La Fiera letteraria - anno XIII - n. 21 - 25 maggio 1958

Domenica 25 maggio 1958 LA FIERA LETTERARIA c1·.1 .\'fjOf'.1 r1•n.11u·z10.\'E DI QCHSIUODO * Nel "Fiore dell'Antologia Palatina" le anticheradici del sentimentolirico * A riprender l'esempio cli i\leleagro cli Gadara verreblJe voglia - uo11 senza qualche imbarazzo in un periodo tanto inflorealc come il 11oslro - di assegnare il nome <li u11 fiore ai versi dei nostri poeti. e nel fiore adombrare se 11011 proprio un precisato giudizio almeno una parvenza di sintetico aroma * di l<,LIO 1~11.,IPPO .\t:CltOCta A riprender l'esempio di giunta di successive opere, matico: diciotto autori della zionc, libera e fedele ad un Meleagro di Gadara verrebbe quali la « Corona >1 di Filippo "corona>• di Meleagro, sedici tempo - pronubo il verso di voglia - non senz.a qualche Tessalonico, l'Anthologìon dì dell'omonima raccolta di Fi- un poeta come Quasimodo - imbarazzo in un periodo tan- Diogeniaoo. la Musa Paidica lippo, due dell'ATithologion, rende mirabilmente ,1 conto inf\oreale come il nostro - di Stratone, il Cicfo di Ag.:l- quattro del :.econdo e quinto temporanee II le voci di una di assegnare il nome di un z.ia, ecc.) va sotto il nome di se-colo, altrettanti del Ciclo cosi antica ghirlanda di nomi fiore ai versi dei nostri poeti, Antologia Palatina per essere di Agazia, oltre ad una breve che la poesia ha conservato. e nel fiore adombrare se non stata scoperta dal Salmasio scelta di anonimi) si avvale Che la fedeltà ad un'urgenza Pag. 5 Remo Brindisi: Ragaua suonatrice (Gall. Alibcrt, Roma) proprio un precisato giudi- in un manoscritto cieli.a Bi- inoltre di una chiara intro- del sentimento, ha conser- ,--------------------, !/~t:/t; 0en;ro~:~. parven~ di ~~~~~~et~~a~~~~ ed~0~~i~ee~= ~~t~t~e~b~~~er~~:h~a1:sa~~~~ vato. mo, il girasole di Montale, u l'ireos, colore d'indaco, nel cui fondo si consuma ogni :--icordo II di Betocchl, violacciocca zenzero e spigo di Quasimodo, la "tuberosa di settembre" di Sinisgalli, u la rosa bianca che fiorisce nelle prime nebbie,, di Bertolucci, "l'odore di gerani II di Caproni, " i tigli e le rose serali» di Luzi. BicordiLo VPrrnziani Svevo }(-- L'imbarazzo - natural- dente cinquemila e trecento esplicative del testo e le no- Chi desidera ricercare nuomente della scelta per la no- epigrammi (più di ventidue tizie sui poeti antologizzati. vi temi nella larga messe destra tutta ideale 1( corona,, - mila versi) raggruppati in • • • gli epigrammi greci e aggiunsarebbe forse destinato ad quindici libri che documen- Ricca di suggestive sco- gere qualche altra lettura a aumentare se volessimo ag- lano la tr.asformazione di una pcrte è la lettura dell'Anto- quella del Fiore edito da giungere al nome del fiore società e di una cultura at- logia Palatina in cui la lirica Guanda, legga le traduzioni - questa volta suil' esempio traverso i secoli dnll'età clas- predomina, cesellata ed cle- di Rina Sara Virgillito sullo Altri fiori. altri profumi - cd altre spine - sono nella 11 corona 11 che ci sta nel cuore da un pezzo. E. FILIPPO ACCROCCA Remo Brindisi: Figure ( Gal lcria Alibcrt. Roma) <li Ll.l',I G1-ILIJI di Palazzeschi - l'ardita ag-- sica della Grecia al periodo gante, ricca di una sua inti- stesso argomento (Epigram- ,-----------------------------~ getlivazione con la quale il bizant.ino, in un arco che va ma assolutezza e di una pit- mf greci, Edizioni Mantovani, Quando 11u telefon.ò l"ultuna volta mi dis.se: .. Non e.sco più, uenga a trovarn11 •. Aueva una voce calm11, pacato: lo sua solita uoce; e si rammaricò di non e.ssere stata presente alfa conferenza di Maria 8ellonci al Circolo della Cultttra e delle Arti. Al sentirla. non aurei mai pensato eh.e si trattasse di una malattia ta,tto graue. Quando mi recai da lei, uerso la merd di g~ugno, mi s111pi. il vederla. Era nel suo salotto, ctrcondata dalle pareti. seduta in una carrozzella. La gamba ed un braccio erano g1d paralizzati; eppure la malattia r aveva prod1g1osamente rinp1ovanlta. Rwedeuo s11l suo uolro la tinta ro.!ea pastello di Livia giovane. quella che aueua innamorato Italo Suevo. Gli. occhi erario bnllmu1. come ceri(' palhdt acquE' az.::urre dei laphetti alp1n1 La miravo stupita e mi stupirono ancor piit la serenitd. la memoria, la sua vigile coscienza. Si rammaricava del ritardo della seconda edizione di - Vita dt mio marito ... mi. porlaua di lettere ricevute. :Solo fuggevolmente mi accennò ad iina ., /ascia di ferro,, eh.e le strinpeua la cintura. come se la matatua ,ton la riguardasse. fosse 1rna cosa estranea a lel. Qunlclie sera si faceva mtcora portare davanti al televisore pt'r gustare l'opera. C'ern in lei di nnavo. sempre cosi coitll'llllta. solo un legr,ero abbondano al sentrn1e11to.. ,1, disse: .. Ricordo come adesso, quando ve11ne da me !a pnma volta con Umbro Apouo,110 a :Se ruota~. ., :SI, r;i~t:;:1~e~e~u~~~tl~elsti~i~d~i. !!t,r;e ;~.~-::d~s~~~:,~o~. et~ ., S1 UPdeua il mnre "· Nes11un accenno nd una sua poss1btle finf'. Quando la rividi. nei caldissimi giomi di giugno. era gid immobillz.::a1a nel letto e parlava con un sotfto. Non udi, pi.ù la uoc(' profonda e pacata. che amava recitare poesie france.,i e tede.!ch.e. Ncll'ulti.mo an.,10 amava soprattutto una breve poesia di Goetltt> che attendcua gliela trad11cessi ,n versi L·auevano trasportata nella camera e/te daua sul giardino. L'ombra uerde degli. alberi entrava dnlle fine- .!trc. Sopra il suo letto c'era una grande. tetra tela del Verud11: quella delta veglia funebre; ma di fronte aueva un grande ingrandimento fotograJtco di t..'ttore: uno Sut>uo giouane. baldo. sorridente, con la paglietta. Il suo VÌ.!O era ancora ro.,eo, i capelli bianchi accuratamente composti e in lei la stessa 1uctdLtd. la stessa memoria. la stessa serenttd. nonostante il giorno precedente, mi aveua detto Letizia, avesse sofferto moltissimo. Lei me ne accennò solo fuggevolmente. Non comprendevo se fos.,e conscia della gravitd. del s110 male. La morte era gid. penetrata in lei. Solo la testa, con tutti i suoi ncordi ed i suoi sentimenti, emergeva da essa miracolo.!amente, come da un mare buio. Improvvisamente mi chiese: ""Crede che la fama di Ettore sia consolidata? ... .,.SI. per sempre, in tutto il mondo• risposi. Allora sorrise: un sorn.,o i11d1ctb1le, e chiuse le palpebrl' come per sipillare un pensiero segreto: ora posso morire tranqmlla. Ma non disse nulla. Lo rwid, ancora venerdl sera. Il viso era ormai incatiato. segn..ito da ombre. Con un filo di voce. un SO/JIO appena, mi raccontò del tanto male che aveva e della .ma tragica immobtlitd ma "on c·erano in lei nè d1spcrazior1e. nè terrore. Andava ver.!o la morte con una compostE'.::.::o. una dig111td che mi illuminava tulra ta sua t•lla. Sentiuo eh.e non la dei11deroua nè la temeva. Le si avv1ctnava come a un dovere ineluttabile. con lo stesso pa.,so con il quale per tanti anni avevo attraversato tante sciagure. Nella sua mente, per miracolo rntatta tuuo era ancora presente. H.tcordò con prec111Lonetma tenera ricevuta tan:i anni prtma da 11110 scrittore. Accennò persino alla cartella in cui questa si trovava. Ma era stanca. tonto stanca. Staua assopendosi. La bacim legpnmente sulla fronte urmda. Lei non prese congedo. ME' ne andai lentamente, ptena di mestizia f' di commossa meraviglia Alla soglia della morie Ltvia daua a tutti noi 11110 grande lezione d1 vita. Mi ricordava qu!'i persi di Rilke 1n cui il poeta {lff Prma come la morte sia il grande fiore azzurro della vita LINA GALLI nostro delicato poeta illustrò, dai primitivi poeti anonimi toricità estrema, in tutte le Milano), ricavate dagli stessi in una celebre comµosizione, al sec. VH d. C. sue forme: dall'idillio pasto- poeti dell' An10logia Palatina. una suil: serale e primaverile Brevi ed esili iscrizioni, a rale di Anite di Tegea alla suddivisi nei tre periodi delpasseggiata: <• .-.Oh! com' e volte, che nel giro di pochi malinconica umana espres- l'età cL.,ssica, ellenistica e b~llo - seritirsì libero ciua- versi (o in un solo distico) sione di Leonida di Taranto, bizantinn.. drno, - solo, - nel cuore di dalla splendida eleganza !or- tutta protesa alla realistica Sono un centinaio di epiN, I t . ;. l . t t grammi, sia d'amore che sepolcrali, con l'aggiunta di alcuni versi dedicatori o di paesagg"io, la cui lettura può dar modo a un conlronto delle due traduzioni, di cui diamo un esempio del tutto occasionale. Di Leonida di Taranto (VI, 120), nella traduzione di Quaslmodo: Mollo lontano dalla terra. - d'Italia. e dalla mia patria, Taranto. - Questo e per me più. amaro della morte. - Tale è le, va11a vita. d'ogni nomade. - Ma. le Muse mi amarono, e per tutte - le mie sventure mi diedero in cambio - la dolcezza del miele. - Il nome di Leonida non e morio. - I doni delle Muse lo tramandano - per ogni rempo; e nella traduzione della Vir- --------------------------------1 gillito: un giardino ... ,1. La famiglio- male, testimoniano un mon- immagine, dalla sommessa Molto lonrano giaccio dalla cii rose, l'ortensia e il gi- do poetico in cui prevale il cont\denza di Asclepiade, ere- l'Italia, da Taratilo - mia rasole, i due garofani ed il valore dell'indi\'lduo. Poesia. puscolare e malinconico, alla parrifl, e questo m'è più amagiglio dall'arietta ingenua e dunque, talvolta dolenlc o letteraria e stravagante In- ro dellCL morte. - Non e vita e.asta, la vainlglia ed il nor- arguta. amorosa o sepolcrale. telligenza di Callimaco, dai la vita. del vagabo 11d0, pure ciso (« quello specchio di entro cui si rinviene la mo- variatissimi motivi amorosi - mi amarono le Muse, e in candore i,), Ja violacciocca, la desta realtà quotidiana d1 di Meleagro (poeta della de- f:~~~lo r1~!~tod.o~a 1 -1110 1'.n'"eied•,. violetta, il ciclamino: <1 can- un ·umana vicenda dove si licata memori.a e del tenero didi, azzurri, rosei - vellu- nascondono le radici del sen- abbandono) all'agreste pittu- ~:,,.o;i~d~o~ 1 ~~7i: ~ ;~l~ '1,~~ tati, profumati fiori n. timento lirico. ra ùi Filippo di Tessalonica, diranno poeta finché ci sarà . A ogni PQeta il ~uo colore, In siffatta opera da cui l'autore della seconda e, coro- it sole. 11 suo floreal~ profumo, t.raspare l'ispirazione \'era e no 1) vissuto al tempo di Cali- Un con/Tonto senza alcuna ~~:nat~ 0 di~e:'r~n~md~ c-;-m:o~ ~~tl~:e~~i;:;ie ;ro~i~~~~~!~ !0 i 1 ~ 01 ~~!: ~t~oves~~~~a~~~~ intenzione di muovere a vaspontanee o C?ltivatissime, Platone, Erodoto, Tucidit~; la che coglie il capriccio di vi- lutazioni di sorta. Entrambe curate_ da mani esperte ~ ellenistica di Callimaco, Leo- vere in Filodemo dì Gadara, sono letture (cui dovrebbe sempl1cement~ belle ~er se nida, Asclepiade. Meleagro; la licenziosa arguzia di Stra- aggiungersi, recente anche ~~te r:i::c~i en!~~~t:•, t !: fJ:~~~}7~d;;•~~'.~odi :;: i~':::or:i 1,; ~G.~e~~-ed~f~::;:ci7 :~i~:l~f!i• 1~~~1: cinto. e margherite, mirto_ e gen~ario: t\no a San Gregoi:io leziosaggine di Agazia lo ca) che testimoniano la formagg1orana. anemone e ~m- Nazianzeno della matuntà Scolastico vissuto al tempo tuna del testo e il rifiorire di namomo, ecc., da scegliere cristiana e al paganesimo di di Giustiniano, e la grazia studi su un t< genere)) che è come carte dal mazzo, n.a~o- Paolo Silenziario) ha posto le incantata di amorosa spanta- 1 letane o francesi. semplici o mnni il poeta Salvatore Qua- neità che si ammira nell'ul- t~~t;~o dfa c~\~\,i: 1~~:~ ~i~ elabor~te nel retro, per tutti simodo che ha scelto e tra- timo autore di questa raccolta certo per la sensibilità e la i gusti. dotto duecentotrenta epi- di Quasimodo, Paolo Sllen- varietà dei motivi che vi sogr~mmi i quali rappre::;entono ziariQ, il solo che sa rinno- no raggruppati. L'idea della prima {(coro- il Fiore dell'Antologia Pala- vare la schiettezza delle ori- Palazzeschi e Meleagro di na ,, fu dunque di Meleagro rit1a recentemente edito in gin i. Gadara (a tutti e due vada del I secolo av. Cr., conside- ottima veste. con testo a Ai nO!Tii più espressivi del il mio grazie) mi hanno dato rato il principe della lettera- fronte, dall'editore Guancia genere epigrammatico è a!- un'idea ... tura epigrammatica, il quale di Modena nella collana ,e Fe- fidata la scelta preziosa del La nostra ideale « corona )I riunì una sessantina di poeti nice i, diretta da Attilio Ber- Fiore dell'Antologia Palathia: - appena accennata _ comin maggior numero ale~$an- tolucci. i duecento trenta epigrammi prenderebbe i< odore d'ombra, drini, e delle loro voci va- L'ampia scelta dei testi (che rappresentano l'essenza di odore di passato )i di Gozzariati?~ime ~ompose il primo C0?1I:>rende le .voci poetiche una lirica d. amore scavata no, 1< una rosa per sé sola, e p1u prezioso nucleo della plu interessanti e rappresen- nel fondo del più variato bella e bianca fiorita in un vasta raccolta che (con l'ag- tative del genere epigram- sentimento, e la cui tradu- mattino di gelo i> dell'AleraGIORGICOAPRONprIesenta:poesiedi ANTONDIOEBENEDETTI Conobbi la prima volta Antonio Debenedetti quando ancora. coi pantaloni corti. stava preparandosi agli e!-.ami di ammissione alla scuola media. I suoi genitori, fidanJo troppo nella mia amicizia e nelle mie attitudini didattiche. mi a,·evano pregato di metterlo sulla buona strada. Fu nel '46 o nel '47. non ricordo con precisione. 1\Ia ricordo che la sua intelligenza (un acido che bruciava. appena aperte. le pagine del Sussidiario) era il più grosso impedimento alla mia buona volontà li mondo era appena uscito dal terremoto e dalrir.cendio che sappiamo, e Antonio. nato non ad occh: chiusi in quell'inferno. sapeva un poco di zolfo. E mentre non gl'importava nulla detrll al posto giusto o del perimetro dell'esagono. e stentava a capire che • chi per la patria muor vissuto e assai>. con la foga di un bimbo eccitato da un crollo. e per di più cresciuto in un ambiente familiare saturo di caltura. s'avventava (il termine vale nel suo doppio senso} a discutere di Cristo e di Marx. Diceva aflascinanti sciocchez1.e. non inferiori. per imponenza, alle più grosse verità elementari che avrei dO\'Uto insegnargli. Fossi stato Luciano Zuccoli. avrei detto che si occupava di cose più grandi di lui. e mi sarei sentito a posto. Ma non ero Zuccoli. e arrossivo. Oggi. dopo dieci anni. incontro ancora Antonio_. e con un fascicolo di versi piuttosto strani, i quali mi hanno dato netta l'impressione. più che dei soliti fiori. di funghi anzichenò velenosi nati nello sfasc;ume d'un bosco parrasio. evidentemente. e almeno per lui. gia decrepito. anche se per noi, fino alla ,·igilia. così ricco d'incanti: JJiarioe mare sbuffi spumosi chiareduovo. Autum1io mare friabile madreperla. • A ngosciabar •· Noi deflagrali i11 Jazz, 1·ebreo a chiavistello 11eqli ncchi poeta rli ~,.sso Ghetto. tu Ghetto, colpa di G/ietto. Il mare incosciente come fa.11ciulla puttana, si sdraia largo. O. in un momento di massima •tenerezza>: Cinto sarebbe it tuo viso di rose di odore d'erba spaunta ... Avventura avvenit:.a. Ma questa met.amorfosi è dura, e siamo affettuosi, rigidi. stc1tri, isterici. Vi riconosco la natura della sua intelligenza (sensibilità). corrosiva più che costruttiva (medievale. per ignoranza o rifiuto di quanto è armonicamente lwma11um). e irregolare e pungente come un piccolo pinnacolo gotico, sul quale però si sia esercitata (penso alla Carota della Sapienza) l'ironia d'un alunno del Borromini. Ma senza insistere in un paragone cosi sproporzionato (Antonio. infine. è ancora un ragazzo). soprattutto vi riconosco il segno amaro d'un'intera generazione. testimone innocente, sì. ma non candida. di fatti che forse soltanto ogni cinquecento anni si verificano nella storia. e che in chi vi ha avuto partE' cnme attore di turno lasciaM - vita natural durante - un imprecisato senso di colpa insieme con quello di esserne stato. per primi, le vittime. E' una sorta cli costituzionale incapacità di • abbandonarsi> al sentimento e ai teneri moti del cor profondo. propria di chi ha dovuto. a sue spese. imparare a diffidare dell'uno e degli altri. e chz sembra intirizzir la mano nell'attimo stesso in cui il canto (dopotutto ancora ~sospirato>) stava per nascere. Un pudore - se vogliamo chiamarlo cosl - che soltanto questi giovani soffrono fi,w " questo punto, e cioè fino a risolverlo • sfacciatamenlc • nella licenza sul piano psicologico. mentre la mano trema (e spesso finisce col !are uno scarabocchio) combattuta tra la voglia di definire il proprio gesto in una carezza. e quella di dare una <.:ventola all'ultimo. fragile idolo di te.·racotta. GIOHGIO CAPRONI Biblioteca Gino Bianco ilJat1·imouio sfumato La pioggia il fuggire a piccotl gridi, il ve11to vasto tra le palme di rwiera: di ebbrezza un guscio tonico un'oasi mqt,ira sili fini.re delt'estatc. Questo sonno, amore, di ora. .\I carte· Fiato e /iato di cielo nauseato. La piazza in metamorfosi logora esistenza come pie:re bianche mari.ne, d'estate scandite. Cinto sarebbe il luo viso di rose di odore d'erba spaurita ... A vventnra avvenuta. Ma questa metamorfosi è- dura. e siamo affettuosi. rigidi sicuri isterici.. Nefalo<·ucuc,•c- st1•ozzaca Dionisio più tenue e una bolla d1 sole. su queL confine ogni limite tace ... Ma. Tullo muore nel verde soldato d·u n laiiro Urico. ANTONIO DEBENEDETTI METi\MORFOSI DIUN CAVOLO * Quando un priniitivo digiuno dipinge un cavolo. dipinge un cavolo vergine e 11ovello. Batte gli occhi al solo vederlo; lo /a partecipe di 1111aviw ingenua e ge11tile. Siamo all"alba delle conoscenze stu• pite rii 11011 essere più sogni. ma ancora incerte di presen:;,e vere * ,li FACJS'l'O PIRA.\TDELLO Quando un prhniti•\'o digiuno d;pi:lge un cavolo, dipinge un cavolo ver6me e novello. Batte gli occhi al solo veder~o, per a\'erlo veduto; si premura per lui: lo patisce; lo fa partecipe di una vita ingenua e gentile. onirica e trasognata. Siamo all'alba delle conoscenze stupite di non essere più sogni, ma anci;,ra incerte d1 presenze •\'ere. 11 pittore del Rinascimento 'dipinge un bel cavolo adulto; anzi, il più bel .::avo:-, che possa trovarsi; il caivolo tipo, capr.to nel mazzo. Gli dà tutte le prerogative del caso, quasi. diciamo, lo indennizza d'e3sere nato cavolo soltanto; perciò gli prc:.ta un'anima immortale, credente, e suscettibile di ,perfezionamento, ch'è il viatico d1 giusta vita. Ma già nel Seicento gli ritira quel po· d'anima che gli stava attecchenào, e lo tratt.-1 come un cavolo qualunque, sia pur fronzuto. ma positivo e mdigesto. Lo sommerge non per tanto fo un mitico clin,a e allusivo di lunghe ombre funeste e òi bagliori di sangue. Qualcosa gli sa e non gli sa che in questo cavolo sia eresia-. E fa esorcismo. Quale equivoco, prendere un ca\'olo cv:.i sul tragico! Marte con il cimiero e Venc:--e nuda, nell'empireo del Settecento, se ne palleggiano uno tutto a riccioli di p.irrucca, clcisbeo. diplomatico e magico, pettegolo e cortigiano. con nei e ~,;erruLL, indefesso fornicatore d'alcova che nel tepido cova, e poi sgrava. un ibrido d.eg~• nere, col cappuccio frigio, barricadiero. Si rivolge in se stesso il pensiero da tanto ch'è illuminato: il cavolo si fa mitico tanto che dà in neoclassico, in un fr ,_ gido nitore. e a forma d'anfora d'alabastro, con fogliame translucido, di colore spleenetico, casto. . Ma nello scorcio dell'Ottocento! Al ven• sta gli sa pure di troppo che il posiLJV'J del quadro sia altra cosa del positivo del cavolo stesso. Pittura e contenuto si strug gono insaporandosi a vicenda coi:ne ':'n ~~­ volo e una padella unta, trascmah a1..::i brace di t.izzi veri, che cuoce. Questo è quanto. Si dice: chi è con•vinto, è feroce. Frattanto il realista sarebbe stato per il cavolo tale e quale; ma opta per un cavolo con tutti gli infortuni di stagione. Se bello è, non è certo per grazia ael pittore: s'ha da rendere grazie all'ortolano. S'è brutto, ha invece dalia sua la denunziata nequizia dei tempi e dei costumi, la talpa maligna che rode le basi d'ogni cavolo in fiore: il dispo~ismo, la tirannia, Je mene oscure del capitale dell'oscena nascente borghesia. L·impressionista intanto circuisce con ventilati sbatlimenti di luce un cavolo che ha perso l'ombra e il riposo. Come Peter. ne ha fatto baratto col demonio, per la borsa di Fortunato. Sapete la storia. Si spoglia il cavolo, in questa tanta luce. nudo nnto, e s'impl'uina di nebbioline soffuse. Vive una vita di rapporti socievoli con ogni cosa d'intorno. Sprigiona atomi secondo la norma del filosofo antico, in terra e in cielo. E' cavolo? Non è cavolo? si chiede il postimpressionista impressionato da quest'etueo bombardamento di ca, olo scorporato. E com·e giusto. fa appello alla Ragione per misurare di quello profondità e spessore e consistenza. per figure piane. O fugge via lontano appresso al mito dei cavoli degli antipodi con il diavolo •~lilato, perchè nel mondo non ci sia cavolo non tentato e pervertilo. O si uccide sul posto, perchè quegli atomi gli hanno occluso gl'indotti della ragione e sono divenuti una grossa favola di mondi rutilanti senza più legge e direzione, immanenti. che calamitano in terra le biche, e i cipressi neri. e gli eucalipti dei manicomi, e i festoni e i trofei delle feste dei municipi. Però il Fauve dipinge il folle colore del cavolo nell'avventura della sua [orma informe. E· un cavolo, quanto a lui, che ha rialzalo le idee: pensa d'essere forse un esoterico di troppo cresciuto. una specie di fiore del male con un piumacchio pennuto, espansivo, se come cavolo ha preso a sognare d'esser tutto una forza-colore, un sesquipedale. rutilante furore. Solo il cubista lo rimena a dovere neiroggetti',:ità dei suoi presupposti. Gli impQrta, se pure stravede nel tempo del di lui eroico durare. che sia cavolo nel suo costruirsi. foglia a foglia, nodo a nodo: di lui cavolo m.somma conta giusto l'anacoluto del divenire dell'essere cavolo così divenuto. L'intimista ne fa un'ombra di cavolo fuggente. un evaso: un cavolo transeunte ridotto tutto senso ed odore, e che va tutto al naso. Se ne sente il prurito allergico e il rigurgito del sapore: (scusate) il rutto. Propone 1·esistenzialista l'importanza d'esser cavolo il cavolo: e non tanto (visto che il cavolo ci si trova. dico. ad esserlo), quanto del fatto molto più. importante. che il cavolo sia. Sono cose che a dirle si fa male. ma l'essere vuole. reclama anzi. una precisa dimostrazione consensuale. accanita. L'espressionista gli ha imposto il cappuccio. che al cavolo sta proprio bene. della con[riaternita fate-bene-fratelli, e lo spirila nel giro degli occhi dei buchi di stoffa, come spirita Stenterello. Cresce il cavolo come l'erba all'oscuro: biavo. ténero. spigato lungo, senza baci e carezze. nell'orto maledetto ex cimitero dei massacrati del borgo delle efferate lunghissime pene ed altre inenarrabili tristezze. li neoprimitivista fa del cavolo un archetipo archeologico. Il cavolo, per conto suo. arresta ogni facoltà vitale di crescita, espansione e rigoglio. Non per questo patisce: s'intozza con orgoglio e s'abbottona in una sua dignità che risulta primigenia. come un pastore nell'abito da festa. In questa specie d'imboJsacchito stupore. fa crisalide, diventa testo; e vive di ricordi che gli dànno una carica poetica a monosill-abi. che ha più del gesto che della parola. Si stupisce il pittore evangelico fin qui alle prese col cavolo mondano. borghese, che fornica in combutta col diavolo. liberamente bestemmia. spergiura. stravede. spernacchia. al richiamo d'un pentimento sincero. che poi qualunque cavolo nella serra dei dettati e dei dogmi gli nasca stiracchiato, macerato e a collo torto. più teosofo che apostolico romano. li neo realista realizza. pianifica una ,·erità riservata, do\'e il cavolo aderisce con l'aria smarrita di chi non s'aspetta d'avere una vita così tanto illustrata. Resta in loco. ed ingrossa. Aspetta. al solito, che qualcuno lo scelga, che qualcuno lo colga per metterlo in mostra. Il neo realista si astiene: se n'é messo in soggezione d'amore. Nel cavolo e tutto bene: che stia. Di là. detti -al pittore come vuole. quanto ,·uole. e se. E lui: u Dici a me? )). Si perde il surrealista nei meandri del cavolo che sollecita parossisticamente alla polluzione spontanea dei sogni, donde enasce al cavolo una gestazione perversa. erosa da ,-ermi lubrici quali la cavolaia del bruco. folle di ,oli traversi, non saprebbe neppure augurare alla specie famelica dei ,·ermiciattoli suoi. L'astrattista, dal cavolo si distrae. finalmente. Cavolo e l'urlo onde il Caos s'impersona. A lui basta proporre una latitudine di sè in se. dove il cavolo. che non c'è. si sospetta e si cela. Si perde i.\ cavolo che si credeva d'esserci, in questa gloria di non sapersi saputo. come in un'anima universale; divenuto pausa e momento e. a tempo perso. scusa, rilmo e silenzio: cavolo scandito - piede più. piede meno - e mito di cavolo everso. FA USTO PIRANDELLO l

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