la Fiera Letteraria - XV - n. 30 - 24 luglio 1960

Domenica 24 luglio .1960 LA FIERA LETTERARIA Pn. 5 SCRITTORI IN PR.I~O Si levò il vento. Folate correvano per i corridoi, sopra di me, percuotevano porte e imposte, popolava– no di fantasmi tutta la ca– u. Tra un3 folata e l'al- Rerno Ln;:li: PIANO Sul concetto diesperime Paura * ~~~_g~;:~a fi~~a.b~~~t~ni:n: spento doPo pochi attimi, anche che c'ero io nell'in- di dire una parola, non so non sapevo immaginare ciai un grido. indietreg- di PIETRO CIJIA'l'Tl sull'aia un grondare fra- ~ontr~::~~~ fa~~: i~a~~i:fa~ ~i,:i: n!;p~:ra luJub~~~ ~~!le~e;;,:r~e e~! tel:ebb:i~ ~ :Se,co;: 02 :vr~nci~;!~~ : ~itr:i:a~~ra~~ù~r~in~~~~ m!:tlo, ~ n ::!~ e ~ua=r~ quando più appaia O quan- fi.r~~·a,F~f:1~:~e~~/~a:~j chissà dov'era una candela che fosse morto, il mare- tro che un gemito. Mi in- conto, pensavo di trovare pitai verso la porta che ne !accia maniera e s~tema, ~~!~'ri~~!n~ i: 0 ~;; o~ f~ e sui boschi deserti, sen- in quella casa, forse nelle sciallo ne era certo. tanto filai il moschetto a tra- il contadino a tena, an- dava all'esterno. ne cer- di e sperimentalismo•, lun- catena di reazioni, tutta za uomini e senza case. stanze, di sopra. dove il che non aveva esitato a colla, frugai in un laschi- cora in vita, gemente. cai affannosamente il ca• go sarebbe 11 discorso, a l'arte è in prova, il e tem- Ero solo. Stavo seduto ,"-,edn0t 1 _o_ correva per i cor- lasciarlo impiccato come no, ne tolsi la scatola dei Come la porta si aprì tenaccio, Jo tirai, aprii, partire di lontano, da in- po. è perduto e più che su una sedia, in un angolo era, in attesa del sopra- fiammiferi, ne accesi uno, mi trovai davanti per un balzai fuori, mi m.isi a tuiz.ionl nietzsciane conte- mai oggi esso è quello di deU·ingresso. Una lampa- D'un tratto udii un ton- luogo del pretore. ma la capocchia schizzò attimo, nel1a luce del correre. Correvo ,;,er iJ nute ne La vol<>ntd di po- una sarabanda, libero ogni dina piccola, rossastra, fo nella cantina. Dalla te- e Appuntato> tornò a via, ne accesi un altro. fiammifero che subito si viottolo che andava alla tenza e che aprono squarci artista sino all'arbitrio e, scendeva dal soffitto, get- sta mi parti una ondata di dire la voce. Io scattai in e Oh, Dio• senili gemere spense, un uomo alto e strada. Sentivo diertro di di chiarezza sull'intera evo- ciò che caratterizza più tava un po' di luce intor- gelo per tutto il corpo. Ri- piedi tro\·ando la forza dall'altra parte. Spalancai magro, con occhi sbarrati. me l'uomo gridare. A un luzione artistica, dalla fine propriamente l'epoca, libero no, su una cassapanca, su masi immobile, trattenen- della disperazione, cercai la porta con gesto risoluto, la bocca semiaperta. Lan- tratto intesi che diceva: del mondo classico a tut- di !are dell'arte ciò che una distesa di patate e di do a lungo il respiro. Non e Appuntato. sono Gelso- l'oggi: ossia da quando una vuole, perduta la m:sura e mele, su un biroccino, su v'erano dubbi su quello mino>. Riuscii a domi- ansiosa. frenetica. barbari- perduto ogni riporto alla finimenti da cavallo, sulla che poteva essere successo: narmi, ralle."l.ta.i. Gelsomi- ca e dichiarazione di liber- tradizione. mia bicicletta appoggiata la corda s'era spezzata e u d no era uno del paese, un tà • aprì il tempo delie ri- Il e vantaggio barbarico• a una parete, sulla canna il morto era precipitato a ll 03l'ratore •. tens1"one ladro. lo conoscevo bene. voluzione permanente, n della nostra epoca, secondo del mio moschetto che te- terra. Avrei dovuto alzar- Ripensai alla sua faccia nostro tempo. la definizione del filosofo, è ne\·o a tracolla. In fondo mi, accendere un fiammi- illuminata dalla luce del Osservava Nietzsche che una libertà illimitata, spe- c·era la porta che dava !ero. aprire la porta, an- * fiammifero: poteva essere da quando non !u "Q_iù sen- ricalata, arricchita di quan- sulla scala, a sinistra c·era dare a vedere; ma non mi davvero quella cli Gelso- tita la necessità di legarsi ti fermenti circolano ormai quella della cucina. a de- decidevo a farlo. L'ondata di ti LU ERTO BEl'ILA cn·y A mino. Mi fermai, mi ap- a e severe costrizioni• di per il mondo, una volta stra quella della cantina. di gelo attraversandomi il ~e poggiai a un castagno. stile e di contenuto, in una rotte le barriere tra cu.!t-ura Ascoltavo iJ vento e la corpo mi aveva lasciato L'uomo mi fu subito vi- parola da che fu infranto il e cultura. rispetto ai quali ~~~fta; irf:! 8 °~~ ~=ll~~~~ ~~va~et~g~o di~~~~ i ~o~ ap~:r: 1 ~:!fi/e;::,r;~~i! 0 :;,~ 1~r~ 0 ~f 0 ken~~ ~ive~n 1 d!:~bia1f: s~~o,;;;;:ss:~:e1ffi~m~~fe: ~~~~ ·cfi.ai ~~a~O:ri~n ~J~ ~~o i d~'7o~\~~{:;; na:~ =~t~~e 1 ~i, ~!~in~,~~ della cantina, non sapevo stesso - alzati, sei un ca- !'::~:tui?~'e;~a i,~!~~f!'a~i:: ::,~7vo'i:r/d:Z ~~;'~:!~a~i.j ;,,~~~ed;iftZu•glJiÌ ~fs~~ semino. Piangeva e tre- poterono (e non potranno) tatari sperimentali, teme- staccare gli occhi da quel- rabiniere, sei un appunta- bravo narratore modenese, elle sappiamo so dovrebbe essere non soltanto aperto, mava. e Appuntato - dis- arrivare ad altro che ad rarii copi&ti •• da\~antì a un la parte. lo>. i\Ia continuavo a Sla- in attesa - da un buo,i numero di mesi, ma approfondito in sede saggistica. se - credevo di morire una continua sperimenta- pubblico « che ha disim.pa- ln cantina c·era il mor- re seduto. Pensavo che non ormai _ di una risposta definitiva sul La ragione è evidente. Fornito (come dallo spavento. Una cosa 2.ione, la quale toccò anche r.ato a ravvisare l'atto pro- to: stava appeso a una cor- c·era fretta, sarei potuto suo ultimo romanzo, giacente presso un D'Ar-w e Colombi Guidotti) di una deci- così non mi era mai ca- il Goethe \·ecchio, segnò priamerrle artistico nel vin- da che scendeva dal trave andare di là quando fosse importante editore. Della più recente fa- sione nel descrivere che rifiuta i com- pitata. Sono andato per tutto intero il moto roman- cera.re la forza dell'espres- centrale, di fianco al mo tornat~/~b luce o addirit- ~il:, 1:ite;i;!~e d;/:~f;\'i~/ gi~~:o~ifbri= ffi°c~, 1 ",!;!,fd,e d':,fic~~/::ia~';,a'/1:gl~ t ~~= rubare qualcosa in casa tiro e, aggiungiamo noi, si sife• dnfl domi_ni~ ~aniz- della lampadina. impicca- tu~ei3 m 8 ezz~ di un sibilo ca, un'esauriente anticipazione circa un gi, forse l'unico narratore emiliano che, ~i~:::1~el~aI°"~~i l~i i: kt~ò i d\~~~~vi~n i:ol~ ~eo d;qur;:ezzJevee a;~~~;• to. ~a lul~e /li btteva del vento mi parve di udi- anno fa. Fu in quell'occasione che par- tra i giovani. dia garanzie di poter con- mi son dovuto rifugiare in campo dell'arte. zare sempre e più la !orz.; ~~~p;lr~:½e ~m~sr1:·ci:~:1~~ re. proveniente sempre ~~~:~ 1 ~a r::nt!'~~tg;ep,::a/it'f ui~:~~~: ~·~'ii'f11i'dlt,:!nius:,::dric!:~~~aSa~e:i~:~~ cantina. dietro una botte. Sperhnentalismo, in que• per la forza, il colore per ~e~~gfua~i~e~~~-eiN~~= ~~~;i u~~;a;~~::;~v:Yi~ 1:r;:~~~1!;fz75a:EF!:}1~?,::~tet~~;:!s;3i f;~~1tà~u:,!~is~1odil!A1~%:i~~!àsivelde dJ~ ;cerìend~e\~oenci~hteosulaao,,io~rraaps~sce:,~fp;o!,: ~~:i~:::::E~ f,~~t~i}PÉ~f~i,~l ginato. d\ trEcorrere una pervadere dal ghiaccio. il che riguarda l'abilità negli armonici, nel i!~e;:~. ~l~~fue::~re.:;::.ro:.e d~t'~cr~~a~~: h .. d'to . t z.ione dell'arte nuova, peri- d! conseguenza e gli ele- ~~~t1a~:~=~e~:s:rc:n~:~ vento tacque e io distinta- ';';.::,fz1~~e d~~/aJl!fOg~jll~ 0 ~id~~~ 0 J'/ :fi':, ~~:iz~~acmae assorbe a volte senza spe- ~~n tir~toP•f~o~i 1 1 a t:~~ e~ co.Iosa, opposta all'antica, menti e le condizioni del- ~~:l~~J:,:0; i~n~ì~~!~~ 1 i: ~;,~:~. ':~ ;:;~r: d1·:~~ f"f;';;c!, 0 T;~:':::,:"%}~cc;i; ~;~';:; :~,;i~= ,o?'~¼.'.' 0 ;::"::1i:;a;~~ ~::,,~ )';,,[ 0 fz: ~t~~o v;:i 1::':; 1 :~ h~·~:~~ ~'!'!:~:,/~i" , ::r~ :n: f~~:i::;tit.f~; la che era al confine del ~·ii:i~i~~i~ter: 1:f!j~;~mi~~~ ~';~ni~~~er~tten~ffl~'~'[~ vagante nell'ana) ::~~ltt~~~e e i;:isJ~':1~i1•i~;uif~nd':i ,;;;i: !~tist~~i Qu~~~oorl:1~~~an!i ~:~~or~~a~e~~~a~~~!~ le esigenza che anche 1'ar- ~~mJ~e, J~::! al~!~~~i~ Chiusi gli occhi, in abban- E' su questo punto elle vorremmo sof- attento, la possibilità di ricostmire gran è rotta e il morto è ca- dosi per un salire del mer- t;sta debba presentarsi a ~rta:e a una· delle !ami- dono, cercavo di dirmi che ~~~~:;f;: fi~~ll~o,1J:fi:ranz~~~~ti~~ a;1fl:,:~ fna[dt~i. d~o~'::e,:?enn~o s:~i~~~~~e;fe v;~:~ duto, non sono ciù stato ~io nel termomett"? i3rt lui l~l~~ • <\ :t~litari.11! glie che vi. risiedevano, ~~:e~~na;:(eev~atsi:~r;:{:~ è 1111 ben strano e singolare fenomeno: duata e scomoosta la •paura a: 1 m com- capace di resistere. Dio :~~~• ~~/i'~~~;:;li~:e~ ~~ad~~~• cn~•. iQ~~ll~ una ttazione Idei b~ri_l~_rit- ta una voce. ma nello stes- ~~~':1a.s~jgi'ec1!i fr:e~1te;,:ut~;~:d?,~:nfrta n,~; plesso di sensazioni che, sca_ti;ren~oda che spavento!•. dell'impaz.ienza. della furia dell'arte nuova nascono pro- le.il ascia~e ir 1c1 e ~ so tempo avevo la certezza sempre avuto pochi narratori e molti ~1:Ì~o s~~~ia,~~ :{';~1~~tdi ~m~rire°~7~~ Gelsomino continua\·a a innovatrtee, fino al delirio prio da questi denti di ~:r:m~~c~~~seig;i~~a~t;r: f~ nfirz!ss~rilass~ff~~~: ;:e~!:i ~h~ 1 asir1:~~toda:i 1 aqi:e:ac~~'::rae::: ~:!;:f~og;~élt~n~p~:;:/~~:s~~i~:i ;,~i ;~~i:r;;;,1_ slt:t::av~ ~;;~~ ~~~a t:g~~n~!ti~i~~J dr:f~iscorso andrebbe ben di lr~r !lp~~~fi 1:n~i:~'aa ero soltanto in preda al hln~~:n:~l'a~al!:~ Pjt;/:~ at1:ev~~nto],Jt ~Ì1~1fi~;to~:o 1;;15j~";i~n!o:r':!~~:r p~:1~i giato all'albero con gli oc- e che ai nostri occlti val- più elaborato ·T ampli~: Marcantoni quella nella tremito. e Pietà - tornò a derando l'arco della nostra storia lette- del romanzo che, probabilmente, Lugli chi fissi verso la casa che ~~~o uqu:!~ 0 fim1~oft\;~~~~~a :a nr~ ~~o 1 tr~~ siae quale mi trovavo. Al no- dire la voce al di là della raria più recente, possiamo fare non si \'edrà stampaco presto. Forse è un non si vede\·a. c·era solo fuori ~ella as..~i più e len: mo ormai, non da O{lgi; stro arrivo avevamo cerca- ~or_ta - pi~tà, ap~untato >. ~:~~~e:i?:'~ìs~~~~~j~,fc,e'd:fe;f~i~, ~~t;:~ ~f ~~d 0 in '~bt~~ ~~:;a,!°;~ 0 ;_:f~:~_.f del un gran buio intorno a ta • cultura italiana. chissà fino a quando, tutti to il padrone, lo avevamo trmgevo i mosc. etto con dopo, Zavattini, Raimondi, Delfini, Ro- mestiere, ma non per dar vita a virtuo- noi. Sopra le nostre teste Il succo del discorso del sperimentatori. non pE'T di- chiamato a gran voca, inu- fntr~mbe le mani, ~a mt mani, orientatosi verso il giornalismo a sismi gratuiti, bensl per affinarsi e ren- il vento frugava fra i rie- fl.losofo, e le conclusioni in- Titto ma per destino. libero tilmente; il maresciallo O s attevo contro a pe - scapito della sua vena di romanziere. A dersi ancor più malleabile, duttile. Non ci del castagno, la pioggia site in una realtà che non ognuno di essere se stesso aveva messo la testa in lo tanto era forte il mio questo esiguo fronte, dobbiamo aggiun- resta comunque, elle augurarci di veder ci sferzava il viso. Capivo sempre si vuol vedere e ac- ma entro questa nemesi cantina ed era rimasto al- tremito. Cosa stava dun- gere poi tre nomi che, intenzionalmente, prest'o Remo Lugli apparire di nUO\'O con che non saremmo tornati -cettare. è che sperimenta- storica. Una class:cità è libito. l\lichele Marcante- que succedendo nella can- ci siamo tenuti da parte: Silvio D'Ano, :m libro, con il «suo. libro. tori, prima e oltre la no· perduta, una misura. una ni s'era impiccato: doveva tina? Il contadino era ca- ~:iit dc:s:i:~bàe'iupi~g: 1 ~i•d:,eRr~~/;;'f,~~Q:~ ALBERTO BEVILACQUA dentro, avremmo aspettato stra volontà personale, or- civiltà. essere successo pochi mi- duto a terra e adesso im- l'alba sotto quella pianta. mai lo siamo tutti, qu..asi Rivediamo in queskl lu· nuti prima perohè il corpo plorava aiuto, rivolge nd0 si RE.MO LUGLI per designazione storica, ce la storia dell'arte per !oe~~~la;da e~c~z:id~~gi~~ _d_ì,_•_"_•_m_en_t_•_•_m_•~;--s•..:_P..:_•_v_•_:_==:_ ______ __ _ _ _ ___ ____________________________________ _ c'era però da meravigliar– si di quel fatto: Marcan– toni era• sempre stato un po' matto, quelle rare vol– te che scendeva in paese dava sempre fastidio a qualcuno con le sue prete– se assurde e i suoi discor– si stravaganti. Nella casci– na eravamo rimasti un po' incerti, il maresciallo ed io, sul da farsi; ma non c·era scelta: bisognava an– dare ad avvertire il pre– tore e nello stesso tempo piantonare il morto. e Ap– puntato, - mi aveva det– to il maresciallo con aria dispiaciuta - c'è poco da fare: io devo tornare in– dietro e tu devi rimanere qui. E credo proprio che ci dovrai restare tutta la notte>. Era venuta la sera, io avevo acceso le luci nelJa cantina e nell'ingresso, avevo chiuse le porte, mi ero messo a sedere su una sedia. Sul tardi si era mes– so a piovere; il grondare dell'acqua nell'aia era la cosa più viva in quella so– litudine. Ma poi s'era le– vato il vento e tutte le cose parevano essersi ani– mate. Io stavo sempre più fermo sulla mia sedia. con le orecchie tese a tutti i rumori e ad ognuno di es– si la mia fantasia dava un'immagine: una impo– sta che sbatteva, una pian– ta che si curvava. un ba– stone che rotolava. E gli occhi. anche se fissavano le mele o la bicicletta o la canna del moschetto, ve– devano. a tratti. l'uomo impiccato con il suo sguar– do sbarrato, la lingua pen– dente, l'ombra nera sul pa– vimento. All'improvviso venne a mancare la luce. Il mio cuore accelerò il battito, leggermente, per una istin– tiva reazione a quel fatto nuovo. Ma mi rendevo con– to della normalità di quel– l'interruzione: il vento da qualche parte doveva a\'er fatto precipitare una linea elettrica. Capitava spesso, durante i temporali: la lu– ce mancav3 a volte per molte ore, altre volte tor– nava dopo pochi minuti. Giornale 1948 • • di Rodolfo Doni (Continua dagli scorsi numeri) TARANTO, 5DICEMBRE Foglio bianco di carta re– sta a raccontare pei canuti e grigi anni l'incanto di questa notte; e tu, cuor du– ro, abituato ormai a lotta– re e non più a fiorire, de– stati: cantiamo insieme in dolce· prosa. E se non riu– sciamo come vorremmo, sia questo un canto inespresso, una fioritura bella nell'atti– mo che fu sognata; perché tu sei, cara, come il sogno che si disfa tanto mi sfug– ge la parola necesse.ria a rievocarti. Quale dolce ricordo po– trò rammentare di tutto quel tempo in cui siamo sta– ti insieme e che mi sembra tanto e tanto poco? I1 mio cuore combatte ora e non fiorisce, e questa d'ora è un'improvvisa fioritura not– turna: come la neve che ci risveglia al mattino col suo candore. M'è nata dal ricordo del tuo viso; dai tuoi occhi, stupiti e accesi; dalla tua bocca, offrentesi e molte volte baciata; m'è nata dai tuoi abbandoni, dal tuoi sorrisi, dalle tue l0crime; m'è nata da te che sei la. realtà che al pensiero m'ac– queta. ... Passi dunque questa notte col suo silenzio e i suoi rumori che non si sa da dove vengano. e forse è il mare che ansima, o la città in veglia, o il sussur– ro delle erbe della oompe– gna. ... n mio cuore com– batte e non fiorisce. E tu gioisci per questo; gioisci, si, che questa non sia una fiorita improvvisa ma sola, bella come tutti i sogni ma caduca; e sia invece una donazione piena; quella che tante volte tu leggesti • 01- lora • negli occhi miei che la dicevano, e che ora da qui tj rinnovo, da questa quieta notte serena, In que– sta dolce prosa. PIU' TARDI Poeta: un debole verso che si leva su un'assolata campagna, o in una cupa notte oscura. Siedo qui, al tavolo, su questa sedia af– fondato, cogli occhi che si chiudono dalla stanchezza - stanchezza per vivere, vita ch'"1 morte - e cerco ancora, mentre tanti altri cercano divertimenti e lus– suria, di levarmi in un fiac– co volo, per essere vivo og– gi e perché non tramonti il mio spirito, dopo, quan– do sarà distrutto il frutto delle mie manL MATTINO. 6 DICEMBRE sempre stanco a sera, al mattino desto a fatica - ho bisogno di te. Dio. Te io ri– trovi ogni momento, in ogni contatto con gli altri, in ogni lotta, in questa stan– chezza di vivere. Stammi vicino. Ho bisogno di te, che sei il mio ideale, il mio sole e il mio traguardo; la aria in cui ben respira il mio animo oppresso dai miasmi di quaggiù ... 7 D[CEMBRE Ho visto molte cose. A giorni, quando anche soprav– viene la stanchezza, sono completamente sazio. Ho visto quanto il mio vecchio nonno non vide nel– la vita. S'è sfasciato il mondo, grande, per la prepote~ <;li pochi. Si è affamato, _1mm1- serito quando le sue ncchez– ze potevan bastare a quat– tro volte tanto. Sono cadute le potenze che parevano consolidate. Ho sperimentato i disagi, la ma– lattia, il pericolo di mort~. Ho provato, anche, la feh– cità dell'arte e delJ'amore; il molto di male e il poco di bene, ìl molto dolore e il poco di letizia. Perciò, senza iattanza, dico che non ho più nulla da \·e– dere. Anche i libri mi vengono a noia: restano le pagine di schietta poesia che sono po– che e che sempre rileggo ... Perciò sento il bisogno del– l'assoluto, dell'eterno, del– l'immutabile. Almeno se le generazioni che verranno imparassero. E invece, è più che sicuro, non impareranno. Ogni giorno che passa sembra portar via all'uomo la coscienza e il ricordo. Viene il dolore, la– scia la cicatrice, ma lui la ricopre, la nasconde e ripi: glia la via dell'errore. Ogn1 vita nuo\Ta, poi, pretende le sue sbagliate esperienze. E la vita del mondo è una insistente ricaduta. Le città, appena allontana– ta la guerra, sono tornate subito alla corruzione. Pro– stitute e ruffiani che ml?r– canteggiano con la soldata– glia straniera in tutti i ri: staranti, in tutti i caffé. Al tabarini, la notte, le vecchie scrofe danno spettacolo. Nei \,arietà nascono risse. E nes– suno più parla della guerra. Una straordinaria leggerezza è anche nei migliori. E se non bastano le pre– senti sciagure che avverrà? 8 DICEMBRE I miei amici nel nord, sul– le nostre montagne, che iot– tano e muoiono. Io, qui, mi sento inutile, abbrutisco. Esser su quelle montagne, dove tante volte ho sognato riposare, a combattere ... 9 DICEMBRE to in questi giorni pa!:-sati dal mettere in atto quello che è stato il mio progetto d::i quando son venuto quag– giù dalla mia Toscana, mi ha tenuto dall'insistere per entrare a far parte del Cor– po di \·olontari che si sta costituendo. Mi sono deciso, stasera, dopo una rapida riflessione e una preghiera; sono andato al comando di Reggimento; ho fatto tirar fuori la do– manda fatta qualche tempo fa; ho preteso che la inol– trassero. E subito mi son rianimato, riscattato da que– sta fila di giorni inulili. Tut– ti i sacrifici - la vita disa– giata, la lontananza - li sentivo insopportabili non vedendoli diretti ad un rea– le scopo. Ora son tornato io. Voglio combattere perché ritengo giusto ribellarmi al sopruso e alla violenza: ho camminato per centinaia di chilometri, per molti gior– ni, per scagliare la mia ri– bellione contro i tedeschi. Voglio combattere ptrché considero questo l'unico mez– zo per riscattare questa vin– ta Italia. Voglio combattere perché voglio tornar presto in Toscana. Ma questa decisione non l'ho presa avventatamente; non sono un imprudente né un avventuriero. Mi sono do– mandato stasera davanti al– la mia coscienza, qual'era dunque il mio dovere, dicen– domi che quello dovevo se– guire senza preoccuparmi di altro. E il mio dovere, al quale non \·aglio rinunciare, il mio do\·ere d'italiano, di cristiano, di toscano, è que– sto, di combattere. Sai. Dio, che affido a te i miei, il fra– tello giovinetto, mia madre; e per te, fanciuJla, solo per te, tremerò davanti alla mor– te. Solo nel caso che tu pu– re dovessi mancarmi, la im– plorerei come il più felice dono. IO DICEMBRE Cara patria, che amo an– cora, che proprio ora, dopo tanti anni, tutta la mia vita passata, sento di amare e voglio servire. Nonostante tanti abitanti per i quali nu– tro pietà più che disprezzo, la amo ingenuamente per– ché la vedo bella con le sue belle citt~; la amo per i suoi uomini grandi del pas- LA !FIERA RISPONDE Br. Tosi - Venezia - Per il momento non possiamo aprire il Giornale a nuovi collaboratori. E questo vale non solo per lei. Più avanti se ne riparlerà. Gianni Pr. Rambelli Faenza - Il direttore mi prega di dirle che quanto stabilito dal suo sostituto (come dice lei: O\T\'ero dal Redattore) vale sempre. Ab– bia pazienza e aspetti. sato che in quest'ora sento così vicino. Se ripenso a Santa Croce a Firenze, se ripenso al glorioso secolo scorso, allora, solo allora, ho ancora fede nella sorte fu– tura. Quando gli Italiani ri– sentiranno la necessità del– la patria, si sapra ancora combatlere e morire. Com'è triste invece vedere questi ~!~~\i !d~~~t~ra e 0~~1\~icii più, preoccupati soltanto del proprio comodo. Forse gli abitanti delle regioni settentrionali avran– no una più fiera risoluzione, e da loro· in seguito verrà la riorganizzazione e la guida. Ma se al.meno si potesse ora ricostruire un'armata. bene organizzata, forte di spirito! L\ sarebbe la pa– tria! E poter liberare qual– cuna delle nostre città. Da– rci anni di vita per questo. E invece vivo nell'avvili– mento e nella noia. li DICEMBRE E' vero che non v'è stan– chezza fisica cosl grande a cui non si possa aggiungere altra stanchezza. Nelle lun– ghe marce, coi piedi dolen– ti, pareva di non poter più muovere un passo, e invece si seguitava quasi con le la– crime agli occhi. Ma una ruga di emicrania ho in mezzo alla fronte, e una sonnolenza e una fiac– ca che mi procura l'affan– no a salir le scale. Risento questi cinquantacinque gior– ni di scarso mangiare, di dormire disagiato e inter– rotto. Avrei forse diritto, se fossi un buon borghese, un pacifico lavoratore che rien– tra in famiglia a qualche premura e gentilezza. E do– vrà, invece, bastam1i. sta– notte e domani, il mio gia– ciglio di tavole col materas– sino e le due coperte ruvi– de. Potrò forse scorrere, se il sonno non mi vincerà su– bito, qualche riga a.I lume delle due candele che il mio soldato ha rubato nel can– terano del padrone vecchio maniaco e avaro. E cosl, iersera, nella mez– za oscurità della pokerosa stanza, meditavo l'eterno e l'infinito, e sentivo in me le ~rn~~eod~i N~~al~/oJ~e p~= sia e di studio. Quando po– trò ricontemplare la bellezza e la profondità del cielo e della terra, e parteciparla, come posso, agli altri? Or:1 queste pagine scritte dovun– que, in una trattoria, su un sasso, a un tavolo di giuo– co... Pure bisogna continua– re. Via la stanchezza, finché f:~befii~~iibi~~l c~o~hlffi";,~ ché poi possa dire: ho fatto quel che potevo, anche se è molto poco. 12 DICEMBRE Un collega trentino, sim– patico e buono: due occhiet– ti azzurri, sorridenti. - Ti sci tagliato i capelli cosl corti? - Un ciuffo, di profilo, come un corno. tagliarseli e allora ho comin– ciato io... Cos\ l'ho conosciuto. Alle– gria, facile comprensione ... Stamani in fureria si discu– teva. Lui severo. categorico, semplicista: - Non dovevamo dicbja– rare questa nuova guerra ai tedeschi. - Io, inutilmen– te, per quasi due ore, a por– targli argomenti. Tutti gli altri dintorno silenziosi, sen– za una idea precisa pur– troppo. - Tu ammetti che i tede– schi sono immorali e la lo– ro guerra è profondamente ingiusta? Tu riconosci che compiono un misfatto ad oc– cupare le nostre terre e a commettere lç infamie che commettono? - lnfine lo ag– gredisco: - E poi, se hai cotesta opinione. perché sei cosl sollecito nel tuo servi– zio, in questa armata • ba– dogliana •? - E' per il dovere. - Ma chi t'impone cote- sto dovere? - Il giuramento che ho fatto. vaJid~fa~~~~u':~cn~ 1ib~ro~ Al contrario, per essere coe– rente con te stesso dovresti restare indifferente, assente nel servizio: così. invece, tu manchi di fronte alla tut coscienza perché compi pun• tualmente ciò che tu giudi· chi immor:1le. Resta a guardarmi silen– zioso, lcgiCnnente sorriden– te, e forse non sa più che dire. ...Sl, come soldati dobbia– mo ubbidire, ma come uomi– ni abbiamo il dovere di guardare alla nostra coscien– za e d'interro~arla. Ma, ahi– mé, in quale imbarazzo sia– mo stati messi tutti! CASARANO, 13 DICEMBRE Se, almeno, potessi pregarti, Dio, con un po' di tranquil– lità e di raccoglimento! In questa vita sempre in moto, entro nelle tue chiese quan– do posso; e vi ritro\fO l'uni– co ambiente noto e propizio. Divina chiesa che sei l'im– magine di Dio universo. E' amica e intima all'esule che ~~aggta~n i~of~~~l 0 ri~t~J; la chiesa della sua infan– zia, i volti cari visti in pre– ghiera. Dio, non mi lamento di questa vita randagia. Sta– sera ti amo di più perché di più soffro. Scrivo queste strappate righe in una chie– sa e te le offro. E ti offro tutta l'anima mia. Sia bene– detto il dolore che mi con– duce a te. Perdonami i peccati, tanti difetti che ancora non so to– glienni. Perdona questa uma– nità che fuori si batte, que– sta gente che continu.a a commettere il danno della patria. Con te nessuna ter– ra, nessun cielo mi è stra– niero. E la tua chiesa è il mio asilo. Ho scoperto, pas– sando, la larga porta m.:1.r– rone, e son entrato ... TARANTO, 14 DICE~tBRE Non so avere carità \·erso questi obesi meridionali, \'er– so queste femmine dipinte che vendono la loro camera, le loro lenzuola a noi po\'e– racci di passaggio; \'crso questa gente che danpertu1- to ci assilla per piluccarci soldi. E' un popolo gretto: senza onestà, inferiore. Ve– ramente l'Italia non ouò aspettarsi nulla da questi pugliesi. Così, se son costretto a viaggiare e ad imbauermi in nuova gente, mi \1ien rab– bia. E dianzi è mancato po– co che non buttassi il piatto in faccia al trattore. Cosl anche questi mocciosi che tiran la giubba appena si esce dalla stazione: e \'O• gliono indicarci la camera e portarci la valigia (e lo fan– no per fame, po\·er:1cci) mi danno irritazione, e li sca· paccionerei. E anche questi stanchi sol– dati gettati per terra su una coperta qui accanto a mc, che si lagnano e poi russa- no, mi danno noia. E Dio mi perdoni. E' la gretteria che più mi urta. PIU' TARDI Non esce una parola. E soffro. E non posso dire. Forse perché sono Oppresso da troppe e contrastanti. n desiderio di te. Come posso dire che ti ,·aglio, ti im·oco, che insomma non posso vh-ere ancora a lungo. Cosl conto i giorni, cerco sui ~ornali, ascolto la radio. E bo bisogno pure dei miei ~~~j;~g~~- t~~~og!~ 1 1 ~!~ dc.re e di ascoltare. Ho bi– sogno dell'apparente ozio. Ho bisogno di pregare col calma. E vorrei che questa Italia si risolle\·assc e che gli Italiani lessero degni. Ma tutto mi delude. Non mi re– sta quasi nulla; e non so nemmeno andare tra i com– pagni, al cinema, per ubria– carmi di chiasso. Resto qui, muto. coi miei dolori. ... Ma in questi sfoghi v'è anche troppa debolezza ed egoismo. (co11ti,iua) quanto riguarda gii uit:ml due secoli, il nostro e il precedente; e sentiamo il polso del presente; osser– viamo le sue contraddiz.j.Q– ni, i suoi eccessi, le sue complessità che non si r:– ducono a smtesi, a C:vi:tà; e sentiamo in noi il tempo, quel che più conta, sentia– mo i.I male dell'epoca, de:la quale siamo 6gli: c·e per c:ascuno di noi qua1cosa che poteva essere fatto e non si può fare, per c:a– scuno un sentimento di im– potenza e di. solitudine. uno spacco in due, tra un mai più e un non ancora. do!o– rosissimi, che ci !a speri– mentatori d'una impossibi– le class:cilà (modello ede– nico e per sempre perduto) e insieme d'un paurOcSofu– turo ancora in fattura, al qua!e offriamo incertezza e disperazione. Passato e pre– sente, osservat1 attentamen· te, convalidano la diagnosi: il più pacifico di noi na– sconde un rlvoluzionar:o. come il più rivo:uzionario nasconde un'esigenza pro– fonda e dolorosa di classi· cità, di misura, e l.a inse• gue fino a trovarsi oltre l'arte, proiettato lontano da se stesso (e così le strabi– lianti nov:tà - che come guancia:i d'estate sub:to si riscaldano e debbono essere rivoltati, perché sola fre– scura è la pazienz.a, la mi– Sltl'a - rincorrono un so– gno di requie, che sempre più lontano !ugge). ❖ C'è chi, consc:o del tem– po, sperimenta resistendo a non farsene inghiottire, che è un modo di ridursi sino ai limiti del silenzio, de1- l'impotenza volontaria; e c'è invece chi, conscio an– ch'esso del tempo, speri– menta abbandonandosi. fa– cendo del ne<:essario tributo di adeguazione al tempo una virtù, quasl per atto libero scelta e maturata: in questo modo nasce lo e spe– rimenta1Ls:mo • come manie– ra. come programma. E il ragionamento che lo speri– mentalista non fa e che invece dovrebbe fare, che ad ogni buon conto mette in pratica. è il seguente: non potendo essere se non questo, lo scelgo questo, e lo scelgo liberamente . Ques.to ragionamf?nt<' co– peq-to servirà a distinguere sperimentatori da speri– mentalisti. attivi da pas– sivi della vincenda cul– turale. Yla già quando uno sperimentalismo nasce - come è ormai avvenuto in ogni cultura - vuol dire che la forz.a del tem– po è tale che trascina i de– boli come foglie secche nel vento, che siamo già alt.re l'esperimento come ult:ma misura e Ultima legge, in piena sarabanda, in pieno vortice: e se non fosse pec– cato dirlo, sarebbe da ac– c~ttare l'ipote:i terribile e suggestiva de.1a morte del– rarte - o almeno, la morte di un'arte. che ci \"emle dai millenni e ci diede, nei suol esempi più luminosi, la mi– sura della grande= del- 1·uomo. Ii d:SConso \·a rlpreso, magari su esempi nostranl p:Ccoli e prat:ci. su Quello e sperimentalismo• che or– mai tale si d:chiara, in presunzione di autocl:Sposi– zione, in questa fine d'un tempo. PIETRO CIMATI! Io restavo immobile sul– la mia sedia, una mano aperta su una coscia, l'al– tra aggrappata al moschet– to. Ora, con il buio, i ru– mori mi parevano più in– tensi, più nitidi: era come se non vi fossero più por– te, ne muri. come se l'a~– qua cadesse dalla gr~nda~a al mio fianco, la p1ogg1a battesse intorno a me, le imposte sbattessero sopra di me, sospese nel vuoto. Pensai di accendere un fiammifero, ma immaginai le cose che mi stavano da– vanti alla pallida, tremo– lante fiammella, con om– bre lunghe e nere e non mossi le mani. Del resto il fiammifero si sarebbe In questa vita di soldato che va e viene col treno - Da qualche giorno mi sen– to megilo in salute. Può sem– brare un fatto trascurabile, ma proprio questo mio stato fisico malaticcio mi ba tenu- DATIU.O - Sai, i soldati dovevano E Tu mi dai ora questa coosolaziooe. Fdlcc Casorali: e Le colonne d1 Valer)'•

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