Critica Sociale - XXXVI - n.14-15 - 16 lug-15 ago 1926

CRITICA- SOCIALE 225 Rurali emiliani « I rurali che ogni mercoledì e sabato convengono a mercato sulla « piazza grande» della città emi– liana, sono tre o quattrocenk>. La pr,ovincia conta, presso a pQco, trecentomila anime. Ma quell'uno per mille, o giù di lì, tiene molto po$to. • La città conta circa sessantamila abitanti; gente' che oircola senza fretta nelle ·strade che non sono quasi mai gremite, o si attarda per le ·piazzze in crocchi oziosi come si ".edono davanti ai monumenti celebrj in certe vecchie zincotipie; gente di vita generalmente tranquilla, che conosce assai presto il suo destino e si contenta di modeste aspirazioni. ,\. vent'anni l'impresa più meritoria ~ di conquistare una di queHe ragazze (e dio sa se nella cittadina emiliana sono belle e .spiritose!) che la domenica passeggiano nel paroo verde ove sopravvive ancora qualche lih~ arcadica del tempo delle duchesse.-. d'Austria o di Borbone; a trent'anni sono sposi e cominciano a vegetare. Ma quei tre o quattrocento rurali, dai polsi grossi e dalle mani larghe, son gente d'altra taglia e d'al– tra vita. Hanno percorso, nello spaz;o di una gehe– razione, quasi tutti ì gradi de1la gerarchia rurale: da coloni a mezzadri, da mezzadri a fittavoli, da fittavoli a proprietari conduttori di fondo. In piazza ciascun d'essi si fa buono per tante biolche di ter– reno, tanti capi di bestiame, tante bergamine, tanti caseifici. Il computo in lire della loro consistenza economica non è nell'uso .. Proba-bilrneente negli stipi di casa o. presso le banche non tengono un solo titolo. della Snia, della Fiat o di altra industria. Qual– che pacchetto di buoni· del tesoro, adesso che ne escono tanti, sì. Roba buona per la dote delle ra– gazze, che portate su dalla fortuna famigliare, aspi– rano ad accasarsi coi giovani borghesi di città e gli ufficiali del presidio. La te1Ta è patrimoniQ del casato, e si riserba ai figli maschi che hanno· braccia solide e· istinto pet coltivarla. * * * La proprietà terriera di questa gente non risale molto lontano. L'ha conquistata da pochi anni, to– gliendola atta classe che prima la possedeva. Que– sta classe non era già più quella dei nobili. Le ca– sate nobili erano decadute fin dai primi decenni dell'unità nazionale. Perduti i privilegi politici di cui usufruiva sotto i gov•erni .ducali, la nobiltà ter– riera non aveva saputo, in generale, trasformarsi in una classe di grandi agricoltori. ~Iantenendo il tre– no di vita del ducato, essa aveva perduto giorno per giorno lembi dei propri poderi. L'agricoltura an- • dava ammodernandosi, aumentando il suo rendi– mento, swluppando nuove colture, sfruttando un più vasto mercato. Ma la nuova ricchezza che ne deri– vava non toccava ai nobili proprietari, che del resto eraruo estranei alla sua creazione. Ne gode– vano ,i loro amministratori e agenti; alcuni piccoli, proprietari e oontadini di razza; ed anche una par– te di borghesia cittadina che fiutando il buon affare si volgeva all'agriooltura. Un gran numero di urbani delle professioni libe– rali, nel periodo in cui si disfacevano i patrimoni dei nobili, oomperò terre. Specialmen~e i notai e gli avvocati, che per ragioni d'ufficio oonoscevano hen~ lo stato della proprietà. Essi dettero origine ad un ti– po ben definito di padrone di campagna. In questo spostarsi cli gente di città verso i campi concorsero diversi fattori, oltre all'occasione dell'affare buono Bibliaté~aGtfflJit3j~ercio ed industria parevano allora, nella città di provincia, poco confacenti alla dignità di molti borghesi liberi professionisti o an– Uchi funzionari del ducato. Il commercio consisteva in pedan.ti traffici di piccola mole; l'industria era artigianato. La proprietà della terra poi appagava certo gusto tradizionale della gente d'Emilia. L:l quale - ci si riferisce ai borghesi che hanno genea– logia tutta locale - conserva un singolare affetto· per la buona casa di campagn;i., per il podere che dà grano e vino. Un po' di agreste poesia pascoliana, c'è sempre stato e c'è, in fondo agli emiliani schietti e colti. Questi nuovi gentiluomini di campagna portarono seco un gusto coltivato, ui1 senso cli ospitalità g~– .nerosa e una certa finezza cittadina. I nobili an~– vano oonservato alle loro residenze rurali l'aspetto di mani,eri; i loro successori rasserenenarono que– sti cipigli. Case quadrate, un pò gonfie, con bei pergolati davanti, il frutteto e il giardino intorno; una fontanella con alcuni putti pasciuti di latte e burro e nella peschiera, alcune coppie di pesci· . rossi La nuov.a · classe tenne il suo posto a cavaliere di d1,1.egenerazioni, ed una certa mano alle cose di. campagna se Ja formò. Ma essa difettava del- 1',istinto terriero che hanno i contadini cli razza. Re– stavano dei dilettanti, innamorati della terra sì, ma non sino al punto da mettervi radici profonde. I figli, anzichè mandarli rnei campi in maniche di cami– aia a famigliarizzarsi con le colture, li mandavano all'università. Le figlie le lasciavano in città, a fre– quentare le feste il teatro i salotti, e le accasavano con avvocati medici professori. I proprietari stessi, del resto, facevano vo1entieri lunghe soste in cillà. dove avevano il quartiere d'inverno. Nei periodi di intenso lavoro agricolo. passeggiavano lungo le carraie e le campate dei fondi, in singolare tenuta borghese: giacca cl'orleans. polsini inamidati. om– brellone grigio contro il sole. Avevano un po'· l'aria di assistere en amateurs alla mietitura, alla balli– tura, alla vendemmia, alle sarchiature. Il mercoledì e il sabato anch'essi venivano à far mercato sulla piazza grande. Uomini pacati e con– t-enti, leggevano coscienziosamente il Corriere· della Sera, parlavano un dialello castigato, fumav~no i bei vfrginia d'allora e non nasoonclevano le loro sim– pati-e per Giolitti. Qualche strappo al loro libera– lismo oonservatore G'olitti l'aveYa f:itto; ma insom– ma nei loro diritti di proprietà li tutelava e al biso– gno tirava fuor; carabinieri e moschetti. Ogni anno poi li soccorreva coi lavori pubblici, salvandoli dalla agitazione invernale dei braccianti. Alcune strade, qualche chilometro di arginatura basta,-ano a placare codesta gente di ventuq che ha lavoro nei campi per soli duecento giorni all'anno eppure deve mangiare per dodici mesi. * * * Dietro la cortina di questi cosiffatti gentiluomini cli campagna stava una gran massa di contadini pic– coli -p1,oprietari, fittavoli, mezzadri: lutti _atti,·i, bra– mosi di terra, robusti, non più tenuti in soggezione dai privilegi politici dei nobili. Econornic.11nente k loro cose non andavano male. ~la senza la base della proprietà della terra, bastava una annata cat– tiva, un rovesc;o cli grandine a spiant:u·li. La loro forza erano le braccia: molle e sode. Il ceto dei contadini non è malthusiano. Tanti nascernno e crc.>scevano in casa, maschi e femmine. e tanti anda– vano nei campi, dall'età di otto anni in su, a guada- , I

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