la Fiera Letteraria - XV - n. 28 - 10 luglio 1960

Domenica 10 luglio 1960 LA FIERA LETTERARIA Pn. 5 SCRJlTTORJl JlN JPRJl~O --------------------------- Lalla Romano: Arrivo a Pralève JPJlANO Nota suBiagio Mari Guardare un fiume SW– lé:i ca,ta è come guardare li palmo della mano. Un rigo sottile scende incon– tro al me=io sottile: il tor– rente; que:!Jto a sua volta corre fino al cordone più grosso: la valle fluviale. Dove nasce uno del sol– chi più fini. sul margine di un altipiano aperto e solitario. è Pralève. Le sue acque non credo abbiano un nome: sono le acque delle ne\'i. Cadono con salti folli. verticali, dagli alti sca– glioni; cocrono rapide. tra– aparentl. nel solco tortuo– so sp..-ofonùato nella pra– teria. Al termine della con– ca di nuovo si buttano a capofitto. e dopo bre"i cor– se su bre\•; prati come a prendere la rincorsa, an– cora si btri.tano, con un grido; fino al torrente. lag– giù. d:ille acque verdi. Gridi rombi canti di ac– que !IOno i suoni nativi di Pralè,•e ed erano anche quelli della valle. un tem– po. Adesso la valle. non più solitaria. è corsa dalle automobili; ma esse non possono risalire la fatico– sa mulattiera scavata nei salti di roccia, nascosta nel boS'CO di larici. Non è comodo. arrh-are a Pralève. Non è neanche comodo starci. e questa è un 'al tra ragione del suo isolamento. Si possono tra– lasciare le al,:,;-e: sarebbe come ce~re nuove pro\·e dell'esistenza di Dio. La corriera della valle. più che la va.hle stessa. o i paesi. prepara. in un certo modo. a Pralève. Si servono della corrie– ra i \"alligiani e la gente. modesta. che tra.sborda dal treno. La !olla della cor· riera ba tm odore forte che sa di rancido. ma insieme aromatico. come di ginepro. La \ 0 edova ChristtlUn. che gestisce la corriera, rico– nosce il forestiero che tor– na. Ha quaranta (o cin· quanta) anni ed è ancora bella; reca a lracoL!a la bisaccia di cuoio. E' aiu– tata da un figlio che le somiglia, ma è grasso e già un po' calvo. cosi che sembra più vecchio di lei; anche lui sorride ma non riconosce. I nativi non alzano gli occhi quando il forestiero si agiita perché ha \"isto comparire alle svolte. alto e spettrale, il monte fa· moso. la loro Grande Becca. Ormai essi non ne sono più ge!osi; sono intenti. come é giusto. solo a quel– lo che è rimasto \'erameD– te loro. Cosi I'uomo che siede rigido e sembra co– si solitario al suo posto. fa riparo con la mano alla piccola testa del suo bam– bino contro Paria fredda che entra dal finestrino. col gesto cauto di chi !a schermo a una candela. La sola persona comuni– cativa che abbia mai in– con•rato sulla corriera è stata una volta una sor– domuta. Sedeva accanto a me; avevo notato che il suo vestito era grigio: ro– ba nuova, pulita. grigio anehe il fazzoletto sui ca· pelli. Forse la divisa dl un ospizio. Stava ingobbita. assorta; ma presto mi sor– rise. Poi mi mise in mano. furtivamente. una cara– mella. e insistette eon se– gni perché la scartoccias– si e guardò che la mettessi in bocca. Approvò. e ripiombò in una sua tristezza; ma per corte$:ia ogni volta che si rivolge\·a a me. sorrideva e ammiccava. come d'in– tesa. Prima di salire a Pralè- ve bisogna passare dalla Nanda del Corona. Per me é sempre Imba– razzante, affrontarla, come la prima volta. ll suo al· bergo ad esso n on é più quello, è quatt.ro volte più grande. Uguale è rimasto solo l'ingresso. a vetri; da· vanti. po.sata come uno zerbino. è Un3 lunga lastra di cemento: per entrare bisogna sca\•alcarla badan– do a non inciampare. Su quella lastra è scritto Al– bergo Corona su Condo blu: le prime volte credevo che l'avessero posta li provvi· soriamente. ma non è mai stata rimossa. La prima \-Olta che \;di la Nanda osservai che la sua faccia rotonda sarebbe stata allegra. con le guan– ce rosse - di un rosso vi– noso, quasi viola - se lei non avessè avuto quella aria ostile. lnteso della va– h~ia. ml indicò senza una pa~la l'angolo dietro !a porta a ve· n Domandai chi l'avrebbe portata Stl; rispose brusca: • Il mulo! >. A.... 'Tischiai: e Quando? >. Si st.rinse nelle spalle: e Non l'ho anrora visto, oggi >. e Ma è sicuro che ven-à? •· e Può essere >, Altre volte la Nanda non !u C06Ì ru.it1ca, ma varia· bile d>umore. e negli ulr..i– m.i tempi fin troppo gen– tile. Ma ho sempre avuto Pimpressione che conside– ri quelli che vanno a Pra· Iève con una ~">rta di ra– pida commiser·nione. Pri– ma scruta. poi riconosce e mostra an<'he una sfuma– tura di rispetto e insieme una perplessità. Dice: e Lei va su? > e guarda negli oc– chi: come vol~e capire e perché>, La prima volt.a che sa· lii a Pralève fu in realtà una seconda volta. C'ero già stata. in compagnia di persone che ,rillegglavano nel paese di fondo valle. Uno di toro mi piacque. un pittore. Era uno che usava la tempera. e dise– gnava minutamente insetti e fioci; infatti era anche un po' naturalista. l\Ii d.i– \·ertiva il suo chinarsi a considerare. solle\·ato un sasso. qualche impe.rcetfr bile zampettio. poi risolle· varsi e concludere con gra– vità che in quella zona non c'erano sp ecie rare. Ave– va un \i.so mag:.-o. lungo e bruno, la testa piccola dai corti riccioli neri e un'aria un po' incantata; face\.•a pensare ad antkhi nomadi. a un pastore sardo. Quando tummo a Pra– lève. io ero intenta al mio compagno e non feci gran caso alla bellezza della conca. Su un colle la compa– gnia si divise, io col pit– tore scesi dall'altro ver– sante. A\·evamo voltato le spalle a Pralève. e vede– vamo le lontane opposte catene. al di là della valle grande. Ci buttammo a correre. Cuor dei sentieri. in basso era un piccolo paese, che ci sembrò de· serto. La corsa cl aveva messo sete. cercammo un'osteria. Non c'erano che baite di pfet.ra . qua!che gallina. un cane s onnolento. Infine una donna. cupa come l'aves– simo sorpresa in un lutto recente. acconsenti a mo– strarci l'osteria. Si munl di una chiave enorme di ferro, quasi dovesse con– durci in prigione. e cl pre– cedeae in silenzio. Apri la porta di una baita uguale alle altre, ed entrammo in una stanz.a bassa e buia, con tavoU e panche; la lu– ce penetrava da una fine– stretta. e pareva remota. La donna apri uno stipo, ne trasse due piccoli bk– chierl di grosso vetro. li depose sul tavolo. li riem– pi di un liquore verde; non a\-eva vino. Noi ci eravamo seduti. mentre la donna aspetta– va all'impiecli, sospet.tosa; anzi. severa. Dopo, sul sentiero il pit– tore mi ra(.'COt'ltòdella sua gioventù. Era scappato di c:asa, per vivere lontano dalla sua famiglia borghe– se; e a Parigi aveva fatto il cameriere presso due vecchi strani e ricchissimi. Era una bella storia. ma io pensavo ancora al pic– colo paese. Dunque esiste– vano ancora luoghi C06i so– litari. cosi antichi. Forse li c'erano ancora le stre– ghf>. forse l'ostessa taci– turna era una. La prima volta - ve– ra - che arrivai a Pra– lè\·e. tro\·ai la conca som– mersa da.Ca nebbia. Delle montagne intorno si in· travvedevano soltanto le basi oscure, e qualche ri– go bianco di cascaia nel fondo. Ma anche cosl era grande. piena di un silen– zio soffice e sterminato. Il sentiero, diventando piano, si allargava davan– ti ace case e ai due al– be:-ghi fatti della stessa p!etra, ma più altL Aggirai quello che re– cava la scritta Pensione Gorret. Mi trovai davanti una donna magra. anziana, vestita d1 nero. La faccia daJ lineamenti marcati aveva un'espressione ama– ra. .Ml guardò, sospesa. grandi di legno avevano un risvolto di pelliccia. Questo parti-colare mJ sem– brò un bnportan te seifl<) di distinzione. sofferente. Ma era una tri– stezza che non chiedeva comprensione. Dissi n m.Jo nome. • A·ha > m1 fu risposto, in tODO lnterrogatlvo. e suo– nò rome un'espressione di riconoscimento in una Un– gua ignota. 1\11 fu tesa una mano dura e inerte, fred– da. Cl fu un tentativo di sorriso, sui lun.,hi denti. Salutai, rispose rlmanen– do rigida. Abbassai gli oc– chi: vidi che 1 suoi zoccoli Non aveva l'aspetto d1 una contadina.. Aveva una aria mona,cale e aristocra– tica. come di persona ap– partenen te a una casta estinita. Il suo sguardo era distaccato e triste, quasi Una confessione privata 'f. di ALBERTO BEl'ILAC(Jli1l Nello scorso gem1a10, quando Laila Romano pubblicò il suo e Diario di Gre– cia > nelle edizioni di Rebellato, cosi scrisse Eugemo Montale su • Il Corriere della Sera>: • ... Nulla di turistico e di occasionale offusca il nitore del piccolo volume, degno di aggiimgersi a quelli, assai più ùtrpegnativi, che all'Ella.de de– dicarono il Cecchi e il Brandi. Il Dian.o della Romano ~ un'opera discreta, qual– cosa come una confessione privata, e non aspira a trovar molti lettori. Siamo certi però elle clii fard la piccola fatica di cercarlo negli scalfali delte librerie non rimpiangerà il tempo perduto ...•· II giudi-:.io di Montale, pur riferendosi ad un'opera e particolare> della Romano e non attenendo quindi alla scorsa sostan– z.iale di una natura ,uirrativa, mette bene in rilievo, con il consueto equilibn'o fatto di buon senso, una delle fonda– menlali risorse dell'autrice di • Tetto muralo>. Intendiamo alludere a quella pronteu,a nella trasfigurazione, a quella tenerezza nel saper rendere luminose e incorporee (nel senso di una vera poe– sia) la cose, che la Romano possiede in miSt,ra spiccata (il rapporto tra la pagina e la realttl si attua immediata– merite in lei, filtratrdosi attraverso umori preparati a lungo, e quasi inconsapevol– mente, ad erompere sen:a indugi nella scrittura). Si potrebbe pensare, dopo ciò che si è detto, cl:e la radice da cui la Romano parte per ricreare il suo mondo all'esterno. S1a quasi totalmente • puro– sensibilistica • e si avvalga di quelle na– turali componenti insite in una raffi– nata natura di donna. Ammettere que• sto, significl1erebbe limitare ingiusta– mente un oriu.onte che ha, al courra– rio, pùì sfaccettature, più lati che sanno poi riflettersi, al momento giusto, nel libro e nella pagina. Come non con• Slderare, ad t.semp10, quella preoccu– pa..zione nel non tralasciare, nel corso dell'indagine, l'aspt!tto sociale, magari addin'm,ra realistico nell'ambito di una socialittl esaminata con occhio disin– cantato e accorato? Forst, a btn guar– dare, la Romano si segnala nel gmppo delle nostre scrittrici proprio ~, que– sto: per la volontd di guardare tn fac– eta il mondo com'è, senza rifugiarsi nelle più o meno intelligibili complica– doni di una /emminilitd introversa. Ba– sta leggere le pagine che qui presen– tiamo, per farsi un'idea della ,,entd di quanto abbiamo precisato. Pur nei ri– stretti limiti di un appunto che non può, ovviamente, essere totalmeme significa– tivo, il leltore si rende conto di come la penna della Romano abbia sopratutto due poli tra cui muo,·ersi, tra cui cer– care il suo •fuoco.,. più. appasStonato e convinto: un lirismo tradotto tutto per tocchi e sfumature e un interesse sem– pre insorgente ptr il risvolto reale dei personaggi che vengo,10 occasionalmente chiamati in causa. Di queste due strade, sopratutto • Tetto murato• ha saputo darci una sintesi effi_cacee pr aticamente perfetta. la. Romano, dopo la parente.si diari.stico (con un bisogno di registra– zione minuta e giornaliera, diciamo, di cui ben comprendiamo la necessitd), sta ora tornando ad un pili specifico lavoro narratfro. • Il bra110 dte le ù1vio >, ci scrive la scrittrice, a que.sto proposito e è il primo capitolo di un libro al quale Ilo lal'Orato l'anno scorso, ma che non tennfoerò.- 11 mio nuovo romanzo sarà una confessione privata, ma di un per– sonaggio che non sono io (finalmente!) ... •· Il tono diari.stico ha dunque suggerito spunti nuovi, alla Romano, anche per Ciò elle concerne il romanz.o, la vicenda a lungo re.spiro. E' una consideraz.iotre, questa, dte non può non farci altendere con i,npa;jenza, con curiosita e fiducia. ALBERTODEVII.ACQUA che accen•uò l'espressione sofferente. e Può passare nell'uffi– cio >. dlisse la donna. e nu precedette lungo un corri· doio. La stanza non era troppo ordinata ed era p:e· na di roba. però oon a te– va nulla dell'albergo. del- 1a \-"Olgarit3 d1 qualsiasi albergo. Un gallo di monte im– pagliato con le aU aperte. pelli di cam~io e altre pelli stese o appese qua e là. uno sc-aJTale di libri. un tavolo rotondo, ingom· bro. e alle pareti. io a:to, qoosl sotto ll soffitto. gran· di fo:ografle dentro cor– nici piatte di legno la\.'O– rato al traforo. Fotografie scialbe. ve<--– chie. rappresentantj le ci– me della valle e la conca terminale al pied:J del mon· te famoso. Alpinisti e gui– de vestali al:a fr>ggiad1 f\ne secolo e le vecch!e balte e I prirru alberg!,i. rustici. intorno 3Ì torrente. Là era nata la gloria dei Gorret. Poi I vP<"chl erano torna'.! al nativo, solitario alpeg– gio: Pralè\·e. Otlesi da mangiare. AU ru senito dalla padrona stessa in un salottino ac– cnnto all'ufficio e ugual– menle strano e antico: an– che !I pelU di camoscio. e fotoi;r&fle appese molto in alto e sbiadite. Dopo. ml accompagnò nella camera. Non si sah– rooo I piani dell'albergo. venoJ invece guidata fuo– ri, attraverso W'.I prato. Tutt'intorno ad esso. co– me a tonnare un.a piazzet– ta, si aUacciavano le ru– stiche oa.1te: silenziose e chiuse. Domandai a che ora sa– rebbe arrivato il mulo ron la mia \'o.lig!a, • Non si può sapere. l'ora >. e A.rri– \'erà pnma di sera'? •· • Può essere >. La secchezza de!le ri– sposte era temperata dal tono esitante: forse c'era anche una segreta volon· tà di venire incontro. qua· si la donna dovesse dav– vero acco.starsf con fatica da una distanza non \"0- lut.a. Ml arrampicai sul ler.o. Ascoltai un sordo. con– fu...~. profondo rumore: fatto di !ruscii. di tonfi. Dapprima p!'OV'ai una va– ga paura. poi me lo spie– gai: proveniva, attut.ito. da una stalla sottostante. Al– lora ne ebbi conforto. mi aiutò a prender sonno. LALLA RO'.\tANO Giornale 1948 • • di Rodolfo Doni (C.Ontinua dallo scorso numero) 24 luglio, a sera Stasera. oltre il mio so– litario dolore. avverto cfln una gra\·e oppressione il dolore di tutti questi uo– mini che mi stanno din– torno e vivono come me la vita dura del soldato, di queste stanche donne che giornalmente lottano t)ér p!'()(!urar.sieoi pOChi soldi un po' di cibo, di questi fanciulli sporchi che vengono al nostro rancio per raccattare gli avanzi come piccoli cani famelici. rò. E io ti dissi: e Non mi prenderanno >. E egli pu– re. con certa spensierata spa,·alderia: e Non mi prenderanno; vh•o >. E partii. La prima sera, a Firen– ze, sotto la pioggia torren– ziale, col tuo viso negli oc– chi, che mi parlava, mi ri– cordava. E il risveglio nel– la camera estranea, al mat– tino, cosi doloroso. [l fumo della Faentina. dai vetri rotti. L'incontro casuale con l'amico: e tut– ti e tre. con l'ex prigionie– ro inglese, in viaggio ol– tre Faenza. Notizie del bombardamento di Bolo– gna: tremila morti sotto le macerie. I Tedeschi do– vunque. co, le braccia alzate, uo– mini in pigiama, fanciul– letti piangenti... Ecco una madre che trasporta su un carretto. sotto la sparato– ria, il figlio riverso, feri– to. La fidanzata si avanza fra i Tedeschi chiedendo il passaggio per l'ospedale. Ognuno, dentro l'alber– go, è tremante. Io striscio sul pavimento fino alla fi– nestra per osservare. nerò - questo duro pe– riodo, potrò giudicare il mio coraggio contro le difficoltà materiali e con– tro me stesso che mi sen– to cosi facile all'abbatti– mento, alla disperazione. Piove fuori a rovescio. E non v'è fatto che non mi porti un ricordo, che non mi solleciti un para– gone. La pioggia dà un'in– timità dolce, si diceva. se– duti nella stanza chiusa. parlando di rado ...• Ora l'ascolto crosciare in una bottega di vino. in un paese misero di cui non ricordo neppure il nome, dietro un paravento che nas!:onde a metà le spalle dei bevitori; e cosl. nella penombra, cacciando le mosche insistenti. cerco di alleviare, ascoltando me solo, le lunghe soUerenti ore fino alla partenza del treno. Anche stanotte ho dor– mito male perché il letto. al solito, era pieno d'in– selti. Anche oggi mange– rò alla fortuna in qual– che sporca trattoria. Quasi rimpiango i primi giorni del nostro viaggio quando passammo le li– nee: un'ansia, una speran– za ci nutriva. E ora inve– ce quest'attesa, questa im– potenza a tutto: questo far dipendere la nostra sorte - il ratorno - dal valore di soldati stranieri che ri– congiungano questa alla nostra terra divisa. Anche da te, sciagurata patria, non mi viene che tristezza e umiliazione. E fino a quando? E ri– troverò vivi, sani, i miei. scampati ai nemici. alle bombe, alle rapine? ....Di che parlano questi uomini accanto a me? So– no vecchi qu:1si tutti. Uno racconta e gli altri ascol– tano. Forse è un dolore, una lotta vissuta. lo solo sono estraneo. chiuso nel mio dolore. in questa uma– nità che ovunque è stra– ziata. Bari, 14 novembre. Adesso, a interva1li, qualche punta di nostal– gia, quando dalle faccen– de quotidi!llle, lo spirito si libera. Se no muore. si allontana. e io più non lo sento. e \'ivo una vita di stomaco e di borsa. [I mare, il cielo. non ve– do. Vo per le vie strasci– cando i picd i. pensando al mangiare, al dormire. grattandnmi per gli insetti raccolti nel letto la notte scorsa, contemplando con amarezza le sventure del– la patria. questi nostri sol– dati stracciati ... RODOLFO DONI (con1inua) * rfi Gl,A CJCtJ C. IJIIJf>,\' Al margine delle poleml· che attuali. dei movimenti aggiornati e del premt le– terart.. poeti come Blagfo Mario servono la propria vocaz.!ooe In quotidiana fe– deltà. cioé continuando a far ~1a. oeu·opera d1 Mar1n abbtamo parlato va· ne volte per segnalere la v1tallt.à del suo cdtaletto•: ora ci sembra doveroso non passare sotto silenzio le ul– time raccolte apparse. cioé Tristf:Ua de la sera {edi– zione privata. Verona 1957), L'estadela de San Marttn (Sciascia. Caltanissetta-Ro– ma, 1958) e El fOQO del po– nente (Nerl Pozza. Venezia, 1959). Dopo la morte di GlottJ.. Biagio Mar1n resta l'unico poeta veram ente Importante in dtalet.to ve– oelo; e dicend o questo non si intende ltmltarlo a una portata regionale. n dialet– to è una soHolingua che 1l poeta scopre ed eleva a lingua letteraria: nel caso di Mario il gradese è di– ventato la lingua personale di Marln. con tutti gli ap– porti culturalt che la di– mestichezza dell'autore con la letteratura Italiana ed europea doveva suggerire. Non diremmo che questi apporti siano sempre favo– revoli; a volte, Innamorato com"è de!la parola e della Immagine. il Malie si la· scia tentare da arcadici preziosismi che falsano U tono della sua pronuncia: e simili pre'Zloslsrni sono for– se altrettanto pericolosi della volgarità cp1ttoresca• che egli ha sempre saputo evllare. Ma U dialetto gra· dese è veneto, e U veneto ba una tradizione Illustre. paragonabile a quella dello scozzese In Inghilterra. Inutile quindi conrinare U Marin al puro pittoresco, alla nota di colore; non tut– ta la parte valida della sua produzione è da ldentlfl– carst con la cnaive Oich• tung. o cVÒlksdlohtung• di romantica memoria. Cerle canzonette serbano la fre– schezza incantC\•ole dl un EtchendorU. di un Burns, di un Lorca meno violento: Me .son el vento e tu la vela mia., cò più te dago drento e più tu svuli via.. E no te rivo, e me tormento. e più me 'mbrit:o el svolo x e più lento. Vogia de sf6.te me vien a lora., invese de ba.s6:te la bela fa.uta mora. Analogo esempio si può Indicare in T'hé levao ogni fogia o Me canto coma ca.– na, mentre Niente t'ha dao mostra segni di prezlosiu\. Ma la sensibilità personalo del poeta si afferma nella immagine cantata al d.l là d'ogni stereotipo folklori– stico: Silen.sio e sol e l'aque de /ogni parte; canta un'òrdota sola ma– (tutin., !Xl'!'" un ré/olo /re•co de (burin, e 'I spampana pet golfo (vele e barche. magia del poeta. non già del dialetto supinamente accettato. Certe volte Il Ma– nn scivola nel sentimenta– le· ma una nenie funebre cOffle l zuvtnt morti (nel volumetto di Sciascia} si tmpnme nella memnr:a per la sua purezza tragica. La ultima strofa d1 A muro un r0smarzn è. Invece. esempio di raggtunta purez– z.a h.rlca. se simili d1st:n– ziont tonali si possono rar valer col nspetto dovuto alla buon'anima di Croce; e l'evocazione della v,ta femminile come gtota di vt– vere. come mJto della Ter– ra Madre. si comp!e feli– cemente In Agne Nute. un.i delle migliori prove dello ultimo Martn'. Per sfogo la ba.sn :a ,ose /rosse de Quele col veludo .sul /roverso e quft so ba.!1 /evo un dolse (cerso comd le tortorele che fa (nos:se. C6 no f ba.steva, lo st: (deva tn 01olda al sol. beata che 't vionaue fdrento, e che 'i bru.!e.ssa sangue e /sentimento, di.ste.sa e verta su la tera [colda.. Quando un poeta dotto sa scrivere cosi, bisogna per– donargli le eventuali intru– sioni letterarie. Questa. se è letteratura. è dl quelJa destinata a sopravvivere. GLAUCO CA\180'\I Premio letterario • Libera Stampa 1960 • Il Premio letterario • Libera Stampa ., è per l 'anno /9(,{) ~rvato a ope.re dt narral1\.·a (rom011:.z e racco, rtl} e d1 sag– gistica. Saranno prei;e 1n cons1de· ra~ione: aJ opere inedite pre– sentate rn dattiloscritto oitro il 31 dicembre 1960; b} opere edite comparse entro rl 31 gennaio 1961. I concorret1t1dovranno m– vzare I loro scn.ttr rnedar ed edai in cinque copie (che ,wn verranno res11tu1te) entro Il 31 dicembre 1960 rispe.tti\'a– mente rl 31 g:enn3ÌO 1961 a • libera Stampa •• \' 1a C a,w· nico 3, Lugano (Svi ~e.ra ). Oqni conco"enze, a o gni copia dattiloscritta do,,..,d uni– re il nome e l'indirizzo esatti. II Premio, di franchi SVtz– -:.eri 3.tXXJ(tremila), è indi– visibile. * Premio internazionale dipoesia « Roselo » Nella ricorrenza delle cele– brazioni per il primo centena– rio della fondazione di Roseto degli Abrutti, l'Azienda Auto– noma di Soggiorno e Turismo. a~anJ~iola ln~;~~o~t~io~j Poesia e Roseto • per una lirica inedita. L3 partecipazione al Concor– so è. libera a tutti 1 pocti di lingua italiana, anche se stra– nieri e resideoti an·estero. Questa immediatezza ca– nora e visiva é U dono au– tentico del Marln. La ma– gia della strofa sopra citata (l'ultima di Do pa.ssi suH fora det paese) è legata e parole dialettali come c6r– dola>, cburin>, e soprattut– to cspampana•, che non si saprebbero sostituire con altre più •italiane> senza distruggere la poesia; me è La lirica - a tema libero - dO\'rà pervenire in. etnque co– pie dattiloscritte e m phco rac– romandato al segretano del Premio, Arturo Fomaro, pres– so l'Azienda Autonoma <U Sog– giorno e Turismo di Roselo de– gli Abruzzi, non oltre le ore 2-1 del 20 luglio 1960. Il Concorso ~ dotato dCJ se– guenti premi: a) lire 20).00::, alla poesia prima classi6cata; dell:JR:~~ttm~~ ~ii'a ~~e~~ cooda classihcata; Invito al libro E' uscito m questi giomi e /11vi10 al libro•• w1 opu– scolo che l'Ente Nazionale Biblioteche Popolari e Scola– stiche ha pubblicalo allo sco-– po di contribuire a raffor– zare 11sentimento e il gusto del lrbro e per ricordare nel– lo stesso tempo l'attivittl con– tmua ed intensa che l'E,1te svolge a favore della lettura. Hanno collaborato all'opusco-– lo, tra gli altri, Antonio Bal– dini, Indro Alo11tanelli, Piero Bargellini, Bonave,11ura Tec- Avverto il dolore comu· ne e, senza ribellione. an· che senza preghiera mi rivolgo col pensiero a te. Dio, per avere un po' di conforto e di consolazione. Ormai dopo quattro anni di sofferenza e di vane preghiere, se tu. Dio, aves– si p0tuto alleviare le pene degli uomini senza contra· stare i tuoi fini di j?ÌU· stizia. certo lo avresti fat– to. Perciò. considerando questo. non mj resta che esclamare: sia fatta la tua volontà. Una remissione grande. dopo giorni di dura tempesta, è soprag– giunta in questa mia soli– taria meditazione. Il dolo– re degli uomini e grande; ma se tu, Dio, proprio non puoi forzare con un mira– colo il rigore della tua giustizia, se non puoi far nulla per accorciarlo e alleviarlo, allora sia fatta la tua volontà. Siano an– cora i morti e le rovine, le separazioni e le sorre- Scendemmo a Senigaglia per evitare Ancona. Espe– diente per far entrare l'in– glese nell'albergo: uno in cima alle scale, uno in fondo: un fischio e via. Pescara, povera città di– strutta. Allo improvviso, mitraglia, in aria, mentre sull'erba si consuma un po' di pane e olio: è un tri– motore tedesco che si schianta al suolo. Corro, corriamo. Abbiamo Incon– trato la guerra. I Tedeschi sparano col cannone appaggiato alla nostra porta. I vetri si sbriciolano. Ora temiamo. siamo certi, che verranno a prenderci anche noi. Sal– go di corsa m soffitta per cercare un'uscita sul tet– to. Avverto Stivens che è rinserrato in camera; na– scondiamo certe carte pe– ricolose ... Ko, i Tedeschi non salgono; s"è fatto buio ed hanno ricevuto l"ordine di ritirarsi. Si allontana– no. Bruciano il paese. Dal– le finestre si vede già il fumo. Bisogna fuggire. Dalla campagna. di lonta– no, inoltrandoci, grosse fumate si levano a nord e a sud. E tutti fuggono come noi partandosi le masserizie su carrettini, sulle spalle .... -----------------------------------------' c) Coppa del comune di Ro- t~!;,;ft,0V:,:i:i,;~a;i:;,p1t~:~~ LA pubblicazione, cl~ si presenta in una veste attraen– te e vivace, si apre con 1111 ~fti,;~ fs1mt~::~ 1 i1 f i,';';, e sulla biblioteca e contiene anche una serie di interes- 1:::::,adai~~~ 1t:_oblema della L'opuscolo è drstrzbuito gratuitamente e gli interes- l)f~ez.f:::Od~11·1~/:!edN~~~o,~~~: Biblioteche Popolari e Sco– l~r,che • Via Montattdli, Il, Roma"-·---~-- Symposium letterario La "l:.dmom Moderne Ca– ncsi.. ha nno organiuato un .sumpo.nu- m letterario. il 5 lu– glio 1960 . nei saloni del Cir– colo Ufficiali FF. AA.. \"ia Quattro Fontane, Roma. li proL Natalino Sapegno. Ordin.trio di Letteratura Ita• liana dell'Università di Roma e Accademico dei Lincei, ba pre5entato. dalla collana da lui diretta ..I 12 compagni della vostra vita ... l'opera Storia d"l– talia, dal 4i6 al 1870. di Paolo Rossi. vice presidente della Camera del Deputati. e 11' novella occidentale, dalle on– gini a opQi, di Alberto A.so, Rosa. . renze fisiche; sia ancora nell'animo di oj?Tluno q!.le– sto peso che intristisce e a volte abbrutisce: a volte, però, sublima. Sia soppor– tata quest'ora triste nel mondo; perché se anche questa nostra generazione non farà in tempo a rice– \·ere sollievo. Quelle che verranno forse impareran– no. Sia fatta la tua volon· tà. Tu sai quanto costa ciò, Cristo, che gridasti sul Golgota q u e sta frase estrema. Il CASARA ·o DI LECCE CAMPO DI RIORDINA~IENTO, 9 NOVEMBRE 1943 Ti abbracciai, mi strin· gevi con violenza e. prima, mi avevi guardato in un modo che non dimentiche- Avanti a piedi: venti chilometri; di più. Stan– chi. E' notte. Chieti, Sul– mona. Capracotta: magni– fica montagna abruzzese. Castel di Sangro. Fosse an– ticarro costruite dai tede– schi. Reclutano gli uomi– ni per il lavoro: è peri– coloso sostare. Villa Santa i\Iaria: ho appena i1 tempo di guar– darla nella cuna adagiata. A Casoli si dorme in una sagrestia su un tappeto da cerimonie ... ì\la perché ricordo que– sti particolari di un viag– gio avventuroso e rischio– so, ma non eccezionale og– gi? Certo non contento di avere attuato quel propo– sito perché mai avrei po– tuto prestarmi a militare sotto gli oppressori. E la lunga attesa chiusi nell'albergo a Lanciano mentre la rivolta dei par– tigiani si accende nelle vie. I Tedeschi giungono con le mitragliere e il canno– ne. Le sparatorie alle per– siane del nostro albergo. La dinamite per far sal– tare le porte delle case di fronte, per rastrellare le famiglie. Cacciati in bran- Poi, a piedi, ottanta chi– lometri. per raggiungere il fronte. Nascosti per tre giorni, in attesa, dormendo allo aperto, mangiando di ra– do, indeboliti. I Tedeschi ci sparano se tentiamo di passare. Pattuglie ci cer– cano. Stanotte si tenta di pas– sare. E' deciso. Si parte al– l'alba ..... ....Assai facile in fondo, perché quella notte stessa il fronte s'era messo in movimento; ma fu neces• saria una coraggiosa de– cisione. A Barl 1 superato lo sgo– mento che mi venne a tro– vare il nostro esercito di– sfatto e umiliato dinanzi al comportamento benevo– lo ma sostenuto degli In– glesi, pensai che fon:;e po– tevamo ancora salvare il salvabile, e i nuovi gover– nanti davano a sperarlo. E cosl mi arruolai... E ora eccomi in questo povero paese della peni– sola salentina. Mattino, 10 novembre, Qui si misura davvero la mia forza. Quando avrò terminato - se lo termi- seto alla poesia terza cl3ssiJi– cata. * Premio C!mTaidelli Roghi lo occasione del Premio Ca– stello 1960 sotto I' egida della Scuola d·Arte di Sanguine1to (Verona), viene bandito per il 1960 un Premio intnolato alla memoria di Clara Taidelli Ro– ghi. Il premio in L 20'l.OXJ- C\'entualmente cd ecce21onal- tiiteLs~~~i~i~~n:~ ~= ~ ~ai~~lt~ndi t~iu~s~~: denza ov,.-cro della tacoltà di scienze: politiche presentata e discussa da una donna da\'anli a una Università it3liana, Um– \-crsità Cattolica comprc53, nel– le seguenti sessioni cli laurea· luglio e ottobre 1959, febbrai0 1960e sessione estiva 1%0 con ~~~~n~macll:;f~l 1 ~t:;~/~ la giuria del Premio entro il 31 luglio 19c0. Le tesi di laurea parte cipan– ti al Premio debbono esse.re presentate almeno m due copie (stampate o dattilosc.ntte). ac- ~U't~,~:::itàda co~pr:~ 1 :~a~~ ayvenuta discussione delle te– si stesse. ll certificato può es– sere presentato anche dopo il 31 luglio 1960, ma non oltre il 15 agosto 1960. -~ tesi dovranno essere m– dmzz.atc alla ~rcteria del Prem~o Castello 19ò0, sezione Pre.m10 Clara TaideUi Roghi Sangumeno (Veruna} entro si ripete, il 31 luglio 1960. • La consegna del Premio avrà luo~ contemporaneamente a cii~a Je~tiob~iJ.~tello, nel

RkJQdWJsaXNoZXIy