la Fiera Letteraria - XIII - n. 46 - 16 novembre 1958

Domenìca 16 novembre 1958 'Cl\: FIER'A: LETTER'.A:RIA Pag. 3 UN SIGNIFICATIVO RITORNO ALLA LETTERATURA Baeeonti di Romano Bilenehi lln niaresciallo niotorista Fra. quanti si affermaro– no neali anni immediata– mente precedenti la secon• da. guerra mondiale, Ro· mano Bilcnchi, autore di alcuni libri di racconti, e di un romanzo - Conser– vatorio di Santa Teresa - di cui e da molto attesa la rbtampa, non ha pub– blicato opere nuove da molU anni. Nel volume che uscirà prossimamente pres– so Vallecchi, e di cui fan parte i testi di questa pa– gina, raccoglie tutti i suoi racconti, alcuni dei qu ali, stampati a suo tcm.po tn edizioni di pochi esemp la– ri, possono essere con.sidc– ran delle autentiche no– vità. Bilenchi non ho mai te· nuto conto delle mode, ha lavorato sempre fisso a un mo ideale difficile scavan– do fino ad ora in un'unica mate-ria (L'età fra n,ifan– zia e l'adolescenza, la cam– pagna_ le città di provin– cia), che ogni volta ha ca– ricato, con una. avvincen· te progressione inte-rna, di maggiore intensità. IL cul– mine è Tappresentato da La siccità e da La miseria, .- siccità• e .- miseria 11 che irradia-no tutto di sé e in· vestono la vecchia materia di Bilenchi di una carica vivamente simbolica, di– ventando veri e propri • temi•. IL procedimento richiama. il Manzoni della Storia della colonna <infa– me e anche H recente Ca- mus della Peste. Clò che testimonia, at di là della sua durata poetica, la viva a.ttualità di, questo libro. Per gentile concessione dell'editore V allecchi, pub– btichiamo le pagi.ne che segu.ono. Fino a quel tempo nessuno In paese si er3 arrolato nell'aeronautica. La gen– te allora non parlava con familiarità e competenza di motori. di appare<:chi e di piloti. l piloti. nell'immaginazione dei più. erano !egatacci capaci di commet– tere altrettante diavolerie che lo stesso demonio: uomini che scoprivano la loro attitudine in virtù di casi meravigliosi e sempre imprevisti. anche se in realtà erano portati spesso a quella scelta da una vita piena di torbide vicende. Nel mio paese non era lecito paragonarli con nessuno; tra quei pacifici operai, tra quei borghesi le avventure più notevoli si riducevano a infrazioni all'amor co– niugale che, scoperte, suscitavano un po' di scandalo: e a liti fra parenti. Tutti rimasero impressionati quando si sep– pe che Corrado aveva vinto un concorso e sarebbe andato in una città lontana a servire nell'aviazione. Uomini e don– ne se ne occuparono si come di un av– venimento eccezionale, ma si caln;1arono, anche se non completamente, allorché riuscirono a ottenere dai familiari del giovane questa precisazione: non il pi• Iota avrebbe !atto Corrado, bensl il mec– canico e il motorista e non avrebbe mai volato. I miei compaesani tirarono un sospi– ro di sollievo. Corrado era un giovane buono, solitario e taciturno: viveva coi vecchi genitori e una sorella. Maria. non più giovane. la quale non aveva trovato di suo gusto neppure uno degli uomini che sarebbero stati disposti a sposarla. Aveva frequentato le scuole professionali. imparato il mestiere di meccanico e aveva trovato lavoro in una officina di motori. Lavorava dalla mat– tino alla sera e non aveva vizi. Si sa– peva che lasciav,a quasi tutta la paga a sua madre e che era pieno di cure per la casa. Per questo i miei compae– sani gli volevano bene e alla notizia del '---------------------------------' suo arrolamento si ern.no preoccupati L-E Marco aveva voluto bene. quando era bambino, a Marta, sua nonna materna. Ogni giorno Ja nonna andava a far vi– sita alla ttglia e al nipote che abitavano !uori della città, né Ja trattenevano il gelo, il fango, j} sole infocato. Fingeva anche di non accorgersi della cattiva accoglienza di Assunta, l'altra nonna di Marco. Dopo pranzo. la sua figura nera e svelta avanzava sul bianco della stra– da. l'\farco l'attendeva insieme con la mamma, fuori della porta di casa. - E' lei? - domandava alla mam– ma, continuamente, con preoccupata tn· s!stenza. anche se era certo che la per– sona che si avvicinava era la nonna. - Si. è la nonna - rispondeva la mamma. Appena avuta questa risposta ~larco si lanciava nella strada: però se l\larta era ancora lontana. si tratteneva un po' davanti al lungo edificio in cui abitava, quasi temesse che a fare tanto cam– mino svanisse la sua gioia. Poi si get– tava incontro alla nonna gridando: - La cioccolata. - Marta lo baciava e ba– ciava la figlia e, seria. con gli stessi gesti ogni giorno, prendeva da una ta. sca del giacchetto una piccola ciocco– lata. Marco teneva un braccio della nonna e batteva i piedi impaziente. - Che soldato c·è sopra. oggi? - do– mandava. - Il bersagliere - rispondeva essa. - Ieri l'altro c'era l'artigliere Col cannone. ieri il granatiere - diceva Marco alludendo alle figurine stampa– te sull'involucro delle cioccolate. - Cre– devo che fosse uguale a quella d'ierl. La nonna ammiccava con astuzia. pre– sa da quel giuoco. Quando andava a comprare la cioccolata ripeteva anche lei come Marco: - Ieri l'altro rarti– gliere col cannone. ieri il granatiere, oggi mi dia il bersagliere Mentre la mamma rientrava in c3sa. la nonna portava Marco a fare lunJ?he passeggiate nella campagna vicina. op– pure a far pascolare un agnello che il babbo aveva comprato un giorno d'in• verno da alcuni pastori di pa!-sagj?io. L'agnello, nato durante il cam~ino. ~ra d'impaccio ai pastori diretti rn luoghi lontani. Essi si erano accostati a ~larco e a suo padre. che stavano sulla porta d guardare la neve. mostrando loro la piccola bestia che stava morendo di freddo. e raccontandone la storia. 1\Ien– tre il babbo ne discuteva il prezzo. Mar• co aveva preso l'agnellino e l'aveva por– tato in casa. Era stato allevato con il poppatoio, e la sua salute e la_sua edu– cazione avevano occupato un intero an• no della vita di Marco. La nonna e il ragazzo spingevano l'a– gnello nei campi in cui grano e avena erano spuntati da poco o in qualche tenero prato, anche se i contadini più vicini urlav.:ino e imprecavano. Si se– devano sulrerba, Marta domandava a Marco: - A chi vuoi più bene. a me o alraltra nonna? - A te. a te - di– ceva Marco e. quasi vergognoso di que– sta confessione, si alzava e correva die– tro all'agnellino. .. :;, II babbo di Marco mori 11 ragazzo aveva 5ei anni e la mamma venti5etlc. I parenti li scacciarono dal}a !_oro pro– prietà. Marta fece allo ra 1ulli ma g:ta sulla grande strada per andn.re a pren– dere le due creature. e neppure questa volta si dimenticò della cioccolata. Dis– ~e alla fi1dia. - 'lon piangere. non ti rar vedere disperata. Devi trovare 11 coraggio di vivere per q~es_to _raiaz. zo. - Marco e la mamma s1 nfug1arono jn casa di Marta: altri due vecchi. il nonno e un cugino di lui. abitavano ciuella casa che era tristissima I parenti non volevano dare a i'.larco la parte che suo padre, con ~u:o lavo– ro, si era creata neila propnet~ comu– Q.C.Anche la nonna Assuntr g.I1 fu 3\'· NONNE versa perché temeva i parenti. l\larta si scagliava continuamente contro di lei e cercava di spingere la figlia e Marco a odiarla, ma il ragazzo, nonostante volesse molto bene a Marta e fosse con• vinto della sua ragione, non poteva odiare l'altra nonna. Rimpiangeva la grande casa in cui era nato, piena di gente giovane, la strada, l'agnello che non gli era stato permesso di portare con sé in città, i campi di grano e di avena appena spuntati e i prati teneri, Assunta era l'unica persona legata a suo padre che fosse rimasta nella casa lontana, e quei )uoghi, ora che egli non poteva più vederli, i campi, la strada. i prati. riversavano il loro fascino su di lei e non su Marta come una volta. E la mamma. quando piangeva. e lui cercava di accarezzarla e di consolarla. non inveiva mai contro Assunta: invo– cava il marito morto e diceva a Marco: - Bisogna scusarla la nonna, poveret– ta: deve pensare :n.a .vecchiaia. Quando Marco fu più grande il non– no si ammalò gravemente e per curarlo dovettero spendere molti denari. tanto che alla famiglia rimase appena da vivere. Marta si adirava con la figlia Avendo sempre più bisogno di un af– fetto a cui appoggiarsi, Marco ricorse alJa memoria del padre. Era certo che la mamma gli voleva bene, nonostante che lo rimproverasse e facesse di tutto per nascondere in faccia ai nonni i suoi veri sentimenti, ma avrebbe desiderato un affetto acceso e aperto. Allora invo– cava il padre e lo pregava che facesse qualcosa per lui; e per sentire il suo ricordo più vicino correva alla casa dove era nato. nei campi e nei prati. Un giorno s'incontrò con Assunta. Es– sa godeva ora. per essersi amichevol– mente divisa dagli altri parenti. di una situazione indipendente. sebbene fosse an,gust.iata dai figli rimasti che vole– vano prenderle ogni avere. Irritata e delusa. anch·essa pensava sempre al fle:lio morto che non l'aveva mai fatta sÒITrire. Con lo stesso dolore, quel gior– no che Marco, più triste del solito. era rimasto a lungo vicino alla grande ca– sa. s'incontrarono accanto al pozzo. As– sunta salutò il nipote e gli disse: - Sei venuto a farmi una visita. Bravo. - Parlarono del babbo morto e dell'agnel– lo. Quando si separarono. essa Io baciò e gli disse: - Prega anche la mamma di venirmi a trovare. - Macco percorse Una recente immagine di Bilcnch.i con Nicola Lisi che. a suo parere. non si era fatta dare dai parenti l'intera parte che spettava al marito e un 1,?iorno andò anche a parlare con Assunta. La vita in quella casa divenne sempre più triste. A i\Iar– co la nonna negava anche i pochi soldi per il cinematografo della do~enica. Marco si metteva alla finestra e I com– pagni che passavano lo invitavano a di– vertirsi. Egli si rifugiava in camera sua che non aveva finestre sulla strada, pen• sava alla vecchia casa del babbo. ai campi, ai prati. ad Assunta. si disperava e piangeva immaginando d'essere ab– bracciato al piccolo agnello come quan– do era bambino. Un giorno rubò da un cassetto un po' di denaro e lo spèr• però nej modi più insulsi con la vo– lontà di offendere Marta. ~ssa, accor– tasi del furto, mise altri soldi nel cas– setto e l\farco rubò· di nuovo. 11 ragazzo fu battuto e in una scenata violenta il nonno lo minacciò con un coltello. Marco se ne spaventò tanto da amma– larsi. Neppure la mamma ebbe per lui una parola di compassione e di prot ..... zione. Si trovò solo nel mezzo della cucina davanti al coltello impugnato da quell'uomo tozzo e torvo, mentre gli sfuggiva di mano il lembo della veste materna che aveve disperatamente af– ferrato. Rimase piegato sulle gambe tre– manti, poi cadde. la strada velocemente protetto dal nuo– vo amore di Assunta. Se in casa lo trattavano male non si spingeva nei campi e nei prati in cui aveva portato a pascolare l'agnello, ma andava dalla nonna e piangendo le raccontava tutto. Essa gli diceva: - Ab– bi pazienza. Anche loro, poverette. non lo fanno per cattiveria. hanno avuto tante disgrazie. Sii affettuoso. - Marco ricordava le parole buone che anche la mamma diceva sempre nei riguardi d'Assunta e si calmava. Marta mori. Si trovarono in una ca– mera Marco e la mamma. Essa si mise a piangere e lui l'accarezzò sulla testa. - Tu nemmeno una lacrima - disse la mamma - eppure quando eri bam– bino le volevi bene. Ti portava ogni giorno una cioccolata e andavi con lei a far pascolare !',agnellino. - Ancora non so se le volevo bene - disse Marco e uscì lasciandola sola nel suo dolore. Non aveva pensato mai co– me quel giorno il: grano e all'erba verdi e teneri e -all'agnellino che brucava e al babbo morto. Vagò per le vie piene di gente, per la strada solitaria, arrivò flno all'inizio dei campi. Era dicembre e il grano copriva leggermente la terra rossa. Poi andò dalla nonna Assunta. Soltanto li si mise a piangere. sul scrio. Perché mettersi in un giuoco cosi pericoloso? Che cosa avrebbero !at.– to quei due poveri vecchi se rosse man– cata loro l'unica !onte di vita? Al solo pensare a un aeroplano i più si senti• vano già morti. Quando Corrado tornò la prima vol– ta in paese, c<>nindosso la bella divisa nuova, assai meno serio e taciturno di prima, qualcuno dei più increduli e so• spettasi volle assicurarsi su quella !ac– cenda del motorista. - Non volo - disse Corrado a!Tabi~ le - sto nelle officine a riparare ;. gua– sti. a mettere a punto i motori. - Bene - dissero. Corrado poi raccontò, anche se non richiesto, la sua nuova vita. Parlò del grande aeroporto dove lavorava. della mensa, dei compagni. Descrisse i piloti un po' come i paesani li immaginavano e desideravano che fossero. Vi erano anche altri motoristi che volavano in– sieme con i piloti e ne spiegò le man– sioni. Stupivano gli ascoltatori che Cor– rado si fosse !atto così loquace ed esper– to del mondo; molti risero per gli epi– sodi da Jui narrati. L'ambiente in cui egli li aveva introdotti prese il soprav– vento sulle loro preoccupazioni quoti– diane. In casa ripeterono per parecchi giorni quanto aveva raccontato Corrado come se conoscessero tutte le persone da lui nominate. - Bene - conclusero sul suo con– to - motorfala come lui va bene. Ot– tocento lire '3.1 mese e non corre pericoli. Anch'io d.issi cosi, nonostante che per essere stato a studiare qualche anno in una grande città, di piloti, di voli. di aerei ne sapessi molto di più dei miei compaesani; e avessi verificato coi miei occhi come ormai l'aviazione fosse indi– spensabile all3 vita moderna. Anzi den– tro di me ero certo che Corrado volasse. Ma forse era l'opinione degli altri che mi suggestionava. Più tardi anche nel mio paese essere aviatori divenne un fatto comune. Pa– recchi giovani si arrolarono e ben pre– sto divennero piloti e parteciparono a trasvolate rimaste famose. Tornarono a casa sempre più fieri e tutti erano loro d'intorno. Raccontavano le proprie azio– ni e venivano festeggiati e incitati. Or– mai nessuno temeva per loro. - Dove andrete ora? - Cosa farete? -Avete imparato l'avvitamento e la caduta a foglia? Questo interesse, questa ammiNzione verso i giovani arditi non mutarono i sentimenti nutrili per Corrado. A lui continuavano a chiedere quanto gua– dagnava. se era vicino a salire di gra– do. Nessw,o voleva da Corrado fatti straordinari. Sapevano che mandava a casa molti denari e si preoccupavano che qualche cosa rimanes~ anche a Jui. In pochi anni Corrado fu promosso due volte. - Bene - dissero - è sempre stato un buon figliuolo: se lo merita e farà una buona vita. Quando i giovani piloti tornavano in licenza. erano i ragazzi a dare in casa la notizia. - Sapete chi c'ò? C'è Mario, c'è Guido, c'è Sergio. - All'arrivo di Corrado erano i genitori a dire: - C'è Corrado in paese. - Anche mia madre mi diceva: - E' tornato Corrado. E' sempre buono e affezionato ai suoi, non come tanti altri che si dimenticano pre– sto i sacrifici dei genitori. - Un giorno che !'-avevo offesa e credevo volesse in Quel modo rimproverarmi, le risposi: - Corrado è la favola del paese. - Lei disse subito affettuosa: - Non vo– levo rinfaceiarti nulla. - E cercò di far scomparire in me quello che le era parso un risentimento verso Corrado. Corrado tornò col grado di marescial– lo e si fidanzò. Poco distante dalla casa dei suoi genitori abitava Olga. una ra– gazza sulla trentina. era bella. aveva il corpo pieno e ancora fresco: ma il suo volto era triste. Se le veniva da ridere abbassava la testa. Nessun uomo si era avvicinato a Jeì per chiederla in isposa. Eppure tutti potevano giurare sulla sua purezza e sulla sua bontà e desidera– vano sinceramente che si maritasse. Le mamme, più volte. l'avevano consigliata ai loro figliuoli. Col suo lavoro mante• neva la madre: ricamava corredi e da• va intanto lezioni di ricamo a bambine e a ragazze. Una grande stanza, in casa sua. con due finestre sulla strada, ser– viva da scuola. AUe finestre si affac– ciavano le ragazze per vedere se pas– sava qualche giovanotto. Talvolta anche Olga appariva tra quelJe facce ridenti. ancora più radiose per i grembiulini bianchi. Allora si notava la tristezza del suo viso: mentre le scolare si sfor– zavano di apparire .attraenLi, lei. col ca– po subito chino, sembrava volesse na– scondere la sua bellezza. Corrado si fidanzò con Olga. La pri– ma volta che uscirono insieme fu una festa. I genitori pensarono che il gio~ vanotto aveva rimediato ad un torto commesso dai loro figliuoli verso la ra– gazza e gli vollero sempre più bene. Li aveva liberati da una preoccupazione. - Che farà sola Olga alla morte della mamma? - Tante volte se lo erano chiesto. Anche noi giovani dicevamo che Corrado aveva compiuto una buo- . na azione. Olga ci parve una ragazza più semplice. come le altre. e quasi in– vidiabile. Accanto ad un uomo la sua tristezza si attenuò e svanì. Presto si sposarono e Corrado portò Olga con sé. L'affetto e l'interessamen– to che i miei compaesani avevano avu– to per loro si riversarono sui genitori rimasti soli. Tutte le case furono loro aperte. Siccome stavamo vicino da mol– to tempo. la mamma di Corrado veniva spesso da noi a parlare di Corrado e di Olga con la nonna e con mia madre. La donna raccontava che il figliuolo le mandava, nonostante avesse ora la mo– glie da mantenere. sempre molto de– naro. - Viviamo con quello - diceva. - Purché non lo facciano volare. Anche Maria. la sorella di Corrado, era spesso in casa nostra; divenne ami- ca della mamma. Parlava del fratello con devozione e i miei familiari si da– vano da fare per jnformare gli altri della bontà di Corrado che, al contrario di molti, non era cambiato dopo il ma– trimonio. Corrado e Olga ebbero un bambino e poi un altro. Olga pareva nata apposta per la famiglia. Ormai nessuno in paese era preoccupato per Corrado; lo con– sideravano al sicuro anche per la vec– chiaia. Ora apparteneva ai privilegiati. Qualche giovane ricorse a lui, che co– nosceva tante persone importanti. per un appoggio. 1 nonni non vivevano che l'attesa di vedere di quando in quando i nipotini. Un giorno la mamma v:enne da me per rimanerci alcuni me~1._ Un nostro compaesano ci portava not1z1e della non– na che era sola laggiù. Andava a tenerle compagnia la mamma di Corrado .. Fu un .i;tiovedl che l'uomo entrò e dtSse: - E' morto Corrado, a Napoli. mentre collaudavano un apparecchio. Lui, un capitano e un tenente sono precipitati in mare. La mamma cominciò a piangere pia– no piano. Quel pianto mi imbarazzava di fronte all'uomo che stava !ermo ap– poggiato al tavolino; ma anche lui a\.•e– va gli occhi umidi. - Aveva sempre volato senza mai confidarlo a nessuno - disse dopo un lungo silenzio. - Per paura che i suoi stessero in pena. - Che sciagura - disse la mamma Olga improvvisamente mori. Non era stata ammalata che quattro giorni. Cor– rado scrisse a casa disperato e pregò Maria di andare da lui. Partirono tatti, invece, e tornarono affranti. Solo Maria rimase col fratello per badare al bam– bini, ma poco dopo ricomparve anche lei in paese. Non era adatta a stare in città e Corrado aveva preso una donna di servizio. La gente trovò modo di con– solarsi. - Dinanzi al destino - disse - bisogna piegare il capo. Questo è uno dei casi in cui per i figliuoli il babbo è più necessario della mamma. - che sciagura. Sua moglie doveva sa- Trovai un impiego in una città vicina e per parecchio tempo non seppi più nulla di Corrado. Solo allorché mi lui sistemato e la mamma cominciò a far– mf frequenti visite ebbi, tra le altre novità del paese, notizie di lui. Pareva che Corrado volasse. Lo aveva detto in confidenza un tenente ad un suo amico e la voce si era sparsa; ma poi altri l'avevano subito smentita. In ogni mo– do ai suoi genitori nulla era arrivato di quelle voci. e i vecchi vivevano tran– quilli. perlo. ForSe morl per questo. - Non lo credo signora. è il dest;. no - disse l'uomo. - E i bambini? - disse la mam– ma. - Maria ha !atto bene a non vo– lersi sposare. Prenderà con sé quelle creature e ne avrà cura lei. Con la pen– sione tirerà avanti bene. - Gli occh: di mia madre tornarono p;ù sereni pe:– quella certezza. Cercai subito la notizia della sciagu– ra sui giornali dei giorni precedenti. la trovai e la lessi. Chissà perché mi era siuggita. Non c'era di più di quanto aveva detto il nostro compaesano. - Che sciagura - ripeté la mamm;, quando le mostrai il giornale. - Chis– sà quei poveri vecchi. L'uomo teneva il capo basso. Poi os– servò il cielo. La mamma lo guardò e gli toccò il braccio. - Sapete che fac– cio? - gli disse. - Vengo con voi G.l paese, stasera. La mia povera vecchia è sola da quindici iziorni. ROMANO BILENCHI TACClJINO DELLO SVAGATO * I carllli e il pane * di GIORGIO CAPR01\'I Tra ~e molte lettere che ri ceviamo o gni giorno (troppe per poter risponde.re a tutte) ne abbiamo messe da parte un mazzetto, che battono sullo stesso chiodo, alle quali ora vorremmo rispondere u col– lettivamente», e a buon mercato, con que– sta noterella. Molti giovani dunque lamentano di non potersi dedicare « come vorrebbero• alla poesia (e sotto sotto senti l'antico rim– provero contro la volgarità del tempi in cui si è sortiti a vivere) perchè « costret– ti )l, dicono loro, a esercitare un altro mestiere, « che nulla ha a che vedere con la poesfa li, come l'insegnamento in una scuola, o l'impiego in una banca, o la specializzazione in un laboratorio chimi– co, e via dicendo. Senti senti. Anche a noi sarebbe piaciuto, come no, vivere ai tempi d'oro quando i Poeti era• no Nobili con ca valli e poderi e capitali, e non vili meccanici, o quando esistevano de.i Nobili cosi nobili (del Principi così principeschi) da mantenere alle loro cor– ti i medesimi, contentandosi, come gui• derdone, o d'un'Eneide, o d'un Orlando, o d'una Geru.sa.l.emme, o d'una Didone. Ma vogliamo o non vogliamo apprez– zare i benefici della finalmente instaurata Democrazia? I Nobili li abbiamo decapitati dal H ju.illet in poi, e vorremmo sul serio pre-– tendere uno stipendio da uno Stato « de– mocratico li, che di quei Principi abbia preso il posto. con quel che « ne conse– gue »? La coerenza, giovanotti. Ca.rmina non dant panem, chissà quante volte ve l'ha detto e ripetuto il vostro bravo profes– sore poeta ((a tempo perso». e vorreste proprio che avvenisse il contrario oggi, ossia fa una delle tante TCs publicae at– tuali, tutte fondate, più o meno, sul la– voro? Bel progresso avremmo fatto. Bella em&ncipaz1one. ln colpa siete voi, non I tempi. Voi che cercate il panem con i versi, come se non !assero ancora stati proclamati i Diritti dell'uomo, o che non siete abbastanza co– raggiosi (abbast.t.nza poeti) da rinunciare al po.neni (all'altro mestiere, che secondo voi - ma siete in errore - vi limita) per i versi, con tutta Paria ipocritamen• te contrita e crucciat~ e umiliata e offe– sa di chi si sente costretto (ma chi ve lo dice?} di dover servire insieme due pa– droni, come sarebbero Dio e Mammona. Via, non mettiamo su questo piano tra– gico la bagattellé:, giacchè d'una bagattel– la Si t-ra-Lta,né nominiamo ii nome di Dio invano, tirando fuori a sproposito Mam– mona, che davvero non c'entra. Oggi anche il poe~ ha il diritto (dicia. mo il diritto, non il dovere) di lavorare per giovare economicamente agli altri e in primo luogo alla famiglia (se se l'è fatta, dopo aver vr.lutato bene il consiglio di San Paolo), ma più che mai ha il do– vere (diciamo il dovere. non il diritto) di credere che quella del poeta non è una professione come non è un mestiere, ma qualcosa di molto ol cli sopra (o al di sotto, secondo i punti di vista: comun• que al di fuori) e di ni~nte affatto «pertinente». Da parte nostra, in\'ero, non abbiamo mai concepito come si possa fare il poetc. di professione. come di professione si !a l'JVVOCaf.o o l'insegnante avendo sempre pensato che l'esser poeti sia prima di tut– to, e semplicemente, una qualità quasi fi– siologica, non commercio.bile., come l'ave– re un naso camuso o aquilino, che nes– suno ha mai pensato di pretendere retri– buito, anche se può essere apprezzato, e gustato, e magari amato da qualohe ra– gazza. la quale non ha altra moneta per pagarlo che il proprio cuore. Un&.qualità, aggiungiamo, che 6eCOndo le leggi della natura non dipende da noi, e avverso la quale nulla possiamo fare., in quanto se è vero che oggi llno progredita chirurgia plastica è in grado di trasforma.rei il naso avuto in dotazione :in un altro di nostro maggior gradimento, in poesia ogni prova de} genere (intendiamo dire l'in– nesto d'un naso « poetico » su un citro di qualità diversa) non pare aver dato fi– nora risultati soddisfacenti, visto che clùunque ci tenga, Dio sa perchè, a sem• brar poeta senza esserlo (e quel chiun• que potremmo impersona.rlo noi), pre!e– risee al rischio d°tm'operaz.ìone, di cui ri· mane sempre dubbio il risultato, il ricor– so a un naso posticcio di cartapesta, co– me meglio si addice a chi ha scelto di lare il pagliaccio. No, credeteci, non abbiamo la minima ,-oglla di prendervi per il naso, e del re– sto anche noi sappiamo benissimo che chi, natural.menie dotato d'un naso camu– so o aquilino, o d"un naso--poesia, voglia d1 tal naso far pubblica esposiz10ne • di– sinteressatamente». abbia in primo luogo il dovere di ricorrere come meglio può e meglio sa all'arte, afflnchè, con l'aiuto di questa, tale naso venga non diciamo alterato, ma anzi favorito nel suo esse re ve.NUnente un naso camuso o aqu.ili.no , o un naso-poesia, se è di quest' ultimo ch e l'interessato ha deciso di far e bella » mostra. Fuor di metafora e fuor di scherzo in– tendiamo dire che anche noi conosc1olllo il peso della volontà sulla voglia di fai· poesia, o in parole spicciole quanto conti lo studio da parte di ogni poeta che, re– putandosi nato tale, obbia intenzione di diventarlo davvero: cioè di scoprir dav– Yero con tutte le proprie energie (istinto e cultura associati) la propria anima vera fra le Varie anime posticce, o fantasmi di anime, prestategli dalla suggestione. Ci si lamenta, allora, che a: l'altro la– voro » impedisca, con le sue oito ore, più gli s traordinari, di trovare il tempo per lo.le studio? Il «problema», posto cosi, pare inào. rarsi d'una polverina lieve di maggior no– biltà, ma resta sempre, a nostro modesto giudizio, fondamentalmente « male impo– stato». La vita, è stato detto, o la si vive o la si scrive. Ma anche è stato detto: .Primum vivere. Orbene, direbbe uno che .ama palleg– giar le parole. li lavoro, se abbiamo de– ciso di n on rinuncia rci (e !ate bene fra– telli, fate benissi.mo: è una saggissima de– cisione) è ormai u n contenuto della n~ stra stessa vita come l'amore e la malat– tia e la vincita al lotto, e vi par proprio possibile, oggi come del resto ieri, l'esi– stenza d'una poesia (proprio quella. che voi cercate, col lavoro di mezzo) senza che esista la vita, e che questa la si offra. e la si esperimenti in tutti i sensi, com– presa la fatica (e la soddisfazione, in de– finitiva) d'una pratica attività? Ma il tempo, incalzerete, il tempo per lo studio? Ma che avete fatto, allora Vi chiediamo noi, fino allo. leva militare? li t-empo. Basta volerlo, del resto. E finiamo col dar ragione a un grande e grosso poeta non di professione (faceva ~~: e~~~~~ 0 :u~topr~~~~ il d~:e,:e « a.r mon.no c'è più tempo che cocuzza. n. Tu tto sta come in quei dìsegnini che rappresentano una papera dove voi siete invitati a scoprire (magari nel becco) la Regina di Cuori, a sé:.perlo trovare. A sa• ~J~i~~~ la ~~::i~:~'!11 e=' GIORGIO CAPRONI

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