la Fiera Letteraria - XII - n. 39 - 29 settembre 1957

Domenica 29 srttcml·,,· 19:;; ['A' FTETIA T.ETTERART'/\ QlJASI l]j\ TRElVTElVi\llO DI ATTIJ1ITA' SAGGISTICA * Elio Vittorini: diario in pnbblieo * e lo pcn50 che sin rr,olta umiltà essere scrit_ torc. Lo ndo çomc (u in tttio p;adrç, ch'era maniscalco e scrh•c, 1 :1 tragedie, e non consi– dera,·a il suo scri\'t:rC tragedie di più del suo ferrare ca,•alli. Anzi, quando era a fer– rare ca,·alli, mai accetta\'') <'hC gli dicessero: "Noli cosi. ma così. Tu hai sbailiato ". Guar– da,·a col suoi occhi anurri, e sorrlde,•a o ri– de,·:i: scoote,•a il capo. Ma quando scri, 1 e,·a da,•a ragione ad oinuno per qualunque cosa» « Questo libro è stato scrillo tra touobre del 1929 e il maggio del 1957: giorno per gior110 si può dire. artche se a intermittenze spesso di mesi e talora di 01111i: com po-· sto per tre quarti di testi apparsi via via su riviste o gior· 110/i. e per circa un fJ1tarto di inediti coi quoli ho voluto interl'enirc ,ma seconda ,·olta su taluni degli argomenti trauati. Ma il libro lta preso In fisionomia clte lw solo a partire dalfaurumro del ·s.s. e cioè da quando mi sono applicato a compilarlo. e a raccoglìere tutti gli scritti di « occasio11e intellettuale» clte lto pubblicato i11quasi tren– tanni. a scegliere tra essi quelli e/re ancora mi intere,,;• savo110 d(l quelli che (così almerro come sono) 11011mi i11ter()ssan1110 più. li scegliere infine in essi i passaggi che m"è parso res1assero in qualche modo attuali e potessero perciò completarsi l"un l'altro. lurrgo il /ilo delle dille. si110 n trot·are una loro ragio11c d·i11sieme e ima loro unità. Di qu<mto è stato trotto da articoli già pubblicali lto dato i riferimenti bibliografici i11calce ad ogni possaggio. 11 resto che ho llggiunto q11C1 e là nel corso della compila– zione. e che figura swmpoto in corpo più piccolo, è da considerare come scritto tutto olla datll finale del giorno di maggio .1957 (il 10 o 15 o 20) in cui lto consegmtto il libro alfeditore /Jom/}iani •· ìllacstri cercando (*) ottobre ·29 Carducci e Pascoli non potevano a\·er– ci insegnato nulla; tutte le loro risorse erano state vinte. assorbite dal dilet– tantismo e da d"Annunzio: e d"Annun– zio stesso era finito miseramente in se ste~"O. ripetutosi, esauritosi spontanea– mente. lasciandosi attorno il disgusto persino della parola. Poi. chi avevamo davanti a noi? L"Estetìca di Croce ci lasciava freddi come una stella not– turna. lontana nel ricordo e nell'astro– nomia letteraria: nessuno aveva del re– sto bisogno di canoni artistici ma di una realtà palpabile, sict'lra, una terra a cui saldamente attaccarsi. La lettera– tura che potremmo chiamare crociana si era giocata la posta. Prezzolini, la Voce. non insegnavano nulla. Nulla Papini. Nulla Soffici. Essi non hanno ratto la carriera che ci voleva per es– sere i nostri maestri; né l'opera loro ebbe tanta consistenza da giungere fino a noi con qualche utilità (...). Quanto al futurismo. le nostre opinioni addirit– tura risalivano al tempo, lo condanna– vano nel carattere; esso aveva esorbi– tato dalla storia letteraria. inferiore e mediocre già dalla nascita, forse del tutto privo d'intelligenza. certo di vali– dità intellettuale. Oggi un poco guar– diamo a Verga. Ma è certo che Verga abbia potuto influire, con la sua riser– vata arte narrativa. sulla formazione del nostro temperamento? Meglio i ver– ghiani considerassero la distanza incal– colabile a cui è rimasto il grande sici– liano (...) e a cui lo teniamo. malgrado ogni cura. ogni amoroso trasporto. fa– talmente noi stessi con la certezza di essere diversi da lui. Di d'Annunzio non possiamo non sentirci migliori: (...) ma da Verga lontani. diversi; e se per noi fosse stato davvero un maestro, quanti rimorsi di scolari traviati ci pesereb– bero oggi sulla coscienza. Nemmeno Ver– ga. dunque, un insegnamento, un indi– rizzo: a distanza quasi di un secolo tutte le speranze ricadevano inesorabilmente sul fondamento della lingua. del gusto. dell'intelligenza: l'Ottocento di Leopar– di e di Stendhal. (L"ltalfo letteraria, n. 41. 1929) (') Quanto è qui riportoto !a parte di un articolo che -ebbe per titolo .. Scarico di coscienza». La posiziooe europeista che ml accadde di sostenervi risultò poi in pratica la più idonea a resistere contro la cultura ul'ficiale in campo letterar.io e a produrre re.rmenti nationali e popole.ri che fossero moderni e comunque di div-ersa natura dal . .nazione.le -popolare .. v-erso cui spingC'\•a il fascismo. Vedi Bilenchi. vedi Pavese. \-ed.I lo stesso Pratolini: è gr.azie alla .rottura con le vecchie finzioni di .. nazionale-popolare., e con le teorie che le mantenevano in auge. pur all'interno dell'estetica crcx::ana, se e$Si hanno ipotuto metter fuori qualcosa di ,>iù modernamente nazionale e di più sincera– mente po.Polare. Stendhal e la sua epoca marzo '30 Stendhal non è solo più moderno del– la sua epoca: ne è ad un tempo più antico. Lo vediamo subito appena lo confrontiamo con chiunque invece si con– sumò interamente entro I limiti dell'epo– ca {...). Con la Stael, per esempio (...). La falsa aristocratica odiava l'intrepido e parvenu>: e non perché fosse figlio del– la rivoluzione e bonapartista. Anche lei ln un certo senso era rivoluzionaria e bonapartista (...). Non avrebbe mai po· tuto vivere nel mondo di prima che ca– desse Versaglia (...). Rivoluzionaria per difetto di leggerezza. da girondina. fu reazionaria per lo stesso difetto. ossia per pesantezza. per incapacità di la– sciarsi trascinare dalla corrente del gi::i.– cobinismo (...). Con le sue grasse mam– melle di Dea Ragione e le molli coscie di ginevrina. sortita, disarmata Minerva. dalle e Confessioni> di Rousseau. sapeva tornare di moda ogni volta che gli eser– citi firmavano una pace (...). Solo Stendhal era mancato agli appelli so– lenni di questa infaticabile peroratrice che si vantava d"essersi fatta ascoltare. persino da 'apoleone e da Goethe (...). In Stendhal essa odiava due volte lo stesso eroe: !"europeo di prima dell'ot– tantanove, il perverso, il raffinato, il capriccioso. il galante: e !"europeo di dopo il novantatre. giacobino e domina– tore. !"intrepido per eccellenza. Tutti i mali che M.me de Stael aveva combat– tutto rinascevano con Stendhal. Tanti lu– stri di romanticismo svizzero erano stati inutili. dunque? E e Adolphe >. l"eroe che si cancella, nato dall'amplesso di lei con Constant. doveva lasciare il posto. di nuovo. all'aborrito eroe che si afferma senza nessun rispetto. nessuna commos– sa paura del cuore femminile. e sem– plicemente per il gusto di a!fermarsi? Questa <manière victorieuse > la sgo– mentava. Perciò lo evitava (...). i\la è certo che se si fossero incontrati avrem– mo visto l'accoppiamento più clamoroso del secolo: e madame. e bafouée >. scon– sacrata per sempre come la Leda che ha subito l'ironico amplesso del dio. avrebbe infine ritrovato il pudore. vi si sarebbe raccolta ... (Il mattino, 21. 3, 1930) Autobiografia dne volte in Mar– ce! Proust. Proiezione di sé e profu ione di sé agosto '30 Una prima specie di autobiografia scaturisce dall'attitudine ad autobiogra– farsi in un personaggio riflesso, ester– no (...). Una seconda attitudine auto– biografica si manifesta colla profusione che lo scrittore fa di sé, delle proprie emozioni. dei propri slanci (...). Nella e Recherche > proustiana. Marcel. quel– lo che dice e je >, realizza appunto que– sta seconda attitudine autobiografica. ì\Ia non vi mancano i prodotti anche della prima. Proust si è servito per molti personaggi del modello interiore. suddividendo tra essi le proprie espe– rienze pur mentre attingeva a dei mo– delli esterni C.•). Si può dire che la e Recherche > pulluli di combinaz\Oni autobiografiche {...). Ma il personaggio per eccellenza autobiografico (nel sen– so della prima attitudine) lo vedrai in Charles Swann (...). Si può tracciare un parallelo tra il carattere di Swann e la persona di Proust(. ..). Tra·swann giovane e Proust giovane: tra Swann innamorato e Proust innamorato: tra Swann malato e Proust malato: tra Swann in ritiro dal mondo e Proust in ritiro dal mondo; tra Swann che si sente morire e Proust che chiude fret– tolosamente la propria opera nell'im– pressione d'essere vicino a morire (...). i\Ia la figura di Swa1m è ricostruibile anche nella presenza di colui che con– duce la < Recherche > (...). Swann ha gli stessi gusti di i\larcel. La gelosia e l'amore rappresentati narrativamente in Swann sono gli stessi di cui poi canta i\Iarcel. liricamente (...). Le due attitu– dini autobiografiche si incontrano, si sovrappongono e mettono a un conti– nuo confronto i loro prodotti: il < per– sonaggio> e il e tono> la rappresenta– zione e il canto ... {Il mattino. 13. 8, 1930) Equinozio nella letteratura ita– liana: Italo vevo dicembre '30 In un paese di orecchianti come l'Ila· lia C piuttosto stato prudente, sempre. cominciare con un vecchio motivo (. ..). Un esordio un po' e milanese, o tosca– no. cioè a dire <ateniese>. avrebbe forse salvato lo Svevo di e Una vita> e e Senilità>. come salvò pressapoco il Verga dei e Malavoglia>· l\Ia egli, che non seppe fare la e Storia di una capi– nera>, istintivamente alla prima pagina di e Una vita>, si era mosso verso un solo obiettivo che è poi stato il suo obiettivo definitivo: di scrivere sul se– rio. Di fronte a una volontà di scrittura cosi assoluta. creatrice ad ogni paro– la. (...) necessaria e vitale come il fango del buon Dio nella più piccola mole– cola. dovevano cadere regole e leggi di stile che favoriscono gli abbandoni. le reticenze. le leggerezze, e possono tra– scinare nel giuoco (...). Egli cercava di dare al linguaggio una poesia che non fosse quella medesima delle parole, uua poesia, una verità che bisognava e por– tare a galla dall'imo del proprio essere,. con qualche cosa che non fosse il e pu– ro pensiero>, che non fosse sentimen– to. che non fosse anzitutto un dolce inganno dei sensi. Si trattava di Co· mentare nelle parole un alto signifi– cato umano. trascendente la loro bel– le~za materiale, ma che imprigionasse in ogni virgola. in ogni accento, una bellezza assai più potente del loro suono, una bellezza che piuttosto lo imponesse loro un suono, vivo di ironia, di commo– zione, di dolore, eccetera. Al tempo en• cora dei dubbi eterni circa la dualità di forma e contenuto egli risolveva cosi, fuori dal percorso delle dottrine este· tiche, tutti gli sforzi dell'arte di roman– ziere in una sola ed enorme e difficol– tà>. Questo il suo scrivere sul serio: lasciar scorrere cioè sopra la carta un fiume di parole di cui non una tor– nasse gratuita (...) ma tutte indistinta– mente portassero <a galla> qualche co· sa della realtà che intendevano rappre– sentare ... (...) Quanti abbandoni e reticenze, quanti e motivi> 1 quante <leggi> si so– no avvicendati in mezzo secolo sulle vie dell'arte formando via via i e cari patrimoni> di stile degli scrittori! Re· frattario o sordo. Svevo ha potuto ac– quistarsi di fronte ad essi una perma– nenza nel loro stesso tempo, costituirsi una specie di eternità di scrittura che rende le sue opere contemporanee già di un cinquantennio e ancora di chissà quanta mai gente per un pezzo (...). La e Recherche > proustiana mostra (al confronto) troppa materia da appassire. lroppo fiore: (...) tutta una poesia o e aura> particolare. regolata da leggi che. decadendo nel tempo. col variare rapido, fuggevole, del gusto letterario. si ~e_nderanno a mano a mano inespli– cab1h. e lasceranno richiudersi sopra un mondo meraviglioso la e tomba oscura,. del linguaggio. L'opera di Svevo invece. almeno quanto l'opera di Stendhal ca– drà dal cuore degli uomini solo' col proprio umano destino. Bisognerà che le azioni, i pensieri, le lacrime dei suoi Vittorini che • riceve e che offre cli * llASSl 110 F ff A LVCIOS A è i;:titia 11 f: ~ r::t~~n~dr~:~,!~ia 1 !u: 0 ~!~;7:l!~ti~l! di vita è la verità stessa, ché lo colpisce in ogni attimo e in ogni senso. Chi ama che i ruscelli del racconto approdino iticessantemente al!e rive del stlo ascolto; non indulge minimamente a ingannevoli o oziost di.se· gni. Al contrario. La mente bussa alla porta delle sue ore con una lucida presenza. Esiste un raro rigore in questa attesa continua, in questo indescrivibile, superiore stato dt desiderio verso tutte le narrazioni possibili: narrazioni come il tempo che passa e come l'aria che si respira. Narra– zioni da tutte le immagini, da lutte le fonti, e da tutte le emittenti. Un paesaggio arrovesciato nella memoria, una ferila confitta neL fisico ancora dolente, gli avve· nimenti. di un luogo e di un'età particolare, le dichia· razioni di un microfono, le apparizioni di unò spet· tacolo, le pagine di un libro. Chi vive • de momento ad momemum > di un ambiente e di un plancton narrativo, non ha eclissi, non ha letarghi, le sue crisi intellettuali e civili non perdono mai la pulsazione. Non è curioso alla maniera dei dileuanti maldestri, è net centro degli avvenimenti, quasi mai fà circolo da un punto di visuale mal situato. Egli non è nemmeno un opaco travet dell'esigenza quo· tidiana. Ma gusta - delle centomila pelli del mondo - i succhi più segreti. Un compiuto ritratto di Elio Vittorini saggista, o critico, o uomo, potrebbe partire da linee tanto estem– poranee, tanto appuntate: eppure non abbiamo parlato affatto d'impostazioni. scientifiche, di concezioni mo– rali o civili. Abbiamo parlato solo di narrativa. E per una ragione: it VHtorini che riceve è costan– temente in unità con il Vittorini che offre. Pure le sue contemplazioni apparenti, cosi meridionali, cosi dense di torpore, nascoridono immancabilmente dei mordenti avvisi di procreazione. cE io non so cosa passa· sul mio volto in quelle mie felicità, quando sento che si sta cosi bene a vivere: non so se una dolcezza. asson•· nata o piuttosto un sorriso. Ma quanto desiderio di avere cose!>. Sarebbe doveroso ed indispensabile - per altri contempora.nei meno riusciti del Vittorini - distin– guere lo scrittore dal critico e viceversa. A proposito di Vittorini - al contrario - la qualità che domina è l'unificazione. Il suo altissimo rilievo di narratore - a cui si guarda, in molti Paesi del mondo, come a un feno– meno isolato di grandez2a italiana - è innalzato tra· verso la stessa immedesimazione, partecipazione, me· dlante la stessa fototipia che riscontriamo net st10 por!amenro di eccellente lett.ore, e nella sua dedizione passionale di traduttore lanciato per intero in ogni avventura, in ogni incontro. Vuol dire - come al solito - che il critico e il traduttore non sono mai abbastanza dei mediatori se non sono abbastanza. degli artisti. Padre originale dei s-uoi personaggi; padre putati.vo d'altri personaggi delle lettere internazionaU, per averne decantato e restituito il senso alla nostra com· prensione - tutte le figure ragionate dal Vittorini hanno H pregio di toccare per approssimazione la misura della verità. Il traguardo di questa misura ne fò dei modelli. Non leggeremmo tanta narrativa ita– liana di estrazione recente senza la premessa dei. romanzi di Vittorinf, e soprattutto della sua e: Con· versazione >. Senza. il suo magistero, non avremmo inteso a colpo - genuini e fralelli - tanti drammi d'altre societd, offerti da meni espressivi nuovi, come un certo cinema ed un certo teatro anglosassone. Sa· remmo davanti allo schermo, o davanti alla ribalta, come in preda a dei geroglifici, senza quella puntualiz· zazione di un tempo. Per questo Vittorini mi e caro. Mescolo i suoi per· sonaggi alle nostre vite, Li insinua nelle nostre strade, li unisce aUe nostre squadriglie. Stempia definitiva– mente alla memoria i riccioli dell'elzeviro. I personaggi immaginari - visti da Vittorini - appartengono già al nostro album. Sono a grandezza ed a paesaggio naturale. D'altra parte, fatti e letture, avvenimenti e inven· zioni, realrà ed intenzioni dello scrittQre, non possono giostrare su dimensioni differenti, non obbediscono a una prospettiva ora più ora meno corposa. Vittorini è uno dei pochi autori - o critici - che ci assicurano di questo. l personaggi non interpolano la verità come magiche sovrimpressioni, non sono in negativo, e il ricordo vero in positivo. Le storie e noi siamo una società e una verità sola, senza classi, ne privilegi sensibili. Noi e loro - noi del passato e Crusoe, Moses, Swann di sempre, e la mamma '1ella •Conversazione,. - siamo lo stesso paesaggio, lo stesso inrarsio. Cavai· chiamo, senza ordine nè cerimoniale, nella stessa affa· ticata pastura. MASSIMO FRANCIOSA « Siracusa è una città di marinai e contadini, costruita su un isolotto che un lungo ponte congiunge alla Sicilia. Vi sono nato il 23 luglio 1908 in una casa da cui bo ,•lsto nau– fragare, quando avevo sette anni. un piroscafo caric_o d_icinesi. c:erano hH_tio_ni a picco sugli scogli dietro la casa, e da una parte, un centma10 di metn più In la. 11 pianale dO\'e i contadini del quart.iere, tornando la sera dal lavoro dei campi, lasciavano a stanghe per aria i loro carretti• personaggi diventino incomprensibili. Nulla di immediatamente caduco. di sottomesso a leggi transitorie potrà ri– durla. mentre vivono Alfonso o Zeno. a e testo morto >. Essa non avrà da di– battersi fra un intricato labirinto di moth·i o toni trapassati-.. • (Solarla. n. 12. 1930) Dc Foe all'orecchio aprile 'Sl Particolarmente oggi la sua vita e la sua arte riprendono significato e fanno Uschiare al nostro orecchio parole cru– de che raccogliamo con animo sospeso perché ci dicono ta e nostra verità> (. ..). Un'opera d'arte dice sempre la verità. quando almeno non fa il gioco. ma è difficile ch"essa possa dire una verità così esterna. materiale e positiva senza perdere fascino una volta fuori del pro– prio tempo. I romanzi di De Foe non perdono fascino appunto perché sono riusciti a stabilirla, questa verità, come un valore universale. rivelando nei fatti economici della vita una morale che non ha per centro e fondamento il e ca– rattere> dell'uomo, ma la sua lotta per l'esistenza. il suo attaccamento ai beni terrestri, il suo bisogno di sicurezza (...). De Foe è il "'moralista dell'homo oecono-'" micus. uno scrittore che diventa più vivo e moderno quanto più faticoso si rende l'acquisto del pane quotidiano (...). La disoccupazione, la carestia, la fame danno materia di riflessione profonda e tersa attraverso i casi dei personaggi di De Foe. Chi ha letto il e Robinson >, per quan– to male e in pessime traduzioni, nella sua infanzia. sa rendersi conto di ciò che affermo. Tagliato fuori dalla socie– tà. ridotto sopra un'isola deserta nelle stesse condizioni del primo uomo subito dopo la creazione, egli non si abbando– na a una vita interiore e contemplath·a. Agisce, lotta per l'esistenza, accumula provvigioni, si circonda di arnesi utili, si accanisce a ricostruire tutte le inven– zioni pratiche dell'umariità (...). La sua grande soddisfazione. quando si concede un po' di riposo. è di vedere che il ma– gazzino è ben fomito. Raggiunta questa soddisfazione egli ha distrutto la propria solitudine. vinta la miseria e la sven– tura. Allo s:esso modo pensano e agiscono, animati da uguali sentimenti, gli eroi degli altri romanzi (...). Captain Sin– gleton o Captan Avery, Moll Flanders. Colone! Jacque (...). Tutti. essi sono dei Robinson, ma la loro lotta è più sorda ed accanita. Ossèssionati dall'istinto del– la sicurezza, dopo aver invano tentato di guadagnarsi onestamente la vita, procedono lungo una catena di misfatti. Delinquenti? La loro attività non e meno morale dell'operosità di Robinson nell'isola deserta (...). Ogni delitto. ogni furto di Singleton o ?i.foll corrisponde ad ognuno dei lavori coi quali giorno per giorno il mercante naufrago accre– sceva la sua fonte di sicurezza ... {L'Italia laUerar1a. n. 21, 193ll Scrittori italiani: C. E. Gadda giugno '31 Carlo Emilio Gadda (...) è scrittore satirico: satirico nel senso antico della parola. nel senso dello e scopri l'uomo. dalli al vile. fuori l'ipocrita > che pa– reva assolutamente perduto dopo l'Otto– cento. In Italia la satira è stata setten– trionale e lombarda: passando l'Appen– nino si è fatta burla. beffa in Toscana. con la perdita di tutto il suo stile pre– cisamente morale; più giù si è trasfor– mata in blague. e. da sottile. il suo corpo di fustigatrice dei costumi si e ingrossato. ingrossato come il tacchino di Rabelais C...). C. E. Gadda. nella autenticità della sua satira. è settentrionale e lombardo; e credo che ce ne fosse bisogno. final– mente. di un longobardo dalla caustica logia (*). Il suo parente più prossimo. sia pure ammessa l'affinità con Jahier, è Gian Pietro Lucini. il meneghino del– re Ora topica >; da Lucini si risale a Carlo Dossi: ma, propriamente. il mon– do di C. E. Gadda risulta definibile pariniano. Pariniano, dico, nei tipi. nei personaggi: la vecchia società milanese del e Giorno> ritorna dopo due secoli improvincialita, decaduta. imborghesita. ma porta addosso lo stesso vello di vezzi e vanità che l'abate Parini ha tanto strigliato ( ...). Ritroviamo in Gigi il tipo sportivo del < giovin signore>, non già profumato dalla deboscia, ma lpronto sutresempio del cugino Gian Carlo a involarsi le ancelle in auto– mobile. (li barg~llo, 21. 6. 1831} (•) :\U piace annotare. ventici!lque an:i.t dopo. che Carlo EmiLo Gedda coMer\·3 oggi tutta la sua importanza di allora anche a paragone di certe tendenze della nostra narr.:1tiva ,più ,giovane. E' s,>ee.!e a P. E. Pa– rolinl che alludo. Il quale (nel romanzo .. Ragazzi di viµ.,.} ott::ene effetti aoaloghi a quelli del Gadda pr'E'fientando travestiU da reallstici interessi che direi essenzial– mente ti.lologicL Mentre il Gadda. al con– trario, 'Presenta travestiti da filologici ic.te– ressi che sono es,renzi~enie. realistiCi. Nel Gadda agisce la preocc~az.ione di non la- 6ciar '\>-edereche lo mUO'\,'ODO le cose. Nel Pasolini agl.sce invece quella di con lasciar veder.e che lo muovono ie parole. E da che nascono preoccupazioni simill se non dalla retorica in auge eJ momea to in cui uno scrittore s1 !orma? Quando Gadda sl !Orrrurv'8 era ancora in auge la retor!c3 ronnalista detta della Ronda. Dìetro e.ila (orma~one del PaGOlini c'è in a\Age la re– torica detta neorealista. Ma in Gadda l"e!– !ctto del travestimento è di pudore. In Pa– solini è di esibizionismo, di \.-a:tteria, di smat'g:!86Sata.Dobbiamo concludere che una retorica in 600SO realistico riesca -più inti– mid.3.trice (e perciò c,iù pericolosa) di un.a in senso formalistico? lontale: negazione e inno, con elegia ma anche senza ottobre ·31 Il e bisogno di cantare> di un Leo– pardi o di un Baudelaire. della cui razza ì\Iontale è il più recente esempio, non è puro C...). Esso è cQstituito di altri bisogni. altre sofferenze: quelle soffe– renze che provengono dalla e negazio– ne > del poeta o che della sua e nega– zione> sono materia: dunque i vari bisogni di tagliarsi fuori dalla propria vita, dalla propria storia e dalla pro– pria cultura (...)., Il tormento intellet– tuale, il disgusto che contiene, è però dell'c adamo > che i secoli hanno logo– rato e non proprio dell"uomo Montale. Il poeta non tende che a liberarsi {...). Lo vediamo specie da e Riviere >: in cui il momento suscitatore è dato dal sen– tirsi come un e secco ramo >, secco della propria esperienza e storia. Suscita anzi– tutto la terra in cui questa esperienza è avvenuta. e Quanto marine, queste fredde luci - parlano a chi straziato vi fuggiva> (...). Però il canto s·e ani– mato, e le e fredde luci> si sviluppano non soltanto evocate; folgorano dal pae– saggio d'intorno. E nel sentirsi e un secco ramo > il poeta si sente, verso la terra, verso le riviere, in stato di gra– zia. come l'osso di seppia, eccetera. Li– berato nel canto dalla sua esperienza. con un canto così fremente, cosi urgen– te. l'interna aridità egli esprime in gioia (...). < Un urger folle - di voci verso un èsito >. E se è vero che < la linfa del secco ramo> l'alimenta, non per questo la poesia di Montale è scar-– na. scabra. secca. bruciata, pietrosa: essa è poesia. anzi, ricca e viva, in cui il ramo, da secco, verdeggia. Nella sua e negazione> della storia e nella sua aspirazione alla terra il poeta compie un giro intorno a se stesso (...). Ma ha diversi periodi in cui ba diver– samente negato e aspirato, e in diversi modi. persino in diverse materie ver– bali. composto il suo inno ch'è la sua e rifioritura>. Già una poesia giovanile. e Meriggiare pallido e assorto>, aveva sommariamente prefigurato la materia \'erba le di un primo mondo lirico: e ro-

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