Critica Sociale - anno XXXIX - n. 20 - 16 ottobre 1947

CRITICA SOCIALE 387 hann0 spesso che il titolo di <lottore. Uno studioso sviz– zero mi diceva .pochi giorni or sono che nella bihlioteca del suo istituto le riviste scientifiche italiane ùa sole occu– pano uno spazio quasi pari a- quello occupato dalle riviste c?rrisponde!lti di tutt! gli altri paesi: e tuttavia le nostre rimangono m genere mtonse, mentre le altre sono continua- mente in lettura. - Cqntroprova: esaminiamo le · citazioni bibliografiche di un qualsiasi lavo10 scieNtifico, dovunque apparso, e ve– dremo, ,come _per il passato, che di lavori pubblicati in Ita– lia non v'è in genere menzione, mentre ,i pochi italiani ci– tati 'si chiamaro Fermi· o Nitti, -hanno cioè lavorato e, so– prattutto, pubblicato all'estero. Ora, sarebbe s-tolto pensare ad una oscura congiura ai nostri danni: fa d'uopo compien– dere le cause. E per chi sappia. e voglia intendere il signi– ficato dei, fe.nomeni, oltre duecentomila iscritti alle uni– versità n'.ln stanno tanto ad indicare un alto e diffuso grado di coltura, bensì uno svilimento della stessa,. un decadi– mento doloroso degli alti studi, e soprattutto inflazione dei titoli accademici, con centinaia .di migliaia di nuovi inevi,ta– bili spostati, ulteriore causa, aggiunta alle molte altre, d,i malessere sociale. Troppo grande è i'l numero non solo del.le lauree, ma an– che delle specializzazi,çmi e docenze, che furono finora una cosa assai poco seria, talora addirittura una burletta ac– canto alle lauree: frequenze non osservate, esami ridotti a una formalità e in. cui troppi si accontentano cli rubare il 18 la via aperta a tutti i favori~ismi p'.lssibih · Non voglio rremme.no soffermarmi• sullo scandalo su– premo dflle così dette (bcenze fasciste e di- guerra, che tutte ha-nno contributo a infestare il nostro paese di « pro– fessori» quasi fossero cavallette, é che purtroppo sono sta– te quasi al completo riconfermate. A tale riguardo la stam– pa non ha abbastanza ,sottolineato (e dovunque una stra– na omertà fa concordemente tacere su fatti conosciutis– simi) gli alti motivi id~,ali e moral,i che hanno indotto re– centemente quattro ili ustri e integri studiosi a dare l·e dimissioni dal Consigl,io Superiore dell'Istruzione, il quale si è poco d'.lpo sfasciato, e che il Ministro non è riuscito, come· aveva tentato, a ricostituire frettolosamente e quasi sotto gamba. I titoli di i;ui sopra vanno tutti rivedùti. Ma è l'esistenza stessa dell\stituto della docenza che, al– meno così com'è, va posto in discussione: .fermo restando che il titolo di professore debba essere riservato al titolare della cattedra, libero docente, o professQre aggregato, do– vr'ebbe essere solo chi veramente si dedica a studi scienti– fid, ma soprattutto coadiuva diretta~ente nell'insegnamento universitario, riportando le università alla loro vera funzio– ne di « curare, l'incremento d~lle scienze» (legge Ca.saJti 1861) e di formare ottimi professionisti. Cesserà rosì la ver– gognosa situazi'.lne attuale per cui il titolo .dj professore si acquista perchè serva di richiamo per un pubblico igna– .ro onde gravarlo di pi'ù elevate parcelle; i non pochi seri st~diosi sono confusi in una ganga di arruffoni imprepa~ rati e inadeguati all'alta funzione del « docere »; e la elet– ta carriera degli. studi più elevati•è facile e possibile per i ri'cchi di solgi non importa se poveri di cervello. Ciò è specialmente -importainte [Per le discipline ·mediche, per– chè ne va di mezzo il vatrimonio della salute del popolo. Il valore. scientifiç.o o peso di caT'ta. Ma lauree, docenze, sp~cialità, riviste e lavori scientifici non solo costituiscono questioni strettame.nte collegate; so– no addirittura cihque aspetti diversi di uno stesso· problema. In clima cli amoralità sociale e decadimento scientifico, col trionfo di una mentalità eccessivamente commerciale, badandosi non alle effettive capacità ma alla lustra dei titoli, J importante, per impossessarsene, è pubblicare, pub– blicare il più possibi'1e.e 111elpiù breve tempo, importando non la qualità ma la quantità. Bo sentito più volte pro– fessori, comm_g;sari in concorsi ed esami, dolersi che il si– ~tema invalso. dei «titoli» li costringa non raramente a va– lutare il peso, il volume ed il numero delle pubblicazioni di, un candidato, essendo ben difficile dimostrare i.n-ogni oaso che UJJa statistica è inventata o che i dato di una ri– cerca sono alterati: l'unica vera garanzi,a contro queste adulterazioni ,della scienza riposa nella coscienza degli scien- ziati stessi. · D'altra parte, questi ... poliurici di lavori scientifici, non certo !Per 1falsa modestia, ma per innata onestà. o. per quel tant'.l che ne è residuata, sono l primi a minimizzare 'l'im– portanza d» ~ran ·parte dei propri lavori scientifici, far.citi çome sono d1 scopiazzature e privi-di ogni ba1lurne di ge– 'nialità. Vi è ,poi l'assurda conseguenza che chi ha avuto la for– funa di lavorare con veri Maestr~ rigidi e difficili ad ap- o Bianco proviare le pubblicazioni, si trova, sì, p1u seriamente pre– parato, ma anche fortemente minorab di fronte agli altri che, presentando decine e anche centinaia di lavori gli pas– seranno trionfalmente avanti. Ora tutto questo balordo sistema, purtroppo radicatissimo nella. nostra tradizione, e che sembra studiato apposta per favori•re l'arrivista ed eclissare i veri valori, ha c'.lndotto di riflesso alla esistenza di un eccessivo, enorme numero di riviste scientifiche, fun– gaia indispensabile, che tuttora• tende -ad estendersi, sorta per cl.ire tricetto alla moltitudine <l-ei lavori. , L'individualismo ego'istico di tanti, la poco profonda co– scienza scientifica e uno ·scarsissimo senso di resp'.lnsabi– lità socia!e aggravano la situazione, ·per cui tutti pubbiica– no, o vorrebbero pubblicare, e ben pochi leggono. Non dunque esuberante vitalità ma disorganizzazione, per cui la nostra produzione scientifica di valore - e ne abbiamo in ogni campo! - -dispersa e sommersa in una g,anga de– teriore, non viene conosciuta e valorizzata in Italia, ed è completamente ignorata all'estero. Ed infine l'aspetto economico, inscin·dibilmente unito a tutto quanto precede. E' inevitabile che assistenti e profes– sori, compensati con stitpendi offensivamente irrisori, in– feriori a quelli di un badilante ,o di 1:llll garzone diciotten– ne, cerchino in attività fuori della ·scuola e dell'univer– sità i mezzi per sottrarsi alla loro meschina situazione eco– nomica, alla loro umiliante p'.lvertà. Ciò che n.e soffre è al– lora l'insegnamento e tutta l'attività sci<entifica: il profes– sore rende pe-r quel che prende, e ne risulta la sconfortan– té mediocrità. della maggioranza, eccettuato ... qualche eroe! Si è nel pa-ssato esaltata la parsimonia forzata di questa classe: stoltamente e ingius-tam_ente,perchè non si può co– stringere uno a essere eroe, ma ancor meno si può da 1ui pretendere che si-a un eroe stolto! Se poi si- considera che per lunghissimi anni l'assistente e !'«aiuto», senza mai al– cu,na garanzia economica per il futuro, si logorano in un tii:ocinio dufissimo, e che arrivano, quando arrivano, alla cattedra dopo-una vita di a·ssurde ristrettezze economiche, ·boccheggia-nti e sfiniti e inaciditi dalle peripezie della car– riera; si comprende perçhè gli assistenti siano così medio– cri, e pef'Chè i. professori si gettino, forti del loro titolo, a sfr~ttare finalmente la libera professione pratica, con· una vera avidità di pecunia creata dalla lunga astinenza, mentre trascurano l'i'nsegnamento, e si fanno vedere il me– no possibife nell 'lstituto e nella Clinica, favoriti in ciò dal Ministero che considera « buon amministratore» ·sol– tanto chi chiede meno soldi. E quella che viene gabellafJa come la « Scuola del Màe– stro » spesso è in realtà semplicemente una clientela, quan– do non una cricca, in cui, l'int~igo è Tarma per avanzare, mentre il valoroso diventa, agli occhi del professore-pro– fessionis-ta, solo l'ombra ·funesta, da eliminare, di un pos– sibile concorrente ~n affari! In questo stat9 di cose, la schiera di quei nobilissimi uo– lJlini che all'amore della scienza e alla passione dell'inse– gnamento sacrificano disinteressatamente tutto il meglio della loro vita si assottiglia sempre più e, se le cose andas– sero avanti come ora, finirebbe per scomparire. Ai molti malanni energici rimedi. Ma ciò il. Paese non può permettere assolutamente, tanto più oggi che, come non mai nel l)assato, il benessere eco– nomico è strettamente legato in ogni setto,e (alimentare, sani,t;ario, industriale ecc.f .allo svi!uppo della tecnica e di tutte le scienze, solo apparentemente astratte e teoriche, sicchè occorre far tesoro del talento e della competenza. Per fa.re un solo esempio, ricorderò quanto il prof. Cer– letti spiegava pochi mesi 9r sono in un congresso a Roma: una piccola innovazione terapeutica, come quella dell'elet– troshock, ha permesso, soltanto in Italia, un risparmio an· nuale calcolabile comi;lessivamente a ben due miliardi. S,i impone dunque tutta una radicale e coraggiosa rifor– ma (ben sapendo che si inc'.lntreranno ostacoli fortissimi negli interessi precostituiti!). smettendola una buona voita col sistema dei ridicoli palliativi, coi quali si è andati a– vanti sin oggi, e che non serve ad altro che a disperdere delittuosamente la già scarsa ricchezza della naz-ione. Riassumerò, per concludere, in pochi punti quanto mi sembra fondamentale: compensare adeguatamente i professori e tutti gli in– segnanti, eliminando però 6enza pietà quelli che scientifi– camente, didatticamente e moralmente siano impari ai lòro compiti ed inibendo loro la libera professione pratica; dare finalmente uno- stato giuridie0 agli assistentj e agli «aiuti», eventualmente .rendendoli stabili come i pro– fessori, e pretendendo, in cambio di queste garanzie, un pieno rendimento;

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