Critica Sociale - Anno XXIV - n. 9 - 1-16 maggio 1914

140 CRITICA.SOCIALE tutti i vantaggi erano per colui che gratuitamente aveva avuto la terra dal Governo e .tutti gli oneri erano ad– dossati al coltivatore indigeno con cui si era stretto il patto. " Quasi tutti, poi, contravvenendo ai patti stabiliti nell'atto di concessione, adottarono i primitivi sistemi di coltura degli indigeni, perchè meno costosi, non apporta1·ono miglioi·amenti di sorta at te1·1•enoconcesso, nè si cumrono almeno cli miglioi·are la pi·oduzione, selezionando le sementi. '' Le ingiustizie e le angherie di alcuni concessionari a carico degti indigeni misero certo tutta la classe dei coltivatori europei in cattiva luce presso gli indigeni,,. Insomma, conclude l'on. Martini, " per quanto, fino dai primi tempi, avessi rinunciato all'idea che l'altipiano Eritreo potesse divenire una zona di popolamento, pure speravo sempre nella possibilità di attuare una colo– nizzazione in piccole. proporzioni e· mi ci Fono voluti 1nnghi anni di permanenza in Eritrea per convincermi fermamente delt 'impossibilità di attuare una colonizza– zione cli qualche importanza in quella parte dell'alti- piano che è abitalo da popolazioni cristiane. · " E questa convinzione si è andata in me formando a misura che, visitando le varie regio_i:iiA i:iotevo con-. statare ,come il vantaggio, che avremmo potuto ricavare dal mettere a posto alcune centinaia di famiglie ita– liane, sarebbe stato di gran lunga inferiore al danno che si sarebbe .arrecato alla nostra situazione politica e alle popolazioni indigene ,,. · Ci sarebbe, è vero, l'allevamento del. bestiame che,, collo sparire della peste bovina - ruercè l'energica azione dell'Istituto siero-vaccinogeno - è andato no– tevolmente aumentando, cosicchè è oggi assolutamente esuberante ai bisogni della Colonia; ma i tentativi fatti dall'on. Martini per esportarlo vivo o morto nella macl.re patria, " 1~ quale per far fronte al consumo delle carni da macello è annualmente costretta· ad importare dal– l'estero ingenti quantità di bestiame,,, si sono infranti di fronte a diffi.colt_à di vario ordine, che l'esperienza gli ha dimostrato insormontabili. · . Vi è, sì, la piana di Hazamò dotata di un clima mite, ricca di acque, riparata dai venti, un tempo florida ed ubertosa, ma poi devastata, dalle guerre e che ·occorre– rebbe risanare dalle febbri malariche, e due esperimenti di coltura del cotone diedero ottimi risultati;." ma coloro, che pur impiegarono tempo e denaro in istudi per una prima sistemazione, non riuscirono poi a rac– cogliere nemmeno i capital'i necessari per iniziare l'im– presa, che, malgrado si presenti favorevole sotto tutti. .gli aspetti, attende ancora chi ne tenti l'attuazione •· Il capitale italiano non va in Eritrea. . Ed osserva, ancora una volta, tristemente, l'on. Mar– tini: " è doloroso dover constatare che, tranne ben poche e lodevoli eccezioni, il capitale italiano rifugge dalle nostre colonie, che pur tante e favorevoli occasioni d'impiego gli offrirebbero. Non dovremo quindi mera– ,vigliarci e strepitare il giorno, forse non lontano, in cui il capitale straniero .si impianterà in Eritrea, p'er sfruttarvi quelle risorse, che noi non abbiamo saputo nè v.oluto_apprezz.are al loro giusto valore,,. · Hanno poi avuto torto i capitalisti italiani di non sentirsi allettati dagli investimenti nell'Eritrea? Si misero a coltivare il grano - o meglio, a far Còl– ti vare, " poichè l'europeo in Eritrea, tranne scarsissime eccezioni, · non è un coltivatore diretto ,, - e, .dopo pochi anni, saturato il mercato Eritreo, videro scendere il prezzo al disotto delle 6 lire al quintale, mentre si sa che, " quando il prezzo del grano non si aggira al– meno intorno alle 16 lire al quintale, l'europeo si trova ad andare incontro ad una perdita •· . · . D'onde la ~ece~sità di creare uno sfogo alla produ– .z1one granaria eritrea nella madre patria, facendovela entrare in franchigia fino alla quantità di 20.000 quint11,li. · In tal modo, preyedeva l'on. Martini, gli europei ,avrebbero avuto un vantaggio di circa 7 lire al quintale · sul_lai;>roduzione indigen3:, mentre l'esodo di 20.000 quin- .tali d1 grano dalla Coloma sarebbe stato sufficiente per mantenere il grano indigeno ad un livello rimunerativo. Ma il provvedimento valE:le varrà finché la quantità . introdotta in franchigia non superi i 20.000 quintali perchè, il giorno _in cui dovesse aumentare " e. tutt~ il grano prodotto nell'Etiopia settentrionale' passando. BibliotecaGino Bianco per l'Eritrea venisse introdotto in franchigia in Italia ,,, i coltivatori protezionisti italiani imprecherebbero ben forte contro la Colonia, che farebbe alla madre patria una "sleale,, .concòrrenza in condizio:pi di privilegio. " Ma un provvedimento .di questo genere, assicura l'on. Martini, sarebbe certamente dannoso all'avvenire del nostro commercio con l'Etiopia e non so quanto sarebbe opportuno adottarlo ,,. Per· cui, la co1tivazione del grano si può essere sicuri che non oltrepasserà mai di 20.000 quintali il consumo locale. Nella utilizzazione della Euphorbia abyssinica, "com– mercialmente non si potè arrivare a nulla di pratico ,, ; il prodotto ottenuto nella coltivazione del tabacco non incontrò il favore dei tecnici della Regìa italiana, " i quali giudicarono i tabacchi eritrei scadenti, special~ mente sotto il punto di vista della combustibilità ,, ; quanto alle miniere, " si è riconosciuto che i giacimenti cupriferi di Acrur non sono industrialmente utilizza– bili ,, , e, per le miniere d'oro, " a noi mancano i fondi, e i giacimenti scoperti rimangono infruttifori per la mancanza del capitale necessario ad attuare impia,nti veri e razionali ,, ; l'estrazione del sale dalle saline, riservata a un')jn,presa che doveva corrispondere al Governo un canone di lire 7000 anime, portò a questo, che "l'Impresa durò due. anni e 'poi cadde a causa delle molteplici spese a cui era andata incontro la So– cietà per provvedere alla sorveglianza nelle saline, per pagare i molti rappresentanti incaricati dello smercio del sale, e per far fronte alle gravissime spese di tras– porto ,, ; la pesca dell'ostrica perlifera e della madre– perla avre·bbe dovuto dare allo Stato 30 mila lire di canone annuo da versarsi dalla Ditta concessionaria, oltre a 20 mila da impiegarsi .negli studi e nei lavori per la formazione ·dei nuovi banchi, ma la Società " finì col dichiarare che, malgrado il suo buon volere, e gli esperimenti già fatti, si era dovuta convincere della poca l?raticità di simili lavori,,·, e il canone da 30 mila fu dovuto ridurre a 10 mila, mentre l'esportazione della madreperla si mantenne, -dal 1902 al 1907, fra 2500 e 3200 quintali. Il cotone, però... Che cosa rimane insomma di proficuo al capitale ita liano? Il nocciolo della palma-dum, che si esporta in parec0hie migli!l,ia di quintali in Italia per farne bottoni, e la coltivazione del cotone, il quale,'! secondo i fatti hal).no dimostrato, prospera in Eritrea, industrialmente è ri.,. munerativo il .coltivarlo, !;!pecie da parte degli indigeni, in migliaia e migliaia di ettari che potranno essere sfruttati., per modo che l'Italia potrà trovare nella sua .Colonia una dE:illepiù importanti fornitrici della materia prima necessaria alle sue industrie cotoniere_ 1,. Però, però .... " molto vi è ancora da fare J!)er giun– gere a questo, perchè si dovrà sempre risolvere prima H problema· della mano d'opera indigena, essendo in– sufficiente quella attualmente esistente per mettere a coltura tutte le iterre disponibili,,.- "Ma, prima df giungervi, molti e molti· anni devono ancora passare, poichè, anche con le sole popolazioni attualmente esistenti nel Barca, nel Sahel e nel Gasc e -Setit, molte migliaia di ettari potranno essere messi a coltura senza che abbiamo ad essere costretti a ri– correre· a mano d'opera di altri paesi. " Si dovrà, è vero, _risolvere il problema di rendere stabili o semi-stabili le attuali popolazioni nomadi, dedite, alla pastorizia,· ma la cosa non incontrerà so– verchie difficoltà, come ce lo hanno dimostrato gli espe– rimenti _attuati dalla Società per la coltivazione dE1l cotone,,. . Per ora, ad'llnque, l'attività del capital_e europeo si . riduce precipuamente alla coltivazione del cotone, con un capitale di 420.000 lire, che, ·nel bilancio chiuso il 30 giugno 1910, diede 59.280 lire df utile netto, pari al 14,3 per cento; alla ·coltivazione di ettari 6,455 di ter– reno concesso agli europei (sopra 629.968 ett. di ter– reni coltivabili, dei quali 207.679 ett. indemaniati), con un provento di L. 235.998 (esercizio 1906-1907) per fitti riscossi dallo Stato, e di L. 13.158 per tasse di pascolo; a tredici molini; tre panifici; un pastificio; -un oleificio; sei fabbriche di gazosa e soda; tre laboratorii meccanici; due ghiacciaie; una distilleria dell'acqua.; _uno stabili– mento per la produzione dell'energla elettrica; due ti~

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