la Fiera Letteraria - XII - n. 39 - 29 settembre 1957

Pag. 4 LA FIERA LETTERARIA Domenica 29 ettembre 1957 '~ ... Co,ne la felicità è un aggettivo della vita. O come lo è, della vita, la disperazione ... ,, vente muro>. e pruni•· e sterpi». e scioc– chi di merli>, e sfrusci di serpi>, e cre– pe del suolo>, e scaglie di mare>, e tre– muli scricchi di cicale>, e calvi pic– chi> (...). Tra e Riviere>. e Sarcofaghi>. e il gruppo propriamente detto degli cOssi di seppia >. questo primo ciclo si estrinseca in un'ardente luce di sole. Il paeta vi piglia le forme che incontra: un e falchetto che strapiomba >, un e martin pescatore> (...). Né la sua me– moria ricorda altro che e il rivo stroz– zato > o e l'incartocciarsi della foglia - riarsa>, e il cavallo stramazzato>. ri.ta l'arsura si fa desiderio, sete; l'orto assetato sporge irti rameUi e oltre i chiu– si ripari >; e un favoloso salire, e un albero di nuvole sull'acqua>. afferra la memoria. Basta. in effetti, un e colpo di fucile-> ad evocare la presenza del mondo, e anzi del secolo (...). Rinascono i rapporti umani (con !"assente della e plaga che si consuma.-, ..:oo la e ri– versa> di e Vento e bandiere:>). La vita ritrova tutto il suo senso di giro inquieto. (...) In un altro ciclo (di cui e Me– diterraneo > e i e i\leriggi e ombre > fino a e Casa sul mare> sono i luoghi) si ha salmastro. salsedine. invece di arsura, e il poeta è un e ciottolo roso>, l'avanzo di un e crollo di pietrame>. La •storia ora e il mare, l'c antico>. Il poeta, alla sua presenza. si sente in fon– do la sua legge rischiosa: e essere vasto e diverso - e insieme fisso>: ma la stessa aspiraziope a essergli simile lo e impietra > (...). Il poema svolge ad ogni tratto l'antitesi mare-pietra. Verso per verso si ha un divenir pietra. Un divenire: strapparsi (della pietra e pro– tesa >), pulsare. scrollarsi. infine un assentimento: e chinavo tra le petraie>. Questo è l'ei.sere vasto e diverso, e in– sieme fisso, e di chi rimane a terra >, facendosi anche agave ( e che s'abbar– bica al crepaccio >), finché, di nuovo, un suono favoloso, e un ululo di corni. uno sfacelo> {come prima un e colpo di fucile> e altrove il fischio del ri– morchiatore. il rombo del tuono, ecc.}. non spacca il tempo e la memoria {...). Qualunque essenzialità di vita il poeta abbia assunto c'è sempre. d"improvviso, una rottura che riammette il mondo ne– gato. e con immagini di festa. e a gaie e pavesi >. in nitidi colori di fiaba, ma per po11arci a rimpiangere le occa– sioni di esserne partecipi {in umani rapporti e insomma in e storia>) cui ci siamo ~ottratti. Cosi l'inno, avuto il suo culmine proprio nel punto di rottura (e Clivo> in questo caso), si scioglie subito in forme elegiache che la concitazione della durata salva però da ogni possibile crepuscolarismo ... In altri cicli più recenti tutt-avia (quel– lo, ad esempio, che da e Arsenio> va alla e Casa dei doganieri .. attraverso e I morti>. e Delta>. e Incontro>, e Il carnevale dì Gerti >, ecc.) abbiamo una sospensione continua sul punto di rot– tura che si traduce in un inno conti– nuo, senza mai discese. cioè. a sciogli– menti elegiaci. ma senza nemmeno la fase di straziata cosmogonia da cui lo si è visto nascere negli e Ossi > e in «Mediterraneo• (*). (C'lrcoli. n. 6, 1931) e•> Questo 6econdo paragrafo su Euge– nio Montale è piùttosto riassunto ohe sem– plicemente riportato dal testo di cui fa p3rte. Ma riassumere può rendere più chia– ro oltre dhe più breve. E spero ohe mi sia spiegato. i\lontale è :fo.rcre l'unico. tra i poeti moderni, che resti fedele all'iniziale rigore. Egli anzi ne !a una proposta di vita, e con ciò ne traduce la negatività in forza stoica. vincendola dall'interno. scon– tandola per intero, mica estraniandooene coc. qualche i,>ocri:a presunzione di sensi civili o pietosi che si r!eccendono. Non i,, tutta 3a sua opera. beninteso. Anche lui è tentato. e ha i 6UOi tentennamenti: le poesie delle ben note .. discese ,. elegiache. Ma sono debolezze che in lui passano. mentre negll altri pre,valaooo ! oo a contaminaroe tutta o quasJ tutta la S06tanza poetica, Si prenda i! ba..-.nbinou>erduto ch'è T. S. Eliot, per esempio: con quei suoi gridi d'aiuto e i suoi esorc.;smi. Montale. al conlronto, ha un'imperturibabilità di ,·ecchlo leone. E' i'n effetti P.un :co tra i poeti moder:ni eh~ non abbia perduto (e continui invece a farle fruttare) le virtù di miscredenza per cui la poesia din:•~l'le moderna. Egli perciò resta ettua!e pur eenza cambiare. La miscre– denza è anzi più attuale dove tutti sì buttano a un modo o a un altro di cre– dere. Ma certo non è nato come un !u:i– go. E sarebbe giusto ohe la critica delimi– tasse i co::r!ini tra lui e i suoi diretti pre– deoessòri. Tra lui e Camillo Sb3r-'oaro, di– ciamo. D quele ha 1)re!igurato anche ver– balmente. in un tempo d1 poco più antico e aella stessa L:guria. il pae.sagg:o base di !\:ioiJtaJe. Con la differenza ohe ha solo descritto q.uanto poi Montale ha dato in dramma. in azione. M.a c"è ancora una cosa ohe ,-oglio ag– giungere con l'oceas:one. )fon imporla se a proJ)06ito o a sproposito. Ha scritto :\fon– tale: ..Codesto solo oggi possiamo dir.i - Ciò che non siamo. ciò che non vogliamo ... Ed è probabile che tutta la letteratura cou– temporanea si debba int<•~dere. alla Cine. come \l.'la ricerce. ài quello che .. non .. si vuole. Ma questa può essere, e non solo in sede artistica, proprio la più positiva delle ricerche. Conduce a scoperte sempre molto concrete e profondamente reali. sia pure per eUm.Ulazione. :\Ientre l'altra. la ricerca di que!Jo che sì vuole. non riesce a scoprire. di solito. nulla di diverso da quanto di idealistico e astratto la muova. o da QU3C:O di lide:stico e misti!icato la muova ... Ciò che si dice la gloria settembre '32 Caterina Mansfield non è morta come una qualunque. una povera donna di trent'anni malata al petto. ma segreta– mente rimpianta da tutti quelli che la leggevano; e ogni anno un po' di più (...). L'idea che potrebbe essere viva non mi dà tregua. Scrivere per lei viva come sarebbe stato festoso! Mentre non è intanto che come portare fiori alla sua tomba. E soprattutto mi umilia che an– che questo mio articolo sia ciò che si dice la gloria. E' nata: e stata una bambina. poi una fanciulla. poi una donna; ha scritto ed é morta; e noi parliamo di gloria. Ma le appartiene davvero? Penso piuttosto che sia no– stra la gloria. e non altro che questo egoismo, questa violenza. nell'impadro– nirci di lei con le cose sue (...). (Pegaso, n. 11, 1932) n Cecov ad ogni cantonata settembre ·32 (...) Bisognerà rendersi conto che Shaw. Wells, Galsworthy eccetera non sono aUatto Ie grandezze che molti cre– dono, bisognerà che le acque siano se– parate, le leggere dalle pesanti. e che l'opera di Lawrence, quella della Woolf, quella di Joyce siano individuate come opere d'arte e prevalgano sulla profu– sione delle opere d'ingegno. Accanto a costoro, WooU, Lawrence, Joyce. per tacere di altri (...) la Mansfield ha senza dubbio la parte che ebbe Cecov accanto a Tolstoi eccetera, o Maupassant accanto a Flaubert eccetera (...). C'è sempre stato un Cecov, nei grandi momenti di una letteratura. ossia uno che rinuncia al romanzo e ad ogni forma di rappre– sentazione o interpretazione (esplicita) della propria epoca. per toccare fino in fondo le anime singole dei vinti del– l"epoca, gli isolati dallo scompiglio e dalla tempesta. Quest'uno è oggi in ln– ghilterra la Mansfield (...). (Pègaso, n. 11, 1932) Realismo lirico cli i\lelville. (Il suo demonismo è letterario) dicembre '32 (...) Se l'idea dell'oscuro lottare e di– menarsi dell'uomo nel cuore demonico della natura fosse stata istintiva in Mel– ville, e innata. non avrebbe avuto in e Typee > e e Omoo > (di pochi anni precedenti a e Moby Dick >) di che for– sennatamente svilupparla? Si pensi a quanto lo Stevenson seppe trarre poi dagli stessi temi, nei e South Seas >, di soprannaturale e infernale: ai voli not– turni degli spiriti, a quelle macchie di sangue sul tetto quando qualcuno in una casa è morto {...). ~Ielville invece che ne trae se non una pagana e inno– cente ebrezza dei sensi? E a me sem– bra che sia questa facoltà di incanto la forza veramente nativa di scrittore in Melville, facoltà di incanto dinanzi alla natura che fa dello stesso e Moby Dick > anzitutto un e documentario li– rico> dell'esistenza di caccia sull'oceano. e Presto ci trovammo a correre per un diffuso velo immenso di nebbia leg– gera, e non si vedeva né nave né lan– ce... Subito dopo. due urli in rapida successione dai due lati ci avvertirono che le altre lance avevano fatto presa; ma li avevamo appena uditi che. con un fulmineo schianto di bisbiglio. Starbuck disse: - Su, drizzatevi! - E Quiqueg, col rampone alla mano. saltò in piedi. Sebbene nessuno dei rematori vedesse allora di fronte Il pericolo mortale cosi vicino in prora, pure. cogli occhi sul volto teso dell'ufficiale a poppa. essi seppero che l'istante critico era giunto: e udirono infine un suono enorme di voltolamento, come se cinquanta ele– fanti si muovessero nella lettiera ... Ecco la schiena. Li, lì. Dalle il rampo– ne! - bisbigliò Starbuck. Un breve suono precipite balzò dalla lancia ... >. Io trovo che in momenti così Melville riesce a farci credere a una sua realtà assai più che in Quel tetro. e sia pure eroico, accanimento di capitano Achab e del e Pequod > dietro al demonismo impersonato dalla balena bianca. Tro– vo che per questi momenti così, e cioè per il ritmo lirico-documentario (conti– nuo nell'opera) di cui questi momenti sono l'espressione più intensa, si può parlare di « poesia delle origini>. E che solo in questo senso Melville e un pri– mitivo: come può esserlo non soltanto un americano d'allora. ma chiunque con anima giovane apra tanto d'occhi sul– l'universo. La navigazione oceanica, gli incontri con le altre navi, lo zampillo favoloso delle balene all'alba e l'alternarsi delle tempeste e delle bonacce, e poi le gior– nate e le notti di sosta in alto mare con le teste delle balene ai paranchi appese fuoribordo, e i momenti che si ammaina dietro a un branco. che si caccia, che sul ponte oleoso si squarta e si vanga il gra~o. o che. con e: un orribile e feroce odore indù intorno. quale potrebbe gravare in prossimità di roghi funerari >, si bolle nella n:ot~e lo spermaceti: tutto questo, e le infi– nite sfumature di questo. con il variare dei paesaggi marini tra le mandrie le– viataniche e le pasture, e i rapiti sensi dell'uomo {del poeta). come in un pri– mo giorno della creazione, dinanzi a questo: io trovo che è veramente e pri– mitivo> (...). E dentro a questo l'estrosa maniera di e trattare> usi e costumi della baleniera, nonchè delle balene, in– terferisce come una specie di e rallen– tato>, e non di esterno, dello stesso ritmo lirico del racconto. Che poi l'effetto culminante sia di soprannaturale è dovuto alla Potenza evocativa dello stile del Melville. E non a quanto di deliberatamente sopranna– turale c'è nel tema del racconto. Qui il biblico è voluto. e Ecco dunque, que– sto vecchio empio e grigio inseguire per il mondo con maledizioni una ba– lena degna di Giobbe, alla testa di un equipaggio essenzialmente fatto di fug– giaschi. sangue-misti, reietti e canni– bali ... >. Tanto voluto. tanto cercato e sottolineato. e con tanta evidenza li– brescamente derivato che il lettore lo accetta molto in supetficie. come una capricciosa variazione, niente affatto ne– cessaria, degli autentici motivi del libro. Il lettore crede sul serio al e Pequod > che incrocia pei tre oceani Atlantico. Indiano e Pacifico alla caccia dei ca– podogli: al meraviglioso e al tragico di questa crociera: e non crede che poco. o con molto meno intensità, al tetro accanimenio di Achab contro il demone bianco i\loby Dick, nel quale sente un e di pili> di meraviglioso e di tragico che lo disturba (...). Per il lettore ~toby Dick resta una e mite collina dì neve>. (Pèga.so. n l. 19331 Formalismo che i rovescia gennaio ·33 Fino a ieri. convinto che l'arte deve venir meno a tutte le regole fissate dall'accademia. esaltava le opere in ba– se {...) alla e falsità> delle loro propor– zioni. agli e errori> di disegno nei loro scorci. e alla e deformazione>. nelle loro forme, del mondo e qual esso ci appare> Oggi s'è convinto che l'arte. invece, deve ispirarsi a11e e fanne archetipe > ed ecco che distrugge tutto quello che prima ha esaltato proprio per le stesse super– ficiali ragioni scolastiche per le quali prima le ha esaltate. Cosi (...) gli tocca risalire al punto in cui, secondo lui, si cominciò a dipingere e far arte fuori dalle convenzioni; e buttare a terra, da Coul'bet in poi, quanti si erano resi rei di lesa accademia ... (*). (L'Ambrosiano, t. 2. 1933) (') Scri1to a prop()6ito dcl critico d'arte francese Waldemar Geo:rigc. già direuon della rivista d'avanguardia .. Formi!S.,. e, a partire dal 1930, esponente principale dcl- 1':deologia estetica pseudo-realistica che n faeci!mo ha colth"3to in Italia. il nazismo in Germania, e Jo stalinismo, &i.a pure per mo– tivi diversi dal fascisti e nazisti, ;ncll'Unione Sovietica. 'Ma che proprio i fanetlci di quel formalismo siano diventati i flnatici di que– sto pseudo-realismo è pieno di c,ignificato. Quel formalismo era mondano. era un for– malismo di classe. qul't'ilo è un .. realismo,. di Stato. e sono esattamente la stessa cosa. a parte la menzogna che quesl'ult.imo si assume nel nome. per la presunzione pili grande che gli viene dalla sua maggiore alie– nazioo~e.Mentre conta solo. di entrambi. la cosa cui eppart-engono: la classe. lo Stato Cecioè, in concreto. la burocrazia autoritaria che dis,pone dello .. St.lto,. in questione). L'arte per !ortuna ha la sua vita fuori da entrambi. E se, fino a Picasso e agli aslratti, procede in un senso ideallzzan«? è per delle ragioni storiche Cdi sviluppo interno e di rapporto con la storia degli uontioi) che non sono artatto le convenzionali del forma– lismo mondsno. Come. se oegi presenta delle e..igenzc i.n senso realisticb, è ancora per agli occhi la stramberia e la rettitu– dine (...). E invano la critica dice: si tratta di un mondo provinciale. Tu ti accorgi che provinciale era proprio il carattere di quel tempo. Invano la cri– tica dice: si tratta di un mondo piccolo borghese. Tu ti accorgi che piccolo bor– ghese era l'anima stessa di quel tempo. La critica dice: si tratta di situazioni naturalistiche. E tu ti accorgi che le situazioni naturalistiche erano a fonda– mento di quel tempo. Tutto sfogato at– traverso una bizzarria particolare, sog– giunge la critica. E tu ti accorgi ch'era forse impossibile per ogni creatura di questa terra. e in quel tempo>. non sfo– garsi, non rivelarsi attraverso la biz– zarria di un gesto (...). ln questo è la grandezza maggiore di Palazzeschi: mo– strare come il caso strano, il curioso incidente, la stravaganza di un momen– to, il grottesco di un atteggiamento siano non già anormalità ma il buco normale per cui scappa fuori dalle convenzioni e dalle abitudini. dal meccanico della vita quotidiana. l'anima dell'uomo (...). Cosi si precisa il e lasciatemi divertire> gridato al principio (deUa sua carriera) da Palazzeschi poeta. e E lasciatemi di– vertire>, e lasciatemi essere strambo. e lasciatemi essere buffo, e lasciatemi essere pazzo, e lasciatemi esser ridicolo. e lasciatemi fare le smorCie, dice ognu– no dei suoi personaggi (ora): cioè la– sciatemi uscire, almeno una volta, da tore. Naturalmente, letterario ~ il ter– reno su cui si muove perché siamo tutti uomini consumati nella civiltà, e let– teratura in arte è necessaria civiltà, ma da letterato attivo. uomo civile attivo, egli è agitato dal non ancoi:a compiuto, non ancora armonizzato e diventato co- scienza. l'ancora sconosciuto, che signifi– ca un altro passo, grande o piccolo, da acquistare alla letteratura e alla civiltà– La vera ossessività di Faulkner è in questo, una mezza verità ancora da dire. Lawrence anche (D. H. Lawrence) era cosl, ma era più profeta che scrittore, e fini per sciuparla. Mentre Faulkner. romanziere nato, la reprime e soffoca dentro ai suoi personaggi. e non ne la– scia scorgere che un'immagine laocon– tesca, e la verità, inconsumata, resta una voce di bambino che grida nella notte. Ecco l'emozione di ogni lettura di Faulkner: un bambino che grida, per una indicibile scoperta di novità, nella notte (...). Il grido più raccapricciante e bello fu il lamento lungo di e Light in August > (...). In questo e Pylon > (...) sembra che Faulkner abbia, una volta tanto, voluto scaricare tutta la respan– sabilità sui propri personaggi. E il grido non sgorga libero. ma prigioniero della finitezza e della condizionalità dei personaggi. Grave prova di energia per il romanziere, ma che fa del romanzo come qualcosa di Dostoievskii, un e Ado– lescente >, che fosse stato riscritto da ~ Turgheniev ... (LetteTatuTa. n. 3, 193i) • Accade che si ,,oglia pensare a ogni cosa che l'uomo e stato, dal1a sua al>pariziont: nei primi boschi fino a come siamo noi stes~i in una _periferia_di grande citta: arca dt Noe compresa, Babilonia compresa: e che s1 creda dt pensarci non pensando ad altro che alla nostra \lita, io alla !11-i~. tu al.la tua, con q_ueno che a me e ,accadu!o, con quello che a te è accaduto, e ms1eme con quanto abbiamo saputo che ali uomo e acca– duto•· (Nella foto, Vittorini con Cesare _Pavese un mese prime della morte dello scrittore piemontese) rag:on! storiche Cdt sviluppo interno e di rapporto con la storia degli uomini) che con sono per nulla le altrettanto conven– zionali del .. re,a!ismo,. di Stato. Realismo. in arte. è solo scoperta di una ..nuo... --a,. r-ealtà o uso di un ..nuovo.,. suggerimento della realtà. Invece il .. real.l.6mo.,.di Stato non vuole che la celebrazione di una realtà presunta. cioè tutto il contrario. Poe ia di Ungaretti (i\lonologo di identificazione) maggio '33 Si sbaglia a intendere questo sussurro di ritmo come espressione d'un senso di dissolvimento dinanzi alla vita. Si– gnifica invece la più alta solitudine, e somiglia al muoversi che fanno sotto il vento le cime degli alberi. Monologo. E per questo ciò che più ritorna nella poesia di Ungaretti è uno· stupore di paesaggio. Lasciate che l'uomo sia pro– prio solo: e tutto quel1o che ha da dire lo dirà in funzione delle cose che lo avviluppano. In tal senso la più alta lirica si manifesta a pronunciare il no– me di un albero. e Ma intorno al lago già l'ontano Mostra la scorza. è giorno ... >. E non è un supremo momento dello spirito quando il significato dell'esisten– za viene a considerarsi in una fissità che avvampa gli occhi? Se ben ricor– diamo. la solitudine di Leopardi non è diversa dinanzi all'c ermo colle•· E perchè, prima di parlare d'Umanità, vor– remmo che un poeta ci desse segni psi– cologici della sua comprensione? (Il baTgello. n. 35. 1933) Scrittori italiani: Aldo Palazze– schi. (Ossia. la ricapitolazio– ne grande cli un:;i letteratnra piccola) febbraio ·37 (...) Il più disperato. il più magro. il più polemico. il più stravagaqte, il più contraddittorio. il più balzano, il più predicatore nel deserto e il più man– gialocuste periodo della nostra lettera– tura. voglio dire il periodo che va da– gli ultimi guizzi dell'Ottocento alle pri– me luci dell'alba di dopo la guerra (1914-1918). ha prodotto questa gran– dezza (chiara e polposa) che si chiama Palazzeschi (...). Quello che Palazzeschi ci dà ce lo dà dalla distanza del tempo (dall.a distanza d'un raie periodo). E tutti lo pigliamo come se ce lo desse da oggi. sia per nòn pagare il dazio. sia perché solo oggi e da essi accettabile. é da essi pie– namente comprensibile (...). In effetti, con le e Sorelle Materassi >. e anche più con e li palio dei buffi>, il Palazzeschi dice chiaro e tondo quello che quel tempo è stato, e lo esaurisce. Dapprin– cipio pareva solo che prendesse in giro, rifacesse il verso. e ora con sovrana compassione conclude in sentenza. e Ec– co - dice - tutto quello che siete stati>. E gli uomini. che mai dimenti– cano quello che sono stati. anche se oggi sono o presumono di essere diversi. si riconoscono commossi. e salutano iJ ver– detto. Il quale, ripetiamo, è generale: piglia tutti i piccioni ad una fava. I forti e i deboli. poiché a tutti scopre li debole; i miserabili e i doviziosi poi– ché trova la miseria anche nella dovizia: gli strambi e i diritti poiche fa saltare Queste ipocrite regole (...). Pertanto essi non si esauriScono nella loro strambe– ria. non sono ricciolo, svolazzo di aned– doto, capriccio, ma ogni volta simbo– lizzano tutta l'umanità. Ed esorbitano anche dai limiti del loro tempo iu quan– to esprimono una aspirazione pere11ue degli uomini. ( ............ ) L'amore delle situazioni naturali e la ironia di esse, il patetico e l'irrisione del patetico, il veristico e l'assurdo come sua conseguenza estrema, tutte le strade che parvero opposte nelle opere (Let– terarie) del tempo si vedono ora con– vergere sorelle sotto la prosa del Pa– lazzeschi. E le cose che, cantate ciascuna nel suo genere, erano piccole o picco– lissime, in Gozzano e Corazzini. in Mo– retti e Cicognani (in Panzini. e Piran– dello) e via di seguito. ci ritornano grandi cantate nell'insieme da Aldo Pa– lazzeschi (•). (Il bcJTgello, n. la. 1931) e•> Da Palazzeschl perciò apprendiamo che non è indispensabile disporre di 1.;,1,a realtà nuova o comunque ancora (in qual– ohe modo) inedita per riWicire a produrre (pur entro dei limiti ohe restino diretta– mente realistici) dell'arte nuova. Una reallà che è già stata sfruttata completamente e rec;a completameate letteraria può sel'Vire un'ultima volta come se addirittura fosse nuova. Questo. però, s'essa è stata s!ruttata a poco a poco, dico aspetto per aspetto. parte per parte. e 6e chi torna su di essa (dopo ohe tutto ce è stato detto) sa in,vece abbracciarla nel euo insieme e spremerne ruor:! un sugo c.l"ie sia appu..-ito dell'insi.eme. Cosi accade che spesso risulti scrittore più grande non uno che ..SCQpre .. ma uno che tira le somme. La civiltà non si difende marzo ·37 Un equivoco trequente. dannosissi– mo (...) viene determinato quando si . parla di e difesa della civiltà>.• Attenti a non coprire. sotto tale formula, una cosa ferma e non una cosa in divenire. Come se la civiltà fosse soltanto in quel– lo che si è fatto (...). Come se fosse la posizione raggiunta. e non soprattutta la Posizione da raggiungere. 11 fermo della civiltà. il fatto della civiltà. il rag– giunto della civiltà non è in gran parte che il morto deWa civiltà. Attenti dun– que a non difendere il morto deUa ci– viltà. Lo stesso che quando si parla di e difendere l'arte>. L'intesa è infatti di difendere l'accademia. E come i di– fensori dell'accademia in arte sono ne– mici dell'arte, cosi i difensori dell'acca– demia nella civiltà sono nemici della civiltà. La civiltà ha tutto da guada– gnare ad essere in movimento. Voglio dire: anche dagli scontri con la barbarie ha da guadagnare. Anzi più che mai da– gli scontri con la barbarie. E se si ferma, quando si ferma. più che a causa delle invasioni barbariche. è proprio a causa dei bei tipi che vogliono difenderla (...). (li bargello, n. 19. 1937) Fanlkner tra l'oscnrità e la coscienza giugno '37 Accidentato e ossessivo. il mondo di Faulkner si manifesta ossessivamente, con l'ossessione già nel cuore, e alle origini stesse dei personaggi. Acciden– tato è quello stesso che Faulkner cerca e vuole, quello che lo fa essere scrit- La storia non è storicista agosto '37 Di là (...) da quanto vive, muore e puzza nella nostra coscienza, la storia sembra aver preso impegno di giustifi– care come necessaria e logica, ogni cosa' accaduta. E in definith•a può es– sere così, perché ogni male in cui si spegne un bene ha sempre finito per riprodurre nuovo e giovane. e più gran– de. quel bene. Ma che da questo si tragga poi (...) una specie di fede dot– trinaria nella necessità, nella fatalità delle cose che avvengono, è pericolo– sissimo. Una simile fede non fa che ar– restare l'uomo e distoglierlo dal com– battimento. E allora il corso degli aventi. non più poggiando stùl'attività dell'uo– mo, poggia su se stesso, e il male può anche durare eterno. Poiché quella che pareva fatalità delle cose era tendenza dell'uomo attivo al progresso della pro– pria coscienza; mentre l'uomo che si è abbandonato e rassegnato al male, nella speranza supina del bene futuro. ha interrotto quella cosiddetta e fatalità> e si è lasciato invadere dall'inerzia delle cose per la quale un male può durare. come durano le montagne. anche eterno. Insomma. quell'apparente fatalità di progresso è in noi che lottiamo, fin che lottiamo; e ha luogo e corso non già per via o col favore di una forza a noi e~tranea; ma contro e malgrado que– sta forza che è la forza di gravità. di inerzia, delle cose, e di noi in quanto povere cose. Ecco dunque che nella sto– ria il bene di quella e fatalità di pro– gresso>, o moto rivoluzionario che dir si voglia. è continuamente ostacolato e interrotto dal male di questa forza di gravità o di inerzia che possiamo anche chiamare reazionaria. Rivoluzione e rea– zione. coscienza e forza d'inerzia. non sono tuttavia libere in noi l'una dal– l'altra, e apertamente nemiche. La pri– ma per l'appunto tende a liberarsi dal– l'altra, e questa a invadere quella e apparire sotto il sembiante di quella. pur parlandoci con l'attrazione al ri– poso. alla tranquillità, all'ignavia (...). Ma se in questo conflitto di noi uomini con la nostra inerzia vediamo il e bene > rinascere più grande dalle sue morti nel e male> (...) non è sempre da dire che il e male> sia stato necessario (. ..). Mentre è sempre da riconoscere che vi è stato un difetto della nostra energia e una putrefazione della nostra co– scienza ... (*). (LcttcTatuTO. n. 4, 1937) e•) Questa. e le due sucoess:ve cons:de– raz:oni qul ri:portate dalla rivista fiorenttoa Leueratura, fanno parte d'uno 6tudio sul carattere retrivo di certi moU 'J)Opola.ricome Il Vespro siciliano. che eppawe col titolo .. DI Voodea in Vandea. il Vesipro Siciliano-.. Antobiografia. Americanismo non solo per dispetto dicembre ·37 (...) In questa specie d1 letteratura universale ad una lingua sola, ch'è la letteratura amei-icana di oggi. si trova ad essere più americano proprio chi non ha in sè il passato particolare del– l'America. la terra d"America. e più e libero da precedenti storici locali. e più insomma è aperto con la mente alla civilt3 comune degli uomini: uno magari arrivato di fresco dal vecchio mondo e che abbia il suo carico di vecchio mon– do sulle spalle ma lo porti come un carico di spezie. di aromi, non di pre– giudizi feroci. America significherà per lui uno stadio della civiltà umana. egli l'accetterà come tale. e sarà americano in tal senso. puro. nuovo. senza nulla m sé di quanto dell'America è già mor– to e puzza. Sarà americano al cento per cento. E col suo carico di vecchio mon– do che è solo un carico di aromi non farà che rendere speciale. concreto, de– finitivo il proprio essere americano. più ricca l'America stessa. più superato il e vecchio> mondo ... i Letterahlra. n. !i. 1938) Una stessa lotta in tutto il mondo settembre '38 Quale cultura credo che sia oggi la espressione ultima della civiltà uma– na? Credo che nessuna cultura partico– lare lo sia. 1 on la francese,~ non r11a– liana. non l'americana (...). Credo in– terrotto, e non so spiegarvi per quale ragione, il tempo in cui la cultura di un determinato paese era la cultura per eccellenza, la cultura espressione ultima della civiltà umana. Oggi vi sono uomini di una cultura tale quasi in ogni paese e in ogni lingua del mondo. E quasi In ogni paese vi è lotta tra questi uo– mini e la pseudo-cultura locale. di co– lore. Quasi in ogni paese. insomma. vi è conflitto tra uomini civili e uomini barbari. Risultato di questo conflitto po– trebbe essere un incivilimento generale come un imbarbarimento generale. Ma suppongo purtroppo pili probabile che, ancora una volta, solo una parte del- l'umanità, un popalo o un gruppo di popoli. assuma in proprio la misura del– l'universale e dia al mondo un'ultima espressione di cultura, di civiltà umana. sotto forma di cultura sua particol~re (•L (Omnibus. n. 38, 1938) (') Si .ricorreva a ogni sorta d! espedien– ti. negli anni come il 1938. per r:uec~re a dire qualcosa di quanto pur si aveva da dire hl contrasto con l'ldeo!oa:ia ulliciaJe e con i luoghi comuni dell'oplnlone pltbblica di ello.ra. A me accadde anche di inventar– mi un'intervista con tr.o scrittore straniero. E fu attribuendola all'intervistato che pub– blicai. con altre di caN;ttere pii) contin– gente, la cOnSide-razione di cui sopra O presunto intervistato era l'americano Ersldne Caldwell. Perciò ogai mi domando se certe manifesta~oni d,e,gli scrittori sovietici no.1 s:eno da rendenri esse pure come dc-gli esped..lent:i del gene-re. Per esempio sui falli di Ungheria 1i abbiamo visti rispondere a una lucida lettera aperta di Sanre e altri scrittori tranceel di sinlstra con una dichia– razione colJetbva in cui ripetevano passo passo i torbidi ergomenti del loro governo. Però pubb!icav . insieme alla !oro rispo– sta, l'inquietante documento degli scnuori !ranoesl. E io ml domando se non abbiano risposto unicamente per potersi permettere dJ pubblicare iD Russia lo scritto dei t.ran– cet.i e far così conoscere. nella s-u.a tn·e– gr-,tà, un'in«?rpretazione non conformista dPf btti ungheresi Da Conrad a Faulkner otwbre 38 (...) Possiamo dire come sia (La prosa dt Faulkner) vicina, per struttura. alla prosa di Conrad, nata forse proprio at– traverso uno studio innamorato della prosa di Conrad e cresciuta attraverso le preoccupazioni espressive che in ogni scrittore formatosi dopo la guerra r del 1914-'18) ha determinato la novità di Joyce, eccetera; dire inoltre come s1a prosa abitala da un istinto di solennità che continuamente l'espone ai pericoli dell'enfasi; dire infine come abbia una tendenza a torreggiare per la quale. qual– che volta. può venirle facile torreggiare in virtù d'abitudine, senza interna viru– lenza. insomma a vuoto. e raggiungere effetti da prosa vittorughiana. Ma pren– diamola nel suo più alto stato di gra– zia (...). Allora vediamo svolgersi in essa un mondo duplice. nutrito imma– gine per immagine da una duplice ,~i– talità. L'immagine. ossia. è accompa– gnata sempre da una seconda incarna– zione. ombra alle volte, e alle volte maggior luce. che in apparenza rafforza la prima. ma che in sostanza esprime un altro impulso della fantasia. un altro mane, un altro e ordine di idee>. L'im– magine. ad esempio. di un albero. o un gesto di donna, un grido di bambmo: ed ecco accanto. fatto scattare dalla molla di un e come se> o un e anche– se>. sorgere (e senza costituir paragone) lo stesso albero. o lo stesso gesto. lo stesso grido. in un mondo (dico mon– do. non modo) complP.tamente diverso. Non questo. beninteso, per un gioco di attribuzioni psicologiche relative ai personaggi. E' ne11a scrittura. nella pro– sa. che questo avviene: è la fantasia poetica di Faulkner che ha bisogno di esprimersi. e si esprime, una seconda volta: ed è appunto da tale necessità intima della fantasia di creare contem– paraneamente in due regni diversi che prendono origine tutte le duplicazioni. anche psicologiche, anche esterne. del– l'arte di Faulkner. tOmnibu.s. n. 44.. 1938) Problemi del teatro (L'intellet– tualizzazione rlella forma) novembre '38 Di solito chi scrive per il teatro lo fa pensando che il teatro sia cosa lon– tana dal resto della letteratura come ne è lontana la musica o la pittura. Forse si sbaglia. forse no. non è questo il male. ~fa ecco che, nello sforzo di te– nersi lontano il più possibile dalla let– teratura e fare il più possibile teatro che sia teatro, egli non crea che di rado forme nuove; per generazioni e generazioni si tramanda, rimasticate. le stesse forme: perpetua per secoli ten– denze che negli altri campi si esauri– scono in un ventennio; e. mentre la critica non può discuterlo e impor}; che come e autore di contenuto>. tocca a registi eccetera dissimulare, con la so– vrapposizione d'una favola scenica di luci. colori e movimenti. il vuoto tor– male dei suoi lavori. La questione e che !"autore di teatro crede in una e tec– nica> prestabilita del teatro molto p:ù di quanto un romanziere non creda in una e tecnica> prestabilita del roman– zo (...). Così e solo così egli può credere nel teatro come arte a sè stante: cre– dendo in una tecnica. Ora. una tecnica significa combinazione di regole for– mali: significa e intellettualizzazione> di una forma. Per le esigenze pratiche da soddisfare che esistono in tutte le parti (al massimo grado in architettura. al minimo in poesia) bisogna sempre ar– nvare a una tecnica. una intellettualiz– zazione della forma. che le affronti e soddis(i: ma bisogna arriyarvi. non J?tà partirne. Ecco il punto: arrivare a una tecnica invece di partirne; perche arri– varvi é arrivare a qualcosa di proprio. un estremo adempimento formale. con– seguenza ultima della fantasia: e par– tirne e esattamente il contrario. uni– formarsi a una forma già creata. imi– tare (...). insomma un'inibizione della fantasia. L"autore di teatro, per !"ap– punto, é di solito un autore e che par– te>: lavora in una forma prestabilita: e solo quando un buon letterato rove– scia il gioco, e aUa tecnica arriva dal– l'interno della fantasia, solo allora. ogni cento o cinquanta anni, trionfano in palcoscenico delle forme nuove. Tale il caso dell'americano Thornton \Vilder. Egli ha voluto. col suo teatro. dare un'idea dell'uomo e della storia umana che persuadesse (...) non per concentrazione di realtà. non per sug– gestione psicologica. non per efficacia allusiva. ma semplicemente per belle2za di. arabesco. Nella prosa dei romanzi il suo arrivo all'arabesco avveniva senza che si avvertisse vero e proprio trapasso da fantasia a intelletto. Qui. invece. dove la prosa del dialogo deve produrre azio– ne scenica. l'arabesco appare decisa– mente intellettuale. come figura mecca· Qica. come funzione tecnica (...) m• esprime, per la sua stessa meccanicita tutto il lavoro della fantasia; e Wildec realizza in esso nel modo pili compiei.o il suo ideale di bellezza fissata dall'in– telletto (..,). Egli rifiuta ogni specie di scenario, rifiuta la mimica, persino il

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