Critica Sociale - XXXVI - n. 1-2 - 1-31 gennaio 1926

• 12 CRITICA SOCIALÈ contribuito a fare quelle rivoluzioni che la Russia, im– mersa in un millenario medioevo, doveva ancor fare, e che un'altra rivoluzione più profonda, e più univer– sale, preparavano negli spiriti in rispondenza alle cose. E fu socialista. E venne in Italia e, per quello spirito di universale fraternità che nel Socialismo avvicina e accomuna le plebi di tulli i Paesi e di tutte le razze nel proletarial<Y universalmente sfruttato e disprezzato, amò le plebi italìaue come gli stessi suoi musgicchi, e,· dando tutta se stessa senta domandar mai nulla in cambio, nè ri– nomanza, nè conforto, nè fasto, divenne la silenziosa, appartata, ma efficace suscitatrice di energie, corrobo– ratrice di sforzi, coadiuvatric•e di opere dei primi con– dottieri del socialismo italiano, allorchè, nelle ore ante– lucane, si trattava di cominciare a fare di una plebe un popolo. . E 1 siccome le condizioni precapitalistiche della eco– nomia italiana non erano ancora tali da consentire li:i preparazione di un proletariato consapevolmente , sep– pellitore » della borghesia capitalistica, in mancanzi:i di una democrazia degna di tal n@me, Anna Kuliscioff cooperò con la sua intelligenza, con la sua coltw·a, col suo cu<,re, col suo fervore e con la sua attività, a preparare un regìme di democrazia oon un contenuto sociale. Era del presocialismo in nome· del marxismo, che potè sembrare a taluni del possibilismo; ma, era « possibile » fare qualche cosa di 'diverso, allora!/ o non era necessario, utile e doveroso fare proprio quello che fu fatto, allora, così? ln quest'opera lenacemen le perseverò Anna Kuli– scioff, con la stessa forza di volontà con la quale volle vivere. Stroncala a mezzo del corso della sua vita da una di quelle malattie che minano i martiri del lavoro .e dello spirito, non si arrese, non piegò al richiamo tiella n1orte, e volle vivere tra crisi, che sembravano ogni volla definitive, e rinascite, che La rinnovellavano come primavere, per intravvedere almeqo Yalbore <li quella palingenesi proletaria all'avvento della quale aveva votala l'esistenza. · Invece ... Invece, nell'attimo in cui l'albore si annunciava pieno delle più festevoli promesse per il proletariato, l'orizzonte fu ottenebrato, come non mai prima d'ora, <la una così spessa ooltre, da rendere anche possibile, i-n un istar\te di smarrimento nel crepusoolo dell'esi~ slenza, l'amara punta del dubbio, più dolorosa, per chi ha una fede, del dolore del bando, dell'esilio, del car– cere; quel dubbio che, forse, provarono, come suggello della morte, le sue compagne appese al capestro, od arse nella fortezza di Pietro e Paolo. ·- Dunque, tullo fu invano? Dunque, tutto ciò in cui abbiamo creduto: bon là, giustizia, elevamento delle masse, forza dell'organizzazione, progressivo salire del proletariato attraverso le isliluzioni da esso 1 stesso crea– te, soluzioni dettate non dalla brutalità dell'istinto;ma dalla saviezza della ragione, lullo questo è non vero? Ed è vero il contrario? .Con questa visione negli occhi, con questa pietra sul cuore, con questo tarlo nella mente, dopo quasi mezzo secolo di apostolato per gli altri, nell'ora triste, grigia e greve <li cupidi egoismi che ne circonda, ha- forse do– v11lo spegnersi Anna K uliscioff? Quando non vi ha più speranza, tanto piì1 grande è la morte. Ma quelle cose in cui Essa ha creduto, e per le quali ha vissuto e combattuto, sono troppo grandi perchè il suo spirito, anche nell'alto d'essere schiacciato com~ già altre volle nella disfatta, nel disinganno, nel car– cere, non si sia rivolto ad esse per cercarle. E, come allora, non ha disperalo nè dell'ascesa del proletariato, nè del Socialismo, perchè, q1:1esta, non è un,1 disfalla, è una sosta. Altre ve ne furono, altre ve ne saranno. Ed Essa, lasciandoci, ammonisce: « ripigliate la via fratelli I ». • ' BibliotecaGino Bianco AussANDRo scmAv1 Il più degno culto Mi diçono che dovrei anch'io dire una parola, in quest'ora di lutto comune. E mi pare d~ essere tanto indegna. Tanti e tanti le furono più v!cini; non hanno che da aprire lo scrigno dei loro ricordi, per deporre oggi, quale omaggio alla Scomparsa, quanto forse fu \ pe_r essi un viatico in vita. Chi ha vissuto accanto ad Anna K11liscioff ci de1Je parlare di essa, non io che potei vederLa soltanto di rado, ai nostri Conq:ressi, in momenti di eccezione ... Eppure, fuori della cerchia dei suoi intimi, forse fui io fra le ultime persone che volle ricevere, venti giorni prima di morire. E penso ora a quest'ultima volta. Turali mi aveva raccomandalo di non stancarLa, sicchè si pa~lò di cose futili e perso– nali. Troppo greve e troppo grave sembrava parlnre di ciò a cui ambedue pensavamo. La vidi diafana, già sacra alla morte, ma non sentivo il suo corpo disfatto, sentivo soltanto il suo spirito indomito e vincitore. E me n'andai senza presentire che non L'avrei più ri– veduta ... Ora ho come il rimorso di non aver accolto tutta la solenne austerità di quell'ora. Ma è poi vero che non ci siamo parlate? Ci siamo intese come non ci eravamo mai intese prima. E tutto f II detto .fra noi ... ... Sentivamo l'ora buia, l'ora del tornaconto, della de– lazione, del tradimento, mn vedevamo anche la luce, quella luce dell'idea per la quale è benedetto chi muore· ed è benedetto chi vive con dignità. E. quando bac.'ai qurlle~ue povere mani deformnle, avevo ricevuto an– ch'io un viatico ... '- *"'"' ' t amaro <' crndele chf'. la morte L'abbia spenta, pro- prio ora che tulle le nostre messi sembrano distrutte. Ma 1lnna Kuliscioff aveva occhi d-a vedere nella storia. Non è morta con la visione chiusa entro i con– fini della nostra attualità politica; è morta vedendo una dimane di l~inevilab:Zi e di inevitabile vittoria. Ebbe dalla natura il dono f alale di intuire il futuro. Non L'illuse quindi la ressa attorno alle nostre insegne, l'affollarsi delle masse sotto le bandiere rosse, quando molti _credevano che l'offerta di resa dell'avversario imbelle significasse già vittoria del proletariato. Essa sapeva che la vittoria non è un dono dell'altrui debo– lezza. E sapeva anche l'amara verità che amarissime cose ci avrebqe risparmiate, se le masse avessero po– tuto intuirla; sapeva cio_è che il proletariato ha un altro avversario da' combattere, oltre la borghesia: ha il nemico n(}lle proprie file, quel nemico che si chiama ignoranza, egoismo, acquiescenza al giogo, inettitudine · e viltà. · Anna Kuliscioff ha lottato anche contro questo ne- . mica, per tutta una vita, mentre forse al suo tempera– mento sarebbe stato assai più. confacente quell'altra lotta sulle barricate. E noi oggi, dinanzi alla sua urna, dobbiamo riconoscere, con umiltà ed amarezza, di averLa lasciata troppo sola, in questo quotidiano con– trasto 'col nemico nelle nostre file. L'opera non fatta, il còmpito non compiuto, si ergono ora contro di noi, debolezza nostra ieri, forza, oggi, dei nostri nemici. Ma questo suo sguardo divinatore, se Le vietava l'il– lusione delle facili vitté>rie, rivelandoLe tutta l'aspra fatica del lungo cammino, le tenaci resistenze in noi e f uorì di noi, Le lasciava anche discernere la caducitll , della violenza che opprJ.me. È dono fatale,' certo, quello di ·intuire le cose future. Anna Kuliscioff lo pagò a caro prezzo, quando sentiva di appartarsi dal– l'altrui esultanza, presaga di 11nfato incombente; e ben duro deve esser{,e .<:lato quel s110appartarsì, a Lei eh~

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