La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 7 - 4 aprile 1915

PER LA PATRIA\ Da qualche settimana in i.:asa del com– nH:ndalo re :-\mb ri s non ci si poteva più vi– ,·(•rc: lo dichia ravano spec ial men le la cuo– ca che. pove retla 1 a sentir i padroni non sape Ya più pr epar ar e un br odo, rov in aVa loro lo slo rnaco, e la came r iera che , se c·era rn ca!?a la signo ra o il signo rino , doveva balzare in piedi og n i momento chiamata da lung he nerrnse suo nale del ca mpan ello. Perd1è•? Ecco . una :,era . anzi una notte il sign o– rino era tornato a casa più la rdi del salilo e saputo che la mamm a era anco ra alzata , perchè to rna la da pochi minuti da una se– rata di gala in casa d i una pal rizia. era an – dat o subito da lei e s'e ra lraLtenu to pe r più di un'o ra nel suo sp ogliatoio. Ne era usc ilo tranquillo, felice. Oh , la mamma lo adorn– ,·a dan:e ro. mai. mai sape va d irgli di no! :\ Hebbe d urn1ue pensalo lei a otte ne re le cin que mil a lire dal padr e, sommetta che 1cli occon eva per con d urr e Mimì , la sua brll ìssima amic a che tu tti gli ami ci gli in – \·idia,· an o. al carne,·ale d i :--;-izza. Quel giorn o era scoppiato violen to il liti– zio a taYola durante la colazi one. La sig nora Bianca, la moglie. c.weva d i– l'hia ralo che r inuncia,·a al bra ccialet~o pro– mt::5sole già da tempo. ma non voleva as– s ,L,tarnenle che Bob i, il loro Bobi facess e con gli amici la figura dello sp ian talo e poi a,·eya ben diritto di di ve rti rsi. - Del resto, c-:mC'luse riYolgendos i al ma rito , lu pe r la ti a ambizione hai buttato v ia trenta mi la l;rt.-. quelle che ha i dato alla U:lga naval e... Ye,.lfl.'.mo rhe cosa ti frutte ranno, neppur e la 111edagli etl a . - Lui. il comme ndator e. per un po· l'av e,·a Ia-:.l'iata sfogare poi a,·eva scattato. Il padrone era lu i. sapeva lui qu el che si iA.c.:-,·a. del resto an che le avess e aYute lì da buttar da quelle cinqu e m ila lir e non ~liele aHebb e date lo stesso perc hé.. per– ~hè quella lesta sven tata di suo figlio fa– cen dosi vedere a :'\izza con l'amica gli a– ,·rebbe potuto gu as tare cer i/i suo i piani ... diamine ci mo! prud enza al giorno d'o ggi. con que i so\· ver siYi.. gentag lia che vi spia conti nua m ente des iderosa solo d i crear e e :::.u:--citarescandal i. Se n'e rano accorti subilo app ena era en– trato in casa , che doveva esse rci qua lche c>Jsa di st rao rd inar io. Il comm endator e, che da ri rca una setlimana non ap ri va quasi piu bocc a e che risp on deva a lutti con mu- 2'0}ii• canter ellav a ... Appe na seduto a tavola di ede la grand e nol.iz: a. Il min istro , cons iderato il gene roso altruismo che aYeva sempre d imost rato per il paese, gli acco rdava l'appa lto pel vetto– rn,liamento delle navi della R. Marin a. Capisci. sussu rr ò.. riesco finalm ente a m et– tere a posto quella pa rt ita di riso rimastam i dril!'anno scorso e che comincia ad avariar – si. i::-? non capitava quest' occasion e per devo una bella so mmetta. Yedete che hanno frutta lo le tre ntamila lire rlale alla Lega 1'avale. Evviv a la pat ria ,1 gridò Bobi il quale p,-n,ò subilo che anch e la su a ca usa era ,·in•a: S1 sì. gli d isse il padr e guardand olo run ironia. va. va I a d iverti rti , sei giovan e ;:. !a tua eta . Poi serio, serio pe rchè enl ra– va ! cameriere. escla mò : , Sì. d va la patria gr ande e glo riosa ,1. Grns&P PINA Moao 1.,. . ._,1J01<1. 37 Pagine di vitc1 I \-olevo \·inceri"! quell onda di r-cettici!::mo e di sfiducia che m'invadeva tal\·olta, quella -.ta.nchezza dell'anima, quell'intenso de side ri o di abhan dùnarsi aJla deriva, di rinun cia re ad ogni difesa, ad ogni lott a, di non pensar più non !:offrir più, finire ... ! no, ne,, quello stato r,erir·olo~o deffanimf.J che mi fa ceva p;.rnra non dr...,\·e\'atornar più. A\ rei trùvate nuo\'e fonti di lu<"e alla mia a,iima, JJUO\'e ragioni di vita, 11uove energiP a1l azione. lo non r,ote\'o più essere pei mif!i figli madre ,1.worosa, \·igile .~rena; il mio guadagno era ir1c;nfficiente; il mio corpo, straziato dal lun go p:tLre non era fJiù f'ùSi obbediPnte al volere; . fJir.cini, lontani, forse mi scordavano, for~,. e:ra il.!se.znato loro a sprezzarmi, ad odiarmi. . t:bbene: io a,·rei tacitata l'ansia, sopita la di– sriera.zione <·he mi ruggiva Ilf~ll'animo, mi sa.– rei fJiegata alla \'ita, avrei sferzata l'inerzia, la tra nsazione, avrei ins•·guito un sogno più fulgente e supe rbo, avrei lottato e vinto con– tro rne stessa, contro tutto, contro tutti; nel– l'ideale socialista che sempre più chiaro si ri– velava al mio pensiero e che m'avea data la <.;piegazfone delle mie <.;offerenze che m'avea detto come la legge fo<.;se ingiusta, quanto foc;~e falsa la morale com·enzionale, come fos- l,A Dl.FlsSA DELLE LA \'OlilT!t l>Cl LA GUERRA Lasciate alia Morte la guer ra ! Voi dite sull'umile terra: " S' io pur fui cattivo, sii buono tu dunque I Per dono!,, Lasciate alla Morte la messe degli uomini. O popolo umano, nei campi che il fato ti elesse tu mieti pensoso il tuo grano! Non sangue! Non lacrime! Il sangue lasciatelo nelle sue vene! Schiudet e la carcere esangue, sciogliete le ignavi catene! Lasciate la Morte alla Morte! Voi, stando sul!'orride porte, gridate: " Tu sei ciò eh' io sono ! fratello, io ti perdono! G.PA SC OLI. Parole di pace ? .... da! sangue la pace solle \·a candida rali Qu:rndo? O chi rispon de al/a domanda del poeta? No i cerc himno la parol a santa nei giornal i - santa quando tende a far cessare l'inuti– le scempio, a troncar e il del'illo colle ttivo detti~ gen ti. Essa appar e qua e là ma sem – pre con degli in terrogat ivi. Si dice che l 'A.us lria fia ccala cerchi la pacP separata , si dice che dall'Am eri.ca sia– no partili dei m essaggeri. 1Wa le parol e sag– ge va rranno esse? La diplomazia tratta su deul i interessi e si capi sce. :Voi curvi am o la fronte. Sol o un a notizia ci allie ta. Là in quella Germania che s'è ca– ricatrt di odi , le donn e socialisti' incomin– ci{lno a smuov rre la ma ssa de/lP rassegnate . se rlopfiiamente schiava la donn a e dell'ecces– sivo J;:n-oro e della prepot enza masc hi le, com e fos!';I" ingiusto ed errato un regime, ove la m:tdre non poteva serena alleva re I suoi nati , <1\ P la rnisrria economica e morale la lasciava alla discrevione, alla balia d1 qual sias i pre– pntRnza; av rei trovato la forz a di vincere , !'0 1·- 60.'!lio di vivere pei miei figli, di conquistar– mi un posto nella vita, per essi, per me, per aver nuove soddi sfa zioni , nuovi affett i, per cont ribui re coLla pa rola, colla penna, coll'a – zi<Jne a prep::irare ad altre mad ri un avve ni– re <1VP le torture come le ,nie, fo!=.sero scono– ~wint.P. ~ul priucifJio avevo ricevuto notizie d ietro le miP ineessanti preghiere. \la mi aveva scritto in modo cos i i111.;olente e vile! ~• aveva così fe. rita r-d offesa!.. rg li aveva rin facciato alla mo;rlie la pove rtà pulita, <focorosa , onorevo le, alla rn:tdre <·he viveva di lavoro e 110n sape– va degradarsi m·r,pure da.\'anti "al bisogno che urgeva.. E :1veva osato perfino di scrivermi ch'io dovevo r.1.;serlieta d'rsserrni liberata del– la rnfr1 fJtole! Dalle sue /c,ttere traspa riva il prOJJosito di risP1·barsi il diritto dell'assol11ta li– bertà per lui, i} diritto di tiranne ggiare e ri– catV1re mc, e di disporre arbit rari amente al !ora r. poi dei bimbi. lo non gli contestavo q ue– sta libertà, ma Ja esigevo pure per conto mio e. in ri7Uardo :1i bimlJi, volevo che l"r1trambi aves-;1mo dovuto obbedire, 110n a piccoli pun– ti~li e a rappresaglie, ma ispirarci soltanto al loro bene . E cosi int~ndevo di agire. E freme– \"O d'impazienza di veder i miei teso rett i. Intanto si a.vdcinavano gli esami e le noti– z!e ,·eni\·ano mancando. Soffrii un lf1ese di Dal lustrascarpe 1 mi ei sl:arponi erano inverniciali di fan~ go e le zacche re mi arri vavano per i calzo– ni su fin-0 a mezza gam ba. Senza esse re un damerino, mi trovavo indecente : cercai dunque un lust rasca rpe sollo i portic i. Alla pr im a cantonata un vecchi etto col bunnet rosso del facch ino mi corse inco n– li·o, e o·int,endemmo a volo. lo m i appog– gia i al l)ilastro , il piede nella cassetta ; egli , il ,·ecchie\Ao ..., mi s'i ngino cchiò davan ti. lo pr ovo una straordinaria ripugnanza a fare quella part e cosi sempli ce; non per la ,·ile mon eta, ve lo giu ro, benchè ne abbia sempr e poc hini ; ma perchè.. . Basta , io slaYa lì ritt o coll'uria di uno che com mette una mala azio ne.. Vedevo a' miei p iedi la testa canuta e le sp alle cu rve d'u n vecchio, e non osavo qu asi guardal' e la gent e. Sen– livo in mc, cred o, come la com pli cità nel contra sto ri pugnante fra questi du e termi– ni: un gio vane ritto e un vecch io in ginoc– chio per lui .. Non impazzil e a farmi bello , - gli dissi ; - lernt emi il più grosso e bas ta. - Sissignore, - mi rispose con evide n– le soddisfaz ione il facc hin o, dand omi di sott'in su un'occ hi ata rapid a di ricono scen– za da pov,ero cane (lo dico con pietà ) e se– guitò il suo lavoro. Se vi fu qualcuno fra noi che potè dubi– tare della ne utr alità nostra , per un i.m,peto d'ira verso i prepotenti , pe,· un bisogno confuso di giu sti:,ia, sente la gioia di crede– re ancora che il sociah s1no possa - senza le anni borgh esi -,- ristabilire il diritt o. Si , rista bilir e il diritto! non siamo dell e va cifìste sen tùn entali , non vogliamo pace sol per arnor e di quiet e. Se una pace do– vesse sanzi onar,1 il trion fo del 420, o di un altro m ili tarismo, ci umiliere bbe troppo. }lo quando sentiamo che non solo la di– plomazia discute, bensì il popolo si muove, pens iamo che esso · non può invocar e che la pace quale noi la vogliamo! AvarVti. o compagne della Germania! voi ri aiuta te di fallo a rim,a11ere sul terreno dPì nos tri prin cipi J Voi non sare te sole! GIAÈLE. iortu ra indi cibile, chiedendo il sonno al ·vero– nal e alla morfhia. Gli esnmi diedero ott imi risu ltati, ma ciò, non mi assicul'a \'a il po!:ito per l'a nno prossi– mo. fl di r;.eguent e pn ii ii per ~lilano . Di là, sa – lutato mio frntello, rn·avviai Yerso Cesano. Li av rei t,·ova ti? t\nei almeno av uto colà loro notizie'! rJ tuore ,ni pu lsava con violenza al pensiero che forse ero a loro vicina; mi si a r– restava pel timo re di doverli ricercare invano. :\ vevo moltll st rada da fare a piedi: prima cli giun gere domandai notizie. - Ab itava a Ce– !'iano, il l'icevitore dazia rio? Com'e ra? - Sì, vi ab ita va: aveya una moglie picco– lit, gra ssoc:cia e due bimbi. 11 cuo re mi died e un halzo. Li av rei visti dunque, finalment e! p :,s<.;ava per moglie, I.ci! for·s'a nco per mad re dei bimhi•! Oh, questo no! Eran mie i, eran tutti mir i. E p1·ose_g-11ii l ram mino. Giun si : entrai nella tratto ria pl'incipale del paese, <"hiedl'11<lo una bibita! :\f'inforrnai cau– tarnr1Jte. Seppi: .\la rito e nwgtie ernn and ati ad abitare colù. già. da uo anno cd erano sta– ti ospiti nppunto in quel la trattoria; i bimbi Hllora Prano in villeggiatu ra presso 1111azia ... nel Veneto; in Pasqua eran tornati coi geni– tori.. e :ibitava no un cento passi più in lò. in un appa rtame nt ino. La signo ra era molto ge– losa e suc-cerlenrno tra essi scene frequenti: il signore c:ra r·ollerico e spendeva molto: si asseutava dei lunghi periodi. f JJimbi andava. no rtll"asilo; tinzi era no passati qualche ora prima, gi1Jlivi e sorridenti ... E una parente, lei? mi si chiese, vedendo la mia <·ommozione per quanto repressa. - S1, rispo,i: una strettissima parente dei Buon gio rn o, sor maestro dice iH quella uno toccandomi nel go mit o. Oh ! sa lute, sor Gervaso .. - Dica ha sent ilo le belle facezie di mio e-agnato il mio socio? J\'on ne so niente. O almeno .. so che loro hanno av uto che dir e: ma io, sa , mi impiccio poco delle faccen de priva le degli altri. pe rchè.. ne ho anch e troppo delle mie. 'lon sa dunqu e che abbiamo rotto la soc ietà, e che lu i mi fa !ile? Già m i la _li_le! e preten de che io ne debba a !tu, capi sce, dopo che, in grazia su a, ci ho rimesso il poco che av evo! E qualc he appiglio lo tr o– verà , perchè, - cosa Yuole ! - il nostro cont ratto era latlo su lla parola , e si fa pr e– sto a irnpasti cciar e quando si ha che- far e con uno che non ha scrupoli . Per conto mio , cosa fa re? Dovrò dar e una controqu erela: e avanLi con gli avvoca ~i ! - E adesso lei che fa ? F'accio il sa rto. - Dall e rolaLive all e forbic i! Un bel sai, Lino! - Era il mio me stiere prima di metter– mi con . quel bel mobile. Così non l'avessi mai smesso! - \·ari ctil! Yarietà! Si ricorda , sor Ger– ,·aso, qu ando di sputava mo della cara liber – tà che noi socialisti vogliam sopprime re. e della gran monot onia che ci sarà quand o avYerrà il socialismo ? - Tac ciu, laccia , per carità . Per me, ora – mai , faccio voti di poter morir e con le for– bici in mano. - Non esse rci più affari, eh? si ricorda ? Che vita da convento! Ma via las ciamola li . Dica piuttosto: e la famiglia? - Oh! siamo tutti scom bu ssolaLi. Si sa, quando si è in gue rr a coi parenti ... le don– ne.. è una mise ria! - Ah ! le gioi e dom estiche, dica , quell e gio ie che noi social isti (a sentire certi dot– toroni ) vorr em mo d istrugg ere! Basta, si faccia animo , sor Gervaso ! Anc he quest a pass erà ! Buona sera, sor Gervaso. Salute . so r mae stro . - Professore, alLo là 1 - Oh caro ma estro! Ben trova lo! Che si la di bello ? - Faccio , come vede il signo re. Mi fac– cio se1Tire da uno che potr ebb e esse re- m io padr e. Finita la seral e? ::- Quasi, per forLuna. E lei ? - Non sa che mi hanno lasciato >en-'.;a qu est'a nno ? 'I1ira un 'aria di lesi na ! ·- Eh ! cosa vuole? La pat ria vuole ca– serme ! Dell'ist ruzion e ce n'è sempre anch e troppo. Cosa diceva Bace lli... Scomm etto, prof esso l'e, che anc he lei comi ncia a cap i– re che i migliori patrioti in fondo siam o noi che domandiamo pane e alfab eto. - Birbon e, birbon e. . non mi faccia par – lar e. .\ rivede rci. - A rivederci. Ne parl eremo un 'a ltr a volta. - Finito? Oh bene! Bel mondo, ver o? vecchi lust rano le sca rp e ai giovani I I giova n i robusti si fanno servi re da quell i che avrebbero diri tto di riposar e. - È vero, - rispo se il vecchio lustra · scarp e : eppure é ancora grazi e trovar -e .. Ci ripose remo poi laggiù ... oltre Dora , al ca mposanto ! - Pur troppo! Grazie , galantu omo . - Grazi e a lei. Cerea. Ripi gliando il cammino io pensavo: Ecco una bella pr-ova di intellig enza ! I ne– mici del socia lismo, quand o vogliono dim o- bamb ini. Comprai un pacc hetto di doléi e mi feci condune all' as ilo. Rìn graziavo la sorte di non ave rmi cost retta a reca rmi in casa lor o. Alla Direttri ce doman dai subi to di vedere i picc ini. Non ml pareva possi bil e che ci fosser o clnn·ero e conten evo a fatica la mia ans ia tre – menda. Sentivo un bru sio di voci infantili, m a la test a mi girava, non \·edevo nul la. - u Art uro! Rin a ! qu i subito! 11 chiamò una ,·oce. Si, una pa rente , avevo rispos to come in sogno. ~1i ero ava nzata fin nel mezzo della sta nza,: il mio bimbo s'a \·vicinava. Arturo! gridai pa.1~zamente. Mamma! 1ispose egli con pass ione dispe rata av viti cchi a ndosi a me. Zia! disse la bimba, e mi ca ddern sulle br accia . C: la mam ma, 1a ,riamme tta mia, il rnio caro nmore, ripeteva Arturo. La direttrice commossa, sorp resa, mi rialzò, rni sostenne; mi disse: Lei non può esse r la rn:unma! Jlan du e mamme questi bimbi? E mi tra sci nò in direzione. Spiegai bre veme nt e. Mi mos trò il registro, o\·e i bimbi cran notat i col nome di lui e di lei, ma ne mancava la daia dì nasci ta. La dissi io. Ternpcs tavo di domande i miei angio– letti; Al'turo 111i ri cordava con sic ur ezza, r am– mentava tante cose, faceva uno sforzo d i me– rnoria rhe mi faceva pena: la bimba non ca– ph·a bene. (Continua ). Abbonatevi alla "DifesadelleLavoratrici" e procurate abbonamenti.

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