la Fiera Letteraria - XIV - n. 39 - 27 settembre 1959

Domenica 27 settembre 1959 t~ FIER~ LETTERARI~ Pag. 3 Diet1·0 le 1ta:;:inc dcll'ALLEGRIA d'C"ng·a1·etti Una pietra del SanMichele * Cmile sasso emerso tra pinastri i rovi le ginestre. verdi grigi sanguigni. del Valloncello di Cima Quattro * di ELIO FILIPPO ACCROCCA Ho r~ccolto una pietra del I un'ombra. E racconta episodi San :\11chele, prosciugata e di altre ombre nel suo dia- :::!~.tt~~a :a ~a~n n:iis~~:= .. ~~tt~rl:~~~ment.e frammisto loncello dì Cima Q:Jattro, Qualche cenno di vita, rc- ~;~tko~~;:· i~~~~la g 01i~ : ::;;g~i ni~1;~;~~~\l~~z:~ g1co: umlle sasso emerso tra questa • terrazza di desola– i pinastri i rovi le ginestre. zione • do\·e si scorgono r1- verdi grigi sanguigni, del pari defilati al vento del- San Michele. l'alba. lin~~ ~ \ee~nt~ 1 !e~~~ ~; Potrebb'essere questa la si va illuminando dalla fo- ~~~: l~~te:.eV~~!:e•• d'~~~~ ce, con l'arco che da Colle scritte nel silenzio di un'in– Medea vien fino a San Mar- tera nottata "·icino a un co, la piana di Gorizia è eompagno massacrato. Il ancora avvoltolata nella neb- plenilunio e scomparso da bia bassa e nell'ombra: dal- un pezzo_ Nel riparo è rima– l'altro versante è il Carso, sta la memoria di una data, la roccia, • la vita della e tutt'intorno lo stesso tepi– roccia •. do manto di !indoro di quel e Un poeta ci potrebbe dk-embre. ~~v:r~r~~ ~~r:~:e r~:a~~ Versa. Mariano. Vallone, Frammento di Slataper. il silenzio vasto dell'attesa • senza persone e quasi sen– za niente: la vivente storia del Carso. Storia tragica e fiera, senza tregua, senza pietà, senza pianto. D'agosto. camminando per le sue stra– de maestre, tremende di pol– vere e di biancore, lungo i suoi campi muti di sasso. è un'impressione senza nome: sole e rocciame si fondono senza scampo e si vive in una luce e in un tormento calcareo. Par di assistere a qualcosa di primordiale, co– me se gli interni strati mo– struosi e violenti della terra fossero at!iorati scrollando via la crosta terrosa. La fe– condità :imida e molle della carne viva è stata strappata e scarnita: ora biancheggia immobne l'armatura ossea. Come un enorme scheletro, il Carso s"estende sotto il sole•. lo non ho potuto far al– tro che raccogliere due chili di pietra tra lo scheggiarne che ricopre i canaloni, gli appigli, le fessure, le radici degli arbusti e gli ammuc– chiamenti matti e caotici già cari all'aut::ire de fl mio Carso. Di questo versante è la pietra che ho portato con me. Qui s'aprono le Tre Ca– verne del San Midlele, lun– ghe, scavate sotto la cresta, con i camminamenti silen– ziosi e gli spiazzi per i pezzi d'artiglieria, con le finestro– ne naturali da cui si vedono il cielo e le nuvole in tran– sito come dai rosoni trantu- t' ' J,,tu ., .... ~ c;l 1 "'-vH,.>w•• v-. ... \,,. _J,v.<M .... ~ .. .. : ~~·"""" {'...,._°1,_.. Tre poesie autografe Inviate da Ungaretti a Ettore Serra Il 26 rennalo 19li. da S. :\tarla. L3 prima di queste liriche contiene la. stesusa Iniziale di: • ll'illumioo d'immenso• su Q:.iota Centoquarantuno. il declivio di velluto verde (• come una dolce poltro– na •} di Bosco Cappuccio, Cotici con la sua dolina, l'Isonzo, il Valloncello del– l'Albero Isolato con le • bu– della di macerie • sotto la • volta appannata di cielo •, in un groviglio di sentieri (Ungaretti vi si perse una notte), Devetachi con la sua • bara dj f.reschezza •, San Martino con < qualche bran– dello di muro •. Locvizza ( e Sono un poeta - un gri.- do unanime _ sono un gru– mo di sogni. .. >). Santa Ma– ria la Longa (il poeta, in un grido, vi s'illumina d'im– menso, tra cielo e terra, con un breve moto dello sguar– do: è l'abbraccio - in un attimo lungo come un grido o un sospiro - dell'univer– so): tappe di :ma memoria che si fa immagine, concre– tezza di luoghi ormai ap– partenenti a un ben definito e drammatico paesaggio del– la poesia. Luoghi che vede– vo e che cercavo di inten– dere con impudica curiosi– t:à. Erano le tappe sanguino– se e memorabili del poeta, le punte e.streme di un si– smografo che segnavano, ca– parbie, le ore della vita in– certa, gli attacchi, le soste, i rincalzi, gli abbandoni, gli schianti, J pianti muti della disperazione. Erano nomi di– venuti freddi, duri, prosciu– gati nelle pagine dell'Al.-– legria che tentavo di rileg– germi negli stessi luoghi do– ve erano nate. Non disani– mati. però. Come non sono disanimati i due chili di pietra del San Michele por– tati in don~ ~ ;1ngaretti. Sull'Isonzo al tramonto, verso Sagrado, si specchia– no • canneti titubanti lungo la strada scorticata •, come allora. come nel novembre del '16. E' una strada che costeggia il fiume e si perde oltre lo • Sghiaiatore • e la «Rosta». L'acqua scorrendo lentissima leviga i sassi di q:.1esto porto sepolto. mati di una basilica. Unrarclti io irincca ELIO F. ACCROCCA JN DlFESA della generazione DI MEZZO * di GLGLIELMO PETRONI ~ -'1f'b. ~~ .::\~ ,...... ... . - -~~~ ~--' '----.... - ... ., ... -~ - . /, ,, ' ' I ~ ...\__ I .. •✓i . }\ (/ >, I . ', j. I { U l,., ~ Giovanni Omiccioli: • A dorso d'asino• La vita dl!fic:le riserbata Non v'è che una risposta: alla generazione degli anni la storia incide sui costumi. quaranta e giù di H. non ac. forma gli uomini, influisce cenna a finire e, se in que- sul loro spirito: quella ge– sta situazione ingiusta ed neraz.ione è cresciuta ed ha estremament-? spiacevole c'è formata la propria tranquil– qualche cosa di buono, sta lità! a prezzo di tristi ambi– nel fatto che pressoché nes- guità, così si è formata e sun uomo veramente re- cosi agisce appena si risente sponsabile tra quelli di que- al sicuro: no:i ha pagato gli sta generazione sacrificata errori, sia pure fatali, di dalla guerra. dalla politica prima, non c'è nessuna ra– degli altri, dai vecchi poteri gione che si senta chiamata e dai nuovi dagli equivoci a pagare e sentire la respon.. del dopoguer:-a. si è atteg- sabilità degli errori che giato a dttimo. ma ha con- commette dopo per conLi– tinuato iJ leale impegno che nuare la v.?Cehia tranquil– gli viene dall'a\·er sopporh- lità. sia pure con tattiche to il maggior peso delle tra. necessariam.?nte nuove. giche esperienze del nostro Tutto ciò sarà fatale, la tempo. dall'aver pagato qua. colpa è della storia: ma i ri– si sempre di persona. dal- sultati sono indegni, e se J"aver sentito in profondità sono risultati storici, com– il dolore di tutte le violenze battiamoli e non potremo di cui è stata testimone. La combattendoli non combat– generazione di mezzo è una tere gli uomini che li rap– generazione che è stata ob- presentano e li perpetuano. bligata dalla storia a com- La generazione che segue, prendere in profondità. a sinno pure le ragioni della ccmprendere anche rirra- storia e non U merito degli gionevole ambiguità che ha uomini, non si conformò corrotto la generazione che prima, non ebbe privilegi la precede. prima; pagò di persona gli ------------------------------ La generazione più giova. errori dei padri e privilegi TRE POEMETTI DI ENZO FABIANI EDITI DA SCHEIWILLER * "L'anima in fiamme,, * di .JlARIO POJIILIO ne è rimasta in balia di tut.. non ne ebbe poi per il suo te le contraddizioni. si for- sacrificio, perché era nata a ma in ritardo, ma si forme- pagare e deve pagare anche rà: comunque non è ancora dopo. Tutto ciò sarà fatale, chiamata nel v!vo della que- ma è indegno dell'iotelli– stione. La vecchia genera- genza, infatti l'intelligenza zione invece. conformando- non risultò mai mortificata si più o meno necessaria- come ai no.stri giorni. mente ad un clima che in Certo che può avere an– verità intimamente non che poco senso una querela amava, è riapparsa alla ri- di generazioni impostata in balta, dop~ il diluvio, lette- questo modo: gli eventi crea– ralmente spaurita, consape- no situazioni fatali. Sarà co. In una sua bella introdu- dramma religioso. sofferi-0 ai to ai modj della e conlessio– vqle dell'incongruo cambia- sì, ma una volta tanto sarà zi~ne a H legno. verde.- 1~ limiti d~a dispe.razione: ne di sè •• s"è volta addirit– meoto, della contradizione a pur necessario soffermarci pnma ra~O!ta d1 vei:s,i d1 una ,perdita e ~a r1cooqui~ tura a.U:asto~ia_ e .al ~i~o - cui era necessario si sottoPo- sui comportamenti eh. Enzo Fab1aru <<;-ap.pell1, Bo- sta della Grazia; da cui a part1colanssllllJ miti -, nesse· ba temuto so rattutto . e . ~ama- logna, _19M), G1acmto Spa- prendono 'tlilievo le figure, i con ambizioni che magari . .• • . . P r~ col. lo~ nome J fatt_1e le gno.letU cosi ne Indicava le volti, le allegorie meste e vagamente 5i direbbero pa- 1 P 1.u giovarn. che avevano s1tuaz1om che ne denvano. componenti: e Egli ci par- favolose del suo dettato sec- scoliane (del Pascoli di cer– tuttt pagato di _persoi:ia_.La La vecchia generazione for- tecipa il suo sforzo di sin- co e scandito•· E Spagno- ti Conviviali, per intender– veccbJa generazione s1 e af- se sarà fatalmente spinta al cerità espressiva a un grado letti era senza dubbio nel ci), ma con accenti incon– facciata ai nuovi eventi con suo protervo spirito di con- cosi puro e dimesso, da far giusto nel parlare di quel- fondibili e affatto persona– molli patemi d'animo: ma servazione nd ogni costo dim~nticare volentieri il di- le del Fabiani come di e du- li, dove l'umor nero, la fan– ebbe l"onore delle armi, in- (conservazione che nessuno s,o~me. formale. e . iu:nano re testimonian~ di un tre- tasia funerea, il senso del vece;. ebbe la serena com- ha ~ai m~acciato) ma ciò faeis~:da ~~anf~~b~be~~ ~:dc~i: 11 ~i::~t~~!e,~:= ::!fraJ~ 0 i:s~~rc!li ~~; preo_st one del suo dramma ~ non 1~P'C':1- 1 sce che J?OSSB es- tante cautele, d.i tante diffi- do .religioso - ruvido, denso qui dibattuta e drammatica. ~rlino qualche accento di s~~e gt.ud1ca~ negli ~~tt! <lenze. E ~•è un motJ._vo._For-- d'~ori e di disdegni - non h cui posta è pur sempre il pietà per la sua malasorte, p1u spiacevoli e nem1c1 di se perche ia sua vita 1nte- voglia con!oodersi con una dolore metafisico, il destino per le sue diUtcoltà di cui ogni progresso, ciò non im- riore è stata e continua ad tematica d'occasione. quel- dell'uomo. ta perdita e Ja non era interamente col~ pedisce di opporre. a questo essere j_rta di difflcol~, men- la, per intendersi, che for- riconquista della Grazia. vole. Ci si dove,·a aspettare costume, quello della gene- tre desidera ~ ~a, q~e- ma_ 1~ ~ago. de! tanti li~ici . Semma! l'inc~unica~_– da tutto ciò un profondo le-- razione che subi.se.e e che, sta sua ~1a _liberatnce, rehg1os1 oggi ripullulanti~• ~• ~l d_isc~rso d1 Fabiani_. game di ~ompreo~io~! e .di per esser~ ~eh~ essa .figlia ::i ~~~aad~~:C:~-~edel~ ~ea:Pf,~~~:::ci~~eii:t~~= ~v: 1 ~t;!°~~= ~t~~-e~i l: coll?boraz1one coi p1u ~o- della. storia e ncca d1 °?a la poesia s.i possa fare a tasia di Fabiani, il fatto cioè portat..i a .riproporsi il pro– vani. ma non è stato cosi e, esperienza nella quale è m- meno, una volta raggmnta che già quella \"entina di blema della portata dei suoi a ripensarci oggi, non lo po. sito il valore del sacrificio. la calma dello spi,rito, e un liriche de Il legno verde simboii, e ci si domanda se teva essere: presto essa si è Oggi siamo costretti a dire maggior punto di contatto andavano considerate eco- la nostra sensibilità di letto– sentita al sicuro ed è lenta- che la nuova generazione con Dio. Per ~re precisi, me altrettanti tempi di una ri debba fermarsi alle pro~ mente passala ad un attacco non ha voluto capire nulla, dUDQl.;le,all'origin_e della sua partitura inter.iore •· poste dirette o cercarsi un assai vigliacco anche se fa- ed il doveroso rispetto che vocaz!ooe non si troya un Spagnoletti, da quel let- altro piano interpretativo. tale. . gli f~ tributato, oggi non va ~1:~c~ f:~~~o~tt!~~~.~~= ! 0 ~tu~! !;J;:1t;~tu~\u:~~ ~it:;eilan~!r~~oild:~~; Perche tutto que st o,. per- ~nsiderato un dovere com- me accade il più delle voi- luppi di Fabiaoi. E nella lasciarsi attrarre piuttosto ché non è stato come s1 spe. p1uto, ma un errore. te, e quasi sempre a colo-- seconda prova, L'anima in dal movimento vage.mente rava e non lo pot•v• e""!'é? GUGLIEL,'110PETRONI ro eh• cominciano, ma un /iamm• (&heiwillér, MilA- oratorio d•i c0mponim•nti Dalle pareti fredde e umi– de escono, tra un color ver– de muffoso, piccoli scoU screpolati nella roccia: dap– prima bui, lenti, silenziosi, per poi m:itarsi in lucide piastre di terriccio da cui agile e regolare si forma la goccia, monotona, che pi– gramente va a frantuma.re l'azzurro teso di una pozzan– ghera. E di azzurri. o teneri o profondi, se ne trovano a diecine nelle caverne di Ci– ma Tre. Qui è piovuto sulla mia Allegria. ,--------------------------------------------------------------- no, 1959). Ja ricerca di Fa- (così scoperto da apparire bianl è andata infatti avan- voluto, da rivelan;i quasi ti proprio nella direzione per il disprezzo delle con– indicata da Spagnoletti. Se venz.ioni di chiusa e magari fin dagli esordi essa 5embra- inaridita castità cui l'e.rme– va aspirare a organarsi. di tismo ci ave\·a abituati), o là dal frammento. di là dalla preferire certe soste, anche bre\·e lirica scattante in cui qui, come nel primo Fabfa· 5: "·eniva provando, in mi- ni d"una durezza frta. che sure più complesse. qui. in si traduce in una essenzia· L'anima in fiamme, tende htà assoluta di dettato co– addirlttura al poemetto: con me nel terrore di :\I;rtin rrsultati che potrebbero pa- Lutero che 631.e all"altare rere, almeno a tratti, di.scu- ( e Torrenziale linfa, caldo tibili, e tali da far rimpian- seme I che da radice a fo– gere gli scatti o J'essenzia- glia / il tempo innervi / lità o le irte punte delle non è la mia paura che' un liriche de Il legno verde, vel~ I tessuto d'ore, di ar– se non si pensasse che 1 tre te·rie; un nero I confluire poemetti de L'anima in di foglie nel tu-0 gorgo. / fiamme vanno anzitutto giu- E non conosco di te / che il stifieati, e capiti, all'interno tuo profilo di martire. / lo d'una personalissima poeti- affanno deJJa tua pazienza..). ca. costituiscono la testimo- ~mende e dubbi, i no– nianza di come Fabiani. con st_n, butti egualmente vali– un coraggio da solitario. e d1, e guai se un discorso una coerenza che pochi dei nuovo, come quello di Fa– suoi coetanei hanno dimo- biani, non li comportasse. strato, tenda a un supera- Ma è nostro parere che al mento integrale non s<>lodel di là di certe soste cui il linguaggio dell"ennetismo, nostro occhio di lettore in– ma .. che è più. e che è es- dulge, al di là di certi ac– seoz1ale, .proprio di quel centi isolati, perfino di clas– sogget.tivismo da cui tl lin- sico incanto, come nella guagg1~ s~o traeya origi• apertura di Masaccio, l'ul– ne - il dire esclusivamente timo dei poemetti e forse di sè del poeta, iJ non cer- il più compiuto ( e Colori care se non all'interno di delle stelle, pace inquieta / se stesso lo spazio della co- di lumi, come a mezzanot– municabi~tà -. . Per cui. te, spira I lu~go il Vatdar– mentre grn ,per Ptetra e fan- no un vento di mestizia>) r,o, una delle brevi liriche è 1·_esperienza in toto del de .n legno verde, Spagno~ Fab1ani che va accettata e letti pot~va parlare ~1 comunque discussa. non so– ~ drammat~ca co_n.tra,ppos1- lo perché ci sembra stor.i– z1one tr.a. il Sa~1cl~ e lo camente validn. per non di– smorto rituale cw s1 _essi- re ineluttabile la via Fuori il paesaggio è di calcari e ginepri. Né t'aspet– ti di veder altro all'uscita dalla caverna: • un grido terribile, impietrito: macigni grigi di piova e di licheni, scontorti. fenduti. aguzz.i; ginepri aridi: e l'erba seto– losa •. C'è tutto questo, che Slataper da par suo de– scrisse. In mezzo a questo mare spaccato e senza congi:intu- :~ ~~f:~la pre:a,e ;~~ e dura, parola premuta den– tro, di un pianto che non si vede. Non s'ode l'aUannato • nugolo di scalpellini • che crivellavano l'aria come una trina e che tenevano deste le notti di Ungaretti. L'erba. ricrescendo, sep– pure stenta tra le doline e nelle piccole vallette che si addossano al monte, è pasco– lo di qualche armento che arriva fino quassù. sui fian– chi, e s'in.fratta tra gli alberi da frutto che sui ciglion i s i aggruppano nel sole e r.el– raria ventilata che sa di salso: scarna vita di pochi guardiani rimasti a coltiv~re sui resti di appannate trin– cee. Più in là. a pochi metri, è il confine. u custode del piccolo mu– seo tiene in fresco le botti– glie negli anfratti delle c-t • verne. E' un casertano d<?l– l'altra guerra, ex guardia '?i finanza, rimasto isolato fm da allora. che d,·e tra le m:ira rudimentali di questo • monumento di memorie• e ,·ende birra, vecchi biscotti, ricordi di quegli anni, come Sul canto duto in leva (tutto in alzata come un volo di colombe) di Biagio Ma– rin. più d'una volta abbiamo avuto occa– sione di dir la nostra. e non vorremmo qui ripetere i motivi del nostro amore convinto. ora che con l'uscita di El fogo del ponente (Neri Pozza editore. Venezia 1959) siamo costretti a riparlar dj lui. Diciamo • costretti ». ma non per at– teggiarci a vittime del nostro mestierac– cio (che dopotutto ci ha permesso di passar sotto silenzio tante altre opere eccellenti. senza alcun rimbrotto da parte de li superiori. coi quali d'altronde fa– cemmo patti chiari), bensl proprio per via d'un fatto molto meno drammatiz– zabile anche se mollo più II presente». qual'è quello. semplicissimo. che per noi Mario non è mai stato un poeta « da re– censire » ( cioè da riporre per sempre. fl– a.ita la festa. nello scaffale) ma anzi uno dei pochi poeti da leggere anche fuori servizio (da •usare~) anche quando ab– biamo alzato il sottogola). e quindi tra i più congeniali allo spirito della presente rubrichetta. ambiziosa soltanto di segna– lare tra le novità (a chi presumiamo de– gli stessi nostri gusti) quelle che di volta ìo volta hanno saputo far nascere in noi il desiderio di lasciarle a portata di mano. Cominciamo col ribadire che Biagio l\Iarin. conostante la purezza del canto, degna della più severa Antologia del no– stro Novecento (accanto a Virgilio Giotti. tanto per restare sullo stesso territorio \"eoeto) non ci pare abbia ancora avuto quei riconoscimenti ulflciali, che senz'altro gli sarebbero già da tempo spettati. Certo. la dUficoltà del particolare dfa– Jetto in cui si esprime (il gTai.san. veneto arcaico che si parla soltanto nell'isola di Grado. dove l\Iarin' è oato sessantott'aoni fa) non è stato il minore ostacolo. e ciò anche nel senso di una sua maggiore pe– netrazione nel pubblico. il quale lo ignora più del necessario. ammesso che lo stesso pubblico conosca (ami) poeti di beo più larga fama. come Montale o Ungaretti. qualche volta citati. si. ma soltanto per sentito dire. Eppure ooo c'è poeta più chiaro, più schietto. più vicino al sentimento di tutti. di Biagio Mario. Egli intanto ha il dono d'un'immediata comunicativa. e mai la sua poesia mira a suscitare • armonici » intellettualistici e culturali (che presuppongono nella testa del lettore un'intera biblioteca. natural– mente frequentata). beasi •armonici• (riferimenti) sentimentali. e su una ta– stiera ricchissima, anche lessicalmente. che con una grazia ora lieve e aerea come una vela lontana. ora aspra come il vento Biagio Mario elasua poesia di * GIORGIO CAPRONI marino. riesce a contenere e ad esprime– re l"intera gamma delle passioni nostre, toccate sempre cc.., mano leggerissima quanto ferma. Le molte esperienze di vita e di cul– tura gli permettono d'altronde tale levità e fermezza. unite a un temperamento non facilmente influenzabile in senso ne– gativo. e prontissimo invece a far la lezione dei migliori poeti d'ogni epoca. anche se la sua prefero.1za par volgersi ai Lieder, comunque alle forme in « andan– tino • e spesso in • allegro giocoso», piut– tosto che a quelle in «largo» o in • gra– ve». do,·e tuttavia riesce benissimo ad esprimere. lo ripetiamo, non solo il riso. ma anche i1 piento e talvolta lo sdegno. Nato il 29 giugno a Grado. lido di sab– bia all'altezza di Aquileia nel golfo di Trieste, quando l'isoletta era ancora un pi ccolo abitato di pescatori e quattro arti– gi, 1.ii. mai egli si è staccato sentimental– mente dalla sua « isola d'oro•· nel cui bre\·e spazio ha saputo rappresentarci l'intera Comedia umana. Suo nonno. vecchio marinaio. aveva un'osteria. suo padre (• anema e cuor de mCmolo. gran cantaor de storie») un trabaccolo col quale trasportava vino e olio e fascine dall'Istria. e su quel tra– baccolo il piccolo Biagio navigò a lungo. finché fu mandato al gionasio tedesco di Gorizia. senza cessar tuttavia di trascor– rer le vacanze con le tartane alla pesca delle sardelle o girando la laiUila con una • batella » di 6 m . regalatagli dalla nonna. « Amavo - !=crh·e in una lettera - fol– lemente, carnalmente l'isola. e andare a Gorizia per gli studi mi era uno strazio•· Furc<lo esperienze decisive per la sua vita e per la sua poesia. alle quali poi moite altre si aggiunsero d'un'esistenz.a movimentata e tribolata. fortemente par– tecipe alla vita culturale e politica del se– colo. di cui resta più d'un ricordo nella sua opera d'anno in anno crescente: dai lontani Fiuri de rapo. stampati a Gorizia nel ·12. a Girlanda de ano suore ( 1922); da Cansone picole (1927) a I canti del– l'Isola (1951), sino alle più recenti rac– colte di Senere colde, Trllteu:a de la sera, L'estadela de San Martin e, appunto, EL fOgo del ponente, per non dire del– l'opera in lingua, come le prose liriche pubblicate col titolo L'Uola d'oro. Studente universitario a Vienna; lau– reato in Filosofia a Roma; amico di Sla– t.aper e di Prezzolloi. che fraternamente lo curò duraote una grave malattia; inse– gnante. ispettore scolastico, direttore del– l'Azienda di Cura e di Soggiorno di Grado. poi di nuovo insegnante e bibliotecario. conobbe a causa della sua fede e della sua attività politiche. già padre di quat,. tro figli, fame e confino. nonché il lutto inconsolabile per la perdita del figlio Falco, caduto in Slovenia nel '45. Ma la sua isola (il mare di Grado, d'un celeste imparagooabilmrote chiaro che soltanto lui è riuscito a ritrarre) è sem– pre restata il suo mondo (le case del– l'isola. i ricorcli della giovinezza isolana. le ragazze dagli occhi verdolini o neri come le more. gli uomini e le passioni dell'isola), mondo per nulla angusto. tant'è la virtù di questo poeta di pene– trare con lo sguardo in profondità. fino a scoprire io quella breve lingua di terra tutte Je esaltrotl gioie, e tutte le bassure e tristezze. dell'umanità intera, mosso dal suo indomato « amor de la zente >l, anche la più • malsesta ». Amore che non gli è mai stato contraccambiato in pieno. sino a farlo uscire io questo lamento. che par piuttosto un amaro grido di sdegno (qua– si un'invettiva. ma anch'essa d'amore) nonostrote il ripiegamento nella « tri– stessa »: Oh. persi mie di per riti4 a l'amor de la z:ente. gran. vtnto eh.e ·ndn::a o ponenu e sempre fugioa. .\fio vita più oivo in roolo di.1:p e~sa. o mar se-n.sa neo de .:ente ma l.sesta. Corevo col cuor duto in gola ciameoo sen.:o respiro: la. vose tomeoa più sola, al mio antico ritiro. La molteplicità, la varietà, la novità di effetti che Marin sa trarre da uno stru– mento in apparenza cosi povero com'è il grai.san, potrebbe essere una prova del suo coosumaUssimo mestiere, se non fosse piuttosto il segno tangibile d1 quella fer– tilità d'invenzioni anche lessicali e sin– tattiche (di quel saper «muovere» le pa– role, dandole ora un s.ignificato ora un'al– tro, eco una ricchezza di stumature che dipende tutta dalla posizione e dal ritmo) ch'è il felice segno dell'esistenza. nel– l'uomo, del poeta. e che fin dalla prima lettura (per lasciar poi adito a sempre nuove e più sottili «scoperte») testimo– nia la presenza del Nume. Amor 11 poesia, cada. dia, reca in limine, da Juan Ramon,El fogo del ponente. Ma se volessimo a tut ti i costi trovare un compatiero espafi.ol al nostro Marin. Ine– vitabilmente io. dicheremmo Machado (per il forte legame alla terra). anche se spes– so Marin sa raggiungere, su una scia oc-– citanica. le finezze d'uno Jlmenez. Manuel Machado però, più che Anto– nio. 11 Manuel Machado. si capisce, meno verle.iniano (meno yo poeta decadente): il Manuel anooimo. cantato dal popolo che • ignora l'autore ». dl Cante hondo (Soleare,, El querer, Malagueiia.s, Alegricu ecc.). del quale Marin par •abbracciare• la poetica. in una piena immedesimazione della propria voce con quella de tu pue– blo: « Ha.sta que el pueblo la, canta. - Jas copta, copia., no ,on. - y cuando la, canta el pueblo, - ya nadie sabe el autor. - Tal es I.a gloria, Guillèn. - de los que escriben cantare,: - oir dectr a la gente - que no los ha escrito nadie. - Pro– cura tù que tus copia., - vauan al pueblo a parar, - aunque dejen de 1er tu11aa - para aer de loa demds. - Que al fundir el cora.zòn - en. el alma popular, - lo que se pierde de nomòre - &e gana de eter· nidad •· Che o fonda-e il proprio cuore con l"anima popolare. eiò che .ri J)t!nle del nome s'acqui.sto d'eternit<l. Tale potrebbe essere l'epigrafe di Bia– gio Marin, non poeta dialettale. ma poeta oraisan. E tale potrebbe es.sere. anche. il suo più grande vanto. ch"è qualcosa ai più d'ooa consolazione. pensando che un giorno nella sua isola d'oro. avendolo di– menticato, la sua parola potrà fiorire spontanea sulle labbra della :::ente mai..,e– sta. incantando i nipoti che staranno a sentire. e a lungo lo ricorderanno. mentre le colombe in si el soo lei::a: eh.e orand'aria e lu.se e spcs.sio per quel canto duto in leoo. GIORGIO CAPRONI ste tutti i .giorni •, è smgo- ln quale Fabia~i si è me~: lare considerare lo svi- ma ,perchè proprio in sede luppo che ~a avuto q_ue- d1 risultati questo volwnet– sto te~a m. La pnma to aP_Proda a una vera e messa d1 Martino Lutero, il propria proposta di lirica secondo e il ,più lungo dei nuova. fa coro con quelle tre. poe1:11etti raccolt.i in La voci. poche, purtroppo, che anim~ . m /iam~e: I_n altri hanno inteso che .il supera– tem_un~, ~a _rehg1os1tà del mento dell'ermetismo non Fab1am e r1masta quella, può avvenire all"interno del– soffer:a e. d~atica e tut- l'ermetismo stesso. e nep– ta d1 nconqu1sta. ?13. la p~re solo secondo le !ine-e sua tendenza .obbiettiva- d un nuovo Jinguaggio, ma mente (com~ cap1 1 ta s8!1pre. attra\lerso un riguadagnato p~r .forza, . 1~ un ~per1enza senso della realtà e del d1 tipo religioso) s è accen- dramma umano. tuata, ha rinunziato del tut- )1ARJO POMILIO

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