La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 12 - 21 giugno 1

I BACHI L'uv a del pergolat o aveYa un bel color giallo. La conta<lir,a le sl<Lccava con le for– bici e le posava , delicalamenle , in una gros– sa cesta. Una donna più giovane , seduta al– l'ombra, faceva la calza, tenendo il viso chino. " Voglio un po' d'uva! mi disse la mia bambina, ho tanta sele! "· La donna che lavorava alzò il viso, vide la bimba , la chi amò con un gesto triste . (< Prendi l'uva , pov era pìc cina ! E rip os1li un po' qui sei tanto accal data! "· Poi, rivolgendosi a me, disse : << Er1tri anche lei, signo ra 1 e si riposi un po' . Fa tanto caldo! "· Accettai voléntieri. Era una giornah cal– dissima d'agosto , pareva che la campagna, sott o il sole, fosse tutta immobil e e d'un ver – de più chiaro , e il cielo fosse coperto d'una nebbiolina bianca. Accet ts.i ringrazian do. La bimba mangiava avidame nte e la. don– na ancor giovar.e , guardand ola , aveva. gli occhi pieni di lagrim e. « Ne avr ei una anch'io, così - mi disse– una ricciolin a biond a, con du e occhi chiai ri , chiari. Mi pare che rni guar din o sempr e 1i, « B morta? ,, domandai guardando la mia con un brivido. cc Sì, rispose, è morta , o meglio l'abbiamo lasciata morir e. La contad ina che coglieva l'uva interrup– pe cor1 una voce aspr a, ma in cui tremava una piet à accorata. 11 Ecco che ricomincia! :8 una sua fissazio– ne, sign ora. E' morta perché Dio l'h a vo– luta con sé, ed ora sta meglio di te "· ({No, no! Lasciat emi dire, mamma! Con – fessando a.gli altri questa mia grand e colpa mi par e d'espiare un pochino. Il rimorso è così terribile )) . Senta, signora. Era la stagione dei ba– chi. Lei r1on h :1. un'i.d ea del nostro lavoro in quel tempo! Non si pensa che ai bachi, non si m&ngia più, non si dorm e, si diventa come le bestie. Noi siamo fittabil i, sign0,ra, un contra tto col padron e ci obbliga ad a!– vare i ba.chi ; tanti quanti ne vuole lui, qu a.n– ti ne può cor.tenere la nostra casa. Il guada– gno ci aiuta a pa,;ar e l'affitto. E' una specie di garanzia pel padron e, poich é le annate in campagna non sono buone. L'anno scorso non abbiamo potuto pa,;are completamer,t-e . l'affitto ; quest'anno egli ci ha dato una quan– tità maggiore di bachi d'allevare, h'o lavo– nata, pensa ndo di pagare il debito; tutto il giorno su e giù dalla sca– letta a portar da m:i.ngiare ai bachi. Chi pensava alla casa? E la mia bambina? Povera pi~ola! Quando aveva fame si pren– deva da sola una letta di panino e quaindo la mettevo a letto le si conta vano le ossici– ne 13.ntoera magra . Mi consoiavo pensand o! Poi le comp rerò la vesti na e le scar pette 12 la curerò di più , povera la mia bimba ! Ma i bachi mi pr esero la malattia. Ero di– sperata. Quando s'ammalano i bachi è. la stessa cosa come se un ciclone ci port asse via il nwcoLto. Per,savo che la mia famiglia non si sareb – be mai più rialzata dalla miser ia; nnn fa– cevo che piangere. Mi par eva che il debito col padrone fosse qualche cosa di pesante che m'opprimess e e mi soffocasse. Per una famiglia come la mia un danno di qualche centinaio di lir e è una sventu ra che sembra irreparabil e. Una giorr1·ats. intera non pensai alla bim– ba, come se noq esistesse. Non pensavo che a sepa rar e i bachi malati dai sani perch é non mi prend essero la mala;l,tia. Qua.ndo ci penso mi par e d'impazzire. In tutta la gior– nata non vidi m ai la piccina e nor1 1 la ri– cordai mai. Mai; cap isce? APPENDICE 19 Pagine di vita Schiva dalla comp ag nia, io, che non ero pr i– ma felice che in cas a press o di lui, n.onostant.e tutto, ora uscivo qualche volla con .lui, fre– quentavo qualch e società di suoi amici. e cono• scenti: com·e1-s1vo, discutevo, ero bri osa: a• vevo un 'allegria fittizia, a scatti, ma b1:illan~! tutta razzi, motti di spirito. - I suoi :1m1c1 gli chiedevano perc hè egli m'a\·es se lenut a na. scosta fino aUora; se era geloso, se m'a ~ev~ chiusa in qualche castello lontano. ~gli si compiaceva dei miei piccoli trionfi; m1 guar– dava ammirato come se fossi una donna nuo– va· ero per lui un.a sorpresa, una rivelazione in~spetta ta, una sfinge. - Egli non sapeva ch' io passavo spesso le notti piangend o, quan– do la mia autosuggestione cadeva. Qualche volta, quando ~i rin ca!nva, .mi str in~ geva il bracci_o,. mi bac1a\·a le mam. - 1 ~h pareva imposs1b1le che quella donna che J a\ e– va amato con tanto a bbandono ed o~lio di sè, ch'era tanto rassegn ata, dolce, casalinga, pre– occupata, triste, potes~e. anc he .esse.re.quell 'al– tra: fiera, aspra, spiritosa, nvac.1ss1~a . con una personal ità tutta divers~, sp1cc.at1ss~ma. Una sera mi disse: Se tu rimanessi cosi co– me ora, io ne impazzirei. - Non mi sono ~ ai accorto d'esser cosi innam orato di te. - Non LA DIFESA DELLE LAVORATRIC I Quando tornò mio marito alla sera e vide che pian1sevo, mi domandò subit o : (( E l'Annina ?)) , L'Annina! Dov'era l'Annin a! Quando l'ho chiamala ! L'abbi amo cercata tutla notte. Che orror e, che orror e, signora! .11. 11 Basta , basta! int errupp e ancor1 la vec– chia , uon ne parlar più ,,. " L 'abbia.mo trovata continuò la. mad re senza badar le, l'abbiamo trovata nel cana le alla mattina. Doveva esser morta da dicias– sette o diciotto ore almeno, mi dissero. E non l'av evo cercala, e il cuor e non m' aveva detto nulla , ed ern morta , cosi, perchè nes– suno si cura va di lei, nessuno aveva pen– sato a ler1·erla in casa, a cercar la, ness uno s'er a accorta che mancava da casa da tante ore. Pj angevo pei baohi che av evano la ma– latLia e lasciavo che la mia figlioletta an– dass e alla mort e. Ma chi cur a i bambini dei poveri quando il lavoro ci toglie il re– spiro , e le forz e, e lai pace ? u Pian gevs. ora la pov era madr e un pianto lento , monotono , senza sin ghi ozzi , un Pian– to di creatura sfi.r1ita. Le dissi qualche paro la di conforto ed u– scii con .Ja mia bambina, riposala. Fuori l'acqua del cana.\e verde e limac – eiosa scor reva con un mormorio lento e tranqu illo. E mi paireva che alla deriva venisse , im– plorando aiuto e chiamando la mam ma che non sent iva , una bimba con una piccola testi,r1a dai ricciolini biondi biondi e due occhi chiar i e disperati. M. P. B. LE ELEZIONI l'ilom ena. - Sta a vedere che ora perdi la testa ar,.che per le elezioni ! T'imm ischi in cose che non ti rigua rd ano. Sei forse un uomo tt1?Devi andar a votar e? Lascia dun– que che ci pen sino gli uomini ai loro affari. Marta. - _Ai nostr-i, afhri vuoi dir e, per– chè se trionferà una lista di uomini che ~i darà un 'ammin 1Strazior ,:c illum inat a, che farà gli interessi della povera gente, che avrà a cuor e i bL5ogni dei lavor atori , ne 9..v– vantag geremo tutti, non ti pare? Filom ena. - D'accordo con te. Ma tu non sei nè can.didata , nè elettri ce, nè eleggibil e. Perchè dobbiamo noi aiutar e gli uomir,i nel lavoro elettorale quando sono essi che ci negano il diritto di volo? Marta . - Veram ente noi lavoriam o per l'elezione di uomini che, se fosse ro in m ag– gioranza alla cam era, darebbero indubb ia– ment e il suffragio uni vers·,l e. Negando il voto alla donna si ubbidi sce a uTJconcetto antiqu ato di pr epotenza e di diritto dell'uo– mo, non si consid erano le nuove condizioni di lavoro, per cui la don,r,,a è uscila dal fo– colare domesti.co , per diventare un valido e necessario strume nto di pr oduzion e e di lavoro r,~lla società cap ilali slica. E questo concetto supe ra to e ingiusto non può essere accettalo dai socialisti. Filomena. - Credi pure, Marla , non tut. ti i socialisti prendono sul serio il lavoro che voi late, vi aiutano , sentono le vostre lolle , le considerano come basal e su un prin– cipio sup eriore di giustiz ia e interessar.ti Quando il proletariato incrocia le braccia. potrei d irti ciò che provo : mi piaci im.mensa– mente. ).li sembri tutt a diversa. - Già - gli risposi fredd amen te -· a voi uo– mini non piacciono le donn e affezionate, mo– deste, devote, tutte sacrificio, tull e bontà; vi piacciono quell e sdegn ose, superbe,.. . civette! Il vostro amor e è sempre fatt o di amor pro.: prio; vi placciono quando lusingano la vo– stra vanità , il vostro orgoglio di mas chi ; quan– do aCcendono fiamme di desiderio negli occhi altrui, quando sono amm irate ; qua.JTdo siete oggetto d'invidia. - Di questo amore, io non so che farn e. Potr ò rima.nere così o tornare h donna rasseg nata e tr iste di prim a, ma non più, così bu ona come prima; nè potrò più amarti cosi perdut amente : c'è tr oppo gelo ora, nella mia anima. - Sei t.roppo giovane .ancora per dire cosi. - aggiunse mio marito . Inf atti io ero ancora tr oppo giovane: avevo 24 anni. Beppe allora guadagn aYa bene: io, prima così ard ente ed entu siast a, ero sfiduciata del– la vita e del focolare della vita: l'amore. A\·evo pensato ch'esso potesse far prodigi - ne ero delusa - tentavo tacitai-ne la grande amarezza i mi stordiva, leggevo molto. I libri di Vri.ttorHugo, di Zola e mi lascia– vano un'Lmpressionei, •profonda mi facevano molto medit arie, ap rivano vasti orizzonti al mio pensiero. Intan to rim a-si incinta e ciò1 mentre mi fu cagion e dapprim a di vivo rincr esciment o, sem. brand omi ~he questo mi dovesse stacc are dal– la memo1·ia di quell a mia cara eh 'io piangevo a.nc~ ra e ~ rbavo gelosamente nel cuore, pur e ncl~1~mò rn me un nuovo senso di respon– !feb:~'.tà e diede nuovo ind irizzo al mio pen- l ndus si Beppe a prend ere a pigione· una bel~a casetta e a comperar -e i mobili pagan– doli ratealmente e in breve le tr e camer ette furono all'ordine, ben ·disposte, ben arl'edate. Ero contenta vedendo tutto bel10 1 tutto nu ovo: qualche volta mi sorpr endevo a pensare: Chi sa, che ritor ni un po' di sole! - ).!io marito scrisse a mia sorella- di \·enir – mi a tenere un po' di compagni a. 1 primi dì passarono lieti, venivan o degli amici suoi alla sera a conversare. Ma il temp eraawn :.J impulsivo di lui e la sua volgarità dli lingu ag,. gio impressionavan o sgradevolm ente Ja Mi a buona sorella e procurav ano in me vive a– marezze. Qualche volta egli trascese al punto che Jole, nonosta nte il mio stato di gravi– .danza, mi consigliò a far pratiche per sepa– ranni legalmente da lui, o almeno per farlo richiam are a modi più urbani. Essa volle partire e voleva ch'io parti ssi con lei : era esasperata pel suo cont egno. Io pensavo al fi– gliolo che portavo nel seno e resistetti ancora. L'acc~mp agna i a Milano, ove ne seppi un ·a1- tra di grosse da un 'amica cara che avevo colà. Duran te una mia assenza, •l'autunno preced-ente, Beppe s'era recato da lei con due paia di lenzuola di lino, le aveva impegnate e poi, col denaro ricav ato era andato a pas– sar la notte con un a kellerina di caffè chan – tant~ nonostante i consigli def maI'ito di quel– la signora, suo compaesano ed amico. Era il quindi gli u'omini come le donn e. Ho sen– tilo molt issimi comp 1gni giudicare il lavo– ro delle donne con una mal celala ironia e una buo r,a dose di scett icismo. Se gli uomini volessero, se ci aiutasse ro! i'vlarla. - Oh, senti, Filomena. Ar,che tu in vochi l'aiu to degli uom ini , piagnucoli se non ti danno la loro pien a solidarietà , li chiami quasi responsabili delle nostre con– dizioni d'inf eriorita ! Cerchiam o di lare un lavor o serio, atti vo, in le!Liger.te che s'im– pon ga alla considerazione· di tutti , ma fac– ciamolo per noi, per la nostra digni tà di donna , per il profondo sentim ento della no– stra indiv idualità e finiamola di chiede re, come compenso , l'approvazion e e l'aiuto de– gli uomini , come se fosse ro d'una raz za di– versa e sup eriore. Cerchi3.mo di risveg liare nelle donn e e@rgi e, volontà , spirito d'in– dipende nza e di dignità e facciamo noi quello che dobbi amo fare, all eandoci all 'uo– mo nelle comuni conq uiste e lavorando da sole, quan do è necessar io. Da sole, per mo– do di dir e, perchè il part ito social ista, per il suo contenuto di verità e di giu stizia nor, può far e questione di sesso. Ed ora nel ca– so speciale delle elezioni, il nostro lavoro s'impone come un dovere perch é noi , che chiediamo il diri tto di voto, dobbiamo dar e la prova della nostra capacità al lavoro di propaganda , dobbiam o dimostrar e l'in teres– samento nost ro per ogni lotta vilale che combatte il par tito, far vedere a tutti che r,orr siamo più delle estran ee e delle cene– rentole nella vi.ta politica. Non ti pare? Quando io lavoro, in periodo elettorale , non penso mai che lavor o soltanto per la riuscita dei compagn i, penso che assolvo un mio der vere di socialista , sento la fierezza e l'o rgo– glio della donna che ha superato i pre– giudizi di sesso, ser.to che lavo ro e parlo in r,ome delle molte donne che sono con me con lo spi rito, ed anche in nome di quelle innu mer evoli ass enti e che vorrei scuotere con la parol a e con l'esempio. l'ior,• ti par e che •in quello che mi hai detto tu ci sia, in fondo, un po· di pigrizia e d'apatia? Filomena. - Chissà ! forse non hai torto del tutto. Per Maria Giudice. La nostra compagna è in car cere a Va– rallo. La sua colpa? Hn. aiutato , sorr etto le sciope rant i di Borgosesia , ha fatto opera pa– cificat rice quando sembraYa che gli animi, esaspe rati , non vedess ero più in là del loro risentimento. Maria Giudi ce rappr-eseni a,·a un ~ ::..a===== indubbiamente. La sua opera e la sua paro- la fervente erano l'incitamento alla lotta , alla resist enza , alla lede. L'hanno mandal a a meditare iri· carcere. Ma la compagna nostra ha la tempra delle donn e a cui l'ingiu stizia e il sopruso dan– no fede e forza. Noi la salutiamo. E salut iamo con le scio– per1ntì di Borgo ses ia. La lolla lunga ed aspr a, la buona prop a– ganda di Maria Giudice faccia di loro delle militi valor ose e ferven ti della causa pro- letaria. La Difesa delle Lavoratrici. Per laCultura R zionalista Dott. K. snr o;,,;: - Nè Dio nè Anim a L. 0.50 - Come il pr ete sfr utta i dosrmi u 0.50 - Stregoneri a crisliana ~ ,. 0.50 - Viaggio um oristico attraYe rso i dogm i n 0.50 YllLLESBO - Gesù. Cristo non è mai esistito .. 3- RE~A---~ - La Yita di Gesù 11 2.50 GSELL - Con Dio e s.enza Dio (Inchie. sta sopra le basi della morale ) ,, 0.30 G. M. SERR ATI - Dottrineha raziona.- lista 11 0.50 ì\Ia.nd are imp ort.o ant icipat o alla Libr e.l'ia Editrice u Avanti ,,, coim·o. :'vlia. sorella era già p:11iita. m'a ve,·a strette le mani piangendo : io tornai a cas a.. come mi gra\·asse il peso degli ann i. T1iste e muta mi amm annii qua lche cibo e mi pr epa- . m i il sofà nel salotto. Il dì dopo eg1i, in presenza d'un runico m'insult ò volga rment e. Scattai: gli dissi quan_ L·era spregievole. ~Ii battè: dopo due ore do– vetti andare pel medico. Io avevo la febbr e. Egli n'ebbe pau ra o riffi.Orso .:-.1i domandò perdono, mi baciò e ribaciò le mani , si umi– liò, si chiam ò vile e can ag lia.: mi assistette colle cure più pr emurose e .frate rn e. Gfi per– donai. Venne suo cugino a tro\·arci: un giovane t:11;1tobuon o e serio che ci·aveva fatto da pa. drrno alle nozze1 che l' aveva consigliat o tante volte al bene, e aiut ato e che mi guar dava con un vivo senso di pietà affettuosa . Vide egli la mia bella casetta ch'io tenevo con tan• ta ~ura, v~de co~n·io cercavo compiacere Bep. pe. 111 ogni cosa, come gli pa-rlav o; capì, in- ~r l~~;e ; 1~s~i~:e1=mio viso sofferente, dai modi - Tu do\Tesli adorarlo. quest a donna che ha tante buone qualità e la iratti male. Be.~pe .sii. r~pose con insolenza ma poi si stud10 d1 miglior are i suoi modi. (Continua). Leggete " La Difesa delle avoratrici ,,

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