Critica Sociale - anno XL - n. 21 - 1 novembre 1948

CRITICA SOCIALE 470 unione doganale per allargare gli scambi. Co,,!, in forza del loro argom~nto come della loro qualità, questi lavori, quan– tunque impregnali della grandezza di concezioni che Il so– cialismo dà " tutto ciò che tocca, si sprofon'ri'.avano salda– mente nel terreno, nell'humus della realtà. ·« E' appunto cer-cando di a,pprofondire questi lavori posi– tivi che la conf.erenza di studio di Parigi era. arrivata ad una conclusione che i nostri com,pruighi britannici rifiutano, pare, di ammette,e ancor oggi. Questa conclusione è che una federazione economica suppone necessariamente una federa- · zione politica; che una or,ganiz.zazionc econ.omi'oa comune ·non !potrà sviluppar_si nè duuare nè forse fondersi senza istituzioni politiche cOmuni. Di qui ~a cons,eguenza che la creazione di un minimo di isllt~ti .politici dovrà, o ,precedere la organiz– zazione economica, o accompagnarle. man mano che si con– statano le necessità '>. Parliamo di ancora politica estera La politica estera, argomen.to trattato finora dagli Italiani in modo al qua,nto ·acca demico, cioè con ri– ferimento quasi esclusivamente agli altri Paesi (le Potenze che possono effettivamente svolgere secondo mi piano una politica· estera .perèhè hanno· forza e · m~zzi per farlo) è diventafa da qualche tempo l'ar– gomento principe delle trattazioni dei giornali e delle conversazioni politiche. Ciò pare a noi buon segno, -specialmente per i socia:listi, che hanno cosi occasionè di vagiia 1 Fe la loro dottrina ,e la loro fede in un -campo ,che dovrebbe essere tra i più propri del so'dalismo. Cosa difficile e ·ardua quanto mai, ma per noi •quant0 mai importante, se ogn.i contri– buto che noi potremo portare sarà H frutto' di un riesame critico delle nostre posizioni e della validità di ·esse. - · Anzitutto ci .si pone una dòmanda, anzi, altri ci pone una domanda. E' possibile, ed in qual limite, una politica estera socialista? .Sono numerosi gli esperti che n.egano questa possibilità anc·he con buo– ne· ragioni. Infatti, perchè una politica estera socia– lista si potesse svolgere bisognerebbe elle tutto il mondo ,o· almeno la maggior parte di esso, fossè so– cialista: c·ioè che in esso si fosse realizzato un si– stema di convivenza tale da evitare quegli attriti •di interessi, ideologici e sopraUuttò eco·nomici, da cui ad ogni momentò scaturiscono pericolose scintille che, anche ove non. si estendano .fino a. provocare - un incendio, costringono tuttavia i Paesi stessi in cui il sociàlisrno è in via di attuazione, ad un atteg– giamento internazionale di difesa artnata di fronte agli imperialismi espansionistici, .p·er,conservare al– meno la possibilità di libertà che è. il presupposto necessario di ogni movimento socialista in _cammi– no. In questo senso l'attuale posizione dell'Inghilter– ra appare pi,obante. Tuttavia la questione non viene risolta con mia affermazione 'dJ questo genere. E' vero che molto spesso, nel-la realtà, an.che social'isti convinti si trovano ad agire in modo contrastante con i loro principi., ,quando hanno resp-onsabilità di governo o sono legati da interessi nazionali che non è possibile spezzare d'un colpo e che molte volte , sarebbe .pericoloso spezzare facendo il gioco degli altri, dei « lupi ». Ma resta una posizione fondamen– tale e non sterile che nel campo della politica estera disti ngue' i socialist i dai n.on socialisti. I socialisti , sono assolutamen.te ,con vinti che la pace è sempre megl io della guerra, come le forze della ragione sono sempre più efficaci dell'irrazionale e del caso. Ne consegue che i socialisti debbori-o, fintanto che esi– ste una possibilità di salvare la pace, fare tutto il possibile, a costo anche di sacrifici, perchè la pace sia salvata. Non inermi e· non illusi, combattono Biblioteca Gino Bianco quando è necessario e non si affidano mai ad un cieco ottimismo suila natura umana: ma difendono la pace prima che la loro persona od i loro inte– ressi. Se da una simile affermazione di carattere gene– rale scendi,amo ad un più minuto esame della situa– zione attuale, possiamo trovare subito la differenza che d distingue· dai pur n:unierosi e sinceri fautori della pace. Nel ragionamento di molti dei quali è im'plicita una previsione di guerra o addirittura una scelta, fatta fin d'ora in attesa che la guerra scop·pi, o quanto meno una fatalistica accettazione degli eventi. (Un cenno a sè m eritano coloro che sostengono . che oggi l'Italia n.on può fare nessuna politica estera. Ciò vorrebbe d ire ch e l'Italia deve subire quella po- 1itiica che le venga impo_sta. Ma imposta da. chi? Per lo meno in qu_esta· scelta c'è già una posizione politica. Ma poi, se si sceglie il cosiddetto blocco . oc:cidentale ·- come è evidente per costoro, poichè altrimenti non sòltan.to ·dovremmo fare della .politica, ma sfrutfare l e peggiori doti •di menzogna per barca– menarci di fronte all'America che ci aiuta - se non nelle linee· gen.erali almeno nei particolari, esempio tipico l'atteggiamento da tenere a proposito delle co– lonie prefasciste, c'è ancora -da scegliere fra ciò che vuole l'America, ·o l'Inghilterra, o, per quel che può contare, la Fra11cia. Per cui anche un atteggiamento pienameri,te .passivo sarebbe già un atto politico). Neutralisti e interventisti. I neutralisti sono di due specie: quelli che vo– giion.o Ìa -neutralità nel momento presente, e que!lli che desiderano che si lav-ori per assicurarci la neu– tralità in caso. di conflitto .. Sebbene ,apparentemente ci sia affinità· di· impostazione dei problemi, una di– stiinzione è opportuna, specialmente per quanto ri– guarda la buona - fede. Colori') che sostengono che l'Italia debba rimanere neutrale in caso di conflitto, quando· pure parlino di neutralità armata, peccano sehza alcun dubbio di ottimismo. La posizione del– l'Italia, il fatfa che essa, ott:imo campo di battaglia per i contendenti, n·on presenta· invece notevole im– portanza co.me terreno neutro di tipo svizzero, e so– i'rattutto il fatto che ogn.uno di due contendenti non potrebbè non pensare che ritardandone l'occupazio– ne fa il gioco dell'avversario· invitandolo a.d occu– paré lui quelle basi strategkhe, rendono pressochè _assurda la speranza d,i rimanere fuori da un con– flitto. Se si vogliono cercare garanzie bilaterali, cer-· to non sareino noi ad opporci, ma non ci crediamo. Piuttosto, pensiamo e cerchiamo di realizzare quella Nazione armata che è parte del progmmma del no- - stl·o parf.ito, ma senza illuderci che la sua sola rea– lizzazione ci consentirà di rimanere fuori del con– flitto; se maJaugurafamente ésso dovesse scoppiare. Essa d permetterebbe, e 1 questo sarebbe già molto importarite, di impiegare tutte le nostre forze per difendere H nostro territorio. Ma di fronte al primo degli ·invasori,· 1 clle si resis_ta o che si sia travolti, la scelta, se non sarà fatta, sarà imposta. (Su questo punto, come si vede, siamo verfettamente d'accordo con il ministro Sforza.) · Quanto a coloro che sostengono la piena neutra– lità nel momento -presente, i fautori cioè del cosid– detto.isòlamento, essi, eomunisti e filocomunisti, so- . no di fatto e qualche volta anche, i più ingenui, di– chiaratam·enle, i sostenitori della Russia, 'del bolsce– vismo e deÌla guerra. civiie. La piena neutralità quindi, anche ~e si parli di neutralità ,armata,, come fa ad esempio Tog1iatti, consiste s·oltarito in questo: nel t enere un atteggiamento passivo, cioè sabotato– re,' in quaii.to ·non è possibile dare un aiuto a quella parte che pur si vorrebbe con tutte le forze aiutare. L'aiuto a q_Ìlella parte lo si dà poi sul piano interno nazionale, ed è- -ciò che i comunisti vengorio facendo

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