Critica Sociale - anno XXXV - n.3 - 1-15 febbraio 1925

46 CRITICA SOCIALE in un -col !)O solo il prnletadalo e· dalla sua sd1iavitù e dalla sua miseria~ lii rea.ltù le co,se stu.11110ùivei'same:nte. Lasciamo stare il caso nel quale il ceto ca.pitali– sti.co si-serve del proprio potere e 1Strapoten• per o:p– pr•imere politicamente e1 giuridicamente il proleta– r.iu.to , cun1e accaùde in altre epoche e accade an– cora oggi in qualche vaese di uostra conoscenza. Si lr.atta ùi un lato uo:n neicessario ùel s,i.Jstema capita– listico, al quale la clenwcrazia apporla un faciltl e sufficiente rimedio. Il vero torto l'ecato ai lavorat.01•i, insanabi.le perchè trnppo intimamente connes~o- alta eiss,enza ste,ss-a del Capitalismo, è quello di aver-e to,1- to al produttore sal,ariato la gioia e là pasb-ioue pro– fondarne.nte umana Ue,l codnl0re.ssamento pien,, al– l' a•ndarnento e all'esito del proces.so -produttivo. g, notissimo H fatto di pic,coli propl'ietari ed af– fittuari di umili appe,zzamenti agricoli, i quali lavo– l'aino e,ssi. e le loro famiglie come bes.t-ie, sono op– p11e.ss ,i 1.1,alle ta.sse e dalle usure, conducono una vita mi ,s-e.ra e &tentata, e,ppure no-11vorrebbero affatto es,.. !:ierc mai braccianti a giornata. Non per il mag– g-i,ore.guada,gno, c6e peggio di come già. stanno clif– ficil111eintcpotrebbero st-are, ma per nop esset-e priva.ti ù-el µiaice-re di vedere splendere il sole, c.adere la rugiada, fiorire le me!:isi, figliare· le b·estie per loro conto, al servizio della loro atthdtà, premio e. for– tuna lcoro. Il lavorar,e ((per contò pr-oprio », e no-ri al <( ,servizio altrui », è una delle aspirazi,oni più forte– me11te e profondamente umane. Questa è la libertà. della quale il capitalismo priva la classe dei lavo- ratori. - Ma se così è, non t una. pretesa banale, che la pa– rola affraJ1camenfo debba necessariamente compren– dere c la libertà e ii" maggior' benessere? Non è un pretendere tiI'oppo in una volta sola i Non stimma– tizza già con forti par,ol-e la Bibbia l'atteggiamento e l'animo s,e-rvile di quegli ebrei nel deserto, che, rlopo eis,sere stati .salvati dal duro servaiggio del Faraone, ai primi .stimoli· della fame im,precaTOno a Mo.sè-- e ri.mpia..nsero· ((le 11_1armitte piene ·di carne di Miz– ì·aim »? E se risultasse che in regime capitalistico, per' . cerie virtù a questo intrinseche, il bene&sere mate– riale dei lavoratori .fosse ·atcunchè maggiore e· più sicui•o del benessere che gli operai potrebbero- go– dere in' reigime di libertà, dùvrà essere, questa · un.a ragione pe,rchè il proletariato rinunci ,per Stl}npre alla libettà economica? E deve il so-ci.alismo subordina.re il suo avvenire alla form.ola: Libertà e _più pane'/ Vorrà il socialismo esser·e da me.no degli uomini della Riforma, della Rivoluzione dell'8\-l, del1e lo1.t.eper la Indipendenza e l'Unità nà~ionale, che non subordi– narouo I loro ideali al concetto del maggior-e be– ne.sse.re materiale,. anzi -seppero infondere queisfa loro sublimità etica alle grandi masse 1 E no11 è anche· un recare tbrto a que,ste mas-se ·stesse il fare lo~·o ap– petire la Libertà solo att,raverso il miraggio di unà vita materiale più la_rga e più gaudente 'i Marx fa precisamente questo nei passi cui abbiamo · accetnnato nel ·settimo prmto, ù,ei quali egli .accusa nettamente il Capitalismo di ,essel'e l'os.tacolo al fi,o- 1·ire ùel 1·egno di cuccagna, l' invido drago che c1Ìsto– disce l'ingresso dell'ortù delizioso delLe EspeI"idi. Questa accusa è falsa. Non· è affatto ver-o ciò che Marx afferma, accogliendo senza rise11·ve un diftuso luogo cornune del soci.alismo anterior-e a lui (Si- - srnondi, Fourier), che le crisi sono il s,egno d-el1a incapacità del capitalismo di utilizzare a fondo i mezzi economici di cui dis,pone oramai. l,a società e BibliotecaGino Bianco che ,esso .stèsso ha cOtlì potents;meate contribuito a c1·ei:Ù'e.Le cose stanno assai divers,a.ment.e. Le cr1si significa-no ùue eose. In primo luogo, cl1e il Capitn– lis1no, :nonostante la vropria estrema elasticità ,e ge– nialità di :r;isorse, non può compiere neanche lui i I miracolo di f.ar fuJ·c all'economia sociale il passo µiù lungo deHa gamba.. In S'econdo luo.g·o, che esso ha trovato un !nezzo. auton1atko e, relat.i.vament.e, poco ruinoso per i-i:stabilire l'equilibrio economioo tU'l·– bato da uu eccesso di slancio ed intr,apr,endenza. In– tendo l'equilibriio fra il potere di assorbimento· del mercato e la troppo rigogliosa proùuzione, f11a .i!lca– pitale. realmente e,~i-stente e disponibile, e la soverchio folla di coloro ,che aspirarno a servirs,e'llie... Non è qui il ca.so di fai•e· un 'anali.si apprnfondit.a 'dell,e c6si, argomento difficile e spinoso e che inve– ste tutta la sostanza del sistema capitalistico nella più _intima ·1sua ess,enzl..alità. Comprendere ]a natura deHe crisi sig1aifica non ,soltanto avere con1pres,o l'c,cuno– mia capitali-stica, ma tutt.o quanto il fe:n0rne<llo 8('()- 11omico. Qui bo.s,ti accenna.re al fatto che le crisi. in ogni– n11odo, non rappresentano lo sfacelo C[Lpiialis.ticu, la ccmtraddizione, che prima o dopo lo deve trarre alla tomba, m~ tutt'al più segnano i fimit.i della sua po– tenza -e capadtà. Tainto varrebbe dire che il Pada– mernto ing1ese., perchè · non può far;e di una donn,?- . un µomo, è de-stinato .a disis,olv-ersi, o che Ercole 1ioll è più Erco-le, perchè ad unà certa undecima fat1ca le forz~ sue non bastano. *** Potrei anche risparmiarmi la conclus,iune di que- sto studio critico, ri111ettend-omi al buon !:ienso c.1~1 l 1 ettor,e e ripetendogli oon Dunt~: (( Po.sto t'ho in– nanzi, or:ri\ai per te ti ciba». _Tuttavia, a sieanso cli equivoci e a scarico della mia coscienza, ceco quanto mi pal'e sgorghi limpido dalle su esposte oss~rva– zioni-. In, primo· luqgo, s.ec01I1dome, occorre che il socia– lismo integri l'antica formo la: « Socializzazione dei mezzì di produzione i> coll'aggiunta: u pr-evia conci– liiaz1one tira lavoro direttivo e lavor-o manuale >l, sen– za la quale la socializzazione si risoiverebbe in un caotico disastro. In S'tiieondo luogo è neoessa:rio. che il .social1su10.pro – s_petti· nettamente fin d'ora: alle mas,se. il qul;lsito: « Che cosa desiderate? Libertà o il vivere grasso? L'una ve la possiamo dare, perchè dipendé, ~n ulti– mra analisi, da voi' Sttessi, e l'avrete se saprete con– quistarla e meritarla. L'alti·a e-osa no, ,perchè siamo uomini comuni e non dei ,santi taumaturg·hi, capaci di fa.ire mJracoli e di far s-cendere, come il Cristo . dell' Apocalis-se, dal cielo sulla terra 1-a celeste Geru– !:ialemme, dove si lavora poco e •ci si diverte invece e si gode assai. Ricordatevi .che il pane della servitù è ama110, ma può essere anche ·abbonclant8, più ab– bondante che quello che concede la divina Libertà. Séegliet.e. • FnANZ \iVmss. Pregh-iamo gli abbonati e gli amun della Ri– vista, rinnovando con encomiabilé sollecitudilne il loro abbonamento, di volerci indicare nomi ed in– dirizzi di Abbonati ,probabili a cui spedire Nu– meri di Saggio. E li ringraziamo in anticipazione. Vedere in 1fltima pagina le condizioni di ab– bonamenti cumulati'IYi.

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