La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 8 - 18 aprile 191

Mentre Pi etruccio mangiava la sua zup – pa , avidamente , tLtllti lodavano la porti– naia. 1< .Axete fatto una cari tà fiorita 11 diceva una vecch ietta. (< Ecco che voi avete un figliolo, già gran– din o, che vi sa rà d'aiuto e di consolazione . L'avete levato dalla strada e dal pericolo , e il Signo re terrà conto della Yostra bon– tà » dic eYa un'altra inquilin a. La portinaia, un donnone grand e, grosso coi riccioli ni posticci, e un rviso sempre paonazzo a.scollava le lodi, con compia– cenza. << Figlioli il Signore non me n'ha dato , e Dio sa. se li ho desiderati. Questa povera creatura viyeva più di botte che di pan e, in casa di parenti senza cuore. Guardate; è tutt'un livido e gli si contan le ossa». ,loslrava le gambe, le bracci a, il collo esile del fanciullo, come si mostra una bestia rara, una curiosità, uno dei così detL li feno111eni alla fiera, voltandolo, maneg– giandolo , palpandolo con le mani forti e rudi. Pi etruccio gua rdaYa lutt i, senza parlare , con gli ochi tristi, velati, spauriti. Quando gli inquilinì se n'andarono, la portinaia gli fece leYare il cappello, e gli disse: 11 Saluta dunque i signo ri n _ Po i, quando rimas ero soli gli diede la prima lezione: << Ricordali, bisogna salutar tutli 1 pr e– starsi per tu tti a fare qualc he piccolo ser– dgi o. se Yuoi prendere qualche spicciolo e non farli mantene re a tradimento >>. Pi etru ccio non fu mantenuto a tradim en– to. Diventò il piccolo servo della portinaia e degli inquilini. Spazzava le scale alla mattina con le manine livide, pel freddo , accendeYa la stufa, trottarn tutt 'il giorno, per cento commissio ni. Gli inquilini lo chiama\·ano ad ogni mo– mento! 1< Pi etru ccio, vammi a com perar e il pane! 1> Pi etru ccio, Yieni a cura rmi il bamb ino! Pietr uccio, rompimi il carbone!». Il ragazzo ubbidiva sempre , con quel suo sorriso troppo triste, a cui nessuno badava. Gli davano qua lche spicciolo che porta– va alla portin aia, tenendosi, di nasc osto, ogni tanto un soldo. Perchè P ietruccio ave– Ya un bisogno e gli ocoorreva una lira. 1, Forse - diceva la portinaia, che mi serrn di quel raga zzo, pel mio piac ere? Lo rnglio abitua re svelto e labo rioso, ecco bui,. lo. È il mio dovere, non posso già allevare un buono a niente"· E per allevarlo svelto e labo rioso non lo lasciava ripoS8..re un mo– mento, strapazzandolo per, un nonnulla rinfacciandogli semp re lo sca rso pane che gli darn. Pi etruccio. quando la porti naia lo lasciava libero e alla notte, solo, nel suo lettuccio pensava alla mamma. E le n~– reva di rivederla, e le pa rlaYa piano, con una rnce accorata. La mamma, da giova– ne ancora, era una creatura mite , dolce, buona. _\veva ayuto quel bambino gio– Yanissima, da un'amante che Faveva ab– bandonata, e ne aveva parlato qualche vol– ta al figlio, con una serena indulgenza. « Il papà può qualche rnlt.a abbandonare la sua creatura, ma la mamma, Pie t'ruc– cio, mai! Anche se il papà tuo m'ha fatto soffrire, come posso non perdonargli, quan– do ti guar do e vedo che tu hai i suoi occhi, la stessa sua fronte, quando sento la tua vor':-, così r.-arezzevole, come la sua? Pi e– truccio, egli se n'è andato; il castigo lo ha portato con sè, se rimaneva avrebbe avuto te. come ti ho io. e t'anebbe volulb bene, come te ne voglio io, cosi tanto che se do- APPENDICE 3S Pagine di vita Haccoma.ndai il i-;iJenziQ a quella signora: IO non \·olevo far del rnalt:: a mio marito, non voJp\·o •·he ,;:j ~apesse null11, non volevo eh,~ pPr– de sse l'impiego: volevo ~olo i miei bimbi. Gli avrei srritto di portarmeli perché volevo p::i.s– gare le vacanze con loro, ma non avevo rPsi – ~tito al desiderio di venir li prima a vedrre. Non li avrei portati via, non avrei fatto S<'&fl• dali , chiassate; l'avr1::i an·ertito che Ji volevo, ~ubito. In qu~l momento la mamma posticcia Pra venuta a prenderli. La maestrina era sa1it:1 ad avn:rtirci. Io no perplessa. Che fare! ~on volevo che i miei bimbi assistessero a scenf!, forse di~guslos.e. E come potevo staccarmi da ]ot'o? :\1i pareva che in quella sera avrebbero dovuto soffrire il martirio. Era necessario che io non provor:assi una scena. :\1io marito era violentissimo; non dovevamo esporci aJla cu– riosità della gente. Con supremo sfon..o presi una decisione: - Scendete, bimbi, andate a casa, domani sa.. ete con me e staremo insieme a lungo, a lun go. Il babbo vi porterà subito domani. Arturo non \'o1eva lasciarmi; mi baciava le mani. la bimba piangeva: il cuore mi si spez– zava. La Direttrice asciugò loro gli occhi, li persuase, 1i condusse giù . Dalla finestra io 1i LA DIFESA D&'LLE LA VOBA'l'1lJJe! vessi lasciarti, preferirei cento volte mori– re >>. Se la mamma l'avesse veduto allora! Cosi smunto e magro, con l'abitino logor o, e tre– mante semp re per la paura di essere stra– pazzato! La mamma, pr'ima d'ammalarsi av,eJva promesso a Pietruccio un pulcinella, che avevano vislo in una vetrina, col costumi– no variopin to e il viso infarinato e niden– le. Quel pulcine lla era ancora il 1oi;no di Pie bruccio, ed era per comp erarlo che rag– gran ellava soldo per soldo, una lira. Anch e pei poveri bambini , senza la mam– ma, un giocattolino ci vuole, se la vila non deve diventare grigia, e l'invidia mordere il loro piccolo cuore. Alla. sera Pi etruccio contava il suo teso– ro e poi diceYa alla mamma , come se Io sent isse : « Ancora pochi soldi , mammina! Che di– ci, mamma, devo compe rare quello col ber– retLino bianco, o l'altro col tambur ello do– rato? 1> E poi diceva: cc Mi vien da piangere , mamma , perchè non mi rispondi mai u. Un giorno la portinaia aveva un viso in– collerito , e la voce aspra, più del solito. Ferr:nava gli inq.uilini e ra ccontava loro , furen te. addi tando Pi etruccio, immobil e e pallid o : o « Sapete-? }li dembava. F'ate del bene a quella gente li, lii male lo ha nel sangue. Uia, è figlio, Dio solo sa d1 che padre , e la madre.. basta, non era marn.u.ta . Gli ho trovata una lira, nasco sta nel fagottino dei suoi pan ni ! ,El credete che possa strap– pargli di bocca la ,·ertlà? Non n sponde nul– la"· Pr endeva per le spalle Pi etruccio, lo agi– tava violentem ente. <f Dove li hai preso i sold i? Nel mio cas– setto? Li hai ruba ti ad un'i nquilin a? Che ne volevi fa re? )>. Pietrucc io non rispondeva e gli occhi gli si velavano di lagrime. « L'ho detto semp re io: « Volete del ma– le? Fate del bene. L'ho raccolto , l'h o nutri– lo, l'ho edu calo; ecco la ricomp ens a. E poi, credete che m'abbia voluto chia– mar u mamma? 11 Neanc he per sogno. Non senle nessuna riconosce nza; io faccio ogni sacrificio per lui , non capisce niente. Che cosa gli costava dirmi (< mamma? 11. L'altra è morLa, e non so se per ci.isgrazia sua. Pi etru ccio s'e ra nasco si-O il volto nelle mani tremanti. E chiamava sì, ora: ((Oh, mamma , oh, mamma, oh, mam– ma ! >1. Ahimè, anche le creatu re più idolat rale in vita , mor te son mut e. in esorabilment e! E non rispo se la mamma a P ietruccio ! f-1.\ NONNA. Una tomba solitaria di soldato in Polonia. UN SO G NO '? Che ab.bia ~d essere un sogno una società in cui ad ogni uomo sia assicurato il lavoro, a ogni lavoratore un'esisten:a umana. a nes– suno l'agial e:::;a o:i osa, a tutti la coltura del– lo spirito, e in cui il lavoro sia onora to di fat– to, non a false par ole, e la giusti:.ia sia una realtà non una larva, e la libert à sia un bene di tutti non un vantaggio di alcuni, e l'egua – glian:a, quanto lo consente la cecit à <Lella for– tuna, sia una veri tà e non un'irrisione? Che -~ia davvero un sogno una societ à nella quale, davanti a oyni moltitudine di persone d'oyni condi:ione, si possa dire: in questa fol– la non c'è uno che viva del frullo delle fatiche nltrui, non uno che possa tr arre il bene pro– prio dal mal.e de(Jli altri, non c'è un ordin" di cittadini chf' di spre:.: i l'altro o lo minacci o lo tema o ne viva separalo come da un abisso; questa è un'accolta di persnnf' tutt e civili, slr C'l• te a un patto comune che ne fa una sola aran– de famiglia non un branco di belve in veste di uomini che tirano a divo ra r si fra loro, non una accoz;;aglio di selvagyi inverniciati di civiltà in cui infuriano tante cupidigie, tanti odi, tan– te im:idie, tantP- scellera te passioni da disar a– darne un inferno? \'Idi alloritana rsi piangenti, con essa. che Ji interrogava impaziente e mi pa1·ve che m, portassero via l'anima e ila vita. Mi r .scossi: -;.crissi a lui un higl'ello hreve e reciso: Me li a,('comfJ&gnasse il giorno dorio presso una mia amica a un 20 Km. di là. Lo manda i, e mi recai nel frattempo da quell'amica che a.bitu.– va un paese vicino dove avrei n.tteso la ri– spor.;,ta. Ella mi accolse con festa, c:ome una !-Ol'el!a, r:ara ed :...~-peltata. I l d1 dopo r,l,bi ri– ... posta: I bimbi s:-ir-ehbcro f;tati condotti a Mi– :ano, St:izione :\ord il di seg-ueiite. Così av– \'errne: gtlu li conduceva; ,·'era nnche un si– gnore ,.on loro; Arturo mio aveva un hrrnoc• colo gm:v;o sulla fronte: mi si oscur:irono gli occhi; r:apL eh,~ raveva battuto; un i111pcto <li collera mi fof'e !.bianchire le labbra. Ella mi spi,~gò <'lJP er:.1 C'aduto in malo modo: non le crHfotti. Ella insisteva per !' !ape.re ove li avrei condotti, q1rnnto tRmpo li avrei trattenuti: ero nervosbsima.; ri sriosi che a\'rei i;t...ritto df ciò a mio m;trito. S'offor.:e di a,(' comria.gn; irmi fìn da mio fra– trJlo: ring-rnzfrd, ma r·ifiutai. Al ora quel si– gnore pre;:{ò: PermetU.1 d1e l'accompagni io: i~ !=\Ola, con rlue bimhi pircolJ, la v;;iligia ... Parlava <:on distinzion e: Creda a tutta la mia rispelt.<Jsa deferenza, signor:t; fui sotto le ar– mi ('.,on s.uo marito, lo conosco, m'era amico, ma non approvo il s.uo conte,:.,,rno:so ch'ella è una Ranta e ch·egli ha gravissimi torti verno di lf'i. Si montò in tram. In pi:u·.za Elittica si do– ve-\'a prendf!r l'altro che conducl'vn in via Monfort.P,: s'na appena ~esi , che mio ma.1,:to Che debba esser e un sogno una società in cui ogni onesto lav'oratore possa dir e, guar– dando si intorno: questi sono i mi ei alleati e i miei fratelli; io non tolgo nulla a nessuno, nes– suno usurpa nulla a me; qu esta terra ove son na to è r etaggio comune; tutta questa ricche:– ::;a no11 è privilegio d'alcuno , ma è nostra, ap– part iene a loro, a me, ai loro fìgl'i, ai miei fi– gli. a quanti la cre ar ono e la fecondar ono col pensiero, con le bra ccia e col sangue? . Che una cosa cosi semplice, cosi gius ta, co– si bella debba essere un sogno? È un sogno punibil e, mollo spesso, con i ri• gori del codice? E questo in un 71aese libero, dopo ci.nquan. t'anni di lotta contro la tirannia! E m.entre fa più sfrontata manom issione del denaro pub– blico, spr emuto dall e vene e dalle ossa, di chi lavora o è colpita di pene irrisorie, o va im– punita e trionfante ? E quando pure fosse un soano, nieglio 'mille 1•oll e creder nel sogno dei aenerosi , che rasse– anarsi all'abbominevole r ealtà contro cui com– hallono e da cui sono soffocati . Ma non credo che sia un sogno . Per creder– lo dovrei rinun.::.iare alla fede nel 7n~ gr esso umano . O si tornerà indietro, o si 71rocederà per quel.la via. 1:: ver quella via si procede. ED.MONDO DE AMICIS. si ,_avevntò_contro di me, mi prese pel petto, n~ 1ns<;>le~ti: Voglio sapere quanto li trattie– ni, m, d1c.,,e, e dove \·ai! Con vio lenza staccò dal.le rni e, le br accia dei bambini qun!-ii a spez– zarle e s'a llontan ava. l o perdetti la testa: - Fermate lo! gri dai come una pazza. i\li porta via i mi ei bautbini! Son miei! R un \"ile, un lnrlm, un incendiario, un bigamo! Ferma– telo! Voglio i miei bambini! ~,•umrno circon dali dalla folla. Quel signore rr_n s_orr~ssc mi po1iò in 1111 caffè lì presso. Cer~o d1 calma1~mi; intanto qualcuno mi assi– curo che i hirnbi era no con lui, li presso in 11n nltro caffè, che non !-;'rra allonlnnato, che 110nsarebbe andato via. Avevo visto anche lei !tiancn. come una morta. Q11el signo re andÒ rh loro: l'infarciò a..,:;pramente a mio marito il 110 r,,ntegno, indegno di un gentiluomo r di 1111 galnnt11omo: egli &i gi11~tifìctJ dicendo f'i_ 1 f' l;1 siznora T11es lo ave\·n aizzato ront 1·0 rl1 rne. Arturo ,pal l ido come un morto, aveva af– fronbto la r·ollera di ~110 padre e gli ave,·a <IPtlo <·<m \"PernPnza.: s,. tf' rne lassit andar rofla tnfl,fl:11'1.Pltfl, te 'l'Oi hf'n rinrr, mò; se 110, iflw(Ja, m111ao. LE>JHu·olp <lei povero picci no t!·rm:rnte, m1:1 riC\oluto, avrva. romrnosso tutti fm nlle lagTilllf'. Oi~si 1m l11ogo fissi unn data: e mi c:.i ri. con<lus-;ero i JY.rnbi. Oh, la dol<'Pzza di (fllf'I mesr d'autunno P_tts'-fato ron loro, a baciarli, ;i giornre ron es– si, ~ rn.r. del:e lunghe pns..;eggiatr, n rincor– ff'l'('I! Spiegavo al mio bimbo: Pr eC\to non nvrò più dent.tro; dovrò andnr lontano per Piccole e grandi verità Si dice che l'abate :vlarolles ba ciando nel– la Cattedrale di Amiens (Francia ) la lesta di S. Giovan ni Battista grid ava: - Dio sia lodato! questa è la quinta o la sesta che i,o ho baciato in vita mia! Questo aneddo to ci dà l'i dea di ciò che poteva essere il cu!Lo delle reliquie nel pas– sato. che per dura del resto nel pre sen!e spe– cialmente nei famosi santuari miracolo si a cui chiedono graz ia le pove ri genti igno– ranti . La sto ria del ~lectio Evo offre pare cchi esempi di discor die lra conve nti e chiese che si contendevano il possesso ct·una reli– qua molto reddili:ia. Elcco un inventar io pub blicato da Ludo– ,·ico Lala nne delle reiique spa rse nella calr tolicità . Da esso risu lta , citiamo soltanto qualche esempio, che con l'insi eme delle reliqu ie si possono ricosUtu ire : A S. And rea 5 corpi , 6 leste, 17 bra ccia A S. Anna 2 corpi , 8 teste, 6 braccia A S. Antonio '1 cor pi, 1 testa A S. Barb ara 3 corpi , 2 teste A S. Stefano ,, corpi , 8 teste A S. Giorgio 30 corpi A S. Giovanni Bat tista 10 leste A S. Giuliana 20 corpi , 26 teste A S. Fil ippo 3 corpi. 18 leste e 12 br accia. Questo inventario trova la sua riconfer- n:ia nello stesso inventario delle ch iese più rm omale nei quali le reliquie fanno parte della ncch ezza della chiesa stessa mobili arr edi sac ri ecc. Difatti essi erano ~na buo : na part e di redd ito. La collezione della cappella del M ercato a Sajnt Omar aveva ad esempio: Un pezzo della vera croce e della lancia· dei pezzi della manna che cadde dal cie'. lo (de manna c1uaede cmle pluit ); un frammento del sepolc ro di G. C. e della veste di S. Margherita; un pezzo della pietra su lla quale Dio ha 'scritto con il suo dilo (di(Jito suo) la legge di Mosè ; un pezzo della piet ra su lla quale Giacob– be traYersò il mare; un framm ento del sudario di G. C. (su– dario domini ); un pezzo della verga d'Aronn e e dell'al– tar e sul qual e cantò S. Pietro; dei capelli della S. Vergine (de capilli s beala, ili aria, ); un pezzo della veste della S. Vergine; un pezzo del fiore che la S. Vergine pre– sentò a suo figLio (de fl,ore quem beala vir– go tenuit ante fihum ); un pezzo della finestra per la quale l'an– gelo Gabrie le entrò per salutare la S. Ver– gine; (de fenestr_a per quarn Gabrielu s an– gelus inlravil salutans beatam Virginem .Hariam ) (1). Un monastero di Geru salemme possede – va una reliquia con un dito dello Spirito Santo. I chiodi della croce di Cristo sarebbero 40 e secon do qualche studioso pe rsuo 200. Calvino (il riformator e della religione cat– toltca nella Svizzera) · disse che coi pezzi della Santa Croce, che si trovarnno nelle chiese. si sareb be potuto costruir e un ba– stimento. Il primo colpo alle reliqui e è sta to dat o dal prol esta nl esimo . nei paesi nor-0:.·i: e dalla Rivoluzione Franc ese· ne decre t'ò la proibiz ione insiem e col trionfo della Dea Ragione. . Nonosta nt e ciò il culto delle reliqui e con– trnu a e nm \·ediamo una sola via per com– batte rlo : la scuola e la coltura. Verita s. (1) Dal Libro: Scienza e Religione .. ::\TAL\"ERT. guadagnare; lavorerò tanto, tanto, per aver– ne abbastanza da prender\"1 e tenen·i con me· allo r~ metteremo su una casetta, e \"Oi saret~ ~)~ I ? 0 n; e \'Orrete tanto bene alla rnam rnetta , - E se il babbo non vuole ct1e veniamo con te?_ dom_anda~a il piccino timoro so 1 cogli oc. ~~~:)~~un scu ri e col viso fatto ~ubi to pallido e - Verrete lo stesso, aggi ungevo decisa . La data fatale &i avvici nava: io a\-rei do– ,·uto ~nc?ra separarmi da lor o, non perch é :J~~~~~i 1 n~~~;~,re cont ro cli lui. ma perchè ero .--:- Fr_a qu°:lche gio rno ci lasceremo, bam– lmu. _d,ce_vo 10 _ disperata piangen do. as~f~. ~i~Ie~1ct~_\'e\·a·colla solita prepotenza tu~. Port ami Yia con te, mamma; disse Ar- - .\~o uo s.f·hei, te~oro! Pot essi portarvi via ! porl.a~t 0 r: 0 co',; 0 \: ! pappa, mammetta , ma , Oh _quelle parole del mio bimbo ado rato, co. !-I ghtott~ e elle a\Tebbe mang:ato pol.!a pap– P~ pur d! re.s_t:u-~ c·on mamma &.ua, quanto t1.:n1po m1 n suona ro110 nel le orecchie e nel cuore e furono il mio fipasimo ! _- }Iange~·en~o risotto, mamma ; aveva sog– grnnto la picc111a. ne~e~~; ~a~~~~~ è più caro della pappa 1 Oh ))0\'el"i bimbi miei, che già doveva no rireoccuparsi di ciò che costava meno ! (Continuai .

RkJQdWJsaXNoZXIy