Critica Sociale - XXIII - n. 16 - 16-31 agosto 1913

CRITICA SOCIALE 253 Di fronte a 12 milioni di operai nel 1889, lo Stato germanico contribuì con circa 8 milioni nel l O anno alla liquidazione delle p-ensioni; con circa 31 milioni nel 6_ 0 anno; con circa 90 nel 20° anno: contributo che si può rltenere non lontano àa quello massimo di equilibrio fra il numero degli inscritti e quello dei pensionati. All'Italia, con soli 8 milioni di opers-i, cioè con un terzo meno della Germania, occorrerà un con– corso dello Stato di· circa 5 milioni nel 1° anno, di circa· 20 nel 6° anno, e di circa 60 milioni nel 20° anno di esercizio - con un crescendo medio, cioè, di supergiù 3 milioni per ogui anno di fun– zionamento. Quanto alla dotazione iniziale della Cassa ad inscrizione obbligatoria, non ci potrebbe impen– sierire; il bilancio ultimo dell'attuale Cassa di Previdenza ci segnala un patrimonio suo di circa 135. milioni, il doppio cioè. del necessario in con– fronto della Cassa Germanica, la cui dotazione .. iniziale fu di 95 milioni. Siamo dunque ben lungi da quel fabbisogno ma– stociontico' di 300 'mili©ni annui, che·· si grida, fn ' Parlamento e fuori, dover gravare sull'Erario perchè possa l'Italia assicurare ai suoi proletarì una pen– sione vitalizia, analogamente alla Germania, alla Francia, all'Inghilterra ed all'Austria. *** Che se poi volessimo fin d'ora guarentire il-fun– zionamento della Previdenza obbligatoria anche al di là del 6° anno, oppure (e forse meglio) ini– ziare fino da oggi la sostituzione di abitazioni po– polari igieniche, nei centri di lavoro, alle topaie rovinose per la salute dello spirito e del corpo dei lavoratori; noi avremmo a portata di mano altri 80 milioni di patrimonio e oltre. 3 milioni di annua rendita, da devolversi, volendolo il Governo, anche senza apposita legge (?), alle riserve patrimoniali della Cassa. I 20 milioni· versati, sui 40 sottoscritti, fin dal 1866, al "Consorzio Nazionale,, di Torino, per ri– scattare il nostro Debito pubblico, e investiti · in rendita dello Stato, ammontano oggimai a. circa· 80 milioni, che giaciono neghittosi ed inutili nella Cassa del Consorzio. Se, scambio di attendere per secoli e secoli il giorno, in cui questo cospicuo peculio basterà a riscattare il nostro Debito - che sale già oggi a circa 10 miliardi e che aumenta ogni giorno - lo si devolvesse alla Cassa delle pensioni operaie, si farebbe opera saggia e non certo repugnante al pensiero dei soscrittori. Inoltri'),, è dal" 1871 che, per la _legge delle ~ua– rentigie,- 13 maggio di queil'anno, una rendita annua di 3 milioni 225 mila lire, ricusata sistema– ticamente dal Vaticano, ricade per successive pre– scrizioni quinquennali a beneficio dello Stato. Sa– rebbero - se il Tesoro li avesse accantonati - altri 120 milioni a un dipresso, che lo spirito cristiano della Santa Sede dovrebbe vedere di buon occhio devoluti alla vecchiaia dei lavoratori. Che il Tesoro li abbia rispettati, come avrebbe dovuto, per con– vergerli a spese di pubblica assistenza, pur troppo non ci sembra probabile; ma anche solo le annua– lità dell'ultimo quinquennio, non ancora prescritte, sarepbero un gruzzolo discreto; e, comunque, anche )e .sole rendite future basterebbero a coprire an– nualmente il concorso dello Stato per circa 50 mila pensioni operaie. E, ad ogni modo, ripetiamo, già gli utili netti delle Casse postali e del Monopolio-vita, assegnati dalle leggi vigenti, basterebbero per un sessennio. In seguito, la Camera, eletta dal suffragio univer– sale, dovrebbe pur provvedere alle integrazioni necessarie. Il momento è quindi eccezionalmente prop1z10, sotto l'aspetto sia finanziario, sia politi_co. per va– rare una-riforma così lar game nte umanitaria. La stessa libertà e rlignità d.el suffragio universale esigono questa prima caparra di .elevamento eco– nomico. Nè potrebbe seriamente far contrasto la reluttanza dell'egoismo padronale a una spesa arldizionale di salario, valutabile in media a circa 12 lire l'anno per ogni operaio. Questa riluttanza non impedì alla Germania di dare l'esempio; nè l'inrlustria tedesca ebbe perciò da soffrire dalla concorrenza di paesi, anche, come il nostro, non gravati da quel tenue peso. Una provvida tutela socialfi, che allontani dal cuore dei lavoratori l'in– cubo tormentoso della sventura più tenibile: la mjseria nera nell'età cadente o nel caso di so– praggiunta invalidità; rasserena e fortifica il la– voro e si risolve in un ottimo affare per lo stesso capitalismo. Suffragio universale, senza quiete morale, senza elevamento economico e sociale delle masse, -sa– rebbe insieme un'ironia politica e un assurdo sto– rico. Nessun conservatore assennato lo contesterà. E vuol essere infine ricordato che, già oggi, di pensioni ordinarie, gravano sull'Erario italiano 94 milioni all'anno (108 milioni a comprendervi tutte le pensioni), che si spargono su 95 mila pensio– nati di Stato, diecimila dei quali sono operài dei tabacchi e degli arsenali militari-; una cifra su– periore a quella che, solo fra 30 anni, esigereb– bero, come quota dello Stato, le pensioni, allora, di un milione di vecchi operai dell'industria, dell'a– gricoltura e dei traffici. Ora, a pagare cotesti 94 mi– lioni, ben concorrono, e duramente, le classi lavo– ratrici, colle imposte indirette sui consumi, che pesano per circa 700 milioni sulla nazione. Un concorso proporzionale delle classi abbienti - che ricavano dallo Stato i maggiori vantaggi - arl assicurare la classe proletaria nella triste vecchi aia e nella tormentosa invalidità, non sarebbe che un omaggio, fra l'altro, alla eguaglianza rlemocratica più elementare e doverosa. AUSONIO LOMELLINO. LAPROTEZIONE LEGALE Il L LAVORO IN !SVIZZERA II. Il nuovo disegno di legge sul lavoro nelle fabbriche. Nei primi anni dell'applicazione - nota il Sigg nel volume da cui spigoliamo (I) - la legge svizzera « sul· lavoro nelle fabbriche » urtò nel grave ostacolo di una crisi economica delle più acute. Gli industriali ne approfittarono per imputarne la nuova legge, « in– ceppante lo sviluppo dell'industria nazionale», e per chiedere la revisione delle disposizioni riflettenti: la giornata normale di lavoro, la limitazione del lavoro dei fanciulli, l'interdizione del lavoro domenicale, la responsabilità dei padroni nei casi d'infortunio, e finalmente le disposizioni penali. Si chiedeva insom– ma la soppressione di quasi tutte le garanzie accor– date al lavoratore. Ma la classe operaia, a mezzo delle sue organi~za– zioni (Arbeiterbund, allo~a, e Griitli), seppe opporre (1) J. SIGO: L'I prolection li.gaie d1t t.-avail 011 S11isse. - Llbralrle Féllx Alcan, Parls 1rr. 6). - Veggast Il 1• articolo nel rasctcolo pre– oeclente·della c,·mca, pag. 231.

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