Critica Sociale - anno XLI - n. 13 - 30 giugno 1949

.CRITICA SOCIALE 293 forza (dando così appoggio ai fautori di una guerra santa contiro ,l'U.R.S.-S.), o agli attacchi contro il « culturame » (ch'erano un calcio grosso1anamente inflit1o alle forze di p·ensi,ero lakhe). Ma in realtà, col ·suo lingua@gio speriicolato, Scelba non parve nè stonato, nè, im fondo, eccessi,vo, Ripeto, con un suo inimitaibile linguaggio e con plebea aggDessi<vità (e banto piacquero!), ed eri,genidosi a schi-etto interpre– te della « baise » comg·ressuale, quello che gli altri maggiorenti democristiani avevano sostenuto, nella più cauta ed involuta tenninolog:ia d•ell'alto linguag– gio politico. Un unico mo, sÌIJl troppo evidente, ri– collega infatti, pur nell a v,arietà di tono e di, con– tenuto, tutti i diiscor.si: da De Ga5\I)eri a Cappi, da Segni' a Fanfani, da Pi'ccioni a Pella. Nè vi fece cer– to da contraltare Dossetti. E' chiaro anzi come delle maggior.i assise del parti-'to democristiano si sia ap– profittato come di un·a conveniente cass·a di riiso– namza e com,e di. uno strumento, con ramificazioni capillari, atto ad una corale acclamazione. Questo esplidto discorso, duro e ingeneroso ver– so i collabo11atoori, può riiassum•ersi press'a poco cosi (e ·credo piuttosto di mitigarne che di aocen.tuarn.e i ,toni): la D. C., pilastro dello Stato e del Governo, s'1dentiifi,ca col Paese, con l'oridine e con la legali– tà: a buon di-ritto rivend'Ìlea a sè di guiidare il Pae– se; il 18 aiprile è un verdetto inconfutaibile e non modiifioa:bi-le; la D. C. non ha bisogno di mutare l'at– tuale form1ula governativa e non accoglie i postulati monopolistid di Dossetti e C., ma dell'azione di go– verno assume in toto la direzione, la responsabilità e H successo; non si farne ti-chi -di aHernative sul terreno d·emo:crati-co, contro cui ci schieDeremo ri– solutamente; non ci si azza•ridi a parlare, sul terre– no poiitko o sul terreno laico, di « t-erza forza »; la « terzoa forza » siamo noi, e non altri che noi. Un diiscorso, insomma, cui potrebbe calzaire benissimo (indice del nostro ba,s-so livello democrattico) la for– mula mussoli-niiana: « o con noi, o contro di noi». Questi ri'sultati del congr,esso veneziano sono stati convaHdati da due atti ulteriori, non meno con.elu– denti. Il ,primo ,è la famos,a intervista concessa da De Gasperi al1a vigilia del ConGresso del P. S. L. I., che giustamente venne ·accusata dal ,compagno on. Mat– teotti di- essere un'inaudita interf.erenza del Caipo del Governo nelle facicernde interne di un altro p,ar– tito. Confermando il suo intento di non mutare la formula go-v-ernativa e la sua speranza di contimuare ad avvalersi della col-latborazione dei ministri socioal– democra,tici, De Gasperi, malamente celando la sua avversi,one al « fatto nuovo » della unità socialista, ,prendeva esplici,ta posizione contro l'ipotesi di un nostro passaggio alla opposizione. « In mezzo non ci si sta », si compia•cque di• osservare, facendo suo il vecchio slogan di Pietro Nenni, e osservò che passare alla opposizione era mettersi senz'aHro dal– la ,parte ,di Togliatti. Veramente un chiari-ssimo sot– tintendere: « o con noi, o contro di noi». Il secondo atto è la abilissima mozione conclJUsi– va del Congresso a•pprovata nei giorni scorsi dagli organi •dirigenti della D. C. AbilissÌ'ffia per,chè, men– tre agli effetti interni fa notevoli concessioni ·!!,Ile formule, se non alle effettive aspirazioni, dosset– tiane, presenta un indirizzo generale dell'opera di governo che può essere a,ccolto e sottoscritto da tt1lli. E' sintomati~o tuttavia come questo indÌifizzo che f.a ,proprie esrgenze e ,preoccupazioni da altri affacciate ,venga rivendkato non quale indirizzo di un governo di coalizione, ma quale programma di un governo a direzione d·emocristiama e che ·n par– tito D. C. ipres·enta e sosti'ene come cosa esclusiva– mente sua. Quakhe mese fa gettavo un inquieto interroga– tivo sulle sorti di quella democrazia politica del no– sliro Paese, di cui: tutti si proclamanò paladini. No- BibliotecaGino Bianco tavo allora come, data la prepontderanza della D. C., mal fren.ata e poco o nulla .contraistata dagli altri partiti politici democratici, svirilizzati da una col– la'borazione govel'lnativa che lasciava vacante Ìa fun– zione di opposizi-011.edemocraiti-ca e costituzionale, essenzi-ale, per la democrazia, essendosi messi in po– sizione di « fuori giuoco » i partiti del Fronte, si venisse profilando in ItaH,a una nuova formula di regime politico ,che cereavo di definire come « par– tito unko-plurimo ». Partito unico, in quanto tutte le forze della democrazia venivano convogli-ate, atte- • nuando o swperanido le loro differenzi.azioni poli– tiche, ideologkhe e programmatiche, in un solo blocco di governo, incentrato sulla volontà domi– na,nte e sull'indirizzo preminente della D. C. e dei suoi uomini di governo, a'!'lbitro e mo:dera,tore su– premo De Gasperi. Ed in pari tempo plurimo, giac– chè questo blocco d i fol'lmazio,ni diverse non spin– ge la sua teniden.za coalizionista sino al punto di sopprimere la formale distinzione e l'apparenza di un'autonomia politiocai, m1nora-ta bensì dai vincoli d·ella colla,borazione g()IVernativa e dal1e esigenze di comportarsi con rinunciata-ria « lealtà » di fronte agli a-ltri partiti della compagine (ed alla D. C. e suoi governanti in i•specie), ma pur sempre tal-e da lasciar sussistere l'apparenza di un mod•esto ed in– nocuo giuoco indipendente. Ora il Congresso di Venezia dà a questa forunula una •consa·crazione quasi ufficiale. « Al governo ci si sta o non ci si sta », si sente ripetere ad ogni piè sospinto. Ma se ci si sta, biosogna accettair,ne le con– seguenze: o confinarsi in un'opera di ordinaria amministrazione ,con modesti risultati e senza pre– tese innovatrilCi; o subordinarsi « lealmen.tie » ad un giuoco,. che è dominato da altre forz,e -politiche ed a cui è necessario sottostare, trasformaindosi da avallanti in pienamente corresiponsabili, da colla– boratori in fiancheggiatori. Accettando qu1ndi le caratteristiche speci.fiche dell'attività di governo democristiana: 1a propen!sione al paternalismo ed al burocratiosmo; le esitazioni ad inciodere negli interes– si costituiti e nei privilegi esistenti e l'accettazione dei loro con.traccolpi; la tendenza a nulla innovàre se ciò possa turbare l' « armonia » di tutte le classi e categorie ed imporre ad a1cune di esse degli ef– fettivi sacrifici; la segreta aspirazione a dilazionare ogni reale e defin.iltiva soluzione, movendosi per mezzi-termini e per transazioni; e, infine, la condi– scendenza per le inva,denze cornfessionali, occulte o palesi. In altri termini: i,l Cong,flesso di Venezia ha sfa– .talo l'illusione che oggi al govel'lllo ci, si possa re– stare con la ri-serva mentale di, costituire una e ter– za forza » diversa dalla D. C. e, rispetto ad essa, in una situazione di antaogonismo, almeno poten– ziale. O si accetta l'a,utoproclamazione della D. C. « la terza forza siamo noi,», travisando il concetto di « terza .forza» introducendovi da un lato tutte le remore conservatriici e retrive sul terreno sociale ed economico che la D. C. fa valere attraiverso il suo preteso « interclassilsrno », dall'altro lato tutte le in– si-die con.fessionali, neo-guelfe, antirisorgÌ'ffientali ed illiberali -che le sono propri-e; ·e allora al governo si può restare ,con la capiitis deminutio della fun– zione di subovdinati e « leali » fiancheggiatori. Op– pure a questa autoproclamazione, falsa ed inconsi– stente, ci si ribella : e allora sono segnate le ore. di una colla,borazione con un partHo che non. ammett~ riserve alla sua preminenza e che non esita a pren– dere preventivamente posizione contro qualsiasi for– mazione che intenda contrap·porglisi, anche se sul terreno della democrazia ed in funzione di terza forza. No.n si può tuttavia nascondere il senso di ama– rezza nel constatare come ad un linguaggio tanto esplicito e mi,naocioso (cosi inconsueto rispetto alle· blandizie e alle tergiversazioni, ca,re allo « stile > de- /

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