Critica Sociale - XXIII - n. 17 - 1-15 settembre 1913

CRITICA SOCIALE 265 Il quale, con l'autorità che gli viene dal posto che cop_re, dalla dignttà con cui lo occupa, e dal fatto di parlare davanti ad una delle più grandi - forse, la più grande_-- assemblea politica del mondo, ha vo– luto, n9n g_ià. largire consigli non richiesti o mòniti inopport~ni, bensi rassicurare tutta la pubblica opi– nione europea su la serietà degl~ impegni scambiati nel solenne consesso dei rappresentanti delle grandi potenze. Nè si bestemmii che, col riconoscere ciò, noi socia– listi ci mostriamo, co~e sarebbe il no~tro preteso co– stume, poco zelanti dei diritti del nostro paese. È, proprio, tutto il contrario. Anche noi sappiamo che uno Stato, il quale non tuteli i propri diritti -- sempre, per ogni dove, verso_ chicchessia - è destinato, non già a r,r.epl!,rare l'avvento di una società' internazionale, qual'è nei nostri ·voti, più equamente regolata, bensì a scom– pa1:ire, con_ incalcolabile danno dei propri cittadini e a tutto vantaggio di altri Stati p_iù vigili e più forti. Se, nonchè, fra noi e { nazionalisti, vi, è,· fortunatamente, anche in• q~esto èa~po', 'tale pÌ·ecisa distinzion.e: che essi, teneri della politica .... della gonfiatura, si adom.: brano quando altri, pur con misurata parola, met1.e le cose in chiaro, mostrando, anche senz'ombra di mala– nimo, l'inanità dei loro piani donchisciotteschi; mentre noi, anehmti all'onestà e alla sincerità in ogni manife- - stazione della vita, non ci possiamo dolere, anzi ci compiacciamo, quando, non già si minaccino i diritti e i legittimi interessi del nostro paese, ma si accenni, con opere virili e con virili parole, ad instaurare una cristallina lealtà pure in quel campo della politica in– ternazionale, che sembrava fin qui irretito nei fili del– l'intrigo e della menzogna. Perchè il nostro ottimismo ci induce a credere che la storia abbia in sè la sua Ne– mesi, e solo chi ha lealmente agito meriti l'altrui ri– spetto e possa sperare durevoli vantaggi. Non· sembri aL lettori della Oritica troppo borghese o troppo ..... aulica questa mia lode alla diplo_mazia e ad un Ministro degli Affari Esteri, anche se, essendo questi straniero, debba e~ulare ogni sospetto di piaggeria per– sonale. Lo so: pensiero e pratic1;1,socialista, e azione delle Oancellerie, parevano sin qui cose cosi nimote, da non offrir mai alcun punto di contatto. So pure che, se– condo la più costante .tradizione del Partito, la ragione dei;,Qonfljtij fr.a,i po_pQl"idovrepbe. rictircarsi. !legli. an– tagonismi: economici, di cui i pretesti politici n.on sa– rebbero che i superficiali esponenti; di guisa che il merito. del mantenimento della pace europea non spet– terebbe alla· Conferenza degli Ambasciatori - poveri automi decorativi e decoratissimi - ma a ben più pro– fondi, e misteriosi, fattori, ricollegantisi alla crisi in– du~tdale che affligge borghesia e proletariato insieme, . alla circolazione della moneta, fors'auche alla oscura minaccia del gigantesco incrociar delle braccia dei pro• . letarì organizzati dei vari paesi, al primo decisivo sin– tomo di con'.lagrazione fra grandi potenze. Ma queste osservazioni non· sarehbero punto obbie– zioni; io ammetto perfettamente che la conservazione della pace fra le grandi. potenze europee non è dovuta esclusivamente all'opera taumaturgica di uno, o di sei, illustri personaggi, partecipanti alla Conferenza di Lon– dra. Ma sarebbe un materialismo storico ti;oppo sem– plicista quello che disconoscesse la complessità del gioco, onde risu~ta la politica internazionale; sarebbe I una teoria. forse molto, fin troppo profonda, ma, al tempo s_tesso, poco avveduta, quella che, per ricercare nella costituzione economica le radici ultime dei fatti ~torici, trascurasse i molteplici altri fattori, giuridici, politici, diplomatici, dei quali pur s' intes~e la trama perenne della vita sociale; e sarebbe, anche, nell'ora presente, un socialismo troppo roseo, quello che spe– rasse deprecare le possibili contese fra i popoli con la sola. minaccia di un - ahimè - troppo ipotetico scioµero generale nei paesi, che stessero per venire a conflitto. Già altra volta, su queste ospitali colonne, mi per– mettevo di richiamare l'attenzione del Partito socialista su la complessità dei problemi internazionali e su la necessità, per esso, di studiare Rul serio le questioni di politica internazionale, troppo trascurate fin qui, e nou certo senza danno del proletariato! Sono proprio ben sicuri i socialisti che, nel caRO di una imminente dichiarazione di guerra fra due granrli paesi·- poniamo, l'Italia e l'Austria, o, fa lo stesso, la Francia e la Germania - il proletariato organizzato di entrambi balzerebbe in piedi come un sol uomo a porre il suo foi·midabile veto? Si continui, si intensifichi dai partiti socialisti dei vari paesi la propaganda per la fratellanza internazionale del quarto Stato, secondo il glorioso motto ,marxista: proletai·f di tutti i paesi,. unitevi!; alla propaganda nazionalista della bella guerra e della sua etica, non scevra di crudeltà, si opponga la tenace propaganda per la. feconda. pace, per il sacri– ficio diuturno dell'individuo alla collettività, per le battaglie del pensiero e del lavoro; si mostrino i danni, che dalle guerre derivano ai vincitori non meno che ai vinti - sopratutto da cer_te guerre, puichè non ancora, pur troppo, in tutto il mondo può essere interamente cancellata la distinzione fra guerre giuste ed ingiuste, nè dimenticato l'insegnamento del Machiavelli, che quella guerra è giusta, che è necessaria. Ma, a parte ciò, fincbè il proletariato dei diversi paesi non sia così saldamènte organizzato è -profondamente imbevuto della propaganda socialista da guarentirci la simultanea e vittoriosa sollevazione della classe lavoratrice in en– trambi i paesi nell'imminenza di una guerra - pos– siamo aggiungere: di una guerra ingiusta, almeno per uno dei due! - quel partito che spingesse uno dei due proletariati ·alla sollevazione senza certezza di recipro– ca.nza, diverrebbe reo di fellonia, rion solo verso il pro– prio paese, ma verso lo stesso proletariato, che, nel caso in termini, ne uscirebbe, propriamente, becco e bo.stonato. Finchè non si formi e consolidi una tale coscienza della fraternità proletaria inter1,1azionale, è necessario che il Partito socialista, non soltanto lavori ad elabo– rarla, ma. s_iinteressi, ben più assiduamente e intensa– mente che non abbia fatto finora, dei problemi della politica internazionale. E, se gli è cara la pace, che consente un pane men duro alla classe lavoratrice e permette di intensificare la propaganda socialista, ciii la guerra - la storia recentissima d'Italia deve pur insegnare qualche cosa! - minaccia di travolgere o di snaturare, deve anche il Partito socialista porgere men disattento orecchio .... alle conversazioni degli Amba– sciatori, e plaudire all'opera delle Cancellerie, se, con severa prudenza, contribuisce ad evitare quei coQflitti, che, ancor oggi, probabilmente, l'organizzazione prole– taria non saprebbe impedire. Concorde in quella. politica della lealtà, di coi ab– biamo salutato campione sir Edward Grey, un suo illu– stre collega di G'abinetto, Lloyd George, denunciava

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