La Difesa della Razza - anno I - n.6 - 20 ottobre 1938

ftA-1,M,i!WIJl.ioL-.J I Pigmeo. ntorno alle razze a fricanc e alla possibilità di avviarle efficacemente verso la civiltà europea è noto che si contendono ancora il campo due opposte tendenze: l'una che ammette, l'altra che nega tale possibilità. La disputa non è oziosa, perchè dal modo di risolverla dipendono profonde modificazioni nella legislazione CO· lonialc e in parte anche in quella dei territori metropolitani. A scopi pratici si può dire che il problema è discusso appena da dopo la guerra europea, e ciò in conse· g·ucnza dello sviluppo preso eia giovani discipline scientifiche, quali l'antropologia e la etnologia, in precedenza quasi estraniatisi dalle applicazioni riguardanti il governo delle colonie. Un ventennio adclie• tro, però, i legislatori stessi si ostinavano a riconoscere nella loro opera solo un'indole politica cd economica, non richiedente l'ausilio della scienza pura. Per convertirli, in particolare per quanto concerne i metodi eia usare con le genti africane, occorse che gli antropologi si mcl.tessero a percorrere il continente nero, non tanto per raccogliere crani e misure antropo· 34 BiblotecaGino Bianco L'INCROCI~ UN ATTINTATC metriche, quanto per indagare, come essi soli potevano, sulle popolazioni odierne e del passato onde scrutarne l'anima e la vita, e volgere i risultati per assegnare il giusto posto agli africani nella gerarchia delle razze umane. Ma siccome è per tutti l'ora di decidere per una delle due indicate tendenze - e su quale non dovrebbe esservi dubbio! - è inevitabile che ogni nazione vi si adegui col tempo. Frattanto, ripeto, non è così, per cui differenze sostanziali e talora pericolose si osserva. no nelle leggi coloniali delle varie po· tcnzc. Per noi Italiani è fissato ormai in maniera inequivocabile l'atteggiamento da assumere verso le razze di colore in Africa. Esso si ispira alla convinzione che una inferiorità irriducibile, legata a cause bio. logiche e quindi trasmissibile nelle gene• razioni, contraddistingue codeste razze rispetto ai Bianchi. Da ciò la necessità cli evitare miscugli di sangue, oltre al dol'e• re di una considerazione appropriata dell'accennata inferiorità, le cui manifesta· zioni hanno importanza soprattutto nel campo psichico. E.' 11oitra su/da opi11ione che l'incrocio con gli ,lfricani siCI1111al· te11t11tocontro la civiltà europcci pcrcl,è la espone a decadcn:w: dato cl,c essei è 1111 prodotto possibile solo ne/l'ambito delle rc,:;:;eeuropee. Di queste è il compito, o 111cgliol'obbligo di mantenerla i1111ita e di u,ssiwranrc l'ascesa. Non altm ra:::;a co1111111q11e, ha di111ostratofinora di riuscire" coutribuir·vi; uè vi è mai riuscito ues• s1111f0ra i milioni di bast(lrdi bù111co-11rri co111parsin .Africa, in A111ericue purtroppo cmcl,e s11lsuolo stesso dell'Europa. Riassumo in breve i motivi per cui giudichiamo deleteria la mescolanza o anche solo la troppa familiarità con gli Africani. Jn parte lo facciamo studiando il loro passato per desumere, in base al presente, il loro avvenire. Con evidenza non di rado perfino eccessiva, tutta l'Africa parla di regresso a chi è esercitato nell'analisi dei fatti antropologici. Mai, nonostante qualche apparenza in contrario, vi è oggi vero progresso. Al suo posto è invece la continuazione di una discesa su cui con verosimiglianza gli Africani si incamminarono da millenni, per cause esclusivamente biologiche. Ne risentono ora tutte le razze e culture del continente. Non molto diversa, però, era la situazione al primo arrivo degli Europei. Allo studioso cli problemi etnici apparisce perciò ridicola nonchè assurda, la pretesa di spingere coteste medesime genti sulla via del progresso: a mezzo, poi, dell'innesto di una civiltà, come l'europea, troppo al di sopra delle loro possibilità mentali. E' così una I I "Dovranno esser rafforzate le misur contro chi attent utopia quella di certuni sul sorgere di stati negri indipendenti di tipo europeo, che un giorno dovrebbero meravigliarci creando da sè eserciti di terra e di mare, tribunali, università e officine. Chi lo sostiene cvi. dentemente non ricorda . che più volte l'Africa cercò di fondare potentati ma che già al'anti la conquista europea quasi tutti erano scomparsi, o erano in via di scomparire, per mancanza di vitalità. J ntanto gli odierni indigeni si dimostrano incapaci di sviluppare da soli industrie o aziende agricole estese oltre i loro immediati bisogni, e pochi san110 avvantaggiarsi del riflesso benefico ricadente su di essi per le iniziative dovute alla presenza dei Bianchi nel paese, si che un ipotetico abbandono cli questo da parte dei governi europei vi significherebbe. l'immediato ritorno della barbarie. Il complesso, insomma, denota che gli Africani odierni sono inetti oltre che ad assimilare la nostra civiltà, perfino a serbare la propria. Tanto dura verità non è smentita da nessuno dc· gli argomenti portati dai contradclitori: fra i vari, quello della elevata struttnra di qualche lingua indigena a prova elci notevole potere innato di logica negli Africani. Nel fallo è, all'opposto, un altro in• dizio del regresso da loro subito. Per usa• re un vecchio confronto dirò che coteste lingue, del resto sopra vvissutc a frammcn. ti, appariscono una stonatura e quale un manto sfarzoso sopra un abito a brandelli. Esse provano non la mentalità attuale ma quella di antichi, superiori antenati. La presenza in Africa, e con la larga di ff usionc, di un tipo umano abbastanza evoluto, risale al quaternario se ~tiamo ai 1 est i fossili provenienti dal Kenia, dal Tanganica, dal Transvaal e altrove. Suoi discendenti più o meno ibridi si ritrovano principalmente nell'immensa area bantù; o accantonati nell'Africa Orientale, ove continua il processo di inquinamento per infiltrazione sempre maggiore cli sangue negro.

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