Critica Sociale - anno XLI - n. 18 - 16 settembre 1949

CRITICA SOCIALE Aspetti del problema agrario Mentre si discute con abbondante superiiicialità - di riforme agrarie, che il Mi-nistro Segni concrete– rebbe in una sforbiciata alle grandi prop~.i~tà ecce– denti certi limiti d~ superficie e di reddito ca,tastale, giova insistere sulla tesi che nessuna riforma agra– r.ia riuscirà veramente utile alfa generalità dei citta– d 'r.ni e alla categorfa dei contadini lavoratori, se non porti alla immissione di capitali nella terra. Le for– tune dell'àgricoltura ital,iana sono strettamente col– legate alla immissione .intelligente di questi cap,ita– li, provenisse·ro essi dal commercio, dalla industri.a o dal lavoro degli emigrati. L:a terra ha sete di capitali per il miglioramento dei fabbricati colonici (stalle e case coloniche) per piantagioni, per fossi di scolo e terrazzamenti, per dotazione di bestiame, di brattoni, di forza e luce elettrica, per conc,ima,zioni organiche e chimiche, ecc. Se non si soddisfa qùesta sete, si rimane ad un'a,gricoltura esterasiva e povera, con scarse pro– duzioni e con scarso assorb<imen lo di mano d'ope•ra ;– se questa s·ete si appa,ga, si opera il trapasso a for– me i,ntensive, che assicurano più alte produzioni e più intenso assorbimento di lavoro e che trasfor– mano la mentalità dello stesso contadino, abitua,ndo– lo a una vita, pdà' civile e più associativa. _Questo è l'aspetto sotto il quale va esaminata con– cretamente ogni proposta di riforma agraria, pre– scindendo da vane e vacue discussioni sui mali e sui benefici della piccola o del-la, grande proprietà: di– scussiond del gen:ere sono meramente accademiche, in quanto r,iguardano la superficie esteriore e non penetrano nella interiorità sostanziale della vita agra·ria. Fino à che il ,proprietario -,- grande o piccolo - consideri la terra èome una fonte di reddito per– sonale e si preoccupi solo di questo, non. avremo lo svHuppo del-le forze produttive, e non lavoreremo per una trasfÒrmazione della struttura sociale, che esige una classe di contadini dalla mente più aper– ta e con l'abitudine di una, vita associata. Il grande proprietario assenteista, che nel centr.o urbano o mondano attende jmpaziente le -rimesse dalla cam– _pagna del suo fattore o del suo affittuarfo, equivale al piccolo proprietario,• che nel suo orgoglio di si– gnore di pochi ettari passa la sua vita al caffè o in farmacia, vivendo sulle magre rendite della sua ter– ra, cui non dà nè una eff.icient-e direzione tecnica nè· i capitali occorrenti alla più modesta delle bo– ntfich~ agrarie. L'esproprio colpirebbe con giusti– zia l'uno e l'altro, senza possibilità di discrimina– zione. L'esproprio colpirebbe giustamente -anche il resi– duo della Chiesa, ora limitato ai Benefici Parroc– chiali, o press'a poco. Almeno nell'ex Stato Pontificio le Parrocchie sono molto numerose, giungendosi ad avere una Parrocchia anche pe-r centocinquanta o duecento a-o.ime; ognuna di queste Parrocchie ha di solito un podere (sono hen ·poche quelle con cinque o sei poderi) caratterizzato dalla casa cattiva: quan– to. più è. povera la ,Parrocchia tanto peggiore è il sistema di conduzione, ricorrendosi. molto spesso al– l'affitto o ali-a forma deteriore della così detta :soc– cida, con la quale un te-rzo fornisce al podere della Parrocchia il bestiame, dividendo utili e perdite con Biblioteca Gino Bianco · il mezzadro: qui parlare di immissioni di ca.pitali o di buona direzione tecnica è assurdo. Gli Uffici Diocesani dei Beni Ecclesiastici, che amministrano i beni delle Parrocchie vacanti, fanno anche peggio dei Parroci peggiori: concludono affitti a breve sca– denza (di regola un triennio), preoccupandosi solo di riscuotere il cànon.e: è grassa se _provvedono a qualche rabberciatura dei fabbricati colonici. Non han,no mai curafo - almeno a quanto mi consta per esperienze personali - una organizza,zione coopera– tiva dei Parr.oci per daré al pa-trimonio ecclesi:astico una mediocre direzione tecnica, per agevolare ac– quisti e vendite collettive, in.dotti a ciò dal fatto che la proprietà fondiaria è naforalmente sparpa– gli,ata (di rego,là la Parrocchia ha il podere attiguo alla Chiesa) e che man-ca nei sacerdoti uno spirito associativo. Così i beni della Chiesa, considerandosi Ia terra come una fon te di reddito da erogare per scopi e finalità estranee alla produzione e negan– dosi di regola alla terra ogni immissione di capitali, sono in continua decadenza: -salvo poche eccezioni - relative alle Parrocchie più. -ricche - i poderi della Chiesa sono i peggiori di tutti, come fenome– no di massa. Questa realtà concreta sfugge al Governo e al Par– lamento,_ ove il problema della riforma agraria, si pone in termini di piccola e di grande_ proprietà, dimentica-n.do che vi sono grandi propdetà i-n cui avviene largamente la immissione di capitali e che vi sono piccole proprietà in cui alla deficiente im– missione di capitali ,non si supplisce nè con un la– voro intenso nè con una premurosa direzione tecni– ca: sfugge, in definitiva, agli Ispettorati Agrari, as– sorbiti prevalente-mente da laboriose raccolte di da– ti statistici generalmente falsi o artefatti e da inutili pratiche burocratiche, quando invece tornando alle vecchie e benemerite Cattedre Ambulanti si potreb– be fare qualche po' di ben.e, suggerendo con un apo– stolato intelligente pratiche cultura!!_ e modeste bo– nifiche con una virtù irradiatrice di ~sempio. Se anche la Federterra non ha sempre la chiara consapevolezza del suo compito, in realtà fi.nisce per adempierlo con la incessante pressione per la revi– sione dei contratti agrari e per l'assorbimento della ma,n,o d'opera bracciant-ile, anche, nelle regioni a mezzadria; quanto più le organizzazioni dei conta– dini acquistino la consapevolezza della sete di capi– tali da parte della terra, tantò più si affretterà la ve· ra r"iforma agra-ria, che deve darci fra l'altro un pro· letariato agricolo più v.icfao spiritualmente a quello industriale e più adusato alla vita di relazione in luogo di quella autarchica propTia della segregazio– ne individuali-sta del contadino, che vive isolato nelle campagne e non conosce la divisione ·e la or– ganizzazione del lavoro produttivo. L'Italia, che è paese agricolo, deve porre in :pr-imo piano la riforma agraria: ma la vera. riforma· agra ria consiste nel passare dall'agricoltura estensiva e poveTa a quella intensiva e non in un artificioso e-· stendersi della piccola proprietà. GIULIO PIERANGELI LeR"getee diffondete il quotidiano del P. S. L. I. L'UMANITA'

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=