Critica Sociale - XXIII - n. 17 - 1-15 settembre 1913

CRITICA SOCIALE 263 « Soltanto - soggiungemmo - vi domandiamo: noi ci staremo tutti; ma quanti ci portate, della parte vo– stra, ohe ci stiano veramente? ·Quanti contate, di que-· sta Camera, e,he ci stiano veramente e secondarci in questa crociata? » L'on. De Viti, preso così alla sprovvista, o perchè l'evidenza fosse troppo luminosa per sofisticarvi su, ci rispose, onestamente quella volta: · - « Nessuno. Ci sono io solo». - «L'avete. detto: nessuno (noi replicammo). Con- fessan do che sar este solo con noi, avete giudicato la vostra propos.ta. Voi vorreste, in conclusione, che noi facessimo. un'alleanza, non per distruggere il protezionismo, ma per distruggere - poichè questo solo riuscjrebbe facile - quella magra protezione operaia che sta in minima parte a bilanciare la pro– tezione industriale. Questo, ve lo diciamo francamen– te, sarebbe un marché de c/11pes; e questo non ci conviene» (I). Il resoconto stenogr.afico segna: approvazioni. L'o– norevole De Viti De Marco. non controreplicò. Egli controreplica ora, ripetendo lo storico grido del citta– dino Gambetta, con un modesto errata-corrige, cosi: « Pace coi clericali! Il socialismo: ecco il nemico! » Traduzione liberista ma esatta: ·« l'amico ... è il capi– talismo». Ma questo non è oggi il programma di qualsiasi « azione democratica J>; ne è il necrologio! FILIPPO TURATI. (1) Tornata 2 febbraio 1911. LOSFACELO DEIDUESINDACALISMI Dalta disfatta di Milano alta vittoria dei fornaciai .Bolognesi. I quotidiani hanno registrata la vittoria dei for– naciai bolognesi, ma non ne hanno illustrati minu- tamente i caratteri e la portala. · Il successo dei lavoratori di Bologna ha un sin– golare valore morale perchè ottenuto in questo mo– mento di crisi, di stanchezza delle organizzazioni operaie e di conseguente audacia dei gruppi capita– listici. Nel Ferrarese (Massafiscaglia), nel Mantovano (Occhiobello), nel Milanese (Abbiategrasso), a Reg– gio, Bologna, ecc., ecc.; il proletariato ha dovuto e deve difendersi contro un preciso e premeditato piano di attacco della classe capitalistica. Si tratta di una manovra, intesa a profittare della crisi economica, per ritogliere alla organizzazione le conquiste che ·sono costate lunghe e pazienti fa– tiche. Se questo è lo sfondo del piano capitalistico, è più che· mai. evidente il significato della vittoria di Bologna. La quale si presta a utilissime illustrazioni com– parative, e porge gli elementi per risalire, dal giu– dizio sui particolari, a considerazioni generali e di principio. Conviene anzitutto osservare che la lotta dei for– naciai si è combattuta sul terreno ancora ingombro . dai rottami sindacalisti. Bologna è stata la piazza rhe ha servito all'allenamento pel recente e lacri– moso esperimento di Milano. Tutti· i capitani dello sciopero generale di Milano erano reduci dalla dé– luzcle di Bologna. Anche a Bologna avevano forzate le caldaie sindacaliste; scatenata la tempesta degli aggettivi rumorosi, giocate follemente tutte le carte della irresponsnbililà, provocato un disastro e una reazione, che paralizzava ormai ogni movimento del proletariato. Lanciare o accettare una sfida in tale atmosfera pareva. una follia. I fornaciai non l'avrebbero certa– mente osalo, se non vi fossero stati assolutamente costretti dalla disperata necessità di difendere le loro nmili conquiste. Lotta di difesa, dunque, contro quello che, dal nome del dirigente la Federazione Edile, venne qua– lificato il lambertinismo, e che è esattamente la più spavalda .iperhole dello zocchismo capovolto. Dove è passato il frastuono guascone del sinda– calismo alla Zocchi, è quasi fatale che sbocci il sin– dacalismo di un ingegner Lambertini. Il secondo è soltanto più crudele e violento, perchè più forte e più cinicamente intelligente. Difficile e ben aspra era dunque la posizione dei fornaciai. I particolari della lotta sono noti; sorvoliamo. Caratte.ristica coincidenza! Mentre a Milano il sin– dacalismo, reduce dai disastri bolognesi, scriveva la pagina più clamorosa della sua débacle, il sin– da1calismo bolognese, e padronale, nato e cresciuto per reazione a quell'altro, finiva esso pure misera– mente i suoi giorni. A l\liilano si pretese di allargare il conflitto di un gruppo a tutte le categorie, poi a tutta Italia. È la pazza teoria, che dispregia ogni legge di propor– zione e di economia delle forze e che sbocca nello sciopero generale permanente. A Bologna la Federazione Industriale non solo invoca la solidarietà dei padroni fornaciai, ma pre– tende la solidarietà degli edili e impone la serrata. L'allargamento inconsulto tende allo stesso ob– biettivo del sindacalismo milanese : ingigantire il danno; rifletterlo su una maggiore massa di inte– ressi; moltiplicare il turbamento ... Quasichè il danno non si ripercuotesse immedia– tamente e sopratutto - con la sua folle proporzione - su la massa operaia. Mentre a Milano e in Italia le iperboli maniache del sindacalismo venivan-o condannale all'insuccesso, a Bo1ogna, nell'ora istessa, gli industriali edili si ribellavano all'ing. Lambertini; la serrata si tradu– ceva in un completo insuccesso che poi doveva con– durre allo sfacelo del sindacalismo padronàle. L'inis. Lambertini è un decapitato. Il smdacalismo lambertiniano non può invocare nessuna indulgenza; -i capita,listi bolognesi hanno piegalo ad un momento di follia; ma il calcolo in– telligente e la fredda valutazione degli interessi cli classe hanno tosto ripreso il sopravvento. Tra questi capitalisti non troviamo la mentalità ingenua e sentimentale, che caratterizza la classe operaia e che consente ai ciclonisti del sindacalismo operaio di sopravvivere ai loro disastri e... prepa– ·rarsi a crearne di nuovi. * ** In questo tipico episodio di sindacalismo padro– nale, quale condotta ha tenuta la classe proletaria? Non si dimentichi che lo sciopero è di difesa. La Federazione Edile, non solo attacca aspramente i lavoratori, ma li irrita, cercando di far gravare su di essi il malessere e il rimbrotto delle altre cate– gorie operaie. E provoca la serrata, sperando di scagliare i muratori contro i fornaciai. Quale terreno più propizio per stuzzicare i bei gesti del sentimentalismo e della s"olidarietà? Ma la massa sa frenare i suoi nervi; e non ri– sponde, anzi risponde con una tattica, intesa a ser– rare e limitare il movimento. I capitalisti attaccano di traverso. Sanno che un grande lavoro (la direttissima Bologna-Firenze) può essere il tesoro di guerra della massa operaia; cor-

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