Critica Sociale - XXXI - n. 4 - 16-28 febbraio 1921

CRITICA SOCIALE 63 tali Paesi, costituire il pu_nto di partenza per lo sviluppo delle nuove forme sociali e preparare la transizione da.I ca.pitalismo al socialismo, qualora il potere politico sia nelle mani della classe lavoratrice. I menscevichi, naturalmente, non concepiscono la. ri,olnzione sociale come un fatto catastrofico, ma - se– condo la teoria del socialismo scientifico - come un pro– cesso complesso e continuo, mediante cui si compie la graduale socializzazio~e dei fattori economici, e forme superiori col!ettiviste (che garantiscano il più completo sviluppo delle forze produttive) si sostituiscono alle tor-· me capitalistiche e semicapitalistich.i di produzione· e cli scambio. 'raie processo non può, evidentemente, essere uniforme nei vari Paesi inclusi nel movimento storico rivoluzionario", perchè diverse sono, in ciascuno di essi, le fasi e la velocità di questo movimento. Ma essi pnre, i menscevichi, riconoscono che la con– quista del potere politico da parte delle classi operaie, capeggiate dal proletariato industriale, è un momento decisivo nel processo della rivoluzione sociale, e affermano che questa rivoluzione politica non può essere compiuta coi mezzi della lotta legale del proletariato nei limiti delle istituzioni capitalistiche. Sotl;giungono che, mentre nei paesi economicamente progrediti, ove il proletariato è maggioranza, I.a rivoluzione soc'ale portera alla sua dittatura, nei paesi arretrati si giungerà necessariamente ad una divisione di poteri tra proletariato e altre classi lavoratrici, quale quella dei contadini, pur restando il proletariato alla testa della coalizione. . La dittatura socialista non può aver per altro nulla di comune co11la dittatura di un, singolo, o di un'oli– garchia, o 'di una minoranza rivoluzionaria: i socialde– mocratici respingono, perciò, ogni politica di e terrori– smo • come metodo di dittatura e mezzo di conservazione del potere, contro la volontà della m~gioranza delle masse operaie. Nella concezione socialista la dittatura del proletariato non contraddice, ma è, anzi, strettamente legata ai pri9cip1 della democrazia: governo di maggio– ranza, massima limitazione di privilegi ai funzionari, tutti elettivi e responsabili di fronte agli elettori, mas– simo sviluppo dell'auto-governo col minor numero pos– sibile di burocratici di mestiere in rRpporto ai produttori attuali, e la più illimitata possibile libertà di propaganda. E s,1 è vero che non viola tali principi di democrazia il fatto che dal diritto eletbrale, dal!' esercizio della libertà ùi stampa ecc. siano totalmente o parzialmente esclusi i gruppi improduttivi della popolazione, giacchè ogni de– moc1·azia, e quindi anche la democrazia dei lavoratori procl1,ttivi, è, storicamente, il governo di ~ruppi sociali definid, dentro i quali soltanto i principt democratici sono appliollbili, è <:erto però che la questione va esami– nata dal punto di vista dei fini della rivolnzione sociale la quale esige che la Società sia organizz1ta come u~ tutto e in modo da rispondere alle esigenze del lavoro collettivo; e le misure di eccezione devono, perciò. con– siderarsi come misure transitorie di auto-difesa rivolu– zionaria, la cui stessa necessità ùimostra come la distru– zione delle vecchie forme sociali e la creazione di nuove debbano avvenire in maniera gradnale e cauta. I Soviety nella democrazia proletaria. Uosi pure, se si deve ammettere che la democrazia· operaia non può copiare, senz'altro, le forme di governo e di amministrazione proprie della democrazia ca.pitali– stica. e deve crearsi forme proprie, quali i Soviety, i Con– sigli di fabbrica, i Sindaca.ti operai, occorre anche rico– noscere che l'inevitabile diversità nelle condizioni pecu– liari, in cui si compie, nei di versi Paesi, la rivoluzione sociale,_ non permette di predire a priori qua1e pa.rte nel- 1' organizzazione della nuova democrazia spettnrà, in ciascun Pa.ese, a ciascuna delle dette istituzioni; e sarebbe utopia il voler prescrivere, indipendentemente da.lle cir– costanze concrete, un determinato piano di organizzazione dello St ,to per il p1·ocesso rivoluzionario in astratto. Perc'ò, ar.canto agli organi rappresentirnti i gnippi pro– duttivi, potranno - secondo i menscevichi - costituirsi anche orgimi com!)osti da rappresenhnti eletti dai citta– dini raggruppati territorialmente, non dovendosi acco– gliere come dogma la formula : • la diete.tura del prole– tariato deve essere organizzata sulla base del sistema dei Sovietv •· La preferenza per il sistema dei Soviety è stata alt– m,.ntata nelle classi operaie dei vari Paesi da tradizioni .sindacaliste; ma, più a.ncora 1 è la naturale conseguenza della delusione provocata dalle istituzioni demo.cratiche, per la strana condotta tenuta da parecchi parti ti socia- 1isti dura ato la gul)rra e per la parte miserevole a vq ta dalle istituzioni derpocraticpe ~orte durante la rivolu– zione, quali la reazionaria e impotente Assemblea costi– tuente. E il tentativo di qualche gruppo rivoluzionario di instaurare la dittatura di una minoranza col sistema dei Soviety non può considerarsi che il tentativo qi una parte del proletariato di riso! vere coi p,oprì sforzi il problema, per la cui soluzione il proìetariato comti classe non è ancora. pronto, nello stato attuale del processo ri– voluzionario. La socialdemocrazia rivoluzionaria marxista, conclude la dichiarazione programmatica, mentre appoggia la rpi– noranza che detiene il potere nella sua lotta contro la contr->-rivoluzione e nei suoi sforzi per conservare il potere nelle mani della classe operaia o per organizzare :1ocialisticamente la produzione, reclama petò tutti i mezzi (cambiamento dt>llapolitica economica, democratiz– zazione delle forme del · potere statalti creato dalla rivo– luzione, abolizione dei metodi terroristici di governo, ecc.) atti a salvare il proletariato russo, e con esso il prole– tariato internazionale, dalla disfatta, e a favorire la tra– sformazi-0ne della dittatura rivoluzionaria di una mino– ranza, con le sne caratteristiche utopistico-terroriste determinate dalle necessità del momento, in una. dittatura della r·eale maggioranz11 della classe operaia; io pari tempo essa condanna, come degradante per le masse e pregiu– dizievole alla causa dell'emancipazione proletaria, ogni politica opportunista, che cerchi di unire una pavte del proletariato con certi gruppi della borghesia. I Sindacati operai nella rivoluzione. Per ciò che riguarda i fini e gli obiettivi dei Sinda– cati operai, le tesi approvate dal Comitato centrale del Partito socialdemocratico, e presentate al 3° Congr!lsso di detti Sindacati, osservano che, nel regime capitalista, es~i non soltanto sono organi di lotta della classe operaia per la difesa dei suoi interessi immediati, ma mirano anche, in collaborazione coi partiti socialisti, a una radicale riorganizzazione della so•:ieta, da compiersi, secondo prin– cipi collettivistici, mediante la conquista del potere po– litico; e come organi indipendenti di classe, rappresentativi degli iJ1teressi dei lavoratori, hanno pe1·tanto, nel periodo di trapasso dall'economia capitalistica ali 'economia socia– lista, una funzione essenziale per la organizzazione e la gestione della produzione socializzata. Nella Russia poi, per il fatto che la prevalenza dei contadini nella sua vita economica esige inevitabilmente che il potare rivoluzionario si adatti agli interessi di questa classe, spesso divergenti da quelli del proletariato; per la stessa necessità di far concessioni, nel campo del– l'industria, al capitalismo straniero, e di adattare, in mi– sura crescente, la politica economica del Governo al ca– pitalismo privato indigeno; per l'enorme aumento della piccola industria e dell' industria a domicilio, che si ac– compagna alla scomparsa della grande ind~~tria, ristretta ormai alle sole imprese nazionali; per la stessa tend_enza attuale del Governo a risolverf't tutbi i problemi econo– mici mediante misure coercitive e arnministi;azione buro– cratica; per tutto ciò eu più che mai indispensab~e un movimento sindacale forte e autonomo, non subo1·dmato al Governo nè al Partito comunista, per quanto pronto ad assisterli con tutti i propri mezzi nella loro. lotta contro la contro-rivoluzione e il capitalismo e nel loi:o sforzi diretti a rinnovare la vita economica su basi so– cialiste. La subordinazione dei Sindacati operai allo Stato, che è la politica. seguita in questi ultimi due anni, ha invece, secondo i menscevichi, u,:ciso l'attività autonoma delle masse organizzate, ha. portato alla completa deca– denza dei S~ndncati operai. trasformandoli in organi bu– rocratici, la cui sfera di attribuzione è forzatamente fis– sata dal Governo. Il compito dei Sindacati di promuo– vere la dis~ip!jna e l'efficenza del lavoro nelle singole fabbriche e la. rinascita dell'in1lustria nel suo complesso non può attuarsi con la dittatura a la militarizzazione del lavoro. Questa è ammissibile solo come un mezzo ec– cezionale, quando gli altri mezzi più razionali abbiano fallito o una situazione catastrofica li renda impossibili, e anche in qnesti casi deve adottarsi soltanto ,con l'attiva r.ollaborazione e sotto il controllo dei Sindacati operai. Questi devono perciò respingere questi sistemi coatti,Ti e chiedere la partecipazione dei propri rappresentanti- eletti

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