Critica Sociale - Anno XXIV - n.20 -16-31 ottobre 1914

314 Cl\tTlCA SOClALE aspelLalive un simile Pac&e e porselo contro in un non lontano avvenire. Sembra quindi tutl'allro che improbabile che, fa– cendo valere opportunamente nella sua grandissima impor-Lanza la propria neutralità, l'Ilalia riesca ad ottenere il Trentino e, se proprio ci tiene, anche l'Istria. Per decidere poi se, per questi due territori, ci convenga affrontare l'alea ùi una guerra, dobbiamo esaminare rapidamenLe C{Uali sono i vantaggi che ci assicura la pace, quali, mvece, i pericoli e i danni della guerra. La pace ci ha già assicurato sinora altissimi be- 11efizii. Abbiamo potuto trebbiare il grano e il gra– notuflco, curare il riso e le piante inclusLriali, rac– cogliere le barbabietole e l'uva, fare gli uiljmi tagli cli roraggi, raccogliere le ulive e gli agrumi. Per cli più, abbiamo avuto modo di preparare il terr,eno per il grano, il che, bene o male, ci assicura per una parte impo1-Lantissima il raccolto dell'annata ven– tura. Per comprendere l'importanza di queste op,e– rcri.ioni, basta tener presente che il valore lordo an– nuo della nostra produzione agricola sale a 7 mi– liardi di lire; che su di esso vive una popolazione di lG milio,ni di lavor.atori; che in molli dei paesi · dcva,slat.i dalla guerra ogni coltura si è interrotta, sicchè con la primavera prossima i nostri vini, il nostro zucchero, i legumi, ecc., acquisteranno un altissimo valore. Contemporaneamente, passalo il primo periodo di disorganizzazione, molte delLe nostre industrie han– no ripreso lentamente il consueto movimento, il quale anelerà int,ensificandogj mano mano ch,e al– i' est.ero si farà sentire più viva la penuri.'.l dei pro– dotti concorrenti. Non bisogna certo farsi in propo– sito, troppe illusioni. Ma è indiscutibile che, quanto più il nostro stato di neutralità si prolunga, noi pos– siamo sempre meglio, organizzare i nostri rapporti di credito con l'estero, .avvezzandoci a passare meno per Parigi e per Londra; molte ·merci si avvez~e– ranno a prendere come se.alo Genova, ad esempio, .anziché Marsiglia; la nostra marina mercantile, se saprù valersi opportunamente dell'arma dei noli, po– trù servire largamente una nuo•va e cospicua clien– tela; infine, l'Italia godrà, per tutta la durai.a della guerra, il ~ene~cio di. essere i_lmaga~zino _di ?epo– sito e la via d1 transito per 1 riformment1 d1 una parte rilevante delle nazioni belligeranti. Ora lutta questa somma di vantaggi presenti e prospettivi .avrebbe un valore altissimo per qualsiasi paese. Ma ne presenta poi uno tutto speciale per il nostro, che vive in crisi e languore da ben sette anni, e le cui industrie e il cui credito sono in uno stato di equilibrio instabile, su cui il minimo urto potrebbe provocar.e disastri incalcolabili. La guerra significa l'annullamento di tutti questi utili positivi, e invece un ulteriore salasso alle già stremate forze dell'industria e del risparmio nazio– nale. Allo stillicidio della Libia, che già r.appres,enta un debito di due ~iliarcli, _si aggiungerebbe un im– petuoso deflusso d1 forze vive, tolte a un corpo ane– mizzato. Io voglio credere senz'altro eh-e, qualora si scen– desse in campo, il nostro esercito sia fornito com– pletamente di ogni cosa, compresa queUa forza mo– rale delle masse, senza la quale c.adr.emmo in un disastro irreparabile. Ma bisogna tenere per certo che la guerra sarà lunga, penosa e sanguinosa, con tutti gli orrori di cui oggi leggiamo i pallicl~ e mon– chi resoconti, i quali pure bastano a riempire.i di rac– capriccio. Il nostro· paese è preparato a sostenere lo sforzo morale ed economico di otto, dieci o dodici mesi di una simile guerra? lo voglio sperare che la risposta sia aff.ermativa. Ma, dopo di questo, chie– do ancor.a ai nostri guerrafondai, se il Trentino e BibliotecaGino Bianco l'Istria valgono uno sforzo spaventoso di questo ge– nere, dal quale, anche se vincitori, noi usciremo sfi– niti per vent'anni almeno, perdendo tutte quelle ot– time congiunltwe che la pace invece ci garantisce. Ce le garantisce tani.o più ·e meglio, quando si con– sideri eh.e, ove conserviamo· la neutrnlità, noi ci tro– veremo freschi e ben disposti cli fronte all'esauri– mento delle due nazioni, che sono state sin qui le nostre peggiori nemiche: la Francia, da una parle, e l'Austria, dall'altra. · 9. A quali conait>tioni pot1·em.o 'Usci1•e dalla neut1•alità. Non voglio chiudere queste sommarie riflessioni senza un'ultima considerazione. Il Corriere della Sera dell'll cor1,cnle riportava larghi brani di auto– revoli giornali ·russi, i quali most.r.wano la loro spe– ciale irritazione perd1è il nostro Governo, a quanto pare, non accetta impegni con la Triplice Intesa se non .'.l patti, che i Govemi di questa &embrano ritenere eccessivi. Questa lellura mi ha riempito il cuore di gioia, perchè, se è esalta, significa che i ·nostri interessi sono veramente affidati in mani ec– cellenti. Se difatti a noi convenisse, in un dato momento, I'Omp,e1,e la neutralità, il prezzo, del nostro intervento, prezioso per le Potenze della Triplice, non può es– sere il Trentino e l'lstri;i, che noi potremo prenderci se e quando lo crederemo opportuno, senw nessun bisogno di quelle. Per intervenire noi potremmo chiedere, ad esempio, la soluzione a nostro favore di tutti i problemi della nazionalità : e quindi la oes– sione di Nizza, della Corsica e cli Malta. Nel qual , caso ci troveremmo in tale una situazione nel Me– diterraneo, eia poter guardare con serenità agli in– grandimenti t,erritoriah e coloniali della Russia, della Francia e dell'Inghilterra. Perchè, è bene notare in– cidentalmente, i nostri irredentisti, immersi comple– tamente nel!' Adriatico, sembrano ignorare che la vitto,ria della Triplice Intesa significa una rottura dell'equilibrio mediterraneo e mondiale, che non ci avvantaggia in nessun senso. Siccome p,erò non è mollo proh.abil,e che la Fran– cia voglia cederci Nizza e Corsica e., tanto meno, l'Inghilterra voglia cederci Malta, così potremmo accorcia.rei anche su altr.e basi: quali, ad esempio, un'indennità cli guerra, poniamo, cli quattro mili.ardi, la partecipazione ad un t,erzo d,ella ferrovia di Bag– cl.aclcon la relativa esclusività economica di sfrutta– mento del suo Hinterland -- e una colonia sull'A– tlantico. A queste condizioni, oltre, s'intende, Trento e l'Istria - le q1+ali, ripeto, non possono venire con– siderate come com1)enso - sarà possibiJ.e e utile, a suo tempo, uscire dalla neutralità. Se no, no. ATTILIO CABIATJ. DAUNA CONFERENZA SULLA GUERR In questo fascicolo della C1•ilica, nel quale vibra così alto e molteplice il concetto del dovere della neutralità del nostro paese nell'immane rapina che devasta l'Europa - e non è la neutralità pas– siva, afona, imbelle, la neutralità stecchita del– l'indifferenza o dell'impotenza, delle pregiudiziali irremovibili e dei dQgmi sempiterni, ma una neu– tralità viva, attuale, duttile, pulsante, materiata di pensiero proletario e di contingenze concrete - sarebbe mancata alla sinfonia neutralistica una nota complementare importante, se non avessimo raccolto, nella sua parte più caratteristica, il pen– siero anche di Ugo Guido Mondolfo.

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