Critica Sociale - XXIII - n. 16 - 16-31 agosto 1913

252 CRITICASOCIALE fondi sufficienti pei sussidi ai soci malati. La ren– dita· vitalizia non può essere che l'opera di grandi associazioni: onde la necessità di assorbire il Mutuo Soccorso nell'unica Cassa nazionale. Ma la Cassa nazionale, sancita per ciò dal Parla– lamento nel luglio '98, e ritoccata da altra legge del 1906 1 è condannata alla tisi e si risolve in un fallimento sociale, per questi due difetti fonda– mentali: la non obbligatorietà dell'inscrizione e la mancanza di ogni contributo padronale. L'annuo contributo dello Stato di 10 lire per operaio in– scritto è prelevato dagli utili delle Casse di ri– sparmio postali e da altri proventi minori stabiliti dalla legge: sono, in tutto, 4 milioni circa di utili netti, che bastano a mala pena ad assicurare le annue 10 lire di concorso sui libretti dei 402 mila operai, che il 30 giugno u. s. erano inscritti alla Cassa. Or, chi pensi che in Italia, sui campi, nelle officine, nei traffici, son circa 8 milioni di operai, . è chiaro che, di questo passo, ci vorrebbero più di due secoli per poterli avere tutti anche così miseramente assicurati! Onde tanta apatia, e come si spiega questo vero fallimento sociale, confessato r!allo stesso Luzzatti, di una così provvida istituzione? Da not,are anzitutto la istintiva riluttanza al ri– sparmio per un lontano domani, massime in chi vive in costante penuria. La previdenza volontaria a lunga scadenza ha, pei poveri, un che di eroico, e non può praticarai da molti. Gli stessi, sebbene più istruiti, impiegati dello Sta.to difficilmente provYederebbero ai vecchi giorni, senza l'aiuto au– tomatico delle ritenute sugli stipendi. In secondo luogo, l'Amministrazione .della Cassa si guardò bene, per moltiplicare gli inscritti, di adottare la viva propaganda, a mezzo di agenti cointeressati che rincorrano il cliente, come fanno le Società private di assicurazione. Non andò al _di là di una blanda propaganda. teorica, a mezzo di un Bollett.ino, di alcuni opuscoli, di rarissime conferenze. Si rimise, pel rimanente, agli uomini di buona volontà. Nè poteva agire altrimenti: rin– correro:1 davvero il cliente significava fallire, far bancarot,ta, nel senso · non soltanto metaforico della parola. Se domani, infatti, le Federazioni e Camere del Lavoro riuscissero - e sarebbe ottima cosa il tentarlo, per mettere alla fine Governo e Parlamento con le spalle al muro - a far inscri– vere in pochi mesi gli 8 milioni di nostri operai alla Cassa Nazionale, questa si troverebbe imme– diatamente nel dilemma, o di chiudere gli spor– telli, o di ottenere ipso facto dal Tesoro i 76 mi– lioni annui per versare le L. 10 imi libretti dei 7 mili'o ni e 600 mila operai sopravvenuti. Sotto ques.to aspetto, la legge del '98 sulla Pre– videnza eb be a base la .... imprevidenza del legisla– tore.· Pover'a lui, se gli 8 milioni di operai ne pi-. gliavano sul serio l'invito! In apparenza la legge dice agli operai: "siate pi:evidenti, inscrivetevi "; ma col pensiero segreto che se ne guardino bene. Tale, in Italia, la J;'revidenza pei lavoratori, or– ganizzata dallo Stato! * ** Come disincagliarla da una condizione così as- surda e pericolosa? In verità, il rime<lio è più semplice dell'uovo di Colombo. Basterebbe imitare il sistema che da oltre 20 anni vige in Germania - trasformare cioè la inscrizione i'Olontm•ia in obbligato1·ia, e chiamare a contribuirvi, oltrechè lo Stato; il padrone. Il. concorso padronale di circa una lira al mese_ per operaio basterebbe a universalizzare· la pensione fra i lavoratori. Fu il Cavour della Prussia, il principe di Bis– marck, quando già era Gran Cancelliere dell'Im- · pero, che intuì la necessità politica e sociale di muovere incontro alle masse lavoratrici con prov– vedimenti di positiva equità, e nessuno potea pa– rergli più urgente che assicurar lor.o un ·peculio sufficiente alle necessità della vita nell'età che i bisogni aumentano e la forza del lavoro o scema o vien meno •del tutto. Perciò nel 1889 presentò e fece approvare per legge il più poderoso istituto di Previdenza operaia di cui fino allora potesse aversi l'idea. Il contributo obbligatorio, uguale per l'operaio e pel padrone e proporzionale al salario, va da un minimo di 18 centesimi la settimana, a un massimo di 45 pei salari sopra i 4 franchi. Il concorso dello Stato è di annue L. 65 per ogni pensione li– quidata. Imponendo il contributo padronale,. la Germania alt1,o non fece che estendere agli operai privati il regime vigente per gli impiegati e operai del Go– verno, alla cui pensione lo Stato concorre con doppia quota; come padrone dell'azienda, e come Stato, naturale fidejussore di un equo tratta– mento di tutti i cittadini nel diritto alla vita. Nelle aziende private la prima delle due quote spetta evidentemente al capitalista o imprenditore. E il sistema <lel tri pi ice concorso permise alla Germania di elevare i 95 milioni di dotazione ini– ziale della Cassa nientemeno che a circa due mi– liardi, investiti oggidì non solo in .titoli di Stato, ma in opere di grande interesse sociale pei meno 3tbbienti: sovvenzioni alle Casse di credito popo– lare, prestiti a Comuni e a Cooperative per éo– struzione di ricreatorf, di scuole, di istituti sani– tari e specialmente di case popolari - opere tutte che, mentre rialzano la condizione economica, igie– nica, morale, civile delle classi lavoratrici, rinfor– zandole nelle loro battaglie sociali, disaspriscono al tempo stesso i quotidiani attriti economici fra lavoro e capitale, risolvendosi così in un prezioso cemento politico anche dal punto di vista del re– gime borghese. *** Il successo tedesco suscitò l'emulazione degli altri Stati d'Europa. La Francia nel 1910, l'Inghil– terra l'anno scorso, la Neerlandia in quest'ultimo marzo, crearono sistemi più o meno analoghi, e il · Governo _austro-ungarico ba presentato al Parla– mento un progetto per l'assicurazione fii 10 milioni di operai. Solo ·l'Italia si appaga t1:lttodì della misera ironia dell'inscrizione volontaria, sebbene la legge 4 aprile dell'anno scorso, che annualmente assegna alla Cassa nazionale non meno di 15 milioni sugli utili netti del Monopolio di Stato per le assicurazioni sulla vita, ci ponga in g-rado di adottare a_nche subito il sistema germanico, e di farlo funziònàre per almeno un sesHennio, senza ricorrere al Tesoro per le pensioni che via via ven·ebbero maturando. Ohe i 15 milioni di utili netti, gradualmente ri– cavabili dal Monopolio, non rappresentino affatto un'utopia, lo ·dica il confronto dei valori versati e lli Borsa, rappresentati dalle azioni di qualcuna delle private Società che esercitarono fino a ieri le assicurazioni sulla vita: Valore In lire Società versate Prima Ungheria 2100 Riunione Adriatica 840 L'Unione 250 La Paterna 400 L'Ancora 1250 La Nazione 270 La Phoenix 1200 BorRa 10.000 7.100 2.900 4.700 15.000 6.000 36.500 Aumento percentuale 476 °lo 845 ,, . 1160,, 1175 ,, 1200,, 22~,, 3041 ,,

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