Critica Sociale - anno XL - n. 21 - 1 novembre 1948

CRITICA SOCIALE 485 Da qqanto è stato detto sommariamente sulle pos– sibilità che si aprono ai nostri lavoratori all'este– ro e sull'éfficacia dei patti internazionali stipulati e stipulandi, è forse possibile delineare in breve un in_dirizzo per la politica italiana d'emigrazione nel– le seguenti proposizioni: a) nessuna incertezza rispetto alla necessità di dare alle correnti migratorie il massimo svih1p,po effettivo per riequilibrare il mercato di lavoro ~n.– terno; la cui capacità di assorbire una mano d'ope– ra in costante incremento è oggi, e probabilmente sarà nell'immediato avvenire, assai limitata. tata. b) L'emigrazione di massa• richiedé una orga– nizzazio1:fe attenta in accordo con gli Stati che han– no bisogno di mano d'opera italiana. Per tale orga– nizzazione appare necessario: unità di indirizzo ge– nerale, unità di responsabilità, unità di azione ed esecuzione degli accordi. Per cui è urgente la co– stituzione di un organo centrale dilrettivo che tutti i multiformi problemi dell'emigrazione possa af– frontare e risolvere in u:iodo armonico. e) L'emigrazione permanente di massa deve es– sere tentata in fmizione di _piani rli colonizzazione. Questi possono essere finanziati dagli Stati ospiti desiderosi di un rapido incremento demografico e dagli organismi economico-finanziari internazionali, che anche questo problema non possono trascurare. La politica italiana d'emigrazione deve essere diret– ta a raggiungere una reale possibilità di vasti tra– sferimenti demografici. Principio fondamentale ope– rante in materia vuol essere: che le comunità ita– liane emigranti non debbono tenderé alla costituzio-. ne nel paese in cui si" trasferiscono di nuclei al– logeni, bensì debbono assolutamente inserirsi nella vita locale. Ogni criterio nazionalistico deve. C'}'SSere abbandonato. Solo ponendos.i su di un piano siffat– to sarà loro possibile vincere ogni ostacolo derivan– .te dal sospetto della, nazione ospite ed affermare il diritto ad un finanziamento locale del proprio tra– sferimento e insediamento, ·che non può ricadere sull'Italia venendo questa a perdere in modo defi– nitivo, sia pure con proprio generale vantaggio eco– nomico-sociale, una cospicua aliquota di forzè alle– vate ed educate a sue spese alla loro partenza. d) Lmportanza capitale può avere la emigrazio– ne individuale, dando luogo ad uno spostamento in• complesso notevolissimo di singoli lavoratori. Ma tale spostamento non può essere cnsiclerato come· una avventura personale di ogni singolo interessa– to. Date le difficoltà che lo ostacolano, di natura sin- ., dacale od economico-sociale generale, deve essere organizzato e controllato e rientra nella sfera delle funzioni del supremo~ organo centrale regolatore, il quale dovrà curare la formazione all'estero_ di uf– flci da cui possa partire la chiamala di lavoratori italiani in funzione di controllate situazioni locali. e) Il problema dell'emigrazione anche di mas– sa non è problema quantitativo ma qualitativo. Po– tremo raggiungere un cospicuo trasferimento cli 11- -nità' di lavoro soltanto se potremo disporre per l'invio all'estero di lavoratori -dotati di una sicura specifica pre,parazione professionale. Di qL1i la ne– cessità di intensificare all'estremo l'istruzione pro-· fessionale in modo che ogni partente risulti essere un lavoratore qualificato. E' chiaro che l'emigrazio– ne in massa di lavoratori qualificati può cau~are un pericoloso depauperamento della nazione. Peral– tro, per evitare questo danno non si deve pensare di ridurre o condizionare la nostra emigrazione o– stacolando l'uscita dei qualificati, bensì intensifi– care la preparazione di essi per compensare anche all'interno la perdita di tali unità. Al danno che· si può aspettare pel paese, conseguente alla spesa oc- . corrente alla preparazione di elementi clic andran- a Bianco no poi ad arricchire delle loro capacità una diver– sa economia, dovrebbe ovviare appunto il contribu– to dei paesi ospiti per l'intensificazione della spe– cializzazione .professionale degli immigrandi che in– tendono accogliere. '/) Introduzione nel sistema bancario italiano degli accorgimenti necessari che possano rendere più agevole e conveniente l'invio di rimesse eia par– te dPi lavoratori emigrati, sia in via temporanea sia in via permanente. g) Organizzazione della assistenza agli emi– granti nella loro fase di trasferimento ed insedia– mentc, all'estero &ulla base di Centri dipendenti dal: ,;rganizzazione centrale. Ammesse le iniziative pri,·ale d'ogni ordine purchè da quest'ultimo coor– dinate e controllate . . Questi, a larghi tratti, gli orientamenti che do– vrebbero essere tenuti presenti per lo sviluppo di una utile politica italiana dell'emigrazione. RICCARDO BA UER Tre anni per mutar volto all'Inghilterra '- Il 26 luglio cadevano tre anni da quello storico mattino. in cui Clement Attlec saliva in automobile per trasferirsi da Limehouse al quartiere generale del Labour Party, in Smith Square. Era il giorno in· cui venivano annunziati i risultati delle prime elezioni generali che avvenivano in Inghilterra dopo l'intervallo di dieci anni; il giorno in cui il popolo inglese, per la prima volta nel corso della sua storia, si sentiva sovrano nel suo paese. L'inaudita campagna di calunnie che la stampa conservatrice aveva intrapreso era completamente sbaragliata. Il crollo del pre• dominio conservatore, duralo quattordici anni, avveniva così rapidamente e così drammaticamente che quando Cle• meni Attlee giunse a Transport House, sede del Labour Party, egli era già di fatto Primo Ministro d'Inghilterra. E' un giorno del quale ci ricorderemo finchè avremo vita. Vecchi pionieri socialisti, che .-avevano Javorato tutta la loro vita per questo scopo, battevano la mano sulla spalla a~ nuovi giovani deputati e stringevano calorosa· mente e con gratitudine la mano ai giovanissimi compagni, che erano da poco venuti al movimento, poichè sentivano che finalmente era .giunto « il gran giorno ». Una rivoluzione pacifica A distanza di tre anni (di questi tre anni!) non è facile richiamare tutta la grandezza di quel momento, poichè da allora è stato svolto un oosì doro lavoro da pionieri che lo stesso ricordo di quella festosità sembra abbuiarsi.• Ma, sorretto dalla fede nel movimento socialista e sinda– cale, io so con sicurezza che noi non ci lasceremo stornare dal nostro grande scopo, per duro che possa essere il lavoro e per difficili che possano essere le circostanze. Assai più di prima noi siamo convinti .che l'evento che si è verificato tre anni or sono non consisteya in un mero mutamento cli governo, ma nell'inizio di una pacifica rivoluzione, rispondente al nost~o ooncetto di mutare l'in• tero nostro sistema cli vita, e quindi tale ~be non potrà fermarsi, se non quando avrà fatto dell'Inghilterra uno Stato socialista democratico. Non si può certo d_ire che l'Inghilterra del 1945 offrisse la situazione ideale per un governo laburista. Noi avevamo ancora da combattere le ultime battaglie della guerra più distruggitrice che avesse cono.scinto l'umanità, e jier una costruzione socialista le necessarie forze lavorative a quel tempo erano ancora in gran parte o s~tto le armi o impie• gate in compiti e produzioni di guerra. Tuttavia è un fatto che, non ostante tutte le difficoltà e le circostanze ostiche, il primo governo maggioritario laburista della Gran Bretagna ha quasi oompletamente

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