la Fiera Letteraria - XI - n. 43 - 28 ottobre 1956

Domenica 28 ottoore 1956 LA FIERA LETTERARIA Pag. 7 GALLERIA DEL TEATRO ITALIANO ROSSO DI. SAN SECONDO DALLA CRONACA ALLO STILE * Tre aspetti d undramma * cli DIEGO FABBRI Chi lesse a suo tempo La l''tWa dopo aver conosciuto le nitide novelle di Po- 11,mLino, non dovette mancare di com– piacersi con Rosso per il nuovo, rilevante approfondimento umano del suo mondo di interessi pur perdurando quella sicu– rezza e sinuosità un po' raffinata di scrit– tura, che, per esempio, in La signo-ra Liesberh « era pur frutto di povertà sen– timentale » come ebbe a notare giusta– mente il Gobetti riprendendo una felice osservazione di Serra. In questo breve bozzetto dialogato, sen– za trama, c'è tutto un breve mondo non già appena accennato, ma delineato per contorni precisi e composto in una pro– porzione di linee e di movimenti che ri– troveremo poi soltanto nei primi atti delle opere meglio riuscite. Una ragazza è fuggita dalla casa, dove sta come serva, per andarsene con l'in– namorato: « E' da mezzanotte che cerco di scappare., ma la paura... Sono stata a piedi scalzi dietro la porta ad origliare ... Ora nor, ho più paura: sono vicina a te, Filì! Non soffrirò più: ho sofferto sempre! io: ho avuto le botte dai miei fratelli prima, . poi dal padrone. Andiamocene. Dove ce ne andiamo? ». E lw, d1 botto, per definirsi subito: « Purcllé tu finisca di piagnucolare ». E ancora, sempre lw, ap– profondendo la venatura definitiva di quel piagnucola-re: « Hai portato tutto, tu? ..... Pure i danari?... Le trecento lire, quelle che hai messo da parte ... ». « Sì, ma non le ho io. Non vedo un soldo io! ». 11 gio– ,·ane allora se ne va, e la lascia sola entro la notte che si dirada. E con l'apparire del mattino spunta sulla strada un car– ret~iere: « Guarda un po' la morettina! ». E alla morettina, non resta che salire, rassegnata, sul carro che va a Castrogio– ,·anni, al segu.ito di quell'uomo già ma– turo. Nessuno ve l'ha costretta (chè l'in– vito ambiguo del carrettiere non è nem– meno una tentazione). La sua è gìà una squallida rassegnazione e qualcosa di più profondo ancora: già quasi l'accettazione di un destino. In questo atto non c'è niente che di– sturbi, che sia di più - se togli quell'in– sistere sull'esclamativo che diventerà poi il oono abituale ed esasperante di Ros– so -: le proporzioni interne e di costru– zione son cosi salde da fare di questa breve composizione una cosa eccellente. Non è ancora il teatro, ma si poteva le– gittimamente pensare che questa fosse la strada su cui Rosso intendeva giungere al teatro. E c'era allora da metterlo in guardia contro gli allettamenti di Cecov. Invece i primi esperimenti propriamente teatrali ce lo fan vedere incamminato per tutt'altra direzione. La Fuga compa– ri,•a stampata nel 1911, Per fare l'alba e Amara sono invece del periodo 1913-17. Ed è ;;ppunto di questi anni la sua « crisi di mestiere», come la chiamò il Serra. Avemmo così, a teatro, i primi due esem– plari cti quella che poi doveva essere la ,·asta galleria degli « ebbri » rossiani: il Vecchio Sanza e Amara, legati con la loro psicologia abnorme e affocata a due « ca– si » speciosi, ma in un certo modo nuovi. Il Vecchio Sanza ha un solo scopo: fare che il figliolo, prolungamento di sé, goda quello che lui non ha potuto godere. Una p,iclite aperta con la vita, come si vede, non tanto con g-li uomini. Gli uomini gli sPrvono soltanto, ma contro gli uomini non ln niente. E tra lui e il figlio c'è que– sto stn.tto legame: « io sono la radice che sta rntterra: tu sei rami foglie e fiori ». In nome di questo folle diritto di godere la vita, il Vecchio giunge a uccidere il marito della donna che era diventata l'amante del figlio e che il marito voleva riavere. La radice uccide l'insetto che ten– ta d'incrinare la voluttà del fiore. Circola, indjstinto, una specie di « superomismo » torbido e panico che ha, almeno come in– di zio, una massiccia potenzialità. Amara anch'essa creatura panica ( « L'estate alita calore afoso sulle cose ») - è dibattuta tra il sentimento di due maternità: tra il richiamo dei primo figlio– lo avuto col marito che ha abbandonato per andare a vivere liberamente « in una isola dell'America del Sud» con uno stra– no uomo dj mare preso a prestito dalle letterature nordiche; e l'avversione verso il figlio avuto da lui nell'isola. Anche qui c'è un personaggio che a un certo punto enuncia alcuni dommi della morale del superuomo adattati alle circostanze: « Non si p11ò essere uomini comuni e nello stesso tempo operare da eroi: o l'uno o l'altro. Non si può infrangere le leggi degli uomi– ni, senza aver dentro la forza dell'eroe. Non è peccato mettersi contro il costume di tutti; ma è peccato il farlo, quando la nostra anima non ne ha la capacità ». Amara s'abbandona a un « gran gesto » proprio per rientrare nell3: normalità della vita degli uomini, dove 11 « gran gesto» non è consentito. Uccide senza avveder– sene -· anche qui echi ibseniani - il secondo figlio e ritorna dall' accogliente marito. Pur con tutte le gratuità e le disarmo– nie che si trovano seminate nei due foschi drammi, essi potevano essere considerati due segni promettenti nell'itinerario del– la « crisi 11. (C'è però, in generale, da du– bitare di quelle «crisi» che non condu– cono a un maggior rigore, ma indulgono alla tumultuosità dell' improvvisazione e si adagiano nell'orecchiato e nell'irra– zionale). Rosso sembrò aver coscienza del carat– tere di precarietà sperimentale di questi suoi primi drammi se preieri presentarsi con Marionette, che passione! Abbiam1, già notato l'avvio docu.nen– tano di questo dramma. L'autore vi in– siste non soltanto nel già citato P-reLudio, ma nelle didascalie preliminari (e ci pare a torto): « Pomeriggio e sera di domenica, a Milano ». « Atto primo. La sa!a de! te– legrafo centrale di Milano». Quando in– vece il tono dell'azione trova La sua rara originalità proprio nello staccarsi da ogni riferimento documentario e nel librarsi a un'altezza che sta tra l'osservazione mj– nuta d'ambiente e la stilizzazione quasi di– sumana (per umanità esasperata, spudo– rata, troppe « cuore in mano » o troppo cinica, troppo cascante o troppo inflessi– bilment<! dfaperata) dei quattro personag– gi che portano il peso del dramma. Perché non soltanto La Signo-ra dalla volpe az– zurra - tradita dall'amante -, H Signo– re a Lutto - tradito dalla moglie - e H Signore in grigio - tradjto dalla vita (è il personaggio più friabile e invec– chiato del dramma) che s'incontrano nel– la sala d'aspetto del telegrafo, vivono e muovono il dramma, ma anche La Can– tante vi s'inserisce con una voce sia pur meno disperata, ma cosi ricca di vibra– zioni umane tenute sul mezzo tono della rassegnazione e della vaga speranza (è un . personaggio che esce rinfrescato dagli an– ni), da farcela considerare indispensabile al ,gioco un po' burattinesco degli altti tre, e fondamentalmente per l'armonia del dramma. E' un po' personaggio coro. Ecco il suo tono: « Ascolta la tua amica che può comprendere la tua angoscia perché l'ha provata. Ascolta»; « Non rido, perché com– prendo. Però le assicuro che non è lei il primo a trovarsi sotto il torchio. Ci s'è stati un po' tutti! Chi è capace di rannic– c!:liarsi e di sopportare finché La stretta cessi, e chi no ». Con questo personaggio accanto anche la posizione degli altri tre che s'aggrappano l'uno all'.;l.ltro come bria– chi, viene un poco corre_tta, non tanto in sé, quanto nella proporzione generale del dramma. Il quale è precisamente il dram– ma di uno dei momenti deteriori della coscienza: l'abulia morale. Nella Signora da!La volpe azzurra e nel Signo-re a Lutto c'è il terrore di essere ancora liberi e di dover dunque ancora decidere di sé, dei propri atti («Essere così deboli. Se lei non telegrafa non telegrafo nemmeno io. Mi dia questa forza »); nel Signore i-n. g-rigio c'è il senso della inutilità di essere ancora libero di agire dal momento che una cinica lucidità gli impedisce ormai di a.vere una qualsiasi fede nell'azione ( « una illusione che io conosco di già: quella dj potersi le– gare a un altro essere ,per dimenticare. Pazzie, signori miei... Voi credete di poter trattare la vostra amica come si tratta un servo... Credete di poterne fare quel che volete. Provatevi, signori!»). Sicché l'ideale di questi tre disperati è: "C'in– namoreremo perdutamente tutti e. tre di noi stessi 1,. I mendicanti che dopo essersi dilacerati, allo stremo della miseria, si compiangono con una sadica tenerezza e sognano un amore mostruoso. Per questo si son dati convegno, al terzo atto, in una trattoria di lusso: per decidere che presto « la vita del nostro terzetto ci darà vita: ci verrà una gran voglia di 6 odere. Go– dremo a più non. posso ... sempre tutti e tre ... ». Se non che, mentre i tre sonnam. buli s'acquetano in queste vigliacche im· maginazioni, ecco giungere Colui che non doveva giungere a riprendersi La Signo– ra dalla volpe azzurra, e di fronte a costui che vuole egoisticamente qualcosa di con– creto il terzetto si scioglie e affretta la conclusione dei propri destini: la Signora segue l'amante, il Signo-re in grigio beve il veleno, il Signo-re a lutto s'aggrappa alla Cantanu: per reggere alla vita. Marionette, che passione! rimane, a mio avviso, 12 cosa migliore di Rosso di San Secondo per quell'unità di tono, di stile che in nessun'altra opera - anche se più ambiziosa come invenzione fantasti– ca e lirica (La Bella addormentata) - ci sarà dato trovare. Il terzo atto è, a dire il vero, incrinato in confronto agli altri due da striature di un simbolismo di dubbia lega (i crisantemi, il coperto vuo– to), ed è ormai più preoccupato dello scio– glimento meccanico dei personaggi che della loro intima risoluzione; però si man– tiene sulla linea tonale degli altri due. Nel dramma c'è uno stile unitario che si compone di tre gemme alternantesi di atto in atto: quella realistica (l'ambiente con valore di cornice e di indiretto contrasto), quella interiore che gradualmente si esa– spera fino a sboccare nell'ultima, alluci– nata o cinica o simboleggiante che vor– re~be essere quella poeticamente più co– spicua !'! riesce invece ad essere appena accettabile solamente in grazia delle eltre due che la sorreggono. Questi tre movi– me!'lti dànno una certa uniformità all'in– venzion(! drammatica, ma servono d'altra part~ a mantenere un equilibrio. Quel che invece, o 6 gi, non riusciamo assolutamente a vedere è il cosiddetto marion.ettismo dei personaggi e. in definitiva, della vicenda intesa come concezione di vita. No: quel– l'enunciato ma-rionettismo è gratuito; quei personaggi sono umani, e allorché Rosso - forse in omaggio all'espressionismo al– lora in voga - vuol stilizzarli a mario– netta, riesce soltanto ad atteggiarli reto– ricamente. C'è. allora. epilessia, non stiliz• zazione. E questo, dopo tutto, dice che Rlla radice di quelle creature c'è una so– stanza cosi dolorosamente umana da pre– servarle da ogni arbitraria schematiz zazione. DIEGO FABBRI (Da Il teatro di Rosso di San Secondo in « Rivista Italiana del Dramma», num. 5, 15 setiembre 1941). 1918: UN DOCUIUENTO CRITICO QUASI IGNORATO * Marionette, che . ' . passione .... ~ di FEDERIGO 'l'OZZJ Questa nuova commedia di Rosso di San Secondo merita un commento, perchè è il primo e vero tentativo di levare iL nostro teatro da quetla su.a specie di cialtroneria accomodante e sciatta. It ten– tativo è così inatteso che può sembra-re anche parados– sale e forse eccessivo. Ma quest'impressione dipende parecchio dalle nostre abitudini. Rosso di San Se– condo ha portato tra le scene La vita dei suoi romanzi e delle su.e novelle, con una abilità a-rbitraria e vio– lenta, ma piena di lunghi brividi e di mezzi simpatici. Bisogna, dunque, Leggere o ascolta-re questa commedia con l'animo disposto ad accogliere una finzione poe– tica, che è stata lasciata netla su.a libertà fantastica pe-rchè meglio -rispondesse ai suoi insoliti spunti tec– n.:ci. Deve esistere, certo, una convenzione spontanea tra iL pu.q!Nìco e questa commedia; pe-rchè non semp-re si potrebbe capire quei che si p-resenta, come in questo caso, quasi con sfacciata disinvolfu-ra fatta di cose nuove e di spunti falsamente comici. Le battute del dialogo non si p-reoccu.pano di dare il senso di una continua reaLtà o di una va-rietà convenuta, ma sono piuttosto postil!e di una filosofia, esasperata e !irica. Anche per questa ragipne, Rosso di San Secondo ha avvertito che questi personaggi sono marionette. Non è un sarcasmo Letterario, ma una necessità tec– nica che giustifica la b-revità deUe paroLe e la lun– ghezza delle pause e dei sottintesi. Semb-ra la polpa di qualche commedia più vasta, quando le parti accessorie e meno essenziali sparissero da sè dinanzi ai nost-ri occhi· Quindi, andando a sen– ti-ria recita-re, ,bisogna esse-re disposti non a vedere una detle soLite commedia ma a udire un dialogo che si contenta di quei che non si può omettere. AL Rosso è bastato descrivere un concetto mo-raie della vita. Poteva, magari, farlo con una fiaba alla settecen– tesca; e invece ha preferito una b-revità più arida e più acre• E' un concetto morale intravveduto in uno stato di esaltazione, e p-reso subito come una di quelle verità che possono sembrare incubi. Per solito, quelli che vanno al teatro non sono abituati a quest~ critiche, di cui il teat-ro italiano fa a meno; ma non bisogna sempre intendere il diverti– mento scenico come una cosa esente da punti di vista meno u.nifo-rmi e modesti, Non bisogna concedergli piuttosto i! bene placito de! pubblico che un esame p-reventivo e speculativo. IL teat-ro attuale italiano non partecipa, nè punto nè poco, a certe inquietudini benefiche che la nostra letteratura ormai manifesta: è fatto soltanto degli echi, direi degli scarti, della nostra Letteratura; e quasi semp-re gli e sottintesa e perdonata la man– canza di una pretesa aLtamente lirica. IL teat-ro italiano, meno poche eccezioni che non sap-rei citare, è fatto di angoli mo-rti e di convenuti copiaticci. Ed è, si può di-re, staccato da tutta la nost-ra letteratura. Questo tentativo di Rosso di San Secondo che pure è ricco di quel che è soltanto bellezza teatrale, ha iL merito di scuotere la tranqui!Lità bonacciona del pub– blico e di avviarlo a forme meno triviali e meno consunte. Non so se la secchezza di questi personaggi, le cui parole sembrano ritmate dai movimenti e dagli scatti di altrettante marionette, abbia semp-re qu.e!l'intensità persuasiva che è necessaria a tutta la commedia; che dev'essere intesa senza esitazioni e senza p-revenzioni. Ma é certo che anche quando il movimento scenico sembra spezzato o indugiato senza una -ragione palese e buona, quasi per un caso d'imperizia, si deve sentire che questi pe-rsonaggi continuano a vivere tn una regione fantastica e astratta. Pe-rchè quel che essi dicono vuole essere piuttosto la voce dei nostri pen.– sie-ri. E la astrazio-ie di queste figure è tutta basata su.verità morali, che scattano con sorrisi quasi maligni e con nervosità pervertite ed eccessive. Sono dunque pe-rsonaggi simbolici; ma disegnati con una semplicità magra e stecchita che è caratteristicamente italiana. Se fossero stati simboli d'importazione forestiera, la commedia sarebbe stata medioc-re e brutta; ma invece sono nati da una vitalità sincera e sentita. Qualche volta, esu.be- ranti; qualche voLta, con i segni della Legnosità disperata e t-riste delle marionette vere. Ma se chiamare marionette questi personaggi può essere stata magari un'astuzia, turtavia essa è pienamente giustificata da certi tagli psicologici che essi hanno; e dalla loro azione, che è sempre subordinata a una trama fantastica, concepita senza lasciarsi impacciare da queLla tecnicamente teat-rale. Risulta, per i più, un'audacia non intesa alla p-rima, ma tuttavia eguaL– mente persuasiva e bella• Rosso di San Secondo ha scritto questa commedia in un tempo d'insonnia morale; e deLla vita ha visto soltanto le- linee b-rutaLi; quelle linee che parecchie volte coincidono con La nostra disperazione senza scampo. Si produce una specie d'isterismo che giudica le cose piuttosto come se fossero possibili fo-rmule o astrazioni discutibili. Si vuoi trova-re, allora, nella realtà sensuale della vita soltanto quel che piace ai nostri pensieri, riducendo i! mondo a una visione filosofica che aneliamo o di rompere o di risolvere in nostro favore• E questa commedia, la cui trama deve Rosso al tempo di « Marionette, che passione!,_» essere vista soltanto in azione sul palcoscenico, é una favoLa ampia e sicura, non di rado ,consolata e mordace. Semb-ra una beffa che vuole sche-rzare del nostro pianto e dei nostri sentimenti; ma dopo averli riconosciuti ed esaltati- Non si può dire né meno pes– simistica, perchè il nostro cini8mo è di td dal classico pessimismo; in noi c'è anche un senso di rivolta; che, se anche impotente, ha tuttavia un sapore di co-rdogLio. Rivolta e cordoglio: due elementi morali, che in pa– recchi di noi, e nei personaggi di questa commedia, stanno sempre insieme Da questo pu.n.to di vista, Rosso di San Secondo ha scritto anche una commedia lirica e spregiudicata. Si tratta, di fatti, di un lirismo non cincuchiato o dolciastro, ma bruciante e dolorante. Questi perso– naggi che sembrano inconsci come marionette, hanno in sè il malessere troppo impacciante deLla lo-ro co– scienza; e non riescono a tacere o a dire quel eh.e vorrebbero. Invece, a malgrado degli sfo-rzi che ci mettono, le loro parole sono semp-re contro a loro stessi e inesorabilmente ostili se credono di potersi accarezza-re. I loro sentimenti, nello sviluppo essen– ziale della commedia, non ammettono possibuità di aLleanze sognate o convenzionali; ma debbono sten– dersi convu!sivamente per tentare invano una sim– patia -recip-roca. I sentimenti ,.-estano sepa-rati t'uno dall'altro, quanto più si spiegano e si deforma.no per toccarsi: ci sono leggi sardoniche e ironiche, che im– pediscono sempre un qualunque riposo: essi reste– -ranno neL petto dei personaggi come ingombri che non possono andare nè in su nè in giù.. E la commedia s'interrompe tragicamente, con !a su.a rigidità mario– nettistica; cosi come s' e-ra impostata con un ingan– nevole senso comico. FEDERI.GO TOZZI (da « Il Giornale del Mattino », Bologna 5 - 3 - 1918) UNO SCRITTORE NEL SUO TEMPO * Condanna di un'epoca * di GIOJ' ANNI CALEiVDOLI I personaggi teatrali di Ros– so di San Secondo e quelli di Luigi Pirandello sono spesso legati da una prof0<1da conso– nanza lirica e sopratutto mora– le: li scuote un'agitazione si– mile, li tormenta un 'insoddisfa– zione che egualmente si tende fino al limite estremo dell'esa– sperazione, li anhlenta talvolta un medesimo sforzo ed una medesima illusione di impa– dronirsi di una realtà superiore che si rivela invece inafferra– bile. E gli uni e gli altri si muovono in un'atmosfera atfo– cata e irresolubile di ansia. E' stata perciò ricooosciuta fre– quentemente una parentela fra l'arte dei due scrittori o addi– rittura è stato stabilito un rapporto di discendenza, sia pure vago e parziale, del più giovane dal più anziano anche a ragione della loro identica origine regionale. della purezza ellenica, illumi- ra di Rosso di San Secondo e nata da un'alta :perfezione, si quella di Lu:ig:i Pirandello pze– accompagna indifferente e so- sentano alcuni foodamentali vrana ad una realtà squallida a5Petti comuni, si deve sopra– e crudele dell'esistenza quoti- tutto alla loro stretta contem– diana. In breve spazio si rin- po.raneità che non è soltanto novano i contrasti più aspri e cronologica, ma sopratutto spi– incoociliabili fra l'ideale com- rituale. piutezza di un'età irremovibile, Intorno alla prima guerra tangibilmente tramandata dalle mondiale essi sooo i due scrit– architetture dei templi dorici, tori che più acutamente avver– e la combattuta e volubile mi- tono nella letteratura italiana seria del tempo presente che il grave smarrimento di valori si syolge nei cunicoli delle mi- con il quale si conclude - e niere e nei campi brulli dove talvolta sotto ap,>a..=e ingan– l'uomo aiuta la pianta a difen- nevoli di felicità e di spensie– dersi dell'arsura del sole e dal- ratezza - la civiltà dell'Otto– la aridità del sasso. cento. Questa civiltà aveva or- Rosso di San Secondo sfoglia con Giovanni Calendoli « Il ratto di Proserpina», che è ·l'opera più complessa dell'ultima maniera del drammaturgo, Il critico Giovanni Calendoli ha dedicato a.I « Teatro di Rosso di San Secondo ,, un volume edito da Vito Bianco in Roma. Al volume, del quale è pubblicato un breve stralcio in questa pagina, è stato attribuito il « Premio Silvio d'Amico», assegnato quest'anno a Saint-Vincent La rocca di Caltanissetta do– ve Rosso di San Secondo è nato nel 1887, guarda verso la landa delle zolfare e la valle di Agrigento, che è la città natale di Luigi Pirandello. E' una zona conclusa della Sicilia dove la intatta sopravvivenza - ei due scrittori è, intatti, gogliosamente proclamato un una medesima inclinazione al- codice di certezze spirituali. le opposizioni nette: essi ve- Aveva scientificamente sepa– dono la vita e l'uomo non nel rato il bene dal male, condan– loro graduale variare, nel loro oando ed assolwndo con sicu– sfwnato evolversi ma negli rez:za. Aveva veduto nell'uomo scontri recisi, negli stacchi vio- un organismo morale che la enti. nelle rotture insanabilL psicologia con le sue leggi e Ogni movimento, nelle vicende con i suoi mezzi di indagine e nei personaggL diviene una può swlare nei più riposti frattura. Ed in questa predi- meccanismi. Aveva affermato sposizione è indubbiamente un la realtà della Nazione nella riflesso del mondo nel· quale quale gli individui si ritrova– sono ambedue cresciuti ed al vano na turaimen te coocordi. quale sono sempre rimasti in- L'esperienza contraddittoria dall'Istituto del Dramma. Italiano mamente legati. Ma, se l'ope- e inattesa della guerra, che invece di concludersi con il trionfo della giustizia aveva moltiplicato ed acuito le soffe– CAPITOLI D UNAGEOGRAFIA SPIRITUALE renze individuali ed i problemi scciali, determi.::iò una vasta perplessità, una nuova amarez– za, un'inquietudine più diffusa. Ma quel codice di certezze spi- * di SA 1\ 1 TI SA 1 1 A Rl \TO rituali, che la civilt.à dùl'Otto– cento aveva composto, non fu interamente distrutto. Per de– nunciarne l'inconsistenza Lui– gi Pirandello e Rosso di San Secondo, invece, non avevano Come si fa a capire sul gu.ale per tutti, v'è qualco.sa man mano si chiarisce. si af- assorbe. con.tempera: Rosso. il di persona il su.o tributo alla atteso la prova della guerra se-no H._ooso se non si_p-rende dt diverso tra gli uni e gli fìna, si illumina. Rito-rna. ac- più giovane e iL viù fresco, conoscenza di se stesso, degli Nei primi tre lustri del Xo– su.l seno la. natu-ra dt Rosso, a!t-ri. -pe-rchè vi sono queLli cresciuta e ripulita, in Climi abbatte, frUCTLssa,irride, e con uomini e di Dio, perchè il vecento la scena italiana era le s~e espe-nenze, la su.a for- che più degli altri conserva- di tra,gedia, si ewrime elo- !'eS(! )erien.za di cui diviene poeta Rosso vuole a ogni co- S!ata· quasi com,pletamente oc– mazwne spintuale? no nel loro istinto vwa la quentemente, e in forma eh.e ricco. si Lancia alla scoperta sto vedere e cantare. In qu.e- crupata dalle folgoranù appari- In un a-rticolo dell'll ouo- memo-ria del sole da cui p-ro- di-rei divu.lgati11;a, nell'esordio della segreta natu,-a con dio- sio stato d'animo si ca.pisce rioni di Gabriele d'Annunzio e b-re del '22, Rosso s;piegava ai vengono, e sono quindi istin- di Una cosa di ca,rne. nisiaco fervore. Non per nu.l- che si vossa giunge-re alla so- ~edi~;;~c~eii~~o~de:,a~~= suoi amici del Nord qu,el clie tivamente più _vici71,j alla sor- Sembra che pe-r -ritrovarsi la Dionisio è il solo dio che glia della pazzia, dove soio lismo, come Marco Praga, Ge– stava avvenendo in casa no- gente della vita, e quelli in pli uomini del Sud abbtanol gli antichi rafjigu.ra -rono pie- la prazia illuminante può evi- rolamo Rovetta, Giannino An– stra, e affrontava La questio- cui tale memoria si è in pa-r- bisogno dell'e~erienza del vinetto. L'altro dionisismo, tre la catastrofe. Nella vita tona Traversi, che sono stati ne, diciamc così, geografica te o ~uasi d~l tu~o afjievo- Nord. E tutti parto,w pe-r iL quello 1)'Tofu.mato e imbellet- e. nell"arte. E non ci venga a poi definiti borghesi. In realtà con Ch880luta spregiudicatezza, lita: l ist.nto in essi non -par- Nord, in Germania, in Olan.- tato di certa lette-ratu.ra. è ar- dire padre Mondrone eh.e Pi- essi oon celebravano i fasti affennando cioè che la geo- la più, avvolti in sordità neb- da; in Norvegia: Pirandello. tificioso, afrodisiaco, vizio, randello tenne a battesimo della classe borghese e neppu– praf'°' c'entrava soltanto in ~ios~. ".llora son cost-retti con. Cesareo, Bo-rgese. Rosso. Per non natura. L~ tlll!(a_ pe-r com?iaci~en!o re ne eSPrimevano consapevol– ._1,u.t appros~m,m,va, tanto l a-rbtm-w del c':roell~ a cer- Verpa il Nord sarà Milano; Questa la genesi dell'arte di nonnino ~rgogl_10so di m- mente gli ideali. Erano stimo.. pe-r intenderci .. e. che non so- care t J?UnteLli dell esisten- pe-r Ca_ptuma, Firenze. Rapi- di Rosso. La quale sorprende Po_te. Che dtSCOTSt son que- lati da una generica curiosità no tutti ~ordici_ qu.eUi che za ». Ch~ sa-rebbero _dunque sardi rimase a Catania alLa abbagli.a, sconce-rta. Partita sti? Pirandello co~osce Ros: morale e accettavano. sempli– stanno net paesi de! Nord! i n~~ict? .« I ~a~s~ !ntell~t~ scuola canora e titan!?ggiante dalta natt~-a!e irrequietezza, so. lo ~ma. lo amm~ra. pe-ch.': cemente, almeno una delle cer– come non sono tutti solan tu,alt, i falsi po!ttict, i sad,sti dt Domenico Castonna. /n. fìltrata attrave11SO le e~e- lo capisce; non c'e nulla di tezze proclamate dal codice ot- :quelli eh.': stanno nel Sud. E dell'~rte! i d~ma~oghi, i com- dizi.o sicuro per l'esame del- rienze nordiche che provoco- co1'.1p1ac;?-te i.n. qu':llo ohe ~:~;f::P~~e;il~iarechee del~ per la prt1na voLta enunciava messi via.ggiaton della poe- la tempe-ratura dei vari sc-rit- rono queHa che il Serro e-re- scnve, ce la p101a dt consta- quella che sarà la su.a idea- sia, p!i avventurieri della vt- tori siciliani. E nel No-rd tu.t- dette una e-risi _ e se l'in- tare l'esistenza e la consi- scrivere tutti i miS t eri dell'u0- d ! . · · · t · ·tu l t · 'd t d f mo, SPiegare le sue azioni e ma -r:ei esser.e g i uom~nt in a spin a e, tut o il -ranci o ti rit-rovano. chi più chi me- tese in senso di processo di s ~a i «_una !l'i<?V <J.ne an - le sue reazioni, analizzare e c_~diz_1o~e di passegge7:. _tut- b_orphesu.'!11-eb~pensant~. le no, I.a propria natura e la acquisizione e di Hbe-razione, ra~a c-re_at1;cedesttnat~ a la- risolvere in maniera accettabi– li indistintamente degli emi- zitelle acide e glt eunuchi pu.- prop-r1a antma Qualcuno, il intese giusto - l'arte di setare di se una traccta pro- IP i suoi !)<l'obleml interiori Il grati, « emig-rati da una sfe- rita11i il 'P'TOf Pssoru.me stan- più debole. an~he se appare Ro.•so si afferma subito auto- fon.da e incancellabile"· carattere comune della cosid- -r~ più cal.da , più vib-rante, tio, i falsi piovani del pen- il più forte, Borgese. nel Nord noma complessa tempestosa. SA!l.'TI SAVARlJ'!O detta commedia borghese del- più luminosa, dalla rruale un siero tutti coloro insomma in et rimane im.oip 1 iato: qualchelEd è cosi pe-rchè l'uomo Ros- l'ultimo periodo è appunto piorno _pa-rtirono e alla qua_le cui l'i•tinto è mo-rto. 7 . fal- a!t-ro, di inteWrien::a pitì sot- so c.'è dentro tutto, col stto Da Il « punto , 1 su Rosso in quello di presentarsi come un fo-rse -rttorne-ranno. Ebbene in .snno, frantumano, sottilizza- ttle e rii natura p;ù prepo- sangue i suoi nervi i suoi « Scenado », anno Xil, n. 7, paziente esercizio di ricerca questo passaggio terreslffe, u.- no 11. E codesta idea-madre tente, Pirandello, discrimina, pensieri, pe--chè Rosso paga luglio 1943. psicologica. Data una situazione

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