Critica Sociale - anno XXXIX - n. 17 - 1 settembre 1947

314 CRITICA SOCIALE Neanche Grimaldi sa tutto e noi nemmeno. Qui egli sbaglia davvero perchè è un fatto cJ:ie si sa po– chissimo che pochi sono coloro che s1 occupano del probiema europeo come ta!e, che è il probl-ema nuovo, di questo dopoguerra: 1] :proJ?lem~ della no– stra generazione. Moite le d1ff1colta e I per:ic<!h?,enor– me la forza d'inerzia, la stanchezza, la p1gr1z1a non solo della aente nia anche dei politici assorbHi da altre presu71te più immediate preo,ccupazioai. Gri– maldi del resto lo riconosce accusando di inazione l'attuale classe politfoa. Per,chè? Perchè si sa po•co o nulla e del principio spirituale su cui ha da fon– darsi· Ja nuova comunità europea e del · sistema di garanzie e di rappresentanze atto_ a_ ren~ere qu.ella comunità internazionale una soc1eta. poht1ca vera· menlE- democratica. E ancora. Grimaldi dice: « è ormai. da tempo che tale coscienza (la 'coscienza europea) - più o meno chiaramente - è stata acquisita». Ma s'inganna, tan– t'è vero che egli stesso poi riconosce che « i popoli non hanno mai faHo pressione sui loro rappresen– tanti » perchè la questione fosse impostata. Egli di– ce: non serve. Un momento. Noi diciamo: non c'~ una ,coscienza europea e la prova la dà ancora Gr1- maldi stesso quando distribuisce la colpa della man– cata impostazione del problema fra i ceti diri_genti della- borghesia e le forze del lavoro. Se la· coscienza europea non « servi~se » non .ci, sareJ?be c?lpa. Ma serve, come ha servito la coscienza di ogm proble– ma non si dice per risolve_r,e sempre, ma almeno per tentare una soluzione. Ancora. Grimaldi afferma che se si facesse un re– ferendum •europeo così formulalo: « Volete gli Sta– ti Uniti d'Europa?», l'esito sarebbe positivo a stra– grande maggioranza. Noi avremmo molti dubbi ad affermarlo, proprio pe, le rngioni che egli. espone nell'analisi ,chiarissima ch'egli fa, da un lato de!la mentalità capitalistica e antieuropea della borghesia interessata a «·mantenere un mondo economicamen– te diviso in compartimenti stagni » ,e, dall'altro, del– la mentalità ·del proletariato, i cui partiti « paiono avviati a battere le strade del vecchio mondo bor– ghese (politica estera nazionalistica, ,parlamentari- smo, diplomazia pe-r· iniziati ecc.)». , , Se non è da una .classe ,così « miope» come quella borghese che si può sperare in un effettivo cé:mtribu– to per la soluzione deI problema degli Stati Uniti d'Europa; se « manca una classe lavoratrice all'altez– za dei compiti che il momento sembra assegnarle » 1 - ci sa dire il Grimaldi dov'è, dove sta di casa, da chi mai ,e come è acquis-ita la ,coscienza europea? Egli cade poi in contraddizione quando ,afferma che « le condizioni obbiettive e di fatto per avviarci (all'uni– tà europea) ci sono, ma non sono pronti gli uomi– ni ». Che significa se non che non ne hanno 00- scienza? , ' E il suo referendum, a questo punto, che esit0 po– trebbe avere? Ci si scusi se insistiamo tanto su questa questione della « coscienza europea»; gli è che a J.iJOi pare fon– damentale. Non si tratta. ora, di fare l'unità, si trat– ta, a nostro parere, di fare il movimento politico ca– pace di realizzarla. Sono due cose diverse. Parlar.e di unità in un'Europa divisa, com'è, in due b1occl11, arrermare che essa· « tuttavia va sorgendo » perchè è « un dover essere » che « in .certa misura, è già un essere » quando l'Europa è, per ora, soltanto quello che i due Grandi là fanno essere (o non essere!), questa sì, caro Grimaldi, la ci par retorica. La <: dose d) socia!\smo » come comune ~-inim(! denommatore ideologico? Ma non vede il Gnmald1 che, in casa nostra soltanto, ci sono tre o quattro so– .cialismi che non ri-escono a mettersi d'accordo? Ed egli vorrebbe trovar-e un minimo denominatore fra socialismi nati in climi e sviluppati in ambienti così diversi? · No, la strada per arrivare all'unità europea non è affatto lastricata ,dalle attuali condizioni di fatto,. Solo un mèv-iJnento politico ,europeo, che superi cioè J.e froi:;itiere degli Stati, che anteponga quel proble– ma a tutti- gli altri. e che raccolga •i federalisti dov,e essi sono ,(e .cioè in tutti i partiti politici - men'o quelli che si dicono taH, come il qualunquista, ma in realtà sono tutt'altro - e fuori dei partiti politici, la BibliotecaGinoBianco cui generale deqrdenza è cosa troppo evidente per– chè la si debba qui dimostr are); solo un movimen– to politico capace di fa.re dei federalisti una forza politica ,cosciente de gli ostacoli da_ superare, a1l'al– tezza dei compiti che J.e incombo\10 .e, vivaddio, presb(te!, può tentare a nostro -parere la difficile strada per 'la quale tante volte è fallita l'Internazio– nale socialista. E' appunto codesto movimento spe– cializzato che ha da concretare l'ideale dell'Interna– zionale assumendo l'interesse generale degli europei come ,proprio interesse. . L'Internazi<;ma1e segnò la via, indi.cò che il ne– mico è lo Stato nazionale sovrano, ma n on da essa, se ne persuada il Grimaldi, uscit'anno « gli accordi internazionali per l'accaparra.mento, in occasione del– le cris·i governativ,e, di certi determinati ministeri, in vista di un preciso piano internazionale ecc.», lo sappiamo, ne abb.i.amo già avuto le prove. Occorre adeguare le concezioni alle realtà le tec– niche aHe nuove ,esigenze. Quel èhe pareva 'audace, avv,en.i.ristico cinquanta o trent'anni fa, -oggi è impari alle n,ecessità del!'.pra. A bisogni nuovi, soluzioni nuo– ve e p a•role nuove ,perchè una fede torni a brillare nel.le ,pupille, oggi spente, degli uomini. · Prima di chiuder..e (è ora, perchè il nostro inter– vento in questa sede camhierebbe di carattere), ci permetta it Grimaldi di pregarlo di non citare mai più come esempio di quel che si ha da fare, come e– sempio di « superamento dei valli nazionali» •rorga– ,nizzazio1111epostale! Rifletta a questa Europa scono– sciuta dov,e, tra l'altro, c'è ancora la censura episto– lare~ e ci dica s•e, d-i qui, anzichè cominciare a par– la,e del problema « in termini concreti » non si per– petui invece la ,confusione. ' GUGLIELM0 USELLINI L'I.R.I.e laterza llia Non intendo qui riJ)etere quanto ebbi già ad espor-. re in una serùe di articoli-, ospitati dalla stampa .pe– riodica del nostro Partito, a proposito dei problemi dell'I.R.I. Ritengo però sia utile ribadire il concet– to secondo di quale, nella attuale situazione econo– mico-sociale del nostro Paese, non è possibilé pen– sare nè di addivenire ad una statizzazione vera e propria de! •complesso I.R.I. e conseguentemente ad una orgaJ.ilizzazione fortemente accentrata, nè, in op– posto, alla smoblilitazione delle imprese I.R.I. e con– seguente Joro ritorno aJJa, gestione .privala. Chi dia una scorsa a_Il'elenco delle oltre 200 imprese a'lJe quali I'I.R.I: è interessato e che di fati@ control– la, noterà che, in ii:encr,e, ben poche di .quelle bran– che industrùali, producono in regime d.i monopolio. · Ciò sta ad indicare che queste imprese, nella deter-, minazione della loro politica economica, debbono, ne,cessariamente, tener co nto de lla politica economu– ca attuata daHe imprese gesti.te dai pri-vati. Ciò per quanto riguarda lo stretto amb ito nazionale; se al– larghiamo pori la visione all'ambito internazionale, questa osservazione assume un val.ore ben .più mar– cato. E' comunque indubitato che il « ,peso » eserci– tato dai complessi I.R.I. n~l settore industriale (70% deH'.fndustrtla siderurgka e dei carntieri navali, 90'% delle linee marittime da passeggeri esistenti prima della guerra) e nel settore del credito, attraverso ai maggiori dstiltiti •commerciali, mobiliari ed immobi– liari, è tale da consentirgli di determina11e, in buona parte, l'indirizzo de\ mercato in quès!Ji 'settori .come, d'altra parte, in altri, settori che ho omesso di spe- cificare. · Sta comunque di fatto che nel nostro Paese esiste una economia produtNva privata che tutti, aimeno a parole, sembra concordino nel riconosceFe con– veniente ,che continui a sussistere. Orbene. se que– sta economia privatistica dovrà sussistere, bisogne– rà consentirle di svolgere tutta la propria iniziativa, limitando, al minimo i controlli e le ingerenze dello Stato .per non porla in uno stato. di inferiorità. ri– spett~ alle iimprese pubbliche, talchè, in breve volger di tempo, pur non volendolo, ci si troverebb_e ad .\

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