la Fiera Letteraria - XI - n. 18 - 29 aprile 1956

:Comeuica 29 aprile 1956 POESIE di G~useppe Villaroel }f.. Ed io di me Ed io di me, dell'occulto pensiero che fermenta nel cuore e i disfà, altro non colgo se no11lo sgomento d'essere 1in vano battito d)a,·tede, De11tro 1ma schiavit,ì di i;e11e e sangue nasci. o st1•pe1ulafantasia, nel rischio d'ogni secreto 11,m.01·e. An.im.a, e dove risiede mai la tua perfetta l1wef Dove si sm.o,·za, dove avvampa il fuoco del divi110, e il mortale in.cr• bo incombef Sala operatoria Ed ecco i,1 fo11do alla ferita schiusa pulsare iZ-cuore sin,ile a ima fiantma. Urge il sottile palpito vitale nel so11110 del sopito. Alt, no,1 terre11a più,,· ma cel.e.ste essenza, in quel silen~io, appare l'uomo agli occhi mj.ei stupiti. Vita, mortale fosforo che brucia dentro la carne, simile al notturno crepitio delle stelle in mezzo al cielo. Silenzio Padre, le sere i lruighi trelli a riva e le stelle sospese alle scogliere, a risacca di mare. Il vento secco delle zdgare nuove nei giardi11i. Segno di lume alla finestra e il cupo dorso selvoso del vulcano. Entr<Wi alto 1tell'omb1·a. La cucina nera schermata dalle fiamme e il volto chillo della mamma. Di voi solo silenzio ora resiste. Lucida dal 1nare la 11ottecala s1d velieri antichi. A sera il fiume A sera il fiumie ha la tri-stezza dolce dell'autioino che sa /.'umido afrore delle foglie marcite lltngo i viali. Triste cuore, trasmigri ove nessuno. ca,nmina piri di quelli che ti amarono. A quest'ora la vecchia drogheria odo,·ava di origano e di menta sotto la fiamma dell"acetile11e; le carrozze sbalzavano sul lastrico. Laggiù, llel porto la città sommersa i>i un sentore di catrame e zolfo e la lruia coz suo viso di morta. }(-._ Tutto è lontano e inesistente Ma questi buoi che vanno a sghembo e macchiano di bianco il nero solco della zolla, se discende la sern s1<lcig/io11e del colle, da11no "" senso di tristezza in ta1tta i1tdi//erenza di silenzio e d'alberi strtpìti e di montagne. Tutto' è lontano e i11esistente. Il tempo, /1•li.ggi11oso,-i.>npolvera il ricordo di qllel che /rti. di qrtel che sono: avanzo di giomi seppelliti, vita effimera, sùbito apparsa, sribito sbiadita. Stradesommerse Strade sommerse al br•io e lo11tana11ze di néb!lle riflesse /ti.Ori porta. Ltwe, ,·i.sali sulla terra. Il rombo della città remota è w, le11to flusso alle soglie del -sonno. Estranei porti a sfondo di canali e lume d'alba in un tra11q1tillo nascere di forme. Alberi, po11ti, cime di montagne sotto un cielo sbiadito. E trt, mortale peso à'inga11ni e di tristezza, vita, alle riviere azzi•rre del mattino. Sequenza Ah, qu.estò calmo senso di 11atura, inaspettata tenerezza, amore, se ti, ,n'appari, in fo11do alla pia,11,ra, i,, wn meriggio di a,itico sple11dore, trepida e bia11casrti sandali snelli, l1t1igo un dolce fiorire di na1-c1S1; . e sta11no i segni dei tuoi gesti incisi qua-si nell'aria e l'oro dei capelli. Ti portastinel sangue Ti portasti ,iel sa,igue il tuo segreto come il ve11to si porta lwigo i lidi l'odore dei giardini. Ma tra.luci, oggi che più non mi sorride amore, . col tuo volto, i t1roi sogni e le stagiom, dolce di pianto e riso, tra i rami e il volo delle foglie morte. come l'autunno alla campagna spoglia. ltledianica Nasce dal nulla la 111 i.a pena; e il cuore duole a portarti di nascosto, come wia colpa. Tu sei, semvre, l'amore. Pi,, vivo, adesso, che il distacco oscura la 110 tra r>ita; e, l'imo all'altra est,·anei ritorniamo i,1 noi stessi. arsi dal pianto. Migrano intorno l'ore immensurabili e 110nha senso il mio triste stupore. Sei rimasta nell'ombra delle strade, ove passa-sti col tuo fiato; e t1_1tto, dalla terra e dal vento, a me ritorna seg11ato della tua m!lta presenza,. in qu.esta primavera senza tempo, perchè tu vir>i, ed hai voce di tomba. GIU EPPE VILLAROEL LA fJl::l{A L.t:TTERARIA C01HE ARTE * Snpt•r eo.i,tU.. re lu sua "l'Oe<• ,li '1erhà 11011 è ,-oJo un rleonosel111e11to nUa !lttrt.•11ua ft•deltà ehe •p•e~to pot•ta e amico deJ ptn-ti ha p1.•u– fes~ato pt-r la pot•sla, 11u1 un contm•lbuto d; t•hiarpzza allo studio dellu prt .. !liente eondlzlone letteraì~ia 11elle più varie tendt•nzt• DI * FRANCESCO FLORA E' di tmm.lnente pubblicazione presso l'Edi– tore Mondadori, ne!la Collana dello « Spec– chio >), un volume d,t poesie dt Giuseppe Vil– laroel, che si intitola «Quasi vento d'Aprile». La raccolta è preceduta da una vasta intro– duzlcne critica di. Francesco Flora, che pren– de in esame tutta l'opera del Poeta, dal lon– tano 1910 ad ogqi. La Fiera è lieta di anti– ctpare ai suoi lettori questo saggio, e insieme alcun.e liriche de/ volume. Lunga la fedeltà di Giuseppe Villaroel alla poesia, da quando giovanissimo, nel 1910, pubblicava Pei chiostri dell"cmima, e, già più maturo, nel 1914 Le vie del · silenzio. Ma La to volozza e l'oboe, nel 1918, dopo il grande hiatus della guerra, uscendo all'insegna ferrarese del Taddei che in quel momento ome editore rap• presentava alcune importanti tendenze della giovane poesia italiana, sorta dopo Pa coli e D'Annunzio, Orsini e De Bosis, i crepuscolari e i futuristi, mise meglio a fuoco le qualità del Villaroel, fin quando La bellezza intravista che è del 1923 die• de occasione a! critici, dal Tilgher aJ Mo· migliano, di considerare il suo particolare accento in rapporto principalmente ai crepuscolari. Altre esperienze del Villaroel, ricerche in cui le prime i approfondivano, trova• rono il loro maggiore equilibrio in 01nbre sullo schermo, che è del 1930 e rappre• senta forse da una parte la maturità rag– gillnta e dell'altra la crisi di certi temi del Villaroel, preannunziando, più che Il cuore e l'assurdo del 1937 e Stelle s1tg/i abissi del 1938, l'lngres o nella notte che è del 1943: a cui, dopo l'Intermezzo delle Poesie d'amore, che •è del J 948, seguiran– no L'uomo e Dio ciel 1951 e finalmente Qiwsi ve,ito d'aprile che oggi si pubblica. . .. essuna forma d'arte, dalla più asser– tiva e autorevole alla più tenue e quasi celata, può valere per la vicinanza che rivèla con i modi di altri artisti e gruppi: e vale anzi (questo è un principio non cancellabile dell'estetica d'oggi) per tutto quello che non ha comune con essi. Ma nella storia della cultura, che ha p:rr bi· sogno della sua economia e magari dei suoi schemi, associare gli artisti, seco:ido certe affinità, è pur un modo cli rlspar• miarsi molte osservazioni ])articolari sul• la loro opera, perché subito evocate dalla contiguità con una scuola, come un tempo si diceva, o come oggi usa dire, per facile parola dispregiativa. di un clan. Ma la posizione cli Villarocl tra i coe• tanei rimane irrequieta, e iscriverlo in un gruppo non è affatto agevole. li che in definitiva ha nociuto alla piena com• prensione .della sua arte, nelle fragranti qualità e nei limili. E' vero che il clmt impigrisce il gusto e ponendo esclusioni, mentre è acuto a scoprire la virtù espres• siva dei com•poeti, è sordo e cieco di fron– te a quella degli altri, sebbene, secondo l'espressione del pascare!Jiano rapsodo nella Scoperta <lell'Americci, tutti sia110 nella storia. Inevitabili i clcm e talvolta incontestabilmente legittimi,, tanto ,·ero che contro cli essi non di rado la prote ta muove soltanto da c/a11 opposti. Ma Vii· laroel non è clanista. La nostra vocazione alla storia lettera• ria, ove i contendenti di certo periodo che si escludevano a vicenda ci apparvero poi egualmente pre enti, e talora vicini e an• Zi per il gu to moderno addirittura simili. e gli uni e gli altri necessari, ci ha sem• pre portati, non per diletto di conciliazìo• ne ma per cautela di esperienza e per impegno di verità, a cercare la poesia nelle più di\"erse correnti: e ci sembra questo il piu icuro metodo per conoscere la continuità concorde-discorde dl una ci· viltà letteraria. Si può seguire il cammino del Villaroel per lo meno dal 1914, quando nei suoi ver• si, accanto a qualche barlume personale, si avverte il D'Annunzio isotteo, come nel sonetto Il pomario ro o. che è parnas– siano di spiriti e di forme: E l'aromci per l"aria si discioglie conte da rm incensiere, so11ra rm giallo tappeto, che in un tempio di cristallo esali volutU, d'oscure voglie. E c'è in quelle Vie del silenzio • il so· spiro liturgico de J' Ave>, e appaiono i moduli di Gabriele nell'uso dell'articolo: a li amanti, de li agresti canti, ecc. Più intenso si fa il canto del Villaroel già nella Tavolozza e l'oboe, colore e me• stizia: l'oboe che fu paragonato al vers"O novenario ha un suono che sembra par• tecipare dello strumento a fiato e di quel• lo ad arco, e soltanto l'eretica ignoranza, che ha fatto !!nanche usare l'organo in motiVi sincopati di danza, potrebbe usar· lo a temi di letizia. Poi La bellezza intrci• vista in qualche modo perfeziona e con; elude la poesia giovanile dell'autore. Titolo signiiicativo La bellezzet intrai;i– sta in cui l'autore palesa una nuova con• sapevolezza del carattere della sua arte, e precede e indirizza il lavoro dei critici. Alcuno di es i, insistendo sul nucleo < ele• mentare > del mondo di Villaroel (nè il critico, quando scrisse, poteva conoscere gli sviluppi di Ingresso nella notte o di Ombre sullo schermo, sebbene avrebbe potuto averne un qualche presentimento), pose in rilievo il motivo del desiderio che solo può po sedere la bellezza, giacchè nel reale dell'azione es a è irraggiungibi· le. E notando il progres o dell'arte del Villaroel lo fece consistere nella maggior coscienza che il poeta prendeva ciel suo mondo e perciò nella p:·eci ione ccn cui lo esprimeva. Altri, parlando di Lfna • tri• stezza. ,·elata> e cli • nostalgie indefinl• te > sembra già cogliere, pur senza dirlo, un:, più intensa possibilità poetica dello autore, e perciò il preannunz,o di quel che i più ma turi volumi sveleranno. Altri ancora additò la vena della malinconia, altri lo disse spirito musicale velato di tristezza, altri ancora, certo riferendosi principalmente al versi per la posa mor• ta. pose in rilievo l'elemento elegiaco del Villaroel. Taluno, il Gargano, che fu 11 fedeiisismo interprete del Pascoli, pur no· tando il paesaggio un po' malato• (che è forse un sospetto eccessivo nell'acuto lettore), pose in rilievo quel che nel Vii• laroel è <- caldo, morbido, sensuale> e lo disse < poeta nostrano, meglio: siciliano>. E Riccardo Forster. che ebbe nome al tem• po della rivista FlegrBlt ed esercitò la critica nel Matti110 di Edoardo Scarfoglio, mentre osservava che il Villaroel non ha nulla di cabalistico e di oscuro, aggiunge• va èhe < nel figurare e accennare l'ine• spr~sso e l'inesprimibile> il Vil!ar021 è • anche troppo compiutamente espresso;,. Che è notazione altehta, in quanto accen• na al pericolo che la nitidezza ideativa e melodica del poeta può talvolta appa• garsi in una immediatezza non aneora ,liricamente elaborata e matura. ... Un'aria di famiglia è tra i poeti più diversi di quel petiodo che sorge dopo le Laudi e dopo i Poemi conviviali e le Odi e gli Inni e magari dopo Orsjni e De Bo• sis; un tono che vuol tàlora declinare dalla poesia quasi al)a convers.evole pro• sa, sorretta soltanto da un agevole metro e da i;ime dimesse. Quest'aria Sl riconosce anche nel Villaroel della Béllezza i11tra· vi.stn: e si 1iconosce in certi suoi moà; realistici, quali apparivano magari nei Gaeta; ma ciascuno. dei nuovi poeti di qualche impegno si distìgue p r un suo diverso alleggiamento verso le .cose. Intanto l'ironia appena socchiusa ,dei in una specie di ars amandi, ove l'impeto stesso ciel senso, più che trasfigura,si, emp1va ·di private significazioni le pare· le. ancora abbandonate a una cantabilità che teneva luogo dell'elaborazione. Ma g:à nelle prime e più cariche sensazioni egli rivelava, non a contrasto ma come conseguenza di quella ua bramosa car• nalità, una segreta inso:ldisfazione che, al momento della sua miglior poesia, di• venterà la grave malinconia non più del• l'animai triste dopo l'amore. ma di çhi avverte con sgomento il confine dell'uo• mo e il suo destino. Puoi immaginarti un Villaroel pronto a oscillare e cedere in certe pratiche con• tlngenze, quando anche l'ap?rta bontà na• tiva, che amerebbe quiete per tutti, può diventare una piccola insidia o· inerzia del nostro egoi mo (salvo· le imp'rov,ise jmpennate che sono come la rivincita di un sano e generoso temperamento): non puoi immaginare un VillaroeJ che riesca a fatturare i suoi versi per accomodar i a una voga che egli non possa sentire. Un primo caratte1·e dell'arte del Villa– roel si manifesta nella orosoclia e nella metrica di scoperta melÒdia, che nel pri– mo suo tempo troppo spiegata, come s'è già accennato, s'è fatta sempre più rac• OTTONE IlOSAI: ~•csaggio cosiddetti crepuscolari sulla propria ma– teria d'ispirazione e sulla propria forma era un altro carattere che in quel periodo spiccava, per quel derivare di corsivo dal gigantismo dannunziano e magari dall'e• roico degli inni pascoliani: e ad esso ta· ]ora si alleava un gusto di convalescen• za con un dolente disinganno non della azione, neppur tentala, anzi rifiutata in una confessione di incapacità o di impo– tenza. ma del prevenuto· atteggiamento di rinunz,ia. E l'ironia era una elusione, una maniera di far sospettare drammi o al contrario insinuare un sorriso o un ammiccamento di malizia su un dramma che non i voleva preso sul serio. Una diecina d'anni dopo quel lucciollo che con• fessava scoramenti e deluse velleità, ac– cettandoli senza altra reazione che un sor• 1'iso' o un finto sorriso. fu molto usato in Italia !"aggettivo <disincantato>, tra• dotto dal francese. ma che bene avrebbe qualificato, anche per quel tanto di sno: bistico che è nella parola tradotta, molti ver i del periodo crepuscolare. Ma chi, ammessa la comune aria di famiglia nei modi dei giovani poeti di quel periodo, volesse collocare il Villa– roe! trà i crepuscolari. èome talvolta !u fatto, cadrebbe in inganno. Villaroel non è una natura ironica, e nei versi non ri• vela mai neppure un larvale tentativo di certa virtù umoristjca che appare in alcune sue prose di memorie, e la sua delusione della realtà non nasce da una preventiva rinunzia ma da un'accesa par• tecipazione del senso: nè trovi in lui al• cun compiacimento di non so ere cronica convalescenza. Nell'arte scoperta, e in quegli anni an– che troppo scoperta del Villaroel. nessu• na elusione o evasione ironica. o !'equi• vcço di non sacrale sibilla, il quale per– metta di considerare serio, secondo !'oc· casione. quel che apparh·a scherzoso e chenmso quel che a1>parjva serio: asser•· tivo quel che era interrogalivo o vice• versa dubitativo quel che era affermativo. Villaroel portava un'immediatezza di enso e di fuoco siciliano che avrebbe po– tuto perderlo, e che fu il suo costante pe• ricolo, minacciando spesso di risolversi colla e interiore, specie nelle cose più re– centi. Fedele lungamente alla rima e sem• pre al ,·erso tradizionale, specie all'ende• casillabo, non mancarono nella sua pro– duzione giovanile e in parte di quella adulta, i sonetti. L'onda melodica è chiara, di nitido e persuasivo di egno: "oh, come lieve -'– scende la luna fra gli ulivi a valle >, o più disteso < ove al sopore blando degli ulivi, - cantano le cicale e il chiaro fiu• me>, o ancora: e alle riviere azzurre del mattino.: « i a sopiscono i pratie muo• re il vento>, < in quel silenzio d'alberi e di luna>. E recherò ad esempio di que• sto dono melodico, del quale le citazioni dalle sue più diver e poesie ·saranno una costante e tacita conferma, i versi che si intitolano Aria: No11 te rimpiango, l'abbandono e l'arte; ma la malinco11ia le11ta del tempo e le sere sperduti entro le nebbie e re strade specchiate ai po11tt e L'o11da dei velieri nei porti e le stagioni . e la luna disciolta alle racl1tre. e questo senso d'aria sulla terra. O que ti altri versi, celti sollaAto per• chè palesano l'a petto meditativo (e talo– ra un bilicato ragionamento, empre pe• rò, o quasi sempre, melodicamente espres• so) del nostro poeta: Dalla 11wteria, i11srto ciclo segreto, sgorga ogni lume di pe11sieroe d'arte: /irune che scorre sull'immoto greto ciel tempo. verso una lontan(t foce e torna alici orgente onde si [)arte come nell'eco il timbro della voce. Accanto ai metri che già furono. pres o i giovani poeti del suo primo tempo. una mescolanza o una trasmutazione del D'An• nunzio paradisiaco nel Pascoli e del Pa• scoli cli certe quartine d'endecasillabi nel D'Annunzio.' (una metamorfosi come quel• le dei serpenti in uomini e degli uominj in serpenti nell'inferno dantesco), com• paiono nel giovane Villaroel quei versi lunghi. che embrano, coi modi italiani, valendosi principalmente della congiun• zione di novenari con novenari o ottonari. rifare la tonalità dell'ale sandrino fran• cese e in alcuni casi dell'esametro barba· FRANCE CO FLORA ro. E talvolta. come nel Ve11to (della Bel• ,ezZ<t intravista) e altrove, di quel lungo schema prosodico il Villaroel si fa un e!!jcace pentagramma sul quale può va· rjamente svolgere la sua arcata: Ma le cose t'aspettano ancora perchè hwn san..,w che tu, (o mia sola creatura\ch"io amai sino at !pianto; e perduta!) non tornerai più, co1t 1ne che so tutto [e, con 111uta a,1goscia, t'aspetto lo stesso; o creaW· [ra che n.on tornerai 111.aipiù! E accanto al verso lungo, magari con rime interne, che non è arbitrario o div_i· sibile perchè in quella ua lunghezza pro• sodica ha uno spontaneo _respiro e una spontanea misura. i versetti. spes o no• venari, soli o combinati con ottonari: L'estate s11ibianchi velieri è gi1mta alla terra dal mare. L'ho vista q11est'oggi approdare senza remi e senza nocchieri. Natale combina nella strofe due otto• nari e due novenari: E noi si stava a pregare con. un segreto tremore; perchè il nostro picolo cuore cosi com ineia ua aà amare! V'erano nel primo Villaroel, ed egli ha poi faticato a liberarsene. certe riprese un p::,' facili: (Felicità, trovata all'im· provviso ... Felicità, sei mia ... Felicità, nel– le tue ciglia ombrate), anche quando pa• lesemente si djsponevano per un crescen• do (Il sole è stanco: - s'indugia ancora nella sera triste. - Triste la sera, sen• za stelle e senza - canti. Triste la sera). V'erano soluzioni troppo agevoli (Pal• lidi guizzi nell'oscurità) e ne incontrere– mo più d'una; ma il Villaroel è pa sato a un discorso più inciso, facendo sempre megUo coincidere il sentimento col metro. Alcune espressioni rimanevano un po' generiche, come, del resto, presso molti alLri suoi coetanei: poniamo l'aggettivo <strano> che spesso è espressione prov• visoria che dispen a della ricerca di una immagine cqncreta: < sentori strani>, < creature lrane >. Ma egli è venuto eliminando non sen– za rigore que te conces ioni alla cantabi• lità e alla genericità. E di lui si può ve• ramente dire che formalmente ha sem• pre progredito su se tesso. Il progre so formale, la liberazione dal peso del sen q e da certi suoi futili ri· flessi, diventa sempre più palese nello svolgirr.ento del Villaroel, dalle prime al· le ultime cose. Nelle va1ie riedizioni le poesie acquistano di compostezza e rigo• re, e le correzioni consistono il più delle volte in utili rinunzie ai versi ch'erano rimasti esornativi o magari galeotti: si risolvono in una concentrazione dei le• mi. Cosi non ha esitato a cancellare in• tere strofe e talora a ripudiare interi componimenti. Ha camminato coi tempi, pur restando fedele alla sua natura e al suo tempera– mento. on è stato insensibile neppure ai richiami della poesia post•impressioni• stica e atonale; ma sempre ha serbato una sua raccolta fede ai metri e alle in– f•lessioni del bel canto, e in essi ha tra– sfuso, per sentimenti e immaginj, e tal• vo\ta per semplici accordi e cadenze, ii colore dell'i ola nativa, la cui sostanza celeste e terresh'e e marina forma nella memoria la sostanza prima delle sue pa• role. E sempre tendeva ad un pieno di· scorso, come mostra principalmente il volume che s'intitola L'uomo e Dio. Tra gli elementi costitutivi della poes.ia di Villaroel si offre subito il senso volut– tuoso e voluttario delle cose, che princi• palmente si concentra nella femminilità, Cl)sicchè la donna raccoglie in sè per il desiderio dell'uomo ogni frutto e fiore e ogni luce e musica sensibile del mondo naturale. E non sariJ. poi meraviglia che la donna, veduta nei suo carattere cli ele– mento sensibile e a un tempo simbolico dell'intera natura, non sia soltanto l'oc– casione di imbestiarsi e anche direi ve– getalizzarsi. annullando talora l'aspira– zione poetica, ma l'occasione di sollevar– si dal senso e dal peccato alla contempla– zione, subito uggerita, dei dissidio tra la realtà e il sogno, sino allo sgomento del divino. Pag. 3 Dopo le pessimistiche preu,, sionL di Jules Romains -che av-– va parlato de t< Le prtncipalt angoscte del mondo attuale », e l'amaro « Sguardo sul mondo» dt Paul Regnaud a cut l'Earo– pa appare fatalmente divisa tn Oriente e Occidente, abbiamo ascoltato martedi. 17 aprile al Teatro Eliseo, sempre per tni– ilaltva dell' Assocta.ztone Cultu– rale italtana, Salvador de Ma– dartaga parlare con umanistica Seremta de « L'Esprit de l'Eu– rope ,,. Dopo aver distinta &.esoltda– rtetà materiale fra le 11a.ztont, che è fatto causaU, pass,vo, da cut può nascere un corpo ma non un'anima unrca, dalla So– ltdanelà morale creata dall'uo– mo e creatrice a sua volta, spi– nto segreto e profondo in cui i popolt riconoscono una comu– nanza dt destini, l'oratore -con– itatata che questo spinto man. ca oggi. all'europa e auspl_ca la l'idea di questa soltdarteta mo– rale su cui deve fondersi tl principio della comunità euro– pea. Né la vaneta dt spinti del– l'Europa, né la sua rtccheua df tip, umani sembrano a De Mariaga ostacoli alla co,t1ti.:.- 2tone di un'unità europea; git appaiono anzi creatrici capaci d, coordinare la propria vane– la in una. comunanza. di _inte– resst spirttualt. Cos'e dunque spirito d'Euro– pa? De Madanaga lo definisce sopratutto dal ,uo tono md1v1- duale, così distinto dal tono collettivo degli altri popol,; e della contemperanza ed esso di tntelligenza e volontci. * LETTrnE CRITlrHE * CarloBo e il romanzo francese Venerdì 20 APRILE, al Rt· dotto dell'Eliseo Cario Bo ha parlato per « Letture crrtr.c:h.e H su ccTrent'annt dt romanzo fran– cese (1'20·1950) » Facendo la Storia di questi trent'anni dt romanzo francese, che vanno grosso modo dall'an– no in cui Roger Martin du Gard pose mano al suo « Les Tlu• bault n all'anno del sartriano « Le chemin de la Ltberte », Bo ncerca le ragioni per cu1 alla fiducia nel romanzo inteso co– me costruzione dt un mondo totale st è venuta sostttuendo la diversa concezione che fa del romanziere il demiurgo tal– volta crudele, che viole-nta. 1 suo, personaggi esponendo sen.– ia difesa il loro mondo interi~ re alla violenza della marea esisten;aale. Come estrema espressione del romanzo tradizionale, anzi co– me ca.«, limite di questo, Bo cita e, Les T hibault », in cu1esa– mina i segni premonitori della frattura che viene determinan– dosi nell'ideale classico del ro– manzo francese. I due prota– gonisti rappresentCJ1.o infatlt i simboli di due opposte conce– zioni dt vita: Antoine quello dell'ordine borghese, det domi– nio sulla realtà; Jacques l'Idea– le delL'rnane rivolta, in cui erompe l'ìnquietitudtne dell'epo– ca, incapace d'inserirs, nelf.t;i. Vl– ta. Ma. come il grande model– lo dello scrittore è Tolsto, la Sicilianità di odori densi, estivi, l!tme e fuoco, carnalità di corpi femminili, di frutti sugosi, come in quel Meriggio estivo in cui nel languore della terra snervata, gli uomini in un torpore d'oppio, sembra che <sognino adorando la splendiente bellezza delle forme>. Quali forme? Fondamentalmente quei• le delle donne, la loro carne che brucia, la bocca che ~cotta, e i capelli (passione degli scrittori nel secondo ottocento e nel primissimo novecento), e ogni plastica forma, visibile o celata, di una vivente anatomia. é senza qualcuno di quegli accessi di facilità improvvi amente rea– listica, ai quali abbiamo accennato: < Il tuo pastoso e plastico volume, - quando lo scopri. luccica d'avorio - e odora di acci/,ldata umidità > o ancora. vedendo appena nelle tenebre il volto di una sco• no ciuta, ma udendone la voce: < Ma nel torbido ingorgo della voce - respira la tua calda nudità>. In tutti e due questi esempi, specie nel secondo, l'immagine, che pure h3. una sua fragranza, Si risol• ve in una c!ausola frettolosa, il cui tem– po interno n<'n ha trovata la giusta mi• sura, la giusta durata. Eppure, altra vol– ta, il Villaroel, pur nell'uso di nomi ana– tomici, riesce a porre un distacco, alme• no letterario, tra l'immediatezza del rea• le e la parola. In questa sicilianità, fragranza di im– pasti coloristici e di succhi, anche le per• sonificazioni, come quella della Felicità, sono nel fatto femmine bramose; ma a ben pensarci anche le femmine bramose sono a lor volta incarnazioni e simboli del mondo naturale: I tltoi capelli recano i pro/11ml t'RANCESCO FLORA (Continua a pag. 4) Oarlo Bo cui misura' e forza gli appare espressa nei grande respiro ciel• la campo iztone, così nel tnon,, /o d, Antoine Martin du Gard enuncia le sue conclusion, sul romanzo quale naturale rappr~ sentazione della vita e aderen– za al 'ntmo dt questa. Intanto la nuova concez,one del romanzo dava i suoi Jruttt con Bernanos che spoglia d, ogni dimensione corpo;ea , suoi perso11agg1, fatti simili a om• bre; con Maunac che li s/igu.– ra sotto la violenza delle pas- ion ,. Non p,ù suggeriti dalla storia che aveva dettato a Mar– tin du Gard I suoi motw, nuo– u, umani, questi personaggi– trappola di Sartre. Anch.e per Camus, dal quale è in ,appa– renza rispettato l'ideale clasStco del romanzo, t personaggi sono pretesti e la rappresentazione umana v,ene elusa e sostituita da una log,cci artificiale. Bo attribuisce alla suggestione dt Dos Passos l'estremo crollo di quel!'equr!tbrio nelia composi– zione del romanzo che, già nbo– tito da Célrne viene dissipato e dtSperso nell'rncom piuto « Le chemw de la liberté » di Sar– tre e più torse nel « Jeux de pacience » dt Gullloux. OLGA LOMBARDI

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