Critica Sociale - anno XXXVI - n.13 - 1-15 luglio 1926

CRITICA SOCIALE 201 seta, ha un posto di prim'ordine nell'economia ita– liana, supplendo alla maggior parte del consumo nazionale e producendo graùdi quantità di manu– fatti per l'esportazione, nella quale però il nostro Paese· occupa ancora relativamente un posto di second() ordine (6).\...-Anche l'industria nazionale della lan:3- ha anco_ra modesta impor'tanza nella espor– tazione mondiale, provvede però a più dei 9/10 del fabbisogno nazionale. CARBONE, PETROLIO, ENERGIA ELETTFUCA Ma, se le industrie tessili ebbero importanza pre– minente nell'economia mondiale nella prima fase del capitalismo contemporaneo . e furono il punto di partenza della prima « rivoluz~one industriale » nell 1 prima metà del secolo XIX», carborae, petrolio, ferro hanno assunto una importanza predominante nella fase nuovissima dello sviluppo capitalistico, contri– buendo a modificare la posizione rispettiva dei di– versi Paesi nella gerarchia industriale. Per ciò che riguarda il carbone fossile,' il cui consumo è uno dei più adatti indici delle condizioni economiche dei Pàesi di civiltà industriale, America ed, Europa insi,eme danno i 9/10 della .produzione mondiale del litantrace e dell'antracite e quasi tutta la lignite; ma l'Amer:ca contende ormai all'Europa il primato che questa possedeva anteguerra. Stati Uniti, Gran Brettagna, Germania. fornisoono insieme Unili (quasi il 70 per 100 della produzione mon– diale), Messico, Russia, Persia, Indie Olandesi ne -sono i principali produttori. Un po' più del 70 per 100 della produzione totale è però consu– mato dai Paesi produttori, un po' meno del 30 per 100 dal resto del mondo. Lo sviluppo dell'automobi– lismo è, infatti, il principale fattore dell'enorme aumento del consumo della benzina, e. nel 1925 erano in ciroolazione agli Stati Uniti quasi 18 mi– lioni di automobili, pari ai 5/6 del numero esistente nel mondo intiero. La produzione dell'Italia rappre– senta meno di 1/100 del consumo nazionale e le · riserve note sono modestissime. Non meno rapido dello sviluppo della produz:one e del consumo del petrolio è stato pure guello della energia elettrica, nella cui produzione l'Italia tiene il 3.o posto nel mondo, dopo gli Stati• Uniti e il Ca– nadà, per importanza della potenza installata (2 mj\ioni di kilowatt), che potrà essere raddoppiata in quindici o vent'anni. Il Settentrione possiede 7/10 della poten.za idroelettrica installata, il Centro 2/10, il :Mezzogiorno e le Isole 1/iO. Da\ 1913-14 al 1923-',24 il consumo di energia elettrica è aumentato in Italia da 2,3 a 6,2 miliardi di kw.-ora e, per•quanto questo sviluppo del consumo sia stato aceompagnato, dal 1917, da un considerevole aumento anche del con– sumo del carbone, senza l'estensione degli impianti idroelettrici l'Italia avrebbe dovuto importare nel 1925 ·circa 5 milioni di tonnellate di carbon fossile in più che nel 1913 (9). IL FERRO il 77 per cenfo dellà produzione mondiale e par– tecipano per 2/3 al consumo totale mondiale, mentre ' Francia, Giappone, Polonia, Belgio, Cina, India, U. R. S. S., non producono insieme che il 17 per 100. Però la Gran Brettagna ave.va ancora nel 1924 l'as– soluto primato nell'esportazione, seguìta in ordine di importanza dalla Germania, dagli Stati Uniti, dalla Polonia, per quanto l'industr:a tedesca, come e so– pratutto quella inglese, attraversino un periodo di crisi, che ha portato in foghilterra, come è noto, alla nomina di una' Commissione d'inchiesta e al gravissimo oonflitto, che non ha ancora trovato la sua soluzione (7). L'Italia dipende e dipenderà, salvo imprevisti, in gran parte dall'ester,o per l'ap– provvigioname~to. del· carbone, la cui produzione, sopratutto di lignite, non rappresenta che poco più del 3 per 100 del consumo nazionale. Il carbone minerale era, fino a pochi anni fa, il combustibile principale per le industrie ed è stato uno degli elementi più importanti della prosperità economica e dei progressi industriali dell'Inghilterra e della Germania e perciò dell'Europa; ma un po– tente concorrente va sempre più èonquistandosi, come si è detto, un posto importante nell'economia mondiale: il petrol:o, nella cui produzione l'incon– trastato primato spetta all'America, e per il cui ac– caparramento gli Stati cap:talisti e i potenti Sinda– cati che ne hanno il dominio combattono una acca~ Per i Paesi industriali moderni, però, insieme al carbone,. al petroli-o, al carbone bianco, la prnduzione del ferro e dell'acciaio è un ottimo indice dell'attività economica. Le tre grandi regioni ove :;i concentra la siderurgia mondiale, e che danno 1'85 per 100 della , produzione mondiale dei minerali di ferro e più dei 9/10 cosi della ghisa come dell'acciai9, sono: il Nord-America, la regione centro-,europea (Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Saar), la regione britannica. Mentre l'Europa ha ancora la preva– lenza sul Nord-America nella produzione dei minerali di ferro, il Nord-America ha la prevalenza sulle altre due regioni siderurgiche prese insieme nella produzione della' ghisa e, ancor plù, dell'acciaio. In 1 ordine di importanza, Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Brettagna sono i principali produttori di ghisa, ·nita guerra (8). Nella produzior1e mondiale del pe– trolio, l'America da sola figura infatti coll'86,6 per 100, mentre l'Europa non vi partecipa che ool 6,8 per 100 e l'Asia col 6,4 per 100 del totale. Stali (6) Ampie notizie sull'iuduslria coloniera ilaliana e mon– diale sono pubblicale nel pregevole Annuario dell'industria ooloniera italiana, 1926, edilo dalla Associazione cotoniera italiana. Un interessante studio sui progressi dell'induslria cotoniera italiana è stato pure pubblicalo nel Giornale degli Economisti ciel maggio: « Le industrie del cotone in ltalia ». (7) La Relazione della Commissione Reale sulla industria del carbone (Report of the Royal Commission on lhe . Coal Jndustry, 1925, voi. I, London, H.· M. Stationery Office 1926) è stata riassunta nel fascicolo di maggio delle Informazioni sociali dell'Ufficio di Roma del B. I. T. (8) Sulla « guerra del petrolio • e sulla organizzazione r monopolistica dell'industria si veda l'importante studio di Page Arnot: The politics of oil London, Labour Publishing Co, 1924). Si vedano pure: Jones Eliot: Trust problems in the· United States (New York, Macmillan & C 0 , 1922) e Damougct-Perron G.: La Standard Oil Company, 1,,870-1925 B .b 1 . (_Ppri~ Ed,i.ijons J 'tll,.Il Budry, 1925). , 10Iel,a umo tjlanco ' e lo stesso_ è da dirsi per l'acciaio, nella cui produ– zione però la Gran Brettagna pr~cede la Francia. Nella ·esportazione di prodotti siderurgici tiene in– vece il primo posto la 'Gran Brettagna, seguìta dalla ' ·Francia, dal Belgio, dalla Germania, dagli Stati Uniti. Salvo nuove esplorazioni, le .risorse italiane sono assai modeste e insufficienti come basi per lo svi– luiJpo d'una potente industria siderurgica, armonica– merale costituita. « All'-ombra della muragl:a doga– nale, ·la pianta già tisicuzza della siderurgia italiana va sviluppando alcuni suoi rami; ma -il tronco ri– mane esile ed impari al peso che deve sopportare. Lasciando da parte le metafore, diremo che la si– derurgia della ghisa è- in condizioni di così grave inferiorità, in confronto alle industrie estere con– correnti, che sembra difficile poterne sviluppare la produzi,one proporzionalmente al bisogno degli ulte~ riori sladì dell'industria nazionale >>. D'altra parte, la relativa modestia delle nostre riserve di mine– rale di ferro rende problematica la convenienza di grandi impianti per il loro sfruttamento, e questa stessa circostanza, unita con la mancanza di car– bone, pone ostacolo alla oostituzione di grandi com-· Ul) Sullo sviluppo dell'industria elellrica ilaliana si ve– dano: Levi Civita: La situazione del!' industria elettrica in Italia alla fine del 1925, in Impresa Elettrica febbraio 1926 e Cenni sullo sviluppo df!ll'industria dellrica italiariq in Rivista di politica economica,· 31 maggio 1926.

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