la Fiera Letteraria - XI - n. 8 - 19 febbraio 1956

Domenica 19 febbraio I956 L A F I E R A L E T T E R A R- I A Pag. 3 .:..::....:.::....:._.:...:_ __ ______________________ .= - NARRATORI DELLA ~~FIERA LETTERARIA,, IL R Que.sto brano /o part~ dl UH roc• conto non ancora ulttmato fl cvi titolo ge,icralc sorel: lnsalata ru~a. * In quel tratto di strada volle prepoten– temente e sere accompagnata sul mar• ciapiede opposto perché. disse, si sarebbe sentita defraudata della sua porzione di luci e di vettine passando di 11 do,·e, per un lungo tratto. molte ,·ecchle case era– no state demolite ed ora non c'era che una tri te palizzata di legno, ricoperta di manifesti d'ogni genere. Dall'altra par– te in\'ece le luci e le ,·ettine si succede,·a• no senza interruzione. < Questo si chiama ,·oJer ,•ivere > disse Giansiro. ' < E chi non lo sa> rispooe Leonor che or– mai parlava l'italiano quasi ali~ perfEc• z1one. se pur con un leggero accento ro• manesco che pareva piacevole, ma in realtà era Indisponente. Non s'erano domandati dove :nssero diretti, quando Si erano incontrati più a\'anti. tanto lo sape,·ano benissimo· al Ricevimento, andavano; era ov·✓10. 'ma non era cosa di tutti i giorni. Il romanzierè troncò la parola alla si• gnora che ora parlava e gridò. ma sen• za scomporsi: ~fa <'he fuga e non ful(a; . embra impo. ibile che ancor oggi si sia perseguitati dall'idea borghese dell'arte. oggi che ormai anche i... anche i... non gli veniva la parola e pa ò oltre conclu– dendo, forse perché a \'eva perso ;1 filo del disco:-so: < ?sfa anche le idee degli al– tri ci offendono in egual mi ura >. Qualcuno a\'e\'a cominciato a domanda• re chi fossero gli altri; ma \'lmnero of– ferte delle coppe con la ciliegia rossa in mezzo e ,•i fu una interruzione. Quando tutti furono forniti di coppa con la ci:ie– gia. la tennero un po' alta per poter ri– manere ;rncora in gruppo, vicini a1 roman- EVI }f.' di f;( GLI'1~LMO t•~'rRO~I ziere che. prima di assaggiare la panna e la ciliegia, aggiun e: e La ,•ita è una por• cheria, lo dicono tutti del resto; ma i più lo dicono oer darsi tono; lo d:cono in trop• pi, perché ne siano tutti convinti. ~la quando si ha a che fare con qualcuno che ha avuto la ve}ltura di accorgersene sul serio, di persona, allora si può capire da dove nascono I santi e i delinquenti>. < Più delinquenti che santi. il bilancio non presenta difficoltà >. Risero tutti. al– la frase finale del senatore che era meri- dlonale ed a\'eva spirito e parola pronta. anche in senato a quanto dicevano I suol colleghi. Glansiro ascoltava e guardava una :>Il• va in fondo a I uo bicchiere pieno di qual· che cosa. gli passò vicina Leonor mo– strandogli la compatta fila di denti soHdi forse affilati come lame e dlcendogll: e Sveglia. veglia! lui avrebbe anche rl- po to ma non ebbe il tempo; Leonor era Pinta in avanti da un giovanottone biondo che sembrava la volcs e portare lontano. Giansiro plano piano i spostò verso la porta della terra,.za e. senz'es– sere visto, u cl: là. di opra i tetti. i , e• deva il profilo della città. Su quella ter– raua ammattonata c'era un piacevole senso di solitud(ne. d'innocenza anonima. benché tutto fosse tanto antico. anche il cielo della capitale era antico e. con più rag.ione ancora, antica era la maggior cu– pola della città che dominava il paesaggio. TO < Qui ci vieni anche tu. tutti gli anni ci \'ieni. malgrado la tua insofferen,,a. ·on sei altro che uno snob>. < Odio queste immagini. questa città, preferisco i grattacieli di ?.Iilano e le vil– lette borghesi della periferia ·. Giansiro si"voltò, ma anche enza voltarsi aveva riconosciuta la voce del critico della Gaz– zetta che probabilmente l'aveva egu1to silenziosamentl. ed ora voleva farsi en• tlre. li critico ripre e con voèe rabbio• sa. im·eendo tonante e pacifico: < U ba• rocco, oh il barocco, pietre che sembrano fiori, panneggiamenti, panneggiamenti e cupole, cupole da per tutto. Cupole? pen– tole rovesciate; guarda, guarda Giansiro, pentole! Anche Michelangelo doveva esse• re un grosso cretino; non se ne può più. E Il Berninj, quei deficente! >. Giansiro sorri e e assenti. si fece quasi un dovere di assecondare Il vecchio panciuto, irato e pacifico. Il critico tacque e dopo un po• co rientrarono l'uno dietro l'altro. Gian• lna recente folograria di Guglielmo Pctroni < Certo, qui ci ,·engo molgrado tutto>. <Allora?> < Allora che?> < A che scopo ci ,·ieni? > < Allo scopo di fare anche ciò che non :ni piace e che detesto. Forse perché spero di lro\'arci qualche cosa che non Vi tro– verò >. < Sarà, io vado da per tutto, ma trovo sempre le stesse persone, le stesse fac– ce, da per tutto>. < Gli stessi uomini, no?> < Si. uomini > rispose Leonor piccata, poi aggiunse: < se mj piacciono>. <Tanti?> < :'.\essuni > concluse Leonor, ma il suo riso smenti\·a l'affennazione. Poi, dopo un tratto di strada riprese: < !\"on sono ipocrita, io>. < Ed io si, secondo te, vero? > Leonor stava per rispondere, ma voi• tarono l'angolo e la strada dinnanzi a loro era più buia. n palazzo si presentò dinnanzi a loro e sembrava un buco ret• tango lare, con la sua grande facciata senza luci; soltanto attraverso il porton– cino aperto per accogliere gli ospiti SI scorgeva una lampada accesa in mezzo all'androne. e Doveva essere cosi anche cinquecento anni or sono; forse è per que– sto che ci vengo> disse Giansiro a mez• za \'OCe. Sul portone incontrarono Alessandro Gaipa, era sceso allora da un taxi e salu– tò al suo modo, cioé aspettando di essere salutato, ma senza che lo Si notasse troppo. Quando Giansiro gli strinse la mano il romanziere gemette come se gli a\'essero pestato un piede; Giansiro andò avanti, ma con la coda dell'occhio con– trollò Alessandro per sincerarsi se pro• prio, ora, pensava ciò che lui ben intuiva senza troppa fatica. In fondo non era di!fi~ile accorgersi che quella stretta di mano lo aveva costretto a fare delle con– siderazioni su GiansiTo dalle quali rica– va,·a un certo fastidio; ci doveva essere di mezzo un aggettivo come cordiale, op– pure !ranco, un aggettivo che detesta\'a insomma. Giansiro tra l'altro ora sorride– va tutto solo nell'oscurità dello scalone, anche perché vedeva che l'ascesa di Eleo– nor si mutava in un ancheggiare ritmico e voluttuoso: certamente essa già assapo– ra ,·a la gioia di esserci anche lei, al R'ice– Yimento. Puh. cordialità; proprio questo do\'e\'a pensare in quel momento il ro– manziere. Lo scalone era quasi buio e die– tro a loro altra gente saliva. TI ro,;,anziere fu il più sbrigativo nel confondersi con gli altri, forse perché qualcuno gli era andato subito incontro facendo < oh, oh!>. Per Leonor la durata del processo di amalgamazione era condi– zionato alla quantità, ed alla qualità, de– gli sguardi maschili che subito i sareb– bero distratti ,·erso di lei; quantità e qua• lità non mancarono infatti, cosi spari ra• pida in mezzo ai gruppi più numerosi. Per Giansiro invece la cosa presentava qm,1- che diHicoltà: conosceva tutti ovunque si voltasse, anche lui alcuni salutarono fa– cendo < eh, eh!> da lontano; ma a facili– tare il processo di assimilazione del salo• ne nei riguardi dei nuovi venuti, pensa va l'attenta e bella padrona di càsa la quale, anche per Giansiro. oltre ad un bel aiuto ebbe quei gesto che sembrava gli rega– lasse il salone, e con tutti gli ospiti. In• somma ognuno a so11 aise. dopo il tocco magico della padrona di casa. Gians!ro non a\'eva ancora parlato con nessuno pur avendo già scambiato una parola con molti, e non intendeva fermar• si con alcuno, almeno per il momento; del • resto sta\'ano tutti in piedi ad attendere i vini ed t pasticcini. Anche Giansiro sta· va in piedi e non guardava particolar• mente da alcuna parte, per non incontra– re lo sguardo di qualcuno che l'avrebbe costretto a discorrere; posizione ideale, quella, per ~ntire che cosa ~ice~ano at– torno. benche di ascoltare G1ansiro non ne avesse affatto il desiderio. Dietro le sue spalle c'era il romanziere, anche a non volere lo si sentiva, stava inserendosi 111 una con\'ersazione. e Sono tanti > a ,·eva detto il direttore del Giornale serale. <Chi?>. e Loro>. Il romanziere non aveva certamente ben capito di chi si parlasse. ma maniie;tb ampiamente il suo• pensiero, disse: < Ii gran numero non lo posso sopportare; Il numero sarà potenza, ma la potenza non è la ragione. La ragione non è certo nel numero, ma nella persona >. < Lei è romanziere, è un artista e !'in• dividualità le è indispen abile; ma per noi è tutt'altra cosa; noi, per le nostre opere, se cosi si può dire, abbiamo bisogno del maggior numero di indi\idui tutti d'ac· cordo >. < L'arte è una fuga, no? o almeno è un riiugio no? in cui lei scprattutto ... >. Guglielmo Petroni in famiglia iro sorride,·a dietro le p'alle di lui cosi cordiali e ampie .• Cordiali? come la ·ua stretta di mano? ecco, quella era st:<t~ davvero una faccenda con olante; li ro– manziere si era sentito irritato. li critico wl pancione; che strana fi. gura: vestito con l'irreprensibilità di un prefetto a riposo. con quella bella faccia un po' grassa. faceva tutto quello che po– teva per essere uguale a tutti. confondi• bile, banale. ossequioso; ma ogni tratto lo distingueva. poi di tanto In tanto ln,·ei– Va in modo Inconfondibile; ma faceva di tutto per essere confondibile. Proprio il contrario di quello che ,·ogliono quasi tutti gli altri, pensò Glansiro vedendosi venire incontro il pittore dei bo,•i ma• remmani. quelli con le corna grandi~si• me. Lui li \'estlto se lo face,·a con !a tela per le coperte degli autotreni e se lo d! egnava, anche. perché venisse pro– prio come lo desldera,·a. a sacco. aperto sul petto affinché· si vedessero bene le camicie a quadrettoni. Eccolo. non ce n'è molti che siano uguali a tutti come que– sto; è proprio facile essere banali e il critico della Gazzetta non é riuscito a scoprirne U segreto. Il pittore del bo,•i di ~laremma ved.,n– do Giansiro sembrò aver trovato proprio quello che sta,·a cercando: e Caro mio> gli dis e, · entivo il bisogno di incontrare qui una figura riposante come la tua: tu sei una persona perfettamente ripos•n– te . \"uol ranni un complimento, op- * REOIJIEH ,..,., * DùE POESIE di Mario Ramous I Sempre più lento il tuo ricordo torna a limitare o rompere l'affetto che nell'arco del giorno mi costringe, e certo mi solleva, all'apatia del lavoro, all'inutill speranze del riposo: e pure i cieli. stagioni, i luoghi e l'ore mutano a rapprendere la ftlia distratta volontà di ,ivere. Il D1mq11etuo·i, 11émai d'altri o miei, sarn,rno gli occlu, la parola, il cuore. La vita, questa mia vita. non. enso dii;erso possiede che l'aver mutato 1i,, sog110. 111 Certo felice se d'altre pianure che queste percorse d'odi e d'inganni si conforta se ai tuoi figli l'aurora. Cosi le,·are gli occhi al dolce riso della donna mia amata, fanciullo e non udito mai un dolce riso vergine d'affanni. Ora si ,·olga ad altro vento il cuore e le brevi parole ai miei compagni Cosi nei campi, nelle piazze e trade forte sostenga d'affetto la voce. senza armati si sciolgano bandiere. La notte giorni migliori riposa. Pure ormai è il tempo che a noi viventi più non s'addica il sen o del futuro: né ora, né domani mai. Sempre. IV Dolce vita mi sei Se ali'alba il chiuso i11veh10 da frontiere di nebbia soffoca,sse il nostro pruno sguardo o abbagliata di sols l'aria cru4a cl'e tate il c1wre i11te11erisse di n11ovi e sco11osci11ti affetti. Dolce, né mai la vita tanto ora m'incanta che gÌà di giorno i11 giorno m'a.bba11d.J>l,(1, V Veramente vorrei che altra voce, la mia ancora. al volgere sereno e quieto della sera, un segno ti recasse di confotto, come una mano che nel cuore chiude ii seme d'ogni giorno, d'ogni giorno avvenire. E veramente se la no tra vita Jrmai non si mutasse nei dolore -:he per donarla tu devi patire. VI Ripeto il tempo, i l11oghi e q11an.toha voce 11el ricordo; l'i11fa11zia, i primi- giorni 1el t110 amore, lo st11pore segreto che da un pia11to i11 orriso si dipan.a come ima ve~a da bufera in mare aperto. Poi i/, ripo o. Ripeto la mia vita ma piì, l'ombrn che a11cora m'appartie11e. Vll Come stagione chi, ,..,, i;iorn! muta e al cuore mi5teriosa altra speranza coi respiro s'acquista, quale sia il tempo che grigio si spegne o dall'inverno muto trascolora, l'immagine cosi della tua vita. a11cora.11ell".11_qan110. nel dolore oltre la tlla 111emoria. lllARIO RAlllOUS .)IAURICE UTRILLO: Paesaggio con Chie a " di Andrea Zanzotlo * E tuttele cose ... E tutte le cose a me intor110 colgo precorse 11ell'es1tere. Tiepido verde il nitore dei giomi occulta, molle li irrora, d'insetti e 11ccelli s'agita e scintilla. t11tto è pie110e sco11volto, tutto, o curo, trio11fa e si prostra. Anche per te mio linguàggio, favilla e traeersìa, per àutissimo sonno per errori e deliqui per pigrizie profonde i>taccessibili, che ti formasti corrotto e asso111to. Anche ti, mio brevissimo nitore di cell11le me11tali, tronco alone di gridi e di p~11sieri imprevisti ed eterni. Ed esanime il palpito dei frntti e delle selve e della seta e dei rivelati capelli di Dja11a, del s110 felice purissimo sesso, e, agra e vivida, l'ars11ra elle all'unghie s'intromette ed alle biade pro11te a ferire, e il ma, tacente il mai co11vi11to cuore, t11tto è ricco e perduto morto e i>tsorgente tu.ttavia nella luce 11ella mia vana chiarità d'idea. * Memoriarcadica < Selt Jahrl!ndert ru!t uns deln Durt... > Corrotto è l'oriozo11te, 11èrinfranca poco cielo i pendii deboli e fo chi, t•ta 11ella mente sei, fede mai sta11ca, - ti. i11noce11teco,1 me 11€it·uoll boschil - E se ì11tor110 la terra è tempestosa, se premono laggiù le mpi acerbe, oltre i secoli amica a te la rosa pende al lembo d'Arcadia pingue d'erbe. Qui se a pace tu evolvi q11esto ambiguo fo11dersi del re piro, nel pas ato, questo, che altrove inclina, moto esiguo (l'alberi, q11esto rnggio abba11dot1ato, qui affeste11uata luce si compone della mia della tua co11gi1<11ta vita la voce ri anata, la ragione UTealmente a dirsi fatta ardita, Ah, ma tra por.o volgerà da fragili dubbio e piogge l'ombra a 11oi, tra pia,ite e foglie. donde ieri bevi:ero agi!i lepri in tremanti abissi acqua tremante ... Quel 11imbo ci dissa11guerà, quel f11rto tenue che tarpa co,1 la rosa il mo t>'o fossile e il marmo piega: stMi ed urto dove i11 1111 altro cero affonda il no tro. A:-iDREA ZANZOTTO pure no?> Chiese G!ansiro tanto per pire qualche cosa. < Perché, non vuoi complimenti?> < ~lisurati. misurati>. < ~lisurati come. Io, lo- sai. detesto le giuste misure, son precauzioni da liii· stei~ del resto sono comunista, come ben sai>. < Peggio per te> disse sorridendo Gian• siro. < Come, peggio per me>. < Allora meglio per te, se è questo che vuol>. < Filisteo! > Tuonò il pittore e un fili· steo riposante. sei>. Era proprio uno come tanti anche col vestito fatto della stoffa dei teloni da autotreno: ora si era stancato di Gi;,n, siro e gli ave\'a voltato le spalle; intanto però lo crittore con la barba nera aveva notato Giansiro e lo ave\'a chiamato tm· periosamente. Giansiro ubbidi docile. < Senti, sta\'o dicendo che in Italia si ha paura delle idee; è come un'arterio– sclerosl della circolazione spirituale; i ~o– stri connazionali soffrono di esaurimen• to celebrale>. Lui scriveva romanzi. ma era anche· medico, cosi faceva spesso la diagnosi alla letteratura: ma non si riu selva a sapere come si comportava col suoi malati. e Non sono uomini I nostri lettpri, sono cose; anche gli intellettua– li di questo paese sono cose. Hanno pau– ra delle idee>. < Quali idee?> chiese Giansiro. visto che lo scrittore con la barba nera Sl era rivolto più particolarmente a lui e che una risposta do\'eva pur darla. < Come, quali idee? le idee. le Idee!> < Ecco. ho capito> si affrettò a con• eludere Gians,ro che ormai guarda va una piccola e giovane straniera con gli occhi celesti. Ma la padrona di casa lo prese per mano un momento e l'a\",icmò a1 divano dove Il professore Antonio parla– va pacatamente. lo lasciò ll- come a con– sigliargli di asCJ>ltare; Giansiro però or– mai guardava la porta d'uscita, studiava per cogliere ii momento di andarsene tranquillamente: del resto non era il solo, altri se ne andavano con meno cautele di lui. Quando cominciò ad allontanarsi il professore Antonio sta ,·a dicendo ad alcune ragane: < I dilemmi del nostro tempo! o la ragione, o la fede. :\fa non è forse arrivato Il momento di accorgersi che ii tempo cammina? Onnai ragione e tede sono la stessa cosa ... >. Quando fu fuori e si diresse alla fer• ma ta del filobus, si accorse che il poe– ta della periferia. dei cantieri e delle gru, era uscito prima di lui ed era già là ad aspettare; pioveva. ma il poeta era In– guainato in un impermeabile sportivo che poteva sfidare qualsiasi intemperie. Si videro da lontano; avvicinandosi. Gian• siro pensò che il poeta gli anebbe chiesto se era enza impermeabile. < :-.on haJ lo Impermeabile?> chiese il poeta appena Giansir9 gli fu accanto. Era stato troppo facile, perciò la frase lo Irritò più di quanto ave,·a preveduto e non rispose, scosse solamente le spalle e guardò vaga– mente dalla parte da cui a,·rebbe dovuto \'enire il filobus. Qualcuno gli toccò il braccio dalla parte opposta; era il crit:co della Gazzetta che gli disse all'orecchio: < Sai. di Michelangelo e de] resto, facevo per dire, no?> è Certo. non ti preoccupare> gli rispo– se Giansiro com·into che quella sarebbe stata la ri po ta che !'an-ebbe lasciato maggiormente preoccupato, chi sa poi di che cosa. A casa volle mettersi a lavorare, ma da– vanti alla scri\'ania era rimasto imb-im• bolato. inconcludente; la sua bella stan• za che era cresciuta con lui durante q:.ie– gli anni. cosi personale. piena di cose bel• le. lo infastidiva. Si alzò. prese una sta• tuetta del :--licaragua che era tra i suol peuJ più raffinati e !a infilò in un cas• setto; lo fece macchinalmente. senza sa• per perché. stava onna( Il da parecchi an– ni. i\la non ebbe tempo di pensarci, s'ap– pressò alla pàrete dove sta,·ano tre qua– dri astratti e li staccò. ponendoli appvg– giati al muro. rovesciati. Poi fu la volta dei bei hbri d'arte e dell'esemplare raro dei Calligrammes che tene,·a sempre hen visibili. Fini per spogliare quella stanza che era tutta la sua storia. il suo più se– greto orgoglio. il luogo che io somiglia• ,·a. Quante ,·olte. lì. solo. si era ricon11- sciuto in quell'assieme di cose. Quando gli parve d'aver fatto il vuoto attorno a é. quando. ai confronto. la bella stanza gli embrò squallida e ostile, svuotata del suo caldo linguagg10. s-,ntl un dolore ins,lpportabile alla testa e chru– se gli occhi per domandarsi con comodo: < Che cosa \'ado cercando? Che mai ,;n. diamo cercando b. Sentiva un dolore acu• to alla te ta. ma nel pensiero costruiva felicità. perché sapeva che tra poco i suoi pen ieri ,arebhero stati niù doloranti della sua testa e. questo. poteva anche a vere un sen o. e ·i riu ci\'a a capi:-e. ·e q11al– co a ha senso anche qui tra noi. GCGLIEDIO PETRONI • L

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