Critica Sociale - XXXVI - n. 1-2 - 1-31 gennaio 1926

CRITICA SOCIALE 13 · a~eva t~nto amore per la causa socialista, tanto slancio r~voluzwnario, che sentiva l'eterna umana sete di illu– szone, tr.oppo severa verso se stessa, troppo onesta verso le masse per illudersi e per illudere. L'intuizione dell'avvenire però non è soltanto un peso ed una 1·- ·t . l ml azzone. Ci s'.a di conforto la certezza che, se Le toccò in sori~ z_l veder al di là dell'illusione, vide però anche al dL la della disfatta. • · ••• Noi però che restiamo indietro, con la vista breve con la realtà di ogni giorno; noi, non ancora giunti a_ll~soglia_del~'eternità, presi nell'ingranaggio delle quo– tzdzane mLsene, dove poss;amo noi attingere forza e luce? E Filippo Turati, in quest'ora di supremo do– lore, quando la marle [Jli toglie ciò che aveva di più caro e lo lascia, umana creatura dolorante, solo in questa grande solitudine che sta in agguato per tutti - dove troverà scopo e mela? · Anna Kuliscioff è stata per il suo compagno la v;a che lo ha condotto a se slesso: quell'altro to che ognuno di noi cerca perchè ci. dia ciò che è pi~ intima– meme nostro. Tutta la lacerazione del distacco non toglierà a Filippo .Turati la voce che lo chiamo. a ri– prendere il suo posto nell'eterna lotta della ragio~e · contro l'assurdo, della luce contro le tenebre. E la Compagna perduta gli sarà sempre a canto. Disse Gonza/es dinanzi alla bara: « Se noi erigessimo tribuna di libertà di parola nel cimitero, noi umilie– remmo noi stessi». Ma vogliamo nel n~stro cuore eri– gere tribuna di libertà dinanzi a questa nostra Morta: tribuna di libertà sì alla ed austera, da non poter e:i,sere raggiunta da arma nemica. E. sarà questo il più degno culto. .Nel culto del{a libertà - che non è poi altro che la lotta per ciò che è in ognuno di noi essenzialmente umano - l'individuo è nulla ed è tutto; mezzo e scopo, via e meta. La personalità vi si logora e si esalta; si spegne ed arde di eterna luce. Noi abbiamo perduta Anna Kuliscioff e non La perderemo mai. Sarà con noi, /inchè noi sta.remo al nostro posto di combat- timento. ODA 0LBERG. La sua bontà Non c'erano formule o dogmi o tessere che potes– sero isolaré la grande anima di Anna Kuliscioff da quanti pensano e credono sinceramente - qualP che siano il loro pensiero e la loro fede; non c'era preven– zione che potesse contenere l'intimo fervore di quella sua natura simpatizzante e intendente, che andava alla vita per tutti i sen,tieri, giungendo fino ai suoi ultimi margini, e forse anche al di là. ~ È stata una donna veramente eccezionale: eccezionale anche perchè conciliava in ~e stessa non poche virtù che potevano sembrare in apparenza contrastanti, come la virtù di fissare freddamente la realtà con tanta,, chiarezza e precisione, e insieme quella di perderla, talora, di vista, con un senso quasi mistico di poesi.1. Ma ·qui io voglio solo ricordare che Essa è stata: con– sapevolmente, gentilmente, supremamente buona. Circa una trentina di anni fa, quando Anna Kuliscioff esercitava la· professione, molte povere case della vec– chia Milano la vedevano spesso salire, gracile e leggera, fino lassù, in alto, al terzo o al quarto piano. Erano operaie, bambine, giovinette ammalate; mogli, madri, sorelle di modesti impiegati o professionisti. Tutta gente in pena. La visita della dottora - così La ch1a- ' mavano negli ambienti popolari - era sempre attesa eome una benedizione. Non era, infatti, la visita di un medico. Era qualche cosa di più. La scienza ha scarse Bibli~8,@in@l~arola può essere un balsamo: e _Anna Kulis~ioff la diceva come la sapeva dir Lei. Diventava cosi la consolatrice, l'amica, la confidente d~ coloro che soffrivano, e dei loro cari. Chi scrive La ricorda, con ineffabile gratitudine, al capezzale di sua madre durante una lunga e fatale infermità e ricorda tutt~ il bene della sua affettuosa assistenza.' Ne erano solamente le sofferenze fisiche che avevano un conforto da quel _s1;10 pietoso interessamento. Spesso trovava, nelle sue v1s1te, altre sofferenze: tristezze di– sagi morali, incomprensioni, ombre. Essa intuiva' in– terrogava con discrezione, capiva. Bastava quel' suo sguardo perchè nulla Le sfuggisse, quel suo sguardo che prendeva talora una strana.fissità, come se volesse penetrare proprio nel fondo delle anime. Parlava affa– bilmente, creando attorno a sè un'atmosfera di ·sere– nità? e il suo accento, che conservava curiose durezze esotiche, trovava allora espressioni di una mirabile te– nerezza. ~~ceva cose che facevano bene, che dispo– nevano all rndulgenza, alla tolleranza, alla conciliazio– ue, e le diceva con rara delicatezza di modo che . . . ' rms_c1vasuggest1v~ senza mai aver l'aria di consigliare. Scluudeva talora rn quelle anime finestre ch e davano sopra viste ignorate; vi suscitava nuove emoz.on i nuove simpatie, nuove speranze. Lasciava c o munque' ,i~ tutte un senso di conforto, che derivava 'da un oblìo: sia pure momentaneo, di se stesse, e da una vaga con– fusa percezione di spiritualità inafferrabili ma 'iumi– nose. La sua_ compostezza, la sua eleganza, fine e inap– parente, 11 suo garbo, avevano sempre la virtù di in– gentilire ed· elevare. Nessuna distanza La separava dalle c?se e dalle esistenze più umili, ma nessuna volga– rità po leva trovar posto attorno e accanto a Lei. Essa trattava la povera gente con affelluosa ramigliarilà, ma , la povera gente, pur volendoLe bene, non sapeva mai vincere per Lei un senso di pl'ofondo r;spetto. La sua clientela si era poi allargata anche ad allri ceti. I pregiudizi e le prevenzioni, che raffiguravano in cerli ambienti una Kuliscioff di maniera, cadevano ap– pena La si avvicinav.'.l. Parecchie s·gnore della bor– ghesia si affidavano alle sue cure e, quando L·avevano conosciuta, cercavano di Lei, sentivano il bisogno di rivederLa, di diventarLe am:che. Nessuna donna, a q_ualunque classe sociale appartenesse, sapeva re– sistere al suo fascino; ed è questa indubbiamente una delle cose più significative e singolari che si ricorde– ranno di Lei. Pareva come se tutte sentissero e rico– noscessero tacitamente una sua supremazia ideale che, lungi dall'offenderle, le lusingava nell'amor proprio del loro sesso. O forse il segreto del suo fascino era anche più semplice: era nella grande naturalezza e spontaneità d'ogni suo pensiel'o, d'ogni suo sentimento, d'ogni sua parola. Mai un'ombra di affettazione; mai una preoc– cupazione di sè; mai una ostentazione; mai un moto insincero. - L'ultima volta che La vidi, pochi g:orni prima della fine, era a letto, seduta, e aveva accanto Filippo Tu– rati, la sua Andreina e tutti i nipoti per cui aveva una così dolce adorazione. Non dimenticherò mai quel p:c– colo quadro intimo. 1\"elsuo golf-bianco, tutta candore e gentilezza, pareva una bambina. Era sorridente e, come al solito, non curante di sè. Aveva carezze per i suoi cari e buone parole per gli am:ci. Cosi L'avevamo sempre conosciuta. Tutto quello che riguardava Lei er.t come se non esistesse. Non mai discorreva di sè; non mai Le avveniva di accennare ad episodi e ricordi del suo passato; non mai parlava dei suoi mali e quasi Le si faceva dispiacere mostrando di interessarsene. Essa si ignorava e si elim:nava. Si prodigava senza avvertire e far avvertire la sua prodigalità; animava un po' tutto e tutti di sè, senza che ce se ne potesse accorgere. Era come quella « luce senza lampada, d1 \Villiam i\.Iorris, luce che veniva non si sa di dove; luce di bellezza e di bontà, che illuminava tante nobili imm.'.l– gini e permetteva di vedere tanto alto e lontano ... MA.Rio BORSA.

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