Critica Sociale - anno XL - n. 21 - 1 novembre 1948

4$0 CRITICA 'SOCIALE in Francia ed hanno cercato di fare e cercheranno di fare in Italia. No-i dunque non possiamo accettare si– mi!J impostaz.ioni, neanche dà ,parte di coloro, e son.o i meno ma ci sono, che le avanzano in buona fede. Direi anzi che, in questo caso, non si dovrebbe, per ragioni di chiarezza non soltanto formale, par:1are di politica •di •neutralità, che con tutte, le• sue sfuma– ture (armata, disarmata ecc.) si presta agli equivoci, ma· di politica passiva. Dall'altro lato ,ci sono gl,i interventisti. Quelli per cui l'Italia, .si,a ,per ragioni economiche, sia per ra– gioni i-denlogiche, sia per la sua posizione geografi– ca, dovrebbe •già essere schierata ap·ertamente nel blocco oc,cidentale. Questa posizione è fondata, a , parer' ~ostro, su un er-rore di v,1lutazione, della si– tuazione politica esistente. Esiste nella realtà un - blocco occidentale politico? Evidentemente ancora no. Tanto è vero che quello che aiclmi considera– vano un germe di esso, il patto di Bruxelles, e· al qùa1e aspiravano che· l'Italia ·par-teciipasse in nome di un realismo che si è dimostrato poi il meno rea– listico, è rimasto finora ,precluso, mostrando chiara– mente che altro non è che una alleanza di carattere militare· in attesa ,di ·sviluppi che potrebbero a11tche non venire. E' un fatto poi, che già in un precedente articolo abbiamo cercato di dimostrare, che non esi– ste una ,politica <;>cddent-aJ.econdivisa e dalle Po– tenze europee e -dall'Arrieri·ca. Ora, è fuori di dubbio che di fronte alla m1naccfa. russa la politica estera dei Paesi occi.dentali viene su molti punti ad identi– ficarsi, ma tuttavia essa non è per ~ra la politi-ca di un blocco. Tai.e diverr.ebbe in caso di conflitto,. ma :allora anche la nostr,a po.sizione e la nostra scel- ·ta non •di•penderebbero _più, come abbiamo· det,to, da noi. Ci sembra quincti di poter rilevare, alla base di un simiile atteggiamellto, un. desiderio di svolgere un'azione che miri, non. s.oltanto a far entrare l'Ila- · lia in una alleanza già esistente di faUo, f!la di ope~ rare nei limiti del possibile perchè tale alleanza,· oggi ancora limitai~ e· passibile (\i. cJ.ifferentj svilup– pi, si cristallizzi in. una forma che n.oi· .rHeniamo pericolosa, forma che si sintetizza nel la es pressione: 1 blocco atlantico. . . Una politica attiva per l'Italia. Noi crediamo du·ngue che favorire la formazione del ·blocco atlantko sia tutto il ·cbntrario che servire . 'la causa della pace. Il farlo, e illudersi poi che la pace possa essere salvata, vuol d-ire credere nelle -forze.del fato; vuol dire mettersi addosso una pe– sante baFdaturn <li ferro e buttarsi neWacqua con la speranza di rimanere ia galla. Ne~!:::situazione di non-guerra e di non-pace in cui ci trovi-amo, resta da vedere quali possono es– se11ele cause· di guerra. Crediamo clìe esse siano di due specie: ideologiche ed ·ec01rnmiche, non di– sgiunte l'ima dall'aHra, ma reciprocamente influen– ·zantisi. E - 1e diversità ideologiche favoriscono le fratture .politiche, che a· 1oro volta soffocano' le eco– hòmi-e dei diversi Paesi portando Ìti - deffn-itiva àd una situazione in. cui la guerra diventa inevitahile e le diffeiienze ideologiche stesse più non sono che un mascheramento-ad un bisogno· df espansione e di con_quista. . __-Nel mondo-attuale abbia,lll() già assistito a questo fenomeno. La diversità di regime :politico, quindi di ideologia, tra democrazie ocddéntali e to.talitari-– smo,- russo ha .già condotto alla ft:attura politica· ed ;allia ·mancanza di .possib-ilità •di scambi tra le due .zone contrapposte. Per quanto riguarda la ·Russia in )')articolate, è ·evidente che essa ha cercato questa frattura, cioè ba svollto già una politica di guerra. ;Il modo st~·sso in cui avvengono le pianificazioni in quel P-aese è chiaramente sintomatico. Il modo,: poi, in cui' es s6 si è ass icurata la c00\J)erazione forzala dei Pàesi d.jven.UU -st~oi satelliti ·conferma che· non BibliotecaGino Bianco si è trattato di una politica- puramente difensiva. Ma ,cosi -stando le cose, per-petuando quella frattura tra i due mondi, la sola conclusione che rimane da trar,re è quella deMa inevitabilità del:Ja guerra. Nè crediamo che sia una grande consolazione il dire che se J.a guerra scoppierà la colpa sarà tutta d-alla parte della Rus-sia. A,itche un tempo si diceva che se trianfa il fascismo la ·colpa è tutta dei comunisti. Ma la re,s:ponsaibilità éra anche di quem che non hanno saputo offrire altra alternativa al comunismo se non il fascismo. - Importa dunque nel mondo presente cercare di combatbere le cause della guerra. Lmporta, non già creare ai! di qua della cortina di .fer,ro una grande forza, capace di vincere la guerra, ma evitare che 'la guerra scoppi. Perchè quando una dittatm•a, che si estenda a molti Paesi, .come sarebbe -il caso deHa Russia e dei suoi satetliti, si trovi con ·una prepa- . razione bellica compiuta, con una economia a>ttasolo a.Ila -guerra, con un 1·egime che non può salvarsi se non iti un conflitto, essa non è trattenuta dalla con– siderazion,e della forza del suo avversario, special– mente quando Pttò sperare, magari ,più ,che non sa– rebbe logico, sulila efficacia delle sue quinte colonne. Nè la bomba atomica, nè una g,rande forza militare dell'Occidente ,basteranno a salvare la pace per un lungo periodo di tem:po. Res'ta, ,dopo quanto siamo venuti dicendo, una al– ternaHva? Evidentemente si, ed è a questa che noi abbiamo i.I 'dovere di attaccarci, per ·es·sere coerenti con là nostra posizione di difensori della pace. Limitatamente· a quelle che sono le scarse possi– bilità ,deill'Itailia nella presen·t-e situa1'1ione inter.naztlo– ·nal~, essa deve rimanere lontana da qualsiasi b'locco di carattere militaTe, .deve favorire con tutti i mezzi · la formazione di quella federazione europea che sia organismo no·n ·solo ap·erto alla ·collaborazione di tutti, ma che cè11chi e .favorisca la collaborazione di tutti, comp11e-si i Paesi dell'Europa orientale, anzi •s0.J)rattutto di essi. Niente patto di Bruxeiles, qui:ndi, anehe Se fossimo, solleoi4ati a pàrteci,parvi; non per una' obiezione df·principio, ma perd1è una nostra partecipazfone ad :esso ci appare nociva alla causa della pace, fino a: che non i-nterv·enissero fattori nu,o– :vi. Anche· pe1· ·quanto 11iguarda l'unione politica dei sedici, ·essa è da auspicarsi, e noi l'auspichiamo,. a e~ndizione ché ·con ·essa si gettino Iè' basi di una sempre J')iù larga u11Jione europea, e .che essa non ·p·regiudichf le possibilità di scambi con i Paesi del– l'Euro pa orientale, vorrei dire con i popoli dell'Eu– ro.pa orientale. Non è da diimenticare a questo pro– pòsito , ·che, come ha dichiarato lo .stesso segretario dell'E.C.E" uno •:scambio tra. Oriénte ed Occidente è nec,essa-rio aÙa vita delile due parH dell'Europa. E che Harriman ha aff,ermato pochi ~iorni fa che il piano Marshall è ancora adesso tutt'ailtro che in contra~to -con ·questa possibilità. Su queste· riecess-ità .non soltanto l'economia .italiana in particolare, ma quella euro1pea possono puntare ancora. La si.tuazio– lle nei Paesi assoggettati· dalla Russia non, può an– c011aessere considerata ,definitiva, e l'esempiio della Jugoslavia, e la si-essa costituzione ,del Cominform, in ·guanto organo di cui .i comunisti nanrio senbito la necessità .per ga,r-antire tma efficace azione di sa- . botaggio alla 'coHabor-azrone europe a, e , s,pecialmen– te per im,pé-dire la partecipazione deil.là Cecoslovac– chia e della Polonia' al piano Mars hall, n e sono una prov-a:. A simile 01pera •di -scambi l'Italia può parte– .cip ate, anzi; può farsene foiziatnice, pres'entll.n,dosi non coli atteggiamenti ,che ,possono sembrare di osti– -lità, ma :mostrando la. suà •indipendenza da ogni p_o- 'liHica di blooco. · - ~ - Quèsta imp<i~tazione ,deU:a nostra -politica e·stera (che è evhi.entemente alquanto diversa· da queilla che ·il ntin.istro Sforza ha deHneàto, -soprattutto per quel-· lo che egH nop ~a detto) è contraria ad ogni cessione

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