Critica Sociale - XXIII - n. 11-12 - 1-16 giugno 1913

164 CRITICA SOCIALE emanciparsi a mano a mano; a che prò la li– bertà, che l'uomo conquista ed assoda ogui giorno; a che prò la stes~a propaganrla intellettuale, e il possesso dei 1\1:unicipii, e l'irrnzione in Parlamento, e la le'crislazione e l'economia e la finanza, e la po– litica, insomma, nazionale ed internazionale, con le sue cabale astruse e t1 trappole " insidiose, col tor– mento delle esitazioni e delle delnsioni; a che prò gli sforzi quotidiani, che sovente si affrontano pel domani più che per l'oggi, pei fig-li più che per noi. .. ; - quando il miracolo è lì, a portata di mano, quando il gran colpo di pugno, bravamente assestato, pur di avere allenato il bicipite, man– derà <la un dì all'altro a soqqua<lro baracca e bu– rattinil e gli _antichi oppressori verran messi di sotto e il nuovo mondo sarà? A che prò la realtà, quando è così dolce e così facile il sogno, e l'uomo, eterno fanciullo, se ne contenta? •*• L'episodio milanese, nella interpretazione del– l'Avanti!, rispecchia, come un microcosmo, tutto questo viluppo di autoinganni e di inganni. Ad esso le improntitu<lini di un prefetto, di un que– store, di un delegato, di un giudice, sono l'occa– sione fortuita: coefficienti più seri e sostanziali, la crisi industriale, da un lato - ripercussione tra– gica della triplice crescente follia, militaresca e coloniale e protezionista - che gremisce di dis– occupati, a diecine di mila, la città, il suburbio, la circostante campagna, ed è già lo sciopero in atto; dall'altro, la coscienza diffusa del contrasto civile, prodotto della nuova boriosa politica impe– rialistica e affaristica, antidemocratica e antipro• letaria, e il conseguente acuirsi del conflitto e ap– profondirsi del baratro che separa i partiti e le classi, del baratro nel quale è inghiottita sempre più la trarlizionale democrazia. E il quotidiano stillicidio di .una propaganda, che fa appello esclu-· sivamente ·ai romanticismi impulsivi dei sofferenti, forse traduce, più che altro, la favola della "mosca, cocchiera ,, , che presume di guidare, in cotesto duplice solco, l'aratro della sedizione. Ma noi preoccupa assai meno quel che essa criide fare, e non fa, contro la saldezza dell'assetto ca– pitalista, e preoccupa assai più quel che fa, e non crede di fare, contro il formarsi e il rafforzarsi di quel fatto - conglomerato di idee, di sentimenti e di azione - che è, che dev'essere, che può di– ventare, il Partito socialista. Del quale prepara, lentamente, la disgregazione. Questa stessa crisi economica e politica, di cui quella propaganda è l'inconsapevole effetto, aocre– scenrlo· gli ostacoli sui passi del proletariato, imporrebbe un raddoppiamento degli sforzi del socialismo, per denudarne agli occhi delle masse la radice economica, e muoverle all'assalto serra,to dei fattori molteplici; che stanno dietro e di sotto. Questo sforzo non si fa, nè più sembra che ;,e ne sospetti la necessità ed il dove1,e. Nell'Avanti! tutto corrusco di lampeggiameuti ribelli, due cose non troviamo più da gran pezza: la lungimirante illustrazione, eccitatrice ·insieme ed oriehtatrice (oh! buon Morgari, che dall'anti– porlo, tl compiacevi, ,per questo, del dtutato go– verno nel Partito!), della piena e<lestrema idealità soci~lista: e <lel suo necessario rlivenire per gradi; la rhdatt1ca e la tecnica della organizzazione, ciella conquista positiva, ciella riforma voluta. Eppure a distinguere un po' grossamente, queste <lue "cose' '}nesti due " motivi ,, , sono essi, oggi, tutto ciò eh~ può essere, tntto ciò che è, il socialismo. L'utopia - l'utopia regressiva, che sparge sulla terra il sale cbe vi bruci gli steli - ha preso il posto rli entrambi. Si comprende allora Prampolini, che il suo obolo, inviato alla "sottoscrizione permanente,,, in volge nella dolorosa e srleguosa protesta. E, nel momento medesimo che il proletariato d'Italia, acquistata alfiue la citta,linanza politica, raggiunta la effettiva maggioranza legale, può, con l'uso illuminato della scheda nei Comizii immi– nenti, disporre, per la prima volta, del proprio <lestino - diventare il padrone di fatto, come lo è di diritto - fare la sua legge ed imporla - dar l'impronta che meglio gli couvenga allo Stato e alla società - foggiare la sua storia e l'altrui; - sentiste mai, nel giornale del Partito socialista, ricordare appena questa rivoluzione in potenza, secondarla, prepararla, voleì•la? Lo sciopero generale ha destituito anche quello, che, in Belgio come i:o Germania, al di là dell1:1, Manica come nella duplice Monarchi::.. degli Ab– sburgo, dovunque è modernità di vita sociale, o fu il sogno più fervido, o è già lo strumento forse il più poderoso d'azione, delle masse proletarie e dei Partiti socialisti; le braccia incrociate irridono, peg·gio ancora, non curano ed ignorano il suffragio universale! . Con ragione: perchè l'urna1 e la scheda sono la rivoluzione più vera e più certa, ma a· patto d'es– sere a un tempo la coscienza, la conquista, lo sforzo - e H miracolo è tanto più facile,. più spicci0, più lusinghiero. Con ragione la follìa lo presceglie. Così il socialismo dello sciopero generale si ri– solve, per forza di cose, ... nello sciopero generale del socialismo. Senouchè peccheremmo noi stessi del peccato che ascriviamo ad altrùi, della supe-rstizione <lei miracolo, se ponessimo questa inattesa involuzione appaiante di tutto un Partito, tutta sulle spalle di un giornale, sulla coscienza d'un uomo. Certo, molte cagioni concorrono: quelle stesse, che fecero tardo, in Italia, spesso inconsistente e caduco, sem– pre superficiale e. incos.tante, il progresso e il suc– cesso di un'azione socialista, positiva, intensi va e disciplinata. Stigmati antiche della stirpe, imma– turità di ambienti ineguali, errori ed illusioni di uomini - nè noi lesinammo (lueste crudeli auto– diagnosi a noi stessi e ai lettori. Ma sarebbe questa una scusa - o u:n pretesto ragionevole - a una maggiore rinuncia non ne– cessaria, a un'abdicazione defiuiti;va? · Non è solo,, ciò che ne minaccia, la bancarotta voluta del socialismo, il disastrò del Partito.· Non è pi:o domo nostra soltanto· che suoniamo c1:1,m– pana a martello. La ripercus5ione - come sempre - già si nota, e qùesto è ben più grave, nelle schiere organizzate operaie. Si è inscenata a Milano, per l'occasione di quella, come fu detta, " prova _generale "' la improvvisa– zione di una sedicente " uuità proletaria,, - ri·. formista, rivoluzionaria, sindacalista, apolitica - che era fotto un tripurlio a vederla. Primo effetto: dimissioni di Rinaldo Rigola; secondo: dimissioni del Consiglio direttivo .della t1 Confederazione ge– nerale del Lavoro ·n·, e appello al Consiglio gene– nerale. E' quel tanto, o quel poco, di organizza– zione operaia nazionale - la sola veramente o tenrlenzialmente unitaria, se unità non sia s_inonimo di dissenso, di rancore o di equivoco - che si stesse componen<lo nel nostro paese. Lo sciopero generale e la sua rlecaot.ata t1 vittoria 71 la minacciano e la mettono io forse. Noi chiediamo ai socialisti d'Italia: questo volle il Congresso di Reg!?io? Chiediamo ai rivoluzio– narii, che in esso prevalsero: era questo il vostro proposito? quawio sul terreno della leale _intran– sigenza si stimò la convivenza delle due frazioni

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