Critica Sociale - XXIII - n. 16 - 16-31 agosto 1913

ChfrJCA SOCIALÈ 247 garsi a tutti quanti gli.. adaltnmenli e le trnnsazioni delle· persone serie ed oneste, (Commenti). Ed allorn? Se il ParLito è cosl una nebulosa, se la coagulazione è così lenta, se il domani (pensale alle sorprese possibili del più largo sufTragio) potrà mu– tare tante cose; d'cinde trarremo i criterii, la compe- 1.enza, l'autorità per sentenziare .anatemi? O piuttosto non parrà che designiamo in qualouno l'innocente ca– pro espiatorio dei peccali di lutti? Lo sdrucciolo più pe1·icoloso .. Certo, v'è qualcosa di non fortuito nè superfìcia\e, che, in questi ultimi tempi, ci ha accostato ai rivolu– zionarii (adotto la nomenclatura tradizionale); e i com– pagni di destra hanno pessimo gusto a farvi dell'iro– nia. C'ç la reazione necessaria agli eccessi, ai trali– gnamenti, coi quali. questi ultimi compromettevano insieme le sorti ciel riformismo e quelle del Partito. C'è che, in un ·momento come questo della vita n:.i– zionale, cl i fronte a-Il'imperialismo e al nazionalismo soverchianti, noi sentimmo e vedemmo ben chiaro che, fra, le due tendenze estreme ed opposte - quella delle acquiescenze sistematiche e del cronico quanto, oggi, infecondo collaborazionismo governativo, e l'al– tra che, sia pure con eccessivo ·esclusivismo, vuole . agitare le masse, e poggiare sul .proletariato, non soltanto a parole, e farne la gran forza redentrice e rinnovatrice - il pericolo maggiore, a dispetto dei minori dissensi di programma e di tattica, era di là, non di qua. E, se noi pure, in passato, si è potuto troppo inol– trarci sull'allra via - sentimmo che sono degli uo– mini virili le resipiscenze tern.pespve, oneste e sin– cere, e l'intendere quando ci si debba scostare da una data linea, quando ritornarvi (Vivi applausi), an– zichè impuntarsi per malinteso amor proprio (Bene!). Ehi si; anche di amor proprio ce n'è varie specie; io preferisco, ad esempio, aver ragione ammettendo un mio torlo, che aver torlo in sempiterno per soste– nere che ebbi sempre ragione. Facciamo dunque di trar partito daÌle esperienze, un po' tutti; di precisarci a noi stessi; di affermare . una maggioranza omogenea su una direttiva concreta. Un partito come il nostro, in un tempo come il no– stro, vuol essere un partito di autorevisione perma: nente. Le minoranze, disciplinate, solerti, avrarino poi le rivincile che 'avrart 'saputo meritare. Per l'unità del Partito. Ma non scindiamo il Partito; non scindiamolo su una questione che, come fatto, appartiene al passalo; come dissenso di principii, poggia su astrazioni mal clefìnite, pascolo degno di accademici, non di un Par– tito che abbia a cuore, sopra ogni altra cosa, la di– fesa, la forza, la compattezza proletaria. Le scomuniche, vecchia arme di inquisizione catto– lica, solo a· quest.o possono approdare: a consacrare, in qualche modo, a munire di una apparente arti– ficiosa legittimità, contro e accanto al Partito, il for– marsi di altro Partito, che trascinerebbe con sè molti sentimentalismi in buona fede e molti interessi; e neppure ci darebbe una epurazione sincera e defini– tiva. Con l'equivoco non si sana l'equivoco. Gli ipo– criti,' i meno coraggiosi pencolerànno fra i due Gruppi, ~trologando quale prevarrà. Fors'anche ci dilaniere- mo a vicenda. E ,;arà tutta ncqua porlnl.n al mulino della borghesia. Se v'è alcun.o che tra noi si senta troppo a disagio, è affare del'lri sua coscienza: Il distacco individuale può costarci qualche rammari!!O, Sentenzialo da noi, provocherebbe solidnrietà inopinate e ci costerebbe un rimorso. Ciò che preme non è scindere il Partito, ma raffor– z_arne l'azione. Un incidente Bissolati, Bonomi, o di qualsivoglia altro nome, in tanto si gonfìa e minac– cia una crisi, in quanto l'azione della massa è de– bole, assent~, passiya. Se no, occuperebbe una se– duta della Direzione ciel Partilo, che approva o ,;con– fessa; e il Partito passa oltre, ·imperturbato. Altro è . il caso, del;>bo dirlo, deJ Gruppo parla– men,lare. Questo è .:._ meglio, dovrebb'essere - una pattuglia serrata, sempre vigile e pronta all'altacco e all'azione c'omune. Dissensi che, nella molteplice e. diffusa alLivit.à ciel Partilo, si notano appena, e possQno, anche talvolta accendere ,dispute ed emul_a– zioni profìcue, nel Gruppo - si è visto in occasioni recenti -. creano ben tosto la paralisi; e, se gravi e permanen.li, non v'è taumaturgia di disciplina che vi ripari. Ma non è afTatlo necessario che una crisi del Gruppo si ripercupla nel Partito, sopratutto quando questo viva di sua pro-pria vila. Nell'àmbito breve del Gruppo, dove è nata, una crisi può risolversi in molti più modi. Al cuore della questione. Schermaglie non degne. E vengo al centro ed al cuore della questione. Lo sforzo di Bonomi e Bissolati - poichè sono que– sti, l'uno l'ideologo, l'altro il politico d'azione, che incarnano il dissidio - culmina nel voler dimostrarci (}he essi son noi (intendo noi riformisti), che noi siamo altri. Essi riformisti conseguenti, noi riformi– sti a metà, riformisti pentiti. Dovremmo ravvederci e seguirli, per non disdire e menomare noi stessi. Or qui io debbo rimproverare ad entrambi di aver ecceduto i limiti, che il rispetto di se stessi e del tema impone in ogni polemica. Voi potevate ,esaltare il vostro punto di vista, dimostrarci che siete i soli conseguenti, che siete il sale della terra, che fuori del vostro sistema non è salute; noi vi avremmo, come sempre, ascoltati, e tentato di confutarvi, con rispetto ed affetto. Certo, gli applausi prodigativi quante volte vi piacque di sferzarci senza riguardo, debbono avervi viziato. · Ma il diritto di erigervi a nostri giudici morali; di insinuare che da noi si fa « il trucco rivoluzionario » per non perdere le posizioni nel Partito - quelle splen– dide posizioni che vi avremo domani! (Ilarità) -; il diritto di prestarci, come ha fatto Bonomi, questo discorso: « che non si· deve troppo denudare l'essenza intima del riformismo», ossia, in istile povero, che conviene camuffarci per imbrogliare la gente; di sog– giungere - come stamane conchiudeva Bissolali - che « vi separate da noi con orgoglio, perchè noi facciamo getto della n_ostra dignità e coerenza poli– tica»; ebbene, questo diritto, noi non ve lo ricono– sciamo. Ci conosciamo troppo davvicino, fummo accanto a voi in troppe lotte, affrontammo come voi, con eguale passione e sincerità, troppe collere e troppi dolori,

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