La Difesa della Razza - anno I - n.6 - 20 ottobre 1938

COM GLI APRICAMI al prestigio della razza nei territori dell'Impero" Il r~RAN COMSIGLIO LA Del grave inconveniente non si salvò nemmeno l'Africa Sctlentrionalc; anzi, le sponde mediterranee ne furono raggiunte e ormai minacciosamente varcate. /,. tal se11s0 si potrebbe parlare dell'Africa a/. l'assalto dell'E11ropa. Le mu,.icipalità di Ni::::a, Tolo11e, Ma.rsiglia, f?arigi e di altre città so,io in co11di::umedi fornire in proposito dati preoccupa11ti. In Corsico, la Frnncia i11trodusse reggime11ti se11egalesi e focoraggiò co11s1issudi i matri111011i misti per ,i,,.pia:::;are i 42 mila isolani cad11ti11ell'11lti111ga1i.crra. Con la situazione antropologica determinatasi lentamente in Africa, non stupirà se· il miscuglio vi fu sempre deleterio, come evidentemente lo è per i popoli civili che assorbono sangue africano. Ha ben motivo, dunque, la decisione del Gran Consiglio Fascista per l'inasprimento delle misure contro il meticciato: grave piaga i cui effetti si proiettano, ingigantendo, nel tempo, e della quale i responsabili mai saranno puniti abbastanza. Dal meticcialo rifuggiamo consci dei .pericoli che trascina con sè, ma al tempo stesso cerchiamo senza illusioni l'elevazione degli indigeni nell'interesse loro e nostro, e per averli utili dipendenti nello sfruttamento delle aziende coloniali. Non pensiamo, cioè, a metterli da parte, o all'opposto ad assimilarli, ma a guidarli verso un livelio sociale consono alle immutabili capacità naturali di cui dispongono. Non ci preoccupa, ed anzi favoriamo il loro aumento numerico. Curiamo perciò il miglioramento fisiologico delle razze soggette e con l'assistenza materna lottiamo contro la mortalità infantile, grossa piaga dcli' Africa. Si provvede insomma, quotidianamente all'incremento e all'organizzazione s~ientifica della collaborazione indigena: ottimo mezzo, a nostro parere, per valorizzare i territori africani. All'uopo sono istruiti i funzionari coloniali italiani e resi consapevoli, a causa della sua portata economica e socia.le, di quale è l'effetto delBiblotecaGino Bianco CIYILT .À la civiltà europea sugli indigeni. Nè ignoriamo che nonostante la compùsizione etnica del territorio etiopico, scelta relativamente al resto dcli' Africa, è assurdo pretendere di portarvi la prosperità a mezzo di un incivilimento sempre sproporzionato alle forze di chi dovrebbe riceverlo. Si sa, inoltre, che proprio in virtù di tali singolari doti razziali dei sudditi ci è necessario studiare metodi di governo nuovi senza poterne prendere nessuno a modello. In primo 111090rin1m&ia11iototalmente alle ormai viete me11:;ogne coloniali, care alle mll{Jgiori potenze. Non diciamo quindi, imitandole, che stiamo in Africa per importarvi 1111ovimetodi di vita, imiol:;are le popolazioni al governo aittonomo ed 1111darcene.Invece stiamo in colonia, sapendo e dice11do che no11 ce ne andremo più, lieti se potremo sostituire nelle ma,<i dei nostri a1"ministrati i fucili con le zappe. Di conseguenza assistiamo gli indigeni, ma non alimentiamo in essi velleità parlamentari e di indipendenza: di un'indipendenza che nessuno ha intenzione di elargire e che resulterebbe dannosa, secondo dimostra il contegno degli Africani nei rapporti fra loro e per la messa in valore di quelle risorse naturali che sono giustificazione più che bastante per la dominazione europea nel continente. Al/11 base di qitesto nostro origi11alissi1110 i11dirizzo coloniale è, ripeto, la convinzione di 11110 i,iferiorità mentale irriducibile nei sudditi di colore, co11nessa a cause razziali di c11isarebbe pericoloso co11taminarsi. La politica coloniale di ogni altro paese Ji fferisce sostanzialmente dalla nostra; quella francese, poi, ne è addirittura agli antipodi. Per la Francia non vi è distinzione tra indigeni delle colonie e cittadini metropolitani. Somma preoccupazione le è ora creare un'Africa franco-araba accanto ap un'Africa franco-negra, per parlare, insieme alle sue altre terre d'oltremare, di una popolazione non di 40 ma di 100 milioni di Francesi e così imporsi all'attenzione del mondo. Il meticciato, anzichè reprimerlo, lo esalta e lo pratica legalmente anche sul suolo patrio. Non trova quindi sconveniente nè impolitico ammettere i Negri alle alte cariche dello Stato. A partire dal 1927, un Negro con qualche merito militare, o semplice impiegato di Governo, oppure sposato ad una Francese è senz'altro dichiarato cittadino della Repubblica, cou pieni privilegi. Nella totalità del suolo gallico, all'incirca ogni sette abitanti si conta uno straniero, che non di rado è un Africano. Lo stabilirsi degli Africani in Europa non può non allarmare quando si pensi ai IUROPIA gravi problemi sorti per idéntico motivo in America. Contenuti qui, dapprima, in poche decine di migliaia, una sfrenata prolificità, tutt'altro che controbilanciata da quella dei Bianchi, li aveva fatti salire a 4.6oo.ooo alla metà dell'Soo, per superare oggi i 30 milioni. Vien spontaneo di chiedere se sia il caso di aggiungere un altro e così serio malanno ai tanti di cui già soffre l'Europa! E poi, non è illogico esportar gente dall'Africa quando universalmente vi è riconosciuta una necessità del tutto inversa? L'intero continente non arriva ai 150 milioni di abitanti mentre le sole savane estese dalle sorgenti del Niger allo spartiacque Congo-Nilo potrebbero nutrirne 500 milioni e il rimanente territorio un miliardo. La mano d'opera così scarseggia, limitando lo sviluppo delle imprese. Opportu110, di co11seg1,enza, è tra//e11ere nel loro paese gli Africani; inoltre bisognerebbe ricond11r- _re in Africa quanti, puri o ba,stardi di q11al11nquegrado, uscirono dalle sue genti. Mavente principale: la conserva::ione e l'ascesa della civiltà europea. In quanto all'asserzione generale, ripetuta da secoli, che gli Europei stanno in Africa per insegnarvi la loro cultura, è pure facile mostrarla non vera. Per civiltà europea si intende un complesso imponente di nozioni, fra cui non solo il leggere, lo scrivere o il pregar certi dei, ma anche il fabbricare navi, aeroplani, locomotive, cannoni, es[>losivi e quant'-altro si voglia. Quale potenza coloniale si sognerà mai di mettere gli Africani in condizione di far tutto questo da soli? E, allora, perchè illuderli con una civiltà monca che per giunta, nemmeno così diminuita, riuscirebbero ad assimilare? Quanto non è più nobile dire, almeno tra noi, la verità? Essa, d'altronde, preverrebbe da molti errori come quello, pernicioso, det tneticciato: frntto del più inm1ondo egoismo di cui in colo11iapossa macchiarsi l'11011wbianco e clic solo ,ma propaganda politica, condotta co11 piena ignoranza a11tropologica, maschera per cosa buona. Sull'insieme di questi vari problemi l'Italia pronunziò da tempo la 1;ua parola definitiva con chiarezza cristallina, senza lasciar adito ad -alternative o menzogne. Il razzismo fascista è ora venuto a rafforzare i medesimi concetti ed a dimostrare quale valore sia da darsi al materiale umano per l'incremento o meno della nostra civiltà. Non domandiamo che altri ci segua, ma se questo accadesse, bene ne resulterebbe per l'avvenire dell'Africa e più ancora dell'Europa. LIDIO CIPRIANI 35

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