin dalla giot,ineua a Solovet,. che lo introdtt.UP nell'ambiente letterari.o dei decadenti e dei limboliati, Alek1andr Blck fu ben pre– .ato introdotto nel rituale af– fa.,ctnante del 11mbolUmo fran-ceie. che Mallarm-é ave– va definito in modo magari poco conui.n-cente, ma 1ug– gestioo, in polemica coi par– nauiani: .-1 Panza.uiani co-n- 1iderano la co,a per intero e la mo1trano: di con ,eguen.za mancano di mUtero! eni tol– QOno agli ~piriti. que&ta gioia deliziosa di credere che creano: nominare un oQgetto &ignifica ,opprimere i tre quarti della QiOiadel poema.. che corui&te nella felicità di. indovinare a poco a poco: .suggerire, que&to è U sogno. Ora e il perfetto UJO di que– sto mi&tero ciò che co.1titui– .1ce il 1imbolo: evorare a poco a poco un oagetto per mani/e.stare uno &tato d'ani– mc o al contrano &ceQhere un ogQetto per sprigionarn.e uno dato d'animo attraver&o una ,erfe di .1coperte .-. Se a queste parole. agQiungla– mo quelle del di&corao com– memorativo per H Cinquan– tenario del Simboh.srno di Paut Valéry. in cui &i affer– mava che la bellezza. forza della forma, virtù della poe– sia mai come nel momento simboliata eran divenute , 101tan.za di una vita inte– riore .., allora il connubio tr_a e1ta.,i prodotta dalla mu.u– ca ed emozione p0Mica ,ara completo e ,ard: d'altro canto ben plù percettibile t•euen– .ta profonda della poe,ia dl Blok, per tl quale Ruasta, miui.ca e poe,ia furOM vera– mente una cosa ,ola- Sullo •fondo tragico della Rivolu– zihne d'Ottobre. U i;er•o di que,to poeta -pu.n1simo ,i modula lungo una gamma. dalle mUU to-nalità., dalle pi.u impreoedibiU infle11ioni., 1u– f)4!rando i limiti 1teu1 che una poe,ia Vorlzzata alla maniera di Mallanne' doveva. -rvce11ariament-e impOrTt: per Jui poeta, per un. uomo cioe. in quanto arti.sta. n.et pieno diritto di int-erprttare la Ri– i;oluzt-One, l'evmto appan:e comt , fenomeno co,mico ~ l"lemnttare, da 1pi.e.aare ,ui. Ja bcue del dramma deU'uni.– t,Pr,o: - Io affermo che L'e• ,ito <Ulla lotta e deCUo e che al movimento della ci.– uiltà umanuta è .subentrato un a!tro movimento, n.cto anch't',.so dallo .spinto ~Il.a mtaica: ade110 euo ri pre– &enta come un to-Trent.e te-m.– P"Stoso. eh-e tra.scino. le .,ch.eggie della civilta: t.uua,. i;ia in que,tlJ movimento 1i nota una nuova funzione del.– la personalità, una nuova 1pede umana; lo ,copo del movimento non e l'uomo eti--– co, nè J'uomo politico. nè l'uo-mo umaniata, ma l'uomo arti.sta. il ,oto eh.e ,arcl ca.– pace dl vir:iPre ed aQire ovt-– damente nell'epoca di turbi– ni e di burra..,che eh.e •I è inizM:ta e a cui irruiltiòil,.. mente ha mirato l'umanitt #, Ecco quindi eh.e la Ruuia dl 'Blok diventa tutta una •ola creatura dolente. un'anima nuda. wUa. quale stendere il proprio velo di 101itudi11.1>, qua.,i a sorregQtrla e confor– tar1i. Pt>-ciò la pOP!ia bl.,kf.ana e tutto un. romanzo lirico. in cui continuamente la figura (Continua a pag. 4) POESIA ITALIAil'A DaQuasimodo ad ArturLundlivist Finito finalmente il 1960, già qualche anziano non solo d'anni si volta indietro e rab– brividisce a contare la fila cli tombe fresche, contributo della cultura alle follie del bisestile. Ai giovani non solo d'anni spetta piuttosto il compito, più innocente che crudele, di tirare le somme dell'annata secondo l'utile complessivo che ne hanno tratto o possono trarne i vivi. Chi non è più si iscrive, infi– ne, all'ineluttabile passivo di gestione dell'azienda e Vita•· Molti igienisti della me– moria pare facciano del tut– to per scorcfarc che il '60 è stato dominato dal Nobel a Quasimodo, con tutti gli ef– fetti visibili e ancora, chissà per quanto, possibili. Ma tol– to il riconoscimento svedese, che altro c'è stato di grosso, di cor.sistente e su un piano non soltanto nazionale, nel– l'annata che è scappata via? E la cultura italiana aveva bisogno di un Nobel, come l'occasione unica per rilan· darsi a livello internazionale dopo un enonne pe1iodo di involontaria autarchia, se– gulta nell'immediato dopo– filletTa da una forte reazione m direzione europeistica ma, pareva, destinata ad essere presto soffocata da ritornan– to provincialismi. l!n Nobel Qualifica, insieme ad una individualità cultura– le, tutt'un ambiente; mette a fuoco l'interesse su una cul– tura: e solo dopo che il can– nocchiale vi è puntato l'os– servatore lontano può scor– gere i movimenti e le per– sonalità di contorno a quel– la riconosciuta. Questo è l'innegabile pote– re della giuria svedes~, di of– frire alla pro,•incia un posto in città pre$tandole fans e fotografi per il tempo che le basterà. se saprà usarlo, per accasarvisi onoratamente e definitivamente. Peccato solo, diciamolo, che tale potere non sia usato più spesso. La scoperta di Quasimodo, dell'isolano isolato, è stata la scoperta di tutta 13 nostra poesia dopo D'Annunzio, do– po Pascoli, ivi compresi i maggiori, già da tempo tra– dotti ma a stretto giro, fuo– ri del flusso vitale della let– tura comune: questo il fatto grosso del '60. Non è qui proprio il luogo, e senz'altro non è più il tem– po, di riapri.re la polemica su Salvatore Quasimodo co– me degno o meno del ricoTl.o– ·scimento che ha ricevuto po– co più d'un anno fa, come vero destinatario, una volta che ci si era decisi per l'tta– lia, di quello che resta il massimo riconoscimento in– ternazionale, il più sentito dal pubblico e, siamo reali– sti, il più utile. Chi quella polemica non ba ancora chiu– so in se stesso rischia di por– si fuori tempo. E mettiamoci una buona volta in testa che le faccende italiane, viste da Stoccolma, mutano assai di prospettiva; ricordiamoci in– fine che il giurl svedese non pensò prima all'It11ia e poi a Quasimodo, ma fece esatta– mente il contrario. Di recente. dopo la notizia del Nobel 1960 a Saint-John Perse, amici di Stoccolma mi hanno scritto concordi nel giudicare il J)('eta francese inferiore all'italiano, il qua– le rimane saldo in vetta alle preferenze svedesi di poesia. E Perse non sollecitem ri– torni di fiamma per la poesia francese (ma ne ha biso– gno?); il suo rischia di re– stare un caso isolato, una * . di PIETRO CIIIA TU preferenza accademica senza seguito di interesse pubblico. Tutto il contrario di quanto avvenne per Qu3simodo, a parte U successo che riscos– se come uomo nella sua lun– ga toroée scandinava, il qua– le ha fatto interessare e sco– prire la poesia itaUana (e quanto ne aveva bisogno!), prove ne siano le molte ini- 7.iative da allora attuate o :mnunciate, non soltanto in Svezia ma in tutti i paesi del Nord, e europei e oltremarini. Iniziative ,si deve dir su– bito, concrete, generose: so– no infatti editori che stimo- J~~ ~~t~~~alis~~n~r~~rrct; dell'ullima poesia italiana, e di rincarro a questa antolo– gie di narrativa. Tullo un pubblico attende di essere informato. Gli avvenimenti cuJturali italiani sono, da un anno, seguiti da vicino e at– tentamente, non più tr.1verso fortunato e lasciar passare tempo prezioso. Il nostro provincialismo ha qui il suo b:inco di prova. Ricordiamo che attua.Jmen– te anche il cinema italiano è sull'onda dell'interesse mon– diale: la congiuntura, in con– clusiòne, non potrebbe essere più felice. Tra le iniziative culturali da considerare con più at– tenzione va annoverata quel– la dell'fstituto Italiano cli Stoccolma, diretto da Ser– gio Ponzanelli, intesa ad offrire all'attesa dei pubblico svedese antologie essenziali dei maestri poetici del Nove– cento italiano. La Collana, simbolicamente intitolata lta- t~f~5fai~r:et~ia~m~ 5i~ìr:. ~f 'È~:~l~to Jin~~ ~~!~ ~:~)~ ;::ecfutm~ p~u!i~; Artur Lundkvlst è l'uomo alto con baffetti; l'altro è Gia– como Oreglla, un giovane cui la cultura italiana deve molto il cannocchiale dell'interesse folcloristico ma ad occhio nudo da uno stuolo di in– viati dei maggiori quotidiani e periodici, come fino a po– co tempo fa avveniva solo per JZli avvenimenti f-r.111cesi e inglesi. Ora c'è naturalmente, il rischio che si faccia in giro un po' di confusione, che si scambino patacche per mo– nete: ma indubbiamente è questo il momento della no- b~~n~~~lj;t{ ~~~bin~rn:enrl! dcmese con10, approfì ttamc, concorrervi senza pregiud..iz.i. La fortuna non bussa due volte. E' stolto stare a discutere sulle cause d'un fenomeno stessa magistrale introduzio– ne esplicativa e tradotte da GOsta Andersson, uno dei molti innamorati dell'Italia che fanno capo all'Istituto di Stoccolma, dove si ritrovano a leggere e a discutere la nostra cultura con una pas– sione che siamo lungi dal– l'immaginare. Contemporaneamente ap– paiono, tradotte da OrcgJia, Dikter (Poesie) d'une dei più grandi poeti svedesi, Ar– tur Lundkvist, presentato in Italia qualche mese fa su queste stesse colonne (vedi n. 32-33) ed anch'egli inna– morato del nostro paese, che conosce, di cui parla molto bene la lingua, cui ba dedicato belle poesie. Siamo cos\ al terzo ,·olume della eleganti,;sima collezione, inaugurata nel novembre del '59 con Poesie di Salvatore Quasimodo, tradotte da An– ders Oesterliog e introdotte d.'\ un corsivo stranamente limpido del poeta siciliano, tu11ora indispensabile per conoscerlo, per amarlo. e La mia siepe è la Sicilia>, vi scriveva; e i sentimenti del– l'uomo, il desiderio di li– bertà e Quello di uscire dal– la solitudine: ecco i nuovi contenuti >; e rifare l'uomo>, vi diceva, tra virulenza e con– fessione, tracciando la storia deUa sua vita di poeta. degli e anni di lente letture•. di ~u~~inr~i ~pa~~lt~ lontà. 11 volume apparve allora co– me un omaggio coraggioso e isolato. Ora, l'uscita contem– poranea di Montale e Lundk– vist, ,ui pre:ao si aggiung~ ranno Poesie di Ungaretti e ~~~;iali!if>dgue s~oI~W'igi~ bel simbolo, d'una amicizia fatta. d'uno scambio di in– tclliçenza avviato tra due na– z.iom culturali che si stima– no: anche se. per il momen- ~;e~i~n~to ~~~e \y:~i~~ Lund.kvist mi scrive au.c;pi– cando che tutta la poesia ita– liana veolf<l tradotta! La congiuntura, si diceva, è felicissima. Il mercato migliore dei no– ~tri romanzieri di successo, da Pr&tolini a Moravia a Pa– \'CSC, è ora queUo nordico. In tutti i sensi il nord è più vicino all'Italia di quanto non sia l'Italia vicina al nord. Lassù sono andati oltre le apparenze _del folclore, con 5?le, ruden e scugniu:i: noi ~tms~mt~n:ant~~";ti'Ing~ mar Bcrgman e alle sue ~rcfazioni. ln Italia sap• piamo PoCO di poesia sve– dese, che pure è una delle più solide e piene, nella sua irsuta introversione, nel pa– norama della poesia contem– poranea, almeno a giudicare daU'Antolo5?"ia es'icoziale che ne fece l'Oreglia, sempre e solo lui!, per l'llalica nel ~JS·q~:icli°ean:àl;~::n~ vi:!: na volontà ce ne ha nel frat- ~~rio' ~=ta maun~~~ più diffusa, più scoperta nel- 1~ pc~nalità e nei serpeg– J?mment1 sotterranei t r a S!rin~berg e Zilliacus, tra B~orlmJ e Lagerkvist, tra D1ktomus e Lundkvist e Gull- ~t:•a~': ~ S~ogi~~o~~i d_ell'Italia. della nostra poe– sia, sembrerà incredibile ai santoni italici del e nulla di nU0\10 >. La cultura svedese è tutta da scoprire, e con un piccolo profitto in que<.to tempo di fl'.randiosa esterofilia. Ma la influenza francese e quella americana ci danno una vi– sione europeistica deformata. o almeno molto limitata: nel nostro interesse è venuta l'ora di modificarla, am– pliarla. Quanto ai nostri problemi diciamo di esportazione cul– turale, e vista la favorevole congiutura, non si tratta so– lo, ora. di approfittare di alcune buone oc.casioni ben· sl di stimolarne ed ait'.itarne ulteriori, dimostrando un in- teresse e una buona volontà cbe le polemiche sul Nobel a Quasimodo misero o almeno potevano mettere in duhbio agli occ.hi di chi ci guarda con più rispetto e simpatia. Le- iniziative monografiche e antologiche dell'Italica van– no sostenute dalla nostra stampa. A1;!"giungiamo che la stessa Collana sta appron– tando, lavorando come si ve-– de con entusiastica celerità, una antologia della • gio-van~ ~c;ia > ed una di e Racconti italiani con particolare inte– resse ai giovani narratori. A Stoccolma lavorano per noi. Ma anche in Norvegia, in Germania, in Inghilterra, in America. si stanno p~– rando antologie dj poesia e narrativa italiane a livello della conoscenza romane. E sono sempre più frequenti. su riviste e giornali. i sa2gi e le notizie su quel che si stam– pa da noi. e mten·iste :li no– sui autori. Sia staio pure mal dato, alla fine il Nobel a Quasimo– do ha aperto una breccia enorme, per la quale deflui– sce una cultura sin qui chiu– s_a. minacciata dal provincia– lismo, dall'ariclità dell'isola– menlo. E questi sono i e fat-( ti> di cui bisoflla tener conio. Ma a chi dovevano darlo quel benedetto Nobel perc.hè suoa3ssero le campane? Ma quali campane? Le poesie di Lundkvist Nell'introduzione alle sue fi~~e cf,aYI::::a t=~~/di Oreglia) Artur Lundkvist racconta della sua \·ita a lampi d'un'autocoscienz.a che pu~ ben sembrare provoca– tona, per quello che ci im– pone da un lato e, dall'altro, per come ci toglie gli a.rgo– menti in "!'roporzione dell;i impulsiva chiarezza con cui illustra e definisce le sue es~rienzc interiori, esauren– dole: il ritratto che ne nasce non è a pastello, noa sfuma ma è litografato, concluso: Oini riga è un pieno dono di sè, un'offerta senza reticenze. senza false modestie: il bre\"e saggio ci dimostra un uo– mo che non ha atteso e pre– gato, ma ha voluto e, so– prattutto, ha fatto, e ha sa– puto sempre quel che fa– ceva. Ho saputo che in Svezia è un uomo importante: e co– me lo .d!mostra s~U3 pagina Un vohtwo: un VIcbingo. La poesia dell'estrema, ra• refatta introspezione, la cul– tura dei timicU, dei solitari dei disperati, ha in lui l'estro~ verso, il guerriero fiducioso, un uomo di mari caldi. Lundkvist ha girato il mon– do e, ho saputo ancora, è ben poco tempo che s'è fennato, npparentemen1e placato: è andato incontro a11a vita alla diversità, all'avventura: ha fuggito qualcosa. è andat~ a cercare qualcosa che la Svezia non ha, dei colori. delle sensazioni. delle cose che il suo mondo non pote– va offrirgli. La fuga immobi– le di molti intellettuali svc– ~esi. quasi il loro marchio, ti loro cancro geniale e mor– tale, è divenuta in lui irre– quietezza e fuga ma all'ester– no, _C"?n tu!to il corpo, con !u1t1 1 sens1. E' stato questo 11 suo modo di porsi a tu per tu con la vita: afiron• tarla nelle apparenze, ubria- f:::n~ia~arne attimi per (continua in 4. paitna)

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