La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 5 - 5 marzo 1916

ILMINORE DITREPECCATI di MA uRrz ro BoucnoR {Da un rac conto popolar e). Tna.du tiOne di A. 1\,,L Ai sacri voli un .Monaco ossequi ente , M enava la sua vita santament e. (Tutto capita, in questo basso mond o!) Con ardor furibondo Satana giorno e not te lo tenta·va, Ed ogni tenta .:ione a vuoto anda va. IL M onaco, perduta la pa: ien:.a, Finì per implora r e desist en: a, E Sa.lana così pose il m.ercat o : - I mpegnati a co1mn eltere un peccato , Uno solo, m.a non liev e e banal e; No; dev'essere proprio sostan.:iale, Che del cielo inibisca a te le porle Se ti colga la morte. Dopo di questo, Mona co. pron ietto Di non più comparire al tuo cospetto . - ll M onaco r ispose: - I n fede mia , A Roma si cancella ogni f0lLia, Od anche altrove, se a Dio così piace; Ed orm .ai tanto scarsa è la mia pace, Ch e mi risolvo il patto ad accetta1·e. S evera peniten;a saprò rfare, Cosicchè, per gius ti:.ia o per favore, ll dolce Salvato ·re L assù nel ciel mi serbe rà i.l mio posto: A qual peccato m i vuoi sottoposto? - Satana disse: - .4. le la scelta io lascio Fra tr e peccati che traggo dal fasci o : O lo spietato omicidio; o il carnale Desiderio che r enda te brut ale l' erso la donna del tuo buon vicino; O, se t.."U.Oi, ti procu r o del buon vino: Ubbriacati appien com e un cantore Che il 11entre, più che Di o, tenga in onore. Su qual dei tre La scelta fai cad ere? _ A. noi, Satana! ascolta: a mio vede re LA J,1,fFlilBADBLJ.E l.AVO&A'ftrl ~l La sborn ia è il 1neno gra ve dei peccat-i Che tu m'ha.i pres entali . Orsù; portami tutt o l'oc corr ent e : Vogl io faTla finita pr estam e11te. A testa a lesta colle su.e bot tigli e, Passando dall e bi.onde all e verm:ialie, Pr ese il Monac o tant o auSto al gìtLoco Che oltr epassò d'un poco, Da con tra ente Lea/.e ed onesto, Quel che Satana aveva a lu.i richiesto. Gol"gheggiav.a . 1.1n'allegra can;:;oncina, Allorch è sopraggiuns e la vicina Per chi eder /.nce alla sua esperienza Intonw a un cert.o caso di coscienza. Tosto il Monaco tronc a il lieto canto; Eccitato dal vino, l'iwmo santo S'accend e per la donna, L'accarez;:;a, La stri.nge fra le braccia con ebbr e;:;za. Ella riman e 111:uta per sorp·resa, E il buon padr e, dicendosi: {{ L 'ho presa; Po·ichè non parla è certo che acconsente n, Copre d'ar denti baci l'innocente , Si dibatte, svanilo lo stupore, La donna con vigo r e; Il Mona co la st retta l)iù rafforza , Ed eUa g·rida: 1< Ai 1LlO! n a tutta for:.a . Della donna il m,arito sente il g1·ido, Accorr e, entra, s·i scaglia, urla: n Tuc cido !n Il M onaco si china verso terra, Pronto le rnolle del camino afferra, Spac ca con q·uelle, urlando in feroc it o, La testa del ma1·ito . In u11 is tant e il pover'tl0m m.is1lra Quanto sia lunga . la su.a Sepoltura. Cosi l'aniTTULperse il paà ·re santo, Con t.re peccati, invece d'un soltanto; Di o ci trattenga dal rim.])'ro verarlo, Chè a noi n on tocca farlo; Ma questa storia, ami .e-i., v--i consiglia Di non fidarvi. nwi deLla bottiglia! (Da L 'Humaitité). - li diritLo d'abitar e qu ella cap•anna che vedi laggiù sulla riva del fium e. - E' dunque dura la vost ra vita? - E:h si, molto penosa ; quando si è finito Kii lavora11e 1per s atolla re "gli alLrJ bisogna ri.com ,inciare per sfamare a 1nala pena noi stessi! - E non v,i s·ibellal,e mai? - - Oh, no! ohe dioi 1nai? Così volle H gran Bram a qua ndo oreò lcxro, i pot enti , i sace r– ,doti e i guerrieri da,! suo cervello e dal suo braccio e noi, pov eri iparia 1 dai su oi :pied i ... Proprio in quel mom cnLo le ond,e lente ,del fium e spinse ro pian pia,no, verso la spon– da ,du e grossi fa11delli bian chi. Quantdo fiuro no vicin,i ,il giovane iprincipe Lo1:se lo sguar do con orr ore: erano du e ca– dav eri lividi 1per l'avan2;ata decornposizione. In uno di essi, avvolto in ,·icche berude ri– conobbe i resti mori.ali di un &a◊erdote bra· mino, e nel l'alt ro, se1ninudo, qu ello di un pa ria. Elrano mor ,Li tuLU e dJue nello stesso giorno e, sooond0 il rito dehla setta alla qua– le appar Lenevano il loro corpo era sta to af – fidato alle acque del saoro Gange. - Vedi, osservò il prin ci1pe, ecco la prova della menzogn 'a che ti si raccontò; se tra questi du e uomini vi foose stata davvero nna differenza di materia la mor te non li avr eb– be ugwa.g1iati or.a ,io questa ripugnan ,te pu- Lreuazione. · Il vecchio pesca,tore stava per g,·idare, aJla IJ.estemmia qua,rucfu,alzando lo sguardo, alla luce del sole naooente, ravvisò nel suo inter– locutore Budda , il principe della casa real e. Cadde in ginocch ,io e fece per oaoiargli i piedi. Il giovane folosofo lo ria \zò e gli disse dol– cemente: - Non devi prostrar bi davanti a nessuno: tutti siamo frat elli perc hè ap.punto tut ti uscimmo dal seno del eir,eato. Le menzogne inventat e dall'egoi smo ci di– vidono ma la natura ci ricongiunge poi nel suo gmnde grembo. LA LEGGENDA DI BUDDA Il vecchio pescatore taceva in eoetito ; non compren.td €va. La sua mente non si orizzon– tava di fronte a quei nuovi concetti ... ma gli altr ,i suoi giova:1,i com-pa:gni che avevano ascoltato in si•lenzio guacdarono ansiosi il giovane prin.cirpe. Sernhrava a foro di veder sorg ere lontano lontano, nel grigio orizzonte della loro vita come un indistinto albeggiwre. li sole s'e ra levato intanto sfòlgorant e sul– la cima nevosa dei monti. La lunga, dolente schiera degli schiavi s'avviava già al con– suetG lavoro tediosan1 ente monotono e oan– tava, cantava -la dolorosa nenia dello scon– forto, del dolor e senza speranza . P iù di quattromila anni or sono, narra ..,.._ ~ .. ·anro ti issima leggenda, sulle rive del Gange si stendeva:-ona mera,igLiosa città cbe sembrava sorta dal suolo al tocco della bacchetta ma:gica di una fata gentile. I suoi minar eti luccicavwo al sole con scin tillii di spume mar ine e i suoi palazzi a s\·elti colonnati faceyano pensa.re all 'archi– t<!ltura di fan tastic he creatur e venute dal paese dei sogni e della poe$ia. _ . ~el suo port -0 ,poi approdavano ogni g10r– no num erose navi cari che di pr eziose stoffe di seta, d'arazz i art istici ch e Yenivano dalla P8r5ia, di pr ofum i ra ccolti nei più lontani paes i e di ricchissim i vasi d 'ogn i foggia . Cn num ar o infi nito di schiavi scaricav a tu tk, qu elle ricc hezze e le rportava nei mar– m,:,rei palazz i padr onal i. e in qu el faticoso la\·,:.ro con tin ua va tutto il giorno: dai primi r aggi del sole fino a quand o a pone_nte il cie lo s' amm antav a d' imm ense cortine d1 porpora e le sk lle, usce ndo dal mare , luc– cicav ano in un lon tano lembo d'orizzonte cupa me,nt-<, tu rchino . Dalle foreste che cinge vano la città usci– ;-ano allo ra mille effluvi ac utissimi e tenu i b bt,iglii ai quali rispon deva il monoton o r itm o delle onde del gra n fiume. Era quella l'ora <!BI riposo degli schiavi che abba ndo– na ti sulla rena del sacro Gange alla lun a di ar e:ento, alle acque cristalline fuggen ti lon– ta ;;:o vBr:jl) il mar& confidaYap o la loro tri– • t~zza sen za conforti. il loro lutto sen za spe– .ranza, e quella nenia dolorante si sper deva nell'a ria profumata e non aveva altr a rispo– sta che l'eco lontana delle risate argenti ne, dell e melod ie dolci,-,ime che rnniv ano dalla rei,-g-ia. i:;;_ssù, nelJ'incanlevole pa lazzo del re s'ac– c,,ndevano inta nto i lumi nei gr andi lam– padari di brc,nv:, e d'a rgenfn, i profumi ar– deva no tra nubi azzu rrine e le baiadere in· t rocciayano danz,:, fantastiche al ritmo di stcan6 melodie, sorridendo lusinghiere ai pr incipi e alle bellissime principes.se scintil– lanti d i gemme. T ra que l tripud io uno solo rimaneva in– d ,fferenié, impassibile eon un'ornbra d'osti– nata trbte zz.a ntll ù sguardo profondo : il giovine principe <,reditario, il sapiente, sag– gio Budda. frn·ano 1,, lanci ulle piu bdl<., ddla re;;gia gli cantavano le più dolci can zoni, invano i granji sac<,rdoli gli pa rlavano delle glori e della sua dina.stia, mai mai un sorriso t:"r– rava sulle su,, labbra. né un lampo risplen– di-va nei suoi occhi. ChJ lo diceva un inetto, chi un pazw. Quando il tripudio ferreva pill intenso ndl'::" fr~ . ..;te f~2'l' fur/?lva dall~ .'>al,~e si rHu- giava nell'o.mora del !}osco d'acacie che cir– condav a il mi steruoso tempio di Bracia. 1n qu ella soli Ludine semb rava che un l!)O' di pace scerrdesse n ella sua an,ma i,Tl!'eq,uieta, che un po' di dolcezza si diffonrfusse nel suo cuore dolorante; ·ma ecco che, ad un tratto il vento li<>ve della notte ·gli iporlava l'eco lontan a della nenia dolorosa degli schiavi. Allora Budda fugg,iva più lonbano •ancora, fin nel gran tempio dove lucClicava con mi-i– le oagliori d'oro e di g<>mmela grande sta– tua di J3,rama. S' ingi nocchiava davanti al grand e idolo troneggiante fra la luce di cen to laTillJ)&d<> YOtive, fra le nu bi azzurr e d'incenso e cer– cava annientare la sua ani ma in un'ard ente estasi mistica, ma proprio m entre s'eleva– vano più solenni i canti liturgici dei sacer– doti ,più str aziante ancora echeggiava nel suo cuore i,l gemito degli opp ressi ed allor a tutto il suo io aveva un grid o a,ltissimo di rib ellione : oh , l'orribi le ingann o! voler ad– dorm entare l'a:nima nel sogno, nell'estasi del misticismo mentr e una folla in finiba che do– lora chiede il nost ro soccor so, ha bisogno di tutte le nostre forze. No, no, non era vero : mentivano ; gr andi sacerdoti !)ramini, Dio non aveva cr eato suddivisioni di classe . La natu ra , pens ava Budda, non nutre foTSecon le stesse sue linf e vitali e la gigantesca pal– ma e il tenue filo d'<>rba? Non confon de nel– lo stesso mar e imm enso e le onde dell'umile rigagnol o e i flutLi del gran fiume maesLoso? Infine non dona forse a tut ti lo stesso sole viviffoat.o re? Una notte nella qu ale qu esti dubbi gli tor– turavano più impl aoab ili che mai il cervello dandogli sensazioni di spasimo al cuore pr e– s,; l'em ica risoluzione : cerc.>re la veri t/l. ed annuncia rla. Solo cosi avrebbe Lrovata la pace. La reggia laceva fra lo folte ombr e della notte, il .c ,riova.ne principe att raversò il gran giar dino d alle ceni.o fonlanc zamp illanti ed arrivò al fiume; aleuni r,e.scat.ori ri tira vano Jr, rcti dove guizzavano, negli ult imi aneliti dC:H'agr,nia , numr: rosi pesci d'ogn i gran – de-ma. - Pes,,a fortunata qur.:sta notte, non è ve· ro? o;;gi, alm eno, il nutrimento non man – <:hr~ru. osservò i-1 princ·ipe. rivo lgen dosi al più vr~ehio di foro. • \'r,di giovanr,tt.,-,, gli rispose il pcsca– VJre tul.l.o questo pe,,cc bas ta p<,r una gior– •ata app ena lassù: alla reggia, Noi poi do– \·r,~rno a(;ennlcmtarci di pr)('.hi frutti di mar e chr~ racc-0g-lir•emo domani, quando avremo ,><,,·tat.,-, la nosfira pesca a destinazione. - E <·h•· rosa vi e.oncr-dono in cornpenso d ciò eh<· ,J-it,, 9 Bu,dida salutò i pescatori, volse le spaJle all'inoontato giardino che cingeva la sontuo– sa reggia e iJ maestoso tempio di Brama e s'incamminò veirso la montagna che elevava fra le nu&i azzuJ'Te e rosate le sue cime di ghiaccio ,sfolgorante .~i. sole. Quanto cammino aveva percorso, nei caim– pi fra l'oro delle spighe, e n ei prati sui tap– peti molli d'erba e profuma ti di fiori, nelle foreste sotto volte di verzura fiorita , e nel deserto sull e saibbie arderuti! Aveva costeggiato fiumi scintillanti nelle rene dorate e riv e di mari cupam ente az– zupr,i. Aveva camminato sotto le vampat e del solleone di fuoco, e nell'arg enteo chiaror e delle noLti d i ,plenil unio e a tutti, a tutti ave– va J)Orl.ata la gioco ~da not izia: - Siamo fratelli! Al mina,tore scav an te nel bui o curpo delle viscer e della montagna l'oro per costrui ·re i grandi idoli e i templi aveva detto: -Su, esci alla luce del sole; il gran tem– pi o di tu tti è ,a terra, il cielo ne è l'immensa voLLagemmata e il sole la giran lampada votiva. Al ricco sonnoochian te sulla morbide pelli cl i tigre aveva severam ent e dello: - ,\clzati; mentre tu j)Oltrìsci nell'ozio che t'in fiacchisce il corpo e t' intorp idisce lo spi– rito il fra tello tuo soccomb e esau sLoperch é, oltr e la sua , deve far e anche la tua pal't c. Al guerri ero minac cian Le di morte il ne– mico aveva solenn ement e chiesto: - Perch è vuoi distrug gere un ' esiste,nza che -poi non sapr e,;.ti di nuovo creare? E così passa rono anni e anni e il tempo copri di neve anche i ~uoi ca,pelli e la sua barba fluente ma egli continuò il suo pi e– toso pellcgrilna ggio finchè u<1giorno , men– tre stava per rim ettersi in cammino dopo una br eve tappa , s'acco rse che i suoi ginoc – chi ,piegavano; allora si costruii rma capanna sull e rive del gran fium e. Veniv a no a lui ì pairia ed •egli r ipc,tcva loro 1-a dolce par ola di s.peranz.n. -0 di redenzionr e quelli in uno slan cio di gra titu din e gli ornavano la soglia di profum ate giunc higl ie. Venivano a lui princi pi e ministri od egli illuminava ln. loro mc~nte e.on il consig lio dr-Il a gi usti zia, ed essi ripa rtivano più buoni e più saggi. Un gi<Jr-no si fermò alla &ua soglia una hcc hissima lettiga porlo.I.a da sci schiavi. .Ne esei un re che portava sulla fronte un fulg ido d iadema; al gran vegliardo dalla pa- rola ,dolce come il miele e dallo sguardo limpi do come ,iJ cielo sere no chiese : - Dimmi, nella solitudine del tuo eremo ,non rimpian gi la tua regg ia_nativ a! .. A che valse il tuo pellegrmaggio d.1dolo– re? senz'eco è ri masta ,la tua <parola e ste– rile, ,perciò l'opera tua! Vedi? iJ polente O[>– pr ime ancora ·il debole che ,piange senza spe - ronu. . - Sbagl i, gli rispose calmo e solenne Budda. Non fu vana la pan-o,a mia, sl,erile la mia opera iperohè il seme della verità matura assa i tardi. P er fecondairlo occo"rono fiumi di lacrime e il sole dei secoli ... ma fiorirà e i suoi ge-.,mogli si moltiplic herann o all'infi– ni to ricoprendo la terra tutta di un'ampia, s,plendida fioritura . Na,rra ancora la leggenda che Bu;cllia, il soave frlosofo del!' am ore, della frate llan za sia morto nel solenne silenz;io di una placi– da notte lumin osa di stelle. I di scepo li ne ada gia,rono il cadav ere so– pra una gigantesca foglia di loto che poi ab– bandona,rono al sacro Q11,nge. Le on'de del foume lo trasportarono len,fie lente verao l'o-.,izzonl.e lontano che , prop rio •allo~a, s' accenpeva n,ei fulgori del sole na– scente. GIUSEPPINAMono WNDONI.

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