la Fiera Letteraria - XII - n. 17 - 28 aprile 1957

Dom·enica 28 aprile 1957 LA FIEHA LETTEHARIA Pa11:.3 * GALLERIA DEI MUSICISTI ITALIANI * OMAGGIOAD ALFREDO CASELL_ VALORE diunincontro * .,dj· ~IARIO LABROCA .Fu nel 1915. esattamente il 14 febbraio, che vid~ per la prima volta Alfredo Casella. La data la ri– corcio perchè ritengo che quella debba essere con– siderata una cfata. Non già perchè io guardandolo dall'alto del loggione dell'Augusteo compissi un atto per Io meno storico, ma perché il concerto che Casella diresse in quel giorno segnò senza dubbio l'inizio di una attivit8. nuova nella vita della mu– sica italiana. Casella entrò nella sala a passo svelto (aveva allora 32 anni) attraversò l'orchestra senza tentennamenti e raggiunse il podio: di una ma– grezza impressionante: la testa più grossa di tutto il corpo: nell'insieme a noi giovani, cattivelli e prevenuti. suscitò il paragone del palloncino legato a un filo. Alzò le braccia e diede inizio al concerto. Cosa rappresentava per noi quel giovane che saliva sul podio fino allora dominio dei Mengel– berg e dei Schalk, dei Gui e dei Ferrari. dei Sera.fin e dei Nedbal? Una specie di guastafeste. un sasso nello stagno addormentato. un colpo alla nostra coscienza di pacifici ascoltatori. E poi di dove ve– niva? Le brevi annotazioni del programma ce lo ptesentavano come pianista e compositore. diplo– mato al Conservatorio di' Parigi, già ricco di un curriculum di giri concertist.ici e di opere pianisti– che e sinfon'iche; per noi giovani era ancora soltan– to un nome pronunciato nel vuoto di una igno– ranza totale. Ora finalmente lo vedevo e ascoltavo la musica che i suoi gesti meccanici e secchi dipa– navano dal pieno dell'orchestra. Fu un colpo: altro · che Debussy. considerato il più avanzato degli avan– guardisti! Quel giorno c'era davvero aria di battaglia: ave– vo notato facce nuove ne1la sala e Marinet.ti con alcuni seguaci che guardavano 'intorno con aria di sfida. D' un tratto i miei amici ed io ci accorgem– mo di non essere più i padroni dell'Augusteo: fino a quel giorno forse potevamo illuderci di aver de– cretato il successo e l'insuccesso. di aver fatto il buono e il cattivo tempo, di essere stati il rimor– chiatore dell'opinione del pubblico: ma oggi non più: ecco e presente urta volontà oltre che una con– vinzione. la volont.à. così pensammo. di imporre un programma nuovo. Confesso che mi prese lo sgomento perchè la battaglia che stava per essere combattuta nella sala io già la combattevo in me stesso. Non che le musiche che andavo ascoltando mi piacessero, che provavo difficoltà a penetrare quel linguaggio e coglierne il significato, ma perchè mi colpiva. la convinzione con la quale Casella le ese– guiva. Era chiaro che Casella non era li per esi– birsi quale virtuoso della di~ezione (il ,programma ·era tutto cç,mposto infatti di musiche mai eseguite in Italia) ma per compiere un·opera di divulga– zione; egli più che sul podio era sulla cattedra e ci dava una lezione dì storia della musica. Certo non svelava i fili che legavano quelle musiche nuo– ve alla base solida della tradizione. ma si compren– deva che egli ben conosceva !"esistenza di quei le– . garni, e. indirettamente. ci invitava a scoprirli. inav– vertitamente per tutti noi egli stava già svolgendo op~ra di adescamento: eravamo turbati. .H.iCordo che Casella diresse la Seconda ~uite di , Dafnis e Cloe, di Ravel e che un silenzio glaciale l'accolse, ma ricordo soprattutto la soddisìa~ione con la quale Casella concluse quella esecuzrnne: cosa importava a lui del risultato? Egli era con– vinto di aver fatto conoscere un capolavoro e di aver posto la prima pietra di un edificio che doveva venir su rapidamente: divinava la popolarità che avrebbe arriso a quell'opera. era chiaro che cono– sceva la materia di cui essa era composta. e dopo l'ultimo accordo pose Ja ~bacchetta sul leggio con l'aria soddisfatta di chi ha compiuto il suo dovere. Diritto, tranquillo e intimamente se_reno e~li restò durante l'esecuzione della , Notte dt Maggio>; era musica sua. e le armonie auda'ci, gli urti timbrici scossero profondamente il pubblico; un brontolio sordo cominciò a gorgogliare co1;1e ~m sottofondo temporalesco: un brontolio dal quale cera da aspet– tarsi dovesse venir fuori un vero tuono se non addirittura un fulmine: le facce degli ascoltatori si atteggiavano in smorfie che non davano a vedere MARIO LABROCA (Contln~a pag_ 6} UASELLA OGGI * Casella resta per noi il maestro della giovinezza, della tensione, della libertà, nei limiti e nelle- occasioni in cui essere moderni significa s9prattutto essere onesti * di BRUì\'~LLO UOì\'DI Alfredo Casella in Spagna, con· 1\Ianuel De Falla

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