Critica Sociale - anno XXXV - n.3 - 1-15 febbraio 1925

CRI1'JGA SOCIALE 45 forni si s,pengono, le macchine 1·iposano, gli operai ozian_o e sbadigliano, un po' per noia ,e un po' anche per fame. Con frase scultoria Marx .esprime questo fatto di– cendo: (( Ad un certo punto nel regime capitari,stico le forze di produzione urtano contro le forme di pro– duzione ». Le crisi industriali e commerciali sono la rivelazione di questo assurdo stato di fatto, an·zi sono l,o stesso assmdo capitalistico in atto. DeHe crisi soL frono capitalisti ed operai. I capitalisti vi si rasse– gnano, pea:-chè comprendono che, come essi godono del lato buono del sistema, debbono fare buon viso al sistema anche quando questo fa i capricci. Gli ope– rai, invece, si trovano in condizione div.ersa. Essi, dice l\larx nel « Manifesto dei Comunisti», non hanno altro da l)erdere che le proprie, catene. Tocca perciò ad essi di inGOrg-eiree farla finita ooll'assurda contraddizione (che disonora l'intelligenza umana) delie maèchine che non lavor:ano e degli opocai che oziano, perchè, risum teneatis, non c'è ((tornaiconto » d{ farli -lavorare, con tanti bisogni da .soddisfare, tante miseriie da lenire, tanti utili progressi' da com-· pier.e. . (Tutto ciò dice ed intende dire Marx, non io). I punti deboli della critica marxista . Sui pr4ni quattro dei sette punti esposti non c'è nulla da osservare. Voglio dire che non vi so11Qda fare critiche notevoli, che tocchino v,eramente la so– stanza de.Be affermazioni di Marx. Ma lo stesso non può dfrsi dei tré ultimi punti. ,II quinto e il sesto celano ognuno, nelle pieghe del loro apparent.e rigore logico e buon senso, un grave equivoco pieno di formidabili conseguenze. Quanto al settimo esso costituis<:,e ~ vero e tipioo q'Ui pro quo, neil senso che le cose stanno proprio tutto alhJppo– sio di quel che immagina e-d afferma Marx. Pr,endiamo- in esame il quinto punto. Qui Mrurx è, si può dire, vittima q.ello 2;elo mal– destro dei difensori aocademici - professori di Uni– versità et similia .- del privHegi,o capjtali.stico. I quali, pensando ,probabilmente che melius est abun– dare quam deficere. anzic~è rivendicare all' abilità personale, all'avvedutezza, alla costanza, al sa.vo' ir f aire in genere dei capitalisti, il mer:iito dei ]oro lauti gwadiagni in confronto dei lavoratori .salariati, agi– vono in un modo più radical,e, rivendicando tale me– rito addlrittura al Capitale, cioè al denar,o ed ai rne,zzi materialj e tecnici di produzione .. I veri ed autentici ca pitalisti , vioevers,a, non l'hanno· mai pens,ata così. N.el vero mondo indu– striai1e e commerciale, che non è affatto da confon– dere _col mondo accademico suo <<fiancheggiatore», come si direbbe oggi, si è invece sempre pensato, che ùenaro, macchine e quanto altro rnaterialniente oc– oorre peir fare funzionare. un'azienda, vale fino àd un certo punto,. Se non assi.sole il bernoccolo degli af– fari, la capacità, lo zelo, l'onestà e la sel'ietà. qei dirigenti •ed arnminisip'atori, ogni esercizio indu– striale o commerciale va fatalmente verso ù -disastr-0 e divora il capitale investito, per grande che sia. Vi– ceve,rsa, dove i dirigenti hanno tutte le doti che deb– bono ave.re per far fi_orire l'azienda ed elevarla da modesti inizi ai più grandiosi sviluppi, il denaro e tutto quanto materialmente occorre pa&Sa in seconda ~ terza linea e si trova assai facilmente. In altre parole, lungi dal negar,e il dovuto omag– gio aJ Lavuro, i veri capitalisti, che non sono, cc•me già ho ctetto, da confondersi con que.i ·gaffenrs dei B . l~ro allea.il .ed a:m~ci intellettuali, gli « economisti», Ibl1oteca Gino ts1anco· hanno per H Lavoro il massimo dspetto. Solo che e55i•pensano sovratutto al Lavoro di ditezione. Ora, si badi bene, Marx non contrappo,ne già il Lav,oro manuale al Lavoro di direz.ione, per affer– mave che questo :non l'eggerebbe S'enza di quello, eis– sendo evidentemente inutile ed impotente il cervello senza i'l braccio esecutore, il quale• quit1di ha µari meriti e pari diritti. No, l\Iarx contrappone il La, varo, sic et simpliciter, al Capitale,, e lì si capi.sce che egli ha ragione da vendere. Ma è una vittoria . troppo facile. Che, infatti, il Lavoro sia il vero ed unfoo pr-otagonista e soggetto del p.rocess-o produt– tivo, mentre il Capitate, inteso nel seinso proprio ùi mezzo materiale e tecnico di produzione, non è che una mera condizione uecessaria di questo, ·è verit.'.1 troppo lampante, direi quasi lapalissiana. Ma po.rre di fr-0nte il lavoro manuale e queno 'direttivo, e di– scutere sulla loro rispettiva posizione e preminenza, è invece un prob1erna ~ai grave, che apre oriz– zonti del tutto nuovi e dà 10,stura a tut.t,a una s.èrie di nuove analisi, valutazioni, dubbi e contraJSti di idee. •· (Ironia della vita: ecco che questi zotici mate~·fa.– Loui di indUGtriali, tutti sprofondati nella diuturna.. caccia: at guadagno ed incalliti nella so,rdidezza del vivere, quotidiano, perorano la causa dello SpiritfJ dinanzi al magno dottore Carlo Marx, discepolo della più illustre p1eiade idealista, Kant, Fichte, Schelling, Hegel, il quale ele·va a chiav& di vol-ta dell,a ,società. moderna il « Capitale», meccanizzMl– cLo,materializzando, mo•rtificando lo Spirito, disuma– nando. la Storia -- fremete ombre di Kant e di Hegel ! - Gol ridurla a movimento di cose, ad emanazionP– e creatura -di denaro, ùi macchine, di f.erro e di cw·- bone ed altra simiglia~te mtura moria). ' Un non meno grave .equivoco si nasconde nel sesto ·punto. Anzi gli equivoci sono due. In pr,im.o luogo, ciò che tanto nuoce al proletariato, portandolo alla servitù, alla miseria, alla degradazione fisica e morale, ora appena appena te·mperate e contenute dall'argi– ne dé-1movimento socialista, non. è tanto il fatto ma– teriale della « separazione del produttore dai mezzi di produzione», quanto invece ìl fatto ,spirituale deMa sepairazione e dell'antagonismo del. lavoro di– rettivo e del lavo'ro manuale. ' · :Marx si sarebbe potuto benissimo risparmiare quel– la sua tremenda invettiva contro il Capitalismo, che è quel celeberrimo capitolo del primo volume del « Cn,pitale •» nel qual,e egli tratta del~a <• ·accumula– zi,one primitiva» e tende a dimostra.re come il Capi– talismo sia sopratutto originato d a certe famigerate rapirte e spogliazioni, compiute a danno di piccoli pro– lJrietarì rurali nella Inghilterra del secolo XVI e XVII. Se Marx avesse ragione, n,Uo,ra la t.a.rda re– publ>lica romana, che fu l'epoca delle più inaudite, 'più ·odiose e sistematiche e vaste rapine e spo~lia– zioni, avrebbe dovuto dare orig-ine ad un Capitali– smo dieci volte più importante di quello odierno. In second-0 luogo, sempre a. p1 1 oposito del sesto punto, c'è da osservare, che se il capitalismo è li– berticida e se, quindi, la rivoluzione proletaria è af– francatr~ce, sarà bene intendersi sul significato ver-0 di questa ((privazione di libertà» e di questo ,e af– francamento». Noo s,i tratta qui di sottigliezze ver– bali e di eleganze linguistiche o stilistiche. La que– stione è invece di immensa gravità. Marx intende, e con lui, correttamente interpre– tandolo, intesero tutti i socialisti marxisti, che il Capitalismo astringe i lavoratori alla schiavitù ed aUa miseria, e che quindi la rivoluzione affrancherà

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