la Fiera Letteraria - XIII - n. 17 - 27 aprile 1958

Domenfoa 27 aprile 1958 LA FIERA LETTERARI~ Pag. 3 INCONTRI CON GLI SCBlri"'TOBI ITALIAilll Ho ripercorso, non trasognalo ma (c– Jicc anch'io, come il poeta, le viùcolc antiche dei quartieri del centro in com– pagnia dell'« eremita di Roma•· Anche oggi un ciclo vicino alla pioggia mentre la sera scendeva mite sui sel– ciati fra le case: quasi un levarsi a volo era tra le persone che avevano sui volti non so quale perlata ombra d'indiffe– renza. Luoghi della sua (e un po' della mia) ,mima. Ogni strada una luce diversa. co– m'è diverso il nome o l'interno colore abitato dai ricordi d'infanzia (ncss1mo quanto lui ricorda ...): l'età della prima conoscenza, col padre, non romano, che lo accompagnava per gli stessi luoghi. Non abbiamo. però. incontrato il gob– bctto della Rotonda che probabilmente la sua e affa cciata d i fineslra :>se re già !atta da un pe1.zo . Tutto il resto pareva inchiodato al suo posto. immobile nell'aria: la macelleria del Seicento sul cantone di travertino. vicolo Margana col muscoso cavalcavia sulla destra uscendo per l'Aracoeli, le paulonie della Chiesa Nùova che giocano con le cornici del Borromini. le pareli di quell'oscura bettola in Borgo ... Un e eremita>, ceco, ancora all'interno del mondo. e non è vero che quando sta con gli altri il suo animo sia lontano: mai come oggi mi sono accorto che la voce di Vigolo ha la stcssn e linea della vita:> di sempre. con quel suo modo di parlar cauto e familiare. E quando mai è difficile - per qua:1lo ri\mata ad un'interiore mi~ura - la vo– ce d'un poeta? Il e passato> di Giorgio Vigolo (la sua evasione nel passato. come gli scoprì il Gargiulo a proposito di Canto fermo: e .. molto al di là dei limiti che gli asse– gnerebbe il suo personale rimpianto:>) e cosi a portata di mano che si può toc– care. perchè costruito di pietre e di sen– timenti che ancora resistono al tempo e respirano (sin dalla Città deU'Anima) nel paesaggio d'un'immaginazione che si concretizza e si realizza nella contempo– raneità. Vigolo è poeta di vasta misura: in lui gl'interessi per la poesia moderna e per gli studi di filosofia. di musica, di estetica, ben s'innestano ad un'educazio– ne classica e umanistica. Cosi come alla sua intima e vocazione per il nord> (la cultui;:a romantica tedesca) si contrap– pone un'indole prettamente romana: due strade che dovevano condurlo a imbat,. lersi. da molti anni. in quelli ch'egli con– sidera i due e poli> della sua ricerca. Dopo aver scoperto nella biblioteca di Ono!ri le llhiminazioni di Rimbaud (di cui conserva, inedita, la traduzione), con esse partì per la prima guerra. Ma già verso H '16 scopriva anche l'opera del Belli, considerato il e palo terra> (senso della concretezza e del particolare) che si contrappone al ... polo celeste>. Venne cosi fuori. dopo alcuni anni, l'antologia critica dei cinquecento sonetti, pronta nel '27 e pubblicata nel '30. Considerata chiusa l'esperienza bellia– na. Vigolo tornò alla sua 1>0esia: nel '31. Ca1J,10 fermo si aggiunse a La Città. del– l'Anima uscita nel '23. e presto. nel '34. !u pubblicato U silenzio creato e nel ·35 Conclave dei sogni. Da qualche anno però in Europa era scoccata l'ora di HOlderlin, e nel poeta romano l'amore per l'autore dell'Hypc– rion venne a sostituire quello per Rim– baud. Vigolo infatti cominciò a tradurre molti Inni, Odi ed Elegie del paeta di Lauffen. del quale apparve nel '35, su Circoli, la prima traduzione (e Pane e vino>). cui seguirono altri versi tradotti su Meridiano di Roma. Pros-pet.Hve, Poe– sia di Falqui. Era ancora immerso nella sua poesia e negli studi su HOlderlin, quando nel '39 gli fu offerto ]'incarico di curare per Mondadori l'edizione critica completa di tutti i sonetti del Belli. L'incarico fu ac– cettato e per lunghi anni ciò rappresentò per Vigolo un impegno assai oneroso che sottrasse molte energie al suo lavo– ro personale. anche perchè a questo la– voro sul Belli si aggiunse l'attività di critico musicale iniziata subito dopo la guerra sul quotidiano L'Epoca, tanto che fu quasi un miracolo se fra tutte queste attività Vigolo riuscì a mettere insieme e a pubblicare la sua raccolta più com– pleta di poesie. La linea della .vita .. In questi anni di traver~ie a. V1_gol~ giunsero proposte da molti editori d1 raccogliere le traduzioni di Jfolderlin, che avevano già avuto giudizi assai be– nevoli da parte di illustri intenditori. Ma egli aveva sempre saggiamente resi– stito a tali proposte, anche per l'impos– sibilità materiale di assumere altri im- pegni edito.riali. . . Fu nel '54 (e in un momento d1 euforia seguito alla edizione del Belli con la quale mi ero liberato del dolce peso>) che Vigolo accettò di raccogliere le sue traduzioni di HOlderlin per l'editore Ei– naudi. E cosi riallacciò i suoi studi ri– masti in parte interrotti per un lungo intervallo, lavorò per altri quattro anni aggiungendo nuove traduzioni e rifacen– do da <'apo anche quelle vecchie che non lo soddisfacevano più. Contempora– neamente veniva preparando un lungo studio introduttivo che gli presentò va– rie difficoltà per aggiornarsi sulla enor– me mole di pubblicazioni di critica hOlder– liniana che aveva riempito le bibliote– che negli ultimi anni. La recente ottima edizione con testo a fronte delle Poesie di HOlderlin (ver– sione considerata giustamente e un avve– nimento letterario> tra i più importanti di questi anni) è stato il motivo degli amichevoli incontri col poeta che pub– blicava il suo primo libro nell'anno in cui io nascevo. e da tali incontri C sorta l'intervista che segue. llolde,·lin e Belli - Come spiega Lei. H carattere di due poeti. cosi. diversi co,ne HOLderHn e ~~:~,~~i. ~ip~~!s1!,!:~o~:~di~~te occupato _ ella poesia stessa e nella diversa personalità dei singoli poeti si ritrova il singolo e il generale. il gusto p~r il particolare sensibile estremamente vi– cino alla cosa, reaHst,ico e individuatis– simo. per esempio nell'amor~ per I~ sE:n– sazione di corpi e di materie, per 1 pie: coli interni, oggetti con i loro ele~1en~1 quanto mai rilevati. scabri o lev1gat1. quasi da toccare con mano:.-. e, J!On meno poetico, il gusto per l univer~alc. per l'idealizzazione, che aJtro non e se non una veduta dall'alto, pf.-'rgrandi li- A colloquio con Giòrgio Vigolo nee sui paesaggi dello spirito. della Sto- * con lo stil~ dei mus1c1st~ ~elio stesso ria, còlti di lonl3no con occhio d'aquila. tempo o d1 poco succ~ss1v1.. Non ~olo in quelle distanze degli oriz1.onti dove i FII IPP·· \CC:n••cc· \ Hegel era nato. come Holderhn nel 1,10. colori tenui del paesaggio e le traspa- 1Ji Ef..JIO ~ .J ~., .. ,.., .:. ma anche Beethoven: Holderlm s1 t.rova renze dctratmoslcra divengono quasi __ ,......,...,. fra 1 due come !a nota centrale d~ un pensieri. , ... lllll~lla-·••'-- acc:ordq. fra ~ens1.ero assoluto he R1h'!'lo Un poeta quasi riparografo. quale. il pur~. S1 consideri ?el rE-s~oe ~ poesia. Belli, può avere il gusto. l'amore. l'ispi· musica_ e ~pe~ula.z1!'ne. f11oso 1 f1ca son,o razione del reale veduto e.stremamente una triade mscmd1bile. m que momen o da v~ci,~o. in. u~a prospetti va da l basso ~!~~I.ile c~~~~;en1:~~a~~~~ ~~~ !~~~!tcJ: e qumdi .co1:1 1 c~, e ti, dar~ po.tc~ 1t~;ap- una sola lingua dialettica. E la tensione presentazioni di part1colar1 mm1 m1 illu- dialettica si trova. non meno che nelle ~11inati ~~n luc~ i~1l?nsissima o: perfino nllrc. nella musica stessa, ove sia la mgran~1t1 .nell mf1!11tamc~te piccolo. li forma-sonata, sia la sinfonia nascono e ii~et: 1 ~!1~!::~:~:i. 1 :bv~:~~~~rte 1 c~~; 1 tf~ :~r~~ll~pr:~~ d 0 c~~1:.p~ot::r~~e :r:u:f~: sguardo tutto un popolo, sorvolera allu- alterna (werden und \Vcchseln) e ar- cinato e come in sogno l'intiera Asia. monica contrapposizione: insomma con evaporante da mille vette> e in un !u- gli stessi ideali estetici e formali della mo d'oro•· dandone in pochi versi l'im- poesia di HOlderlin. m,agi":e totale co'!.lc un~ si.ntesi di secoli: Questa costruzione dialettica e sistc- E cluaro che Holderl_m .~ un po.eta d\ malica non deve peraltro indurre nel questo genere. uno dei p1u grandi poeti sospetto che la poesia hOlderliniana sia ~ella Jdealizzazione, anzi dell'Intuizione perciò contaminata da arldi intellettua- mtellettuale. lismi o moso!cmi. sospetto che in Italia llolclerli11 e la 11oeticc1, assoluta - In che cosa Lei vede principalmentr l"importanza che 1-liilderHn è venuto as– sumendo netta poesia moderna, e la sua singolarità? - Si deve riconoscere che in HOldcr– lin viene a sfociare, a maturarsi in csal• tata coscienza poetica e teoretica insie· me. come un nuovo fuoco celeste su cui spira l'afflato degli ideali mode rni nella Ane del XVIJI secolo, - tut.ta una tra• dizione europea della poe sia. i n ciò che essa aveva avuto di più alto, aldisopra delle lclterature e dei parnasi. quasi co– me iniziazione supr,•ma. rivelazione, messaggio ardente dcJlo SPirito; quale insomma la vediamo scaturire dalle sor– genti del sacro, nelle mitologiche reli· gioni degli dèi, nei misteri. nell'orfismo, nella tragedia attica, fino all'umanizzarsi del divino nel Cristianesimo, che già sembra porre in termini teologici una Giorgio Vigolo diviene facilmente condanna estetica e rappresenta la forma più comoda e fre– quente con cui la critica viene esercitata: quasi una caccia alla bestia nera del– l'idea. una discriminazione del pensiero In realtà, poesia non e che luce di cono– scenza e rivelazione, variamente rifranta nel chiaroscuro delle ombre sensibili. nei fantasmi e sogni dell'esistente. Il metodo critico della caccia al pensiero. d<>ll:ilogofobia dovrebbe pertanto essere capovolto: poichC la poesia si spegne e si C spenta dovunque una. luce conosci– tiva. un'idea ha cessato di animarla. d1 illuminarla. Mentre gli esempi maggiori ci mostrano un cosi alto csaggio> d1 idea nella poesia, ovunque ci si volga, da Lu– crezio a Dante a Goethe, da Campanella a Leopardi. - in modo da rare conclu– dere che la poesia stessa si manifesta più intensamente tale, quanto più s,1 trova sul confine delle facoltà e si rifiu– ta alla distinzione, alla classificazione. E la poÌ:?sia di HOlderlm può essere anzi considerata un caso limite, una TRADUZIONI DA HOLDERLIN A Ila spe1•a1ua Cercare: o quan~o, al mezzo della notte L'invisibile vita ferve nel bosco li bene gli si stende dei paesi, e con lui sono La prima volta In cerca di vittoria I giovani.. Ma egli li modera con O speranza, o benigna, àlacre al bene, Che non disdegni la casa dei lutti, E &ul mio capo da corolle eterne Raggiano liete le fiorenti stelle, Il battito delle ali. Ma di buon animo servendo, o nobile, Tra umane !orze e immortali comandi, O dell'Etere figlia, appari allora Dai giardini del Padre: e, se non puoi giungere Come uno spir~to della terra, oh 1 SftOmenta, " .,. rt• Il g1•ade·vole di questo inondo Dove 5el ? Poco ho vissu.to ma gelida già la mta sera spira.' Come le ombre Sono già tacito qui: senza canti Sopisce in petto con brividi il cuore. Sgomenta almeoo con ;:i\tro il ITllo cuore, ' Il gradevole di questo mondo lo l'ho goduto, Le giovani gioie sono da t~nto, da' tanto finite Aprile e Maggio e Giugno &ono lontani. Come uccelli;,, lenta sc/,ie,•a Come uccelli in lenta schiera . Mira all'innanzi lo non sono più nulla, non ho più gusto a vivere. S11lln ,noJ'le di u.n·fanciullo In verde valle ove la fresca sorgiva li principe, e freschi soffiano La bellezza «;'appartiene ai fanciulli, E' di Dio immagine forse, Del monte mormora perenne e Il colchico Gentile m'apre al di d'autunno il fio.re . Là 1 in quella pace, te benigna, io voglio Al suo petto gli eventi, quando Intorno a lui è silenzio, alto Nell'aria, ma in ricco splendore Jagg1ù Il loro proprio è pace e silenzio Che agli angeli anche torna a lode. prima poetica cosmica della Parola. Di qui con difficile travaglio si elabora, si filtra una coscienza della poesia come mai prima si era avuta. Tale processo arriva al suo punto culminante nella Germania del Settecento, dove la nuova poesia e la moderna filosofia !anno con– verge:-e i loro raggi nella esaltata co– scienza dell'Io. L"ebbrezza poetica, che già con Klopstock 3veva trasierito l'en– tusiasmo religioso nella natura e il sal– mo neJl'inno (fondamentale precedente di HOlderlin), non tarderà a divampare nel panteismo lirico e titanico di un Goethe, ma contemporaneamente sorge l'estetica moderna che già nella Critica del Giudizio di Kant illumina di una luce non prima conosciuta la facoltà del genio, come principio della creazione artistica. in cui si raggiunge una unità superiore dell'uomo, di coscienza e di natura, di libertà e di necessità. Onde (u poi giustamente detto: e Il grande fi– losofo pensa il grande artista: Kant co– struisce il concetto della poesia di Goe– the>. Per HOlderlin si può invece affer– mare che H filosofo pensò iL poeta e si subordinO al poeta nena stessa persona. Un rapporto intenso e fecondissimo si è venuto stabilendo in quegli anni fra Ja speculazione filoso!ica ~ l'esaltazione poetica. La filosofia, inoltrandosi sul ter– reno dell'autocoscienza. circuisce sempre più da vicino il pretto nucleo dell'espe– rienza poetica, la estrae dal suo invo– lucro retorico-accademico, riconosce in essa un principio creativo assoluto. Ma è in HOlderlin che queste due cor– renti, poetica e filosofica, si fondono al calore bianco e diventano una coscienza in atto della poesia. la quale raggiunge il suo grado più alto e più intenso, il suo e heroico furore> fino a identificarsi col suo destino e a !are di lui un nuovo Bruno della poesia, che, invece del ro– go, ha l'Etna di Empcdocle e la voragine di una lucreziana insania. HOlderlin ha vissuto l'esperienza filo– sofica e metafisica della sua epoca, co– me condizione dell'astratto e come « me– todo:> per giungere a superare nel !arto poetico, e a potenziare verso un grado più alto. la filosofia stessa riassorben– done l'elemento noetico nelle forze crea– tive deJla parola nascente. Ma quando la filosofia, in HOlderlin, perviene a que· sto riconoscimento e a questa trasfigu– razione, essa depone insieme le sue armi logiche e procede a una riforma di se stessa, subordinandosi alla poesia come suo organo: il contrario della posizione di Schelling, che vedeva nell'arte l'or– gano della filosofia. Tanto Schelling, quanto Hcgel. prima trascinati anch'essi e infiammati dallo stesso entusiasmo di HOlderlin verso una concezione idealistiC'a del mondo in cui fondamcnt:de attività creatrice è la Poe– sia, recedono per altro dinnanzi alla am– nHssione integrale del messaggio hOlder– liniano. che implicava una dimin.utio ca– pi.tis del razionalismo filosofico. ridotto a promulgare logicamente una verità ri– velata dalla poesia. Ciò che proprio da filosofi non si poteva aspettare. Essi tut– tavia trasfcris.cono alla filosofia il nu– cleo di quella medesima intuizione. e occultando l'Io poetico. più o meno ma– scherato in Io logico o trascendentale, ne fanno il segreto demone imprigionato. che costruisce come schiavo della Ra– gione. le archiletture estetiche dei loro sistemi. Ma sotto le costruzioni di quei sistemi l'Io poetico resta soffocato e di– minuito. la poesia stessa ridotta ad an– cella se11sitiva del concetto. conrinata 111 uno stato di perenne minore età. . Per Schelling l'Arte era si prodotto dell'Assoluto. ma in quanto ispirazione inconscia. non molto diversamente da Hegel che fa dell'Arte la apparizione del concetto sensibile e perciò esclusa dai conscii lumi della mente. Ma se noi, con HOlèerlin, rovesciando qucsla posizione. poniamo invece l'Io poetico come conscio dell'Assoluto, poiché nel principio origi– nario della parola e soltanto in essa l'uni– versale e il singolo coincidono e riattin– gono la loro unità originaria soprara– zionale. allora si ha l'ispirazione conscia o !a consapevolezza ispirata del poeta che si sa tale. L'idenlità assoluta (che per Schelling era attintn solo dalla Ragione) e invece attinta solo nella Poesia; e la soluzione di tutte le contraddizioni sta nella Identità della Ispirazione corrie ispirazione conscia. coscienza in ntto della Poesia, autocoscienza poetica neJla Parola nascente, nella parola parlante (e non parlata), nella parola poetante e nominante che impartisce i nomi alresi· sten te. L'idealismo sorge dunque in origine come una poetica; una poetica co~mica dello Spirito e del Divenire. HOlderlin ne fu il primo annunziatorc. ne ebbe entusiastica coscienza, ne operò la più fedele attuazione nella sua poesia (quan– do questa non fu rapita troppo a se stessa. come tale, dal volo nel mitico 'o non tornò ad ascondersi. a chiudersi nel reli– gioso). Jn Schelling, invece. e in Hegcl si ebbe la deviazione di quella medesima poetica in terreno filosofico e conceLtua– lc, con subordinazione della poesia al concetto. E questo capovolgimento di una poetica in una filosofia o addirittura in un panlogismo costituì uno dei carat– teri predominanti della cultura europea nel sec. XIX e nella prima metà del XX. finché con la rinascita degli studii hOl– derliniani e il ritro\'amento dei poemi o degli scritti, smarriti o ignorati, la co– scienza della poesia torna ad acquistare nello spirito europeo il suo valore, men- tre fa filosofia del nostro secolo vi cerca di nuovo il suo nucleo e la chiave dei suoi maggiori problemi. - Quale it motivo del Suo triplice in– teresse per La porsia. la fitosofia e la m1tsica? - In eCfetti si tratta d1 un amore costante che e venutQ crescendo in me fin dai miei primi anni. da una sola radice: non lo ,sento come un amore per tre attività diverse. bensì come un amore 1rnico, poiché poesia. filosofia e musica sono per me come il Lripade magico. o meglio raccordo perfetto di tre facoltà spirituali che si co:npJetano a vicenda, tanto che senza l'una per me non po· treb'be sussistere l'altra. - Pensa Lei c1\c ci. siano elementi di affinità fra lliilderlin e i filosofi c i musi.cisti. della sua epoca? Indubbiamente un rapporto c·c fra il modo di comporre di HOldcrlin. di svol– gere e unificare i suoi motivi poetici in ampie costruzioni - e l'architettura. anch'essa in gran parte di carattere este– tico. dei sistemi filosofici del suo tempo. Fra taii sistemi filosofici e il poetare di HOlderlin si nota spesso ispirazione comune e metodo comune: paiché non si può negare che anche nella poesia hOl– derliniana c'è ten\atismo ricorrente e sistematismo unificante e i suoi poemi sono spesso sistemi i.n nuce. II principio compositivo-dialettico che vi presiede tende al csistema estetico:> come orga· nizzazione sistematica e «armonica con– trapposizione• (harmo11iscl1e Entgege11- setw,11g) rette da un tono dominante (Hauptton, Crundstim.mu11g) e da una idea principe che a sua volta si ritrova. si rifrange in ogni elemento. in ogni immagine. La vis poetica della immagine hOlder– liniana o, meglio si direbbe. dei suoi temi (temi dei fiumi, della notte e del giorno. del dileguare e delrindugiare. dei frutti maturi, della ser:1 del tempo. ccc.) ha sempre una chiusura sistematica che pone una sfera cli rapporti delicatissimi e inafferrabili dal solo intelletto. di un tema con tutti gli altri temi, in cui ogni immagine è un armonico di tutte le altre, poichC l'Io poetico (das poetische !cli) si approssima per asintoto alla Identità originaria e l'attinge nella Iden– tità .dell'Ispirazione (ldentitiit der Be– oeisterimgJ, che è insieme presenzialità dell'infinito e momento divino. Quindi in essa vige una analogia multipla con in– finite valenz~ sematiche. che non si presentano mai in un paema soltanto, ma ricorrono in tutti gli altri quasi in uno stile di variazione aU'i11finito. Si noti a questo proposito come anche l'amore per Diotima viene assunto e concertato nel– l'insieme, accordato con gli altri temi, alJ'incirca come Beatrice nella Poetica teologica di Dante. Ed è qui che s'impone 11 confronto poesia al limite, per l'alto csaggio:> di elemento noetico e ideale che la pervade: donde la necessità critica di approfon– dire e chiarire al massimo codesto ele– mento. Trascurando tale chari!icazione possono sorgere innumerevoli equivoci e le più arbitrarie interpretazioni. - Quale pensa Lei che fosse iL metodo poetico di HOlderlin, il suo rnodo di lavorare? Crede che limasse mtnuziosa– rnente i suoi versi? - Come modo di lavorare, HOlderlin pratica l'attuazione continua della sua poetica assoluta. La poesia di HOlderlin C una poesia in continuo divenire. Perciò. anche se delle sue composizioni si hanno diverse stesure e successive redazioni, esse quasi mai ricalcano e raCfinano la prima; di rado accade che non siano delle poesie nuove germogliate le une sulle altre. L'atto del nominare, del nennen è perciò unico e irripetibile nel suo carattere as– soluto: ciò implica una fondamentale im· possibilità a riprendere gli stessi versi, a rimettere in lavoro lo stesso verso, quando il • momento divino,. è passato, e meno ancora l'intera strofe, senza mu· tare e innovare. Il perJicere, la paziente opera dì ce– sello sulla parola o sul verso non era il proprio di HOlded:n che in ciò, più an– cora che in altro, confermava la sua con· naturata costituzione di e grande roman– tico» (se la classicità è, per contro, il quasi impersonale artigianato della !or– ma, la calma costruzione di un oggetto, e il mirare assiduo e fermo al téleion, al finito, al compiuto, al perfetto). La poesia è per HOlderlin, invece, un perpetuo ten– dere verso un limite che si arretra al– l'infinito. Come l'antico scultore di cui parla Pii· nio il Vecchio, egh avrebbe potuto seri· vere sotto i suoi poemi: Federicus Jaciebat (e non fecit). Con questo, ben inteso, non si vuole minimamente parlare di approssimazione o imperfetto raggiungimento, nC tanto meno di linguaggio nebuloso e cioè ro– mantico nel cattivo senso della parola: ché anzi in HOlderlin, anche dove e oscuro, 6i può constatare una straordi· naria e fermezza:> espr~sslva, una me– desimezza che è quanto di più classico si possa pensare, come il suono della sua lingua. Ma il dono in lui è al prin· cipio, alla sorgente e non alla fine. C'è in quel suo e improvviso> della folgora– zione qualcosa davvero della Minerva che si distacca tutta annata dal capo di Giove: c'è una presenza assoluta di tutto il poeta (e si direbbe quasi di tutta la sua poesia b. ogni poema) che si ma– nifesta in una e pronuncia> quanto mai decisa e pura, in una forza radicale e originaria della lingua 0.llo stato nascente. Questo è il proprio di HOlderlin: il e puro•, lo • stato nascente>, la scatu- rigine prima. Qu3nto più è vicino a11a sorgente, tanto più è autenUco e intenso.: quanto più se ne allontana, tanto più s1 depotenzia. E ciò vale. empiricamente an– che per l'iter delle sue stesure cd elabo– razioni successive. Veramente li suo è l'atto poetico d_ella parola •nominata•• più che scritta, eleu– sina più che parnassiana. Del resto lo stesso HOlderlin, nell'inno Der Rhcin e nella strofe dove ricorda Rousseau, come suo maestro nella lingua dei più puri, s6rta dalla piena dionisiaca, ha dichiarato il suo modo di poetare e I termini della sua poetica: tiirig, g,Ottllch und gesetzlos, folle, divina e senza leggi. Troppo spesso parlando di HOlderlln viene dimenticato Rousseau. che nella sua formazione non conta meno della Grecia e del suoi dèi. - Che cosa può diTCi del Suo modo di tradurr e e dei criteri che ha .seguito in que.ne traduzioni? - C redo che la premessa principale e necessaria di ogni traduzione sia inten– dere più che ;><>ssibile Il senso, il signifi– cato, l'anima del poema. Da questo inti– mo nucleo dcJla concezione, profonda– menle conosciuto e assimilato, fare di nuovo la via espressiva, ritentando il cammino, l'lter già fatto dall'artista ori– ginale. Interpretare Insomma. Tradurre è come tra.scrivere da uno strumento a un altro. Dopo di ciò, conservare !in dove si può i rapporti della composizione, rispettare l'unità dei singoli versi, riprodurre l'onda del ritmo che è !atto psichico-dinamico. Quindi non tanto l'esteriore struttura ritmica che in due lingue diverse può avere valori diversi, quanto la dinamica interna: e, &e possibile, il colore delle vo– cali, li Umbro del versi. La rima ml pare sia molto difficile a riprodurre senza ot– tenere una combinazione suono-significato d'altro genere, con nuovi valori semantici. ti misterioso fatto che nell'atto del poe– tare fa nascere un'immagine dalla neces– sità della rima, non si può ripetere in due lìngue diverse: ad ogni modo questo pro– blema non si presenta per HOlderlln che usò rime &010 nelle poesie giovanili e nelle ultimissime qu1rtine della follia. Quanto poi al •comportamento> da seguirsi nello stile delle traduzioni. esso dipende da una dosatura di elementi im– ponderabili. da un equilibrio terribil– mente incerto e problematico, tra la let– teratura, la Ji~gua, la paesia proprie del traduttore e quelle del poeta che si tra– duce. Si deve spesso scegliere fra tre o quattro soluzioni possibili, decidersi ora per la fedeltà più rigorosa, ora concedere qualche cosa alla propria espressione, alla maggiore evid;mza. C'è poi il problema di ricreare in qualche modo anche il colore storico de11a Engua dell'originale. Per esempio in HO!derlin c·è un'amalgarTla biblico·pindarico; come pedale d'organo c'è sotto Il tedesco biblico di Lutero, in– tarsiato di modi greci, di aggettivi com– posti come in Goethe, c'è anche una certa patina romantica, insieme, e neoclassica. Tutte cose alle quali bisogna ingegnarsi di dare degli equivalent: italiani. SI deve inoltre tenere presente il fatto che il traduttore non è un ente immobile e astratto, ma una persona vivente, in continua modificazione pure &ul fondo stabile per cui è se stesso. Gli stessi stru– menti che adopera &imodificano nelle &ue mani, strada f,acendo. Il tradurre si im– para a forza di tradurre, la lingua stessa che usiamo è un flusso in continuo dive– nire. mutano le nostre esigenze, il gusto, si accresce l'esperienza, ecc., ecc. Arrivati alla fine, si vorrebbe ricominciare da capo. per mettere a frutto la nuova esperienza e l'arte-; ma anche questo produrrebbe ancora eltra esperienza e qumdi esige– rebbe un ricominciamento; e cosi ad infi· nitum, come Achille che rincorre la tar– taruga. Praticamente •,1oglio dire questo: con– sidero i risultati che consegno a questa edizione come la sezione momentanea di una stratificazione di fatiche che ho por– tato avanti per anni, senza per questo illu– dermi di aver toccato nulla di definitivo. La decisione di iicenziare alla stampa traduzioni di questo genere resta - 1Sia bene inteso - puramente .empirica.come tutte le decisioni pratiche. Solo nelle ul– time revisioni, nelle ultime correzioni di bozze, mi si sono chiariti dei sensi che prima non ero mai riuscito ed afierrare. La conclusione è che il tTadurre segue la linea dell'asintoto, cioè dell'approssima– zione all'infinito dell'originale, che 'resta in sé iITaggiungibile. e Vicino e difficile ad afferrare è il Dio > come dice HOlderlin nel famoso inizio dell'inno • Patmos >. Anche in questi anni in cui Vigolo ha lavorato al Belli e al HOlderlin (« per gli altri, sia pure grandissimi>) il poeta non ha taciuto. Nel suo studio cii viale Mazzini, al set– timo piano, in una sorte di torre dalla quale si dominano tre quarti di orizzonte (d.t Monte Mario al Soratte, dal Monti Sabini ai Colli Albani) Vigolo ha conti– nuato ad accumulare una quantità di scritti poetici, di saggi, di fantasie, di diari, da cui si potrebbero tirar fuori pa– recchi volumi di densa sostanza. Tra I più immediatamente pubblicabili sono forse da prevedere un volume di poesie e un altro di racconti sulla Roma notturna, sognata, 1·omantica, tenebrosa. leggendaria, che potrebbero avere come titolo I ffliracoli di Roma, titolo che non sarebbe allTo se non la traduzione dei fa– volosi medievali Mirabilia Urbis. Ha poi nel cJssctto anche un volume di prose e fantasie che già doveva uscire alcuni anni !a presso Mondadori col titolo lL canocchia le metafisico, ma Vigolo crede che Corse le sue paglni migliori - che lui stesso ignora o ha dimenticato - si tro– vino nascoste in una trentina di quaderni, e l'ambizione maggiore ch'egli accarezza sarebbe quella di avere del tempo libero e una casa di campagna dove t'itirarsi a Care la ricogniz1one di quecitl quaderni e la estrazione delle pagine da pubblicare. da cui polTebbe venir fuori qualche cosa di saggistico, autobiografico e filosofico mescolati insieme come un grande Zibal– done di pensi.?ri e di 5aggi. Ma .poi Vigolo soggiunge che tutto que– sto lo sgomenta e che sarebbe abbastanza contento se patesse mettere insieme una operetta di piccola mole alla quale conse– gnare il succo della sua vita di leltt!rato. Un'altra perla alla su; già imponente opera di poeta e di 6ludioso. Come HOl– derlin, J'c eremita> (ein .scheidender: uno che si accommiata) rientra nel mondo di sempre. Solo che, dall'estrema sua solitu– dine, torna al colloquio col 6uo e col no– stro cuore, a riascoltare l'eco (illusione non è) di una voce c-ar,ache è al di fuori di lui. ELIO FILIPPO ~CCROCCA

RkJQdWJsaXNoZXIy