Critica Sociale - XXXVI - n. 1-2 - 1-31 gennaio 1926

i4 CRITICA SOCIALE Primavera 1885 Della mia cara Anna io voglio dire la prima volta che noi L'aòbiam vista - Lei, n~l f ior_edella giovin_ez– za; noi, mia sorella ed io, bambme d1 11 e_12 annz. Là nello studio del mio Papà, quel piccolo . caro studio di Corso Oporto, non ricco d'altro. che d1. ~ole e di libri dove il Papà dettava allora Il delitto polillc~. Cosi sap~vamo chi erano i nichilisti russi: dei sani~, dei martiri, degli eroi, a cui avevamo votata una m1_– stica venerazione, senza pensare di poterli ve~er_ 1:7-ai, Quando il Papà ci disse che una Russa, una. nzchtlzsta, esiliata, f uoruscila, sarebbe venula a studzare a To– rino una di quelle che, per schiodare il popolo dalle cate~e dell'assolutismo degli Czar, gioiosamente ave– vano s/idato la morte e la Siberia - che attesa ar:– denle, misteriosa fu la nostra! ... Neppure sapevamo 11 suo nome e già telepaticamente il nostro cuore correva incontro a Lei palpitante! ... Occhi e sguardo oome aveva l',lnna in nes$un altro ho mai veduti· nella grande orbita ombrata, chiari, grigio..(.lzzur-rinf; gli occhi dolci, teneri, gravi, e l? sguardo era dirillo, profondo, 1Jeniua su dalla sua anz– ma e trasfonde va nelle persone che Essa credeva degne di sè un'onda inebbriante e benefica. . Che gran bene istantaneo, immenso, Le abbiamo vo– ! ulo, piccole bambine com'eravamo! Un bene cosi ap– passionnlo che ancor_a mi commuove se ci ripenso, perchè era p,•r noi stesse la rivelazione della oapacilà di amare. Ricordo le sere di maggio cli quella primavera, quan– do, per il viale invaso dagli eff luvii -degli ippocastani, tenendola per mano, la Gina e io La riaccompagna– vamo alla sua piccola camera nuda di studente, e beve– vamo le sue parole e un momento ci struggevamo della nostra piècolezza e ignoranza e lontananza dal giro luminoso della sua vita - e, un momento dopo, per una carezza e un'approvazione del suo sguardo, era– vamo inondate di gioia: sentivamo che, nelle nostre espressioni balbettanti, l'Anna intuiva il nostro senti– mento di dedizione esaltata, il desiderio ansioso di camminar sulle sue orme, di seguir le sue parole, di cercare quelle leggi di verità, di disciplina, di genero– sità, di altruismo, che oi avrebbero por/ate più vicine a Lei... · Grazie per questo dono divino fatto alla nostra fan– ciullezza, .4nna, cara nostra signora; grazie per quel mondo di idealità combattive, che Tu hai indicate alla nostra generazione, e che noi, anche perchè Tu viva fra noi, promettiamo di perseguire fino all'ullim9 giorno. PAOLA CARRARA LoMBRoso Il suo fascino Avevamo 11 e 12 anni, rispettivamente, mia sorell~, ed io quando la Signora Kuliscioff venne a Torino a perfezionarsi nella clinica ginecologica. Abitava una camera della clinica stessa, che dava su un ampio giar– dino. Turati l'aveva -presentata al papà; era sola a To– rino e veniva da noi quasi tutti i giorni, quan-do no~ non andavamo da Lei... chè, per meglio esserLe vicine, eravamo state prese da .un- furore straordinario di im– parare il russo, che ci dava pretesto di ved~rLa ognr ~orno. . Eravamo ancora bambine, ed eravamo tenute per bambine ancora più che non fossimo. I nostri occhi cominciavano ad aprirsi curiosi sul mondo che ne circondava, nè capivamo ancora la nostra curiosità, nè rapivamo quel cambiamento che si faceva dentro cli noi nel giudicare di tutte le cose. . Fu lei, « la nostra Signora», come La nom-avamo, la prima che 'vide l'interno lavorio che in noi si andava facendo, che rispose alle nostre non fatte domande; · e fn appunto questo suo rispondere senza aver noi Bibfiot~c~h~iriffIBi~rtcbavvinse tanto a Lei. ·credo che appunto questa. fosse .la su~ prer?g~t~v~, questa la ragione che avvinse a Le~ tanti cuo1:1v1cm1: la sua mirabile intuizione psicologica, per cui sapeva legger nell'animo i desiderii coscienti e i~coscienli, rispondervi, appagarli; perchè c'era con Le1 la possi– biHtà di scambiare le idee anche senza parQl 1 e. La Signora Kuliscioff ritornò l'?,nno ap1?resso ancora a Torino, ...poi non si mosse p1u da Milano. La ve– demmo in seguito so.lo di sfuggila, nell~ nostre .non frequenti visite a M ilano. Passe.va:no mesi ~ an~1 fr~ una visifa e l'altra, ma, pure a distanz~ di mesi e di anni, quando entravamo nella sala .lwmnos~ do_ve pa– reva aspettarci cosi come se L'aves~1mo la~c1ala 11gior– no prima, n_oi ritrova.vamo • la nostra ~ignora ». con quel suo occhio dolce e penetrante, sorridente e rnda– gante, che ci vedeva dentro tutto quello che er~ acca~ · duto nei mesi negli anni• intermedi, e sapeva chiederci quello a cui desideravamo rispondere, e rispondere a domande non espresse che volevamo porLe. . . Fu questa sua mirabile intuiz:one il suo fascmo; ed Essa ne fece come l'elemento coagulante del socialismo primo, radunando attorno a sè quanti entravano poi nella sua dottrina. Non parlò mai oon noi di socialismo mentre era– vamo a Torino: ma, per il solo fatto che sapevamo che Ella ne era un'appassionata, noi fummo t_ralte ad occu– parci dej grandi problemi politici e sociali del nostro tempo: e credo che, come noi, infinite furono le per– sone attratte nell'orbita dell'idea, alla sua fede, dalla fede che Ella ispirava, con questa intuizione individuale che aveva veramente del prodigioso. GINA FERRERO LOMB~OSO Spirito indefessamenteattivo· Ho avuto il privilegio di conoscere Anna Kuliscio/f in anni oramai lontani: più lontani - spiritualmente - dall'oggi Ghe no'n sia per distanza di tempo. Fu, se ben ricordo, nel 1909. Non mi occupavo, a quel temno, di politica (almeno nel senso in cui me ne occupai più tardi); ed Ella, invece, veniva dalla politica, viveva di politica, vibrava tutta intera della grande passione che L'aveva sospinta, fragile ed appassionata giovinetta, a cercare nella eterna battaglia, nel s{J.crif icio di ogni ora, nel perioolo continuo e nelle carceri, la soddisfa– zione di quella prepotente sete di giustizia, e di quella superiore vocazione di bontà· e di amore, che costitui– vano l'essenza intima. della sua vita, e davano l'aureola di un radiante sorriso di gioia alla luce ferma e chiara dei grandi• occhi credenti. Ora, in questQ donna che uvetta militato, si può dire, come aveva respirato, du– rante tutta la sua esistenw.,. e che cominciava ad av. vertire l'aggressione del male che soltanto ieri L'ha prostrata, io sentii tutte le nobiltà della missione, che nega il dilettantismo e l'avventura, e conferisce rigida unità di lavoro, di _disciplinn e di dovere ad una vita umana; ma non sentii nulla che somigliasse ad un abito di politica professionale o alle deformazioni ine– vitabili della · mentalità partigiana: e, invece, la più larga ed ùmana capacità di comprensione, una vigi– lante curiosità intellettuale che La rendeva vicina ai giovani, e La portava a scrutare, oon fiducia, i nuovi orizzonti della vita anche al _di là del campo in cui Ella aveva prescelto di lavorare e di combattere. Err:r, · insomma, il contrario dell'abitudine e ·dell'automati– smo; nel suo fragile corpo, già insidiato e sofferente, viveva uno spirito indefessamen:le attivo, e tutto ani– mato di fede e di speranza. Nel segùito vidi più volle e conobbi più da vicino Anna Kulisciotf; e potei coni<'mplarLa talvolta al con– spetto di una realtà che si faceva sempre più dura e sempre più seri.a. Mai, in nessuna occasione, la fi– gura, che io percepii negli anni o-ramai lontani della

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