Critica Sociale - Anno XXIII - n. 1 - 1 gennaio 1913

2 CRITICA SOCIALE terni; per quelli esteri, non mai .. S(!ccorreva fors~ all'on. Giolitti la dottrina merav1ghosa, svolta ai banchettanti di Torino. secondo cui la politica estera di un paese non influisce sulla sua pol(t\ca in!.e_rna. Oh! no! Ne domina soltanto tutta la politica m1ht,arc e quella finanziaria. E, se è poco, scusate.. . La dittatura, nata dalla guerra nostra, s1 rrnfor– zava della guerrra altrui e della crisi europea; si I'in– forzava uscendo dal tipo violento, straordinario, ec– cezionale dei pieni poteri e della Camera chiusa, per entrare nel tipo più mite, normale ed ordinario d,ei pieni poteri e della Camera aperta, ma non fun– zionrante. Rinviale le discussioni incomode sulla cris•i internazionale a tempo più opportuno, si met– teva la Camera davanti alla maestà dei fatti com– piuti, la guerra, la pace, il rinnovamento della Tri– plice Alleanza. La Carnera non neagisce; non può reagire, è felice di non reagire; tripudia della sua dccadrnza, della sua abbiezione, pe-rchè è sollo l'im– pero della seconda (< fatalità storica», ch,e fa la dit– tatura; l,a fato.lil:'I di essere, non una Camrra di de– putati, ma una Camera cli candidali. E supplichevoli! ... Inutile insistere! Di questi 508, non meno forse di 450 hanno fatto il maggior sacrifizio cli sè, appro– vando la riforma elettorale. L'hanno approvala in una frecle cieca che il Dittatore avrebbe sempre, in ogni caso, salvato i suoi fedeli. Come? Non se lo clomanclanq nemmeno. Il Governo ha tanti mezzi sul suffragio universale o semiuniversale che sia! La fiducia ele;Ltoralredi costoro nel Governo, in gie– nere, nell'on. Giolitti, in ispecie, tocca i limiti della religione, ciel misticismo, ciel feticismo. È vano contestare che tal fiducia è il più insign,e oltraggio alla onesl:'I ciel Governo. Essi sanno meglio di noi che debbono pensare al riguardo. Essi ado– rano il Nume; non importa loro di rispettarlo. L'o– norevole Giolitti è il Mosè che li tirerà dalla dura terra di Egitto e farà loro passane, a piedi asciutti, il mar Rosso del suffragio universale. Come se la caverà Mosè, è affar suo; ad essi basta sapere che Mosè compirà il miracolo. Ma lo compirà, s'intende, soltanto per i merite– voli, cioè, per coloro che avranno e.empre tutto ap– provato senza nulla domi!ndare, anzi senza mai di– sculere: nè la guerra, nè la pace, nè l'estero, nè l'in– terno; nè la polizia, nè la finanza; nulla. Meglio an– cora; che avranno tutto :tpprovat.o, fnccnclo inlen– rlcre ad altrui che il discukre è il crimenlese par– lamentare piì1 vero r ma~·giore. Così guadagnata l'onnipotenza e paralizzato il controllo, la Ditlat\ll'n cresce, alimenlandosi cli so stes,$a.. Eri reco i sintomi rii quella malaLt.ia che lo ps,ichii.atra tPdes1.:o defi ni,·.i la c<'~m·ile. C csa re, cò-n– v_into di 'es.se11e!Jomeneddiu. in uµ-ni t>:;trcmo sulila– no censore vede Il congiurato da castigarsi in guisa . esemplare. Un senatore, fruendo della invidiabile posizione per cui non può più essere candidato, ri– cordando cli essere un ammiraglio ed un uomo di guerra, accenna nella Camrera vitalizia a formulare riualche censura sulle operazioni cli auerr·a? - Tac– ri.1 l'rbnarrhico, non si W'rgognn il ~nza-pal ria? - E i'I riel1i:11no i· <'osì ofr.c·11sivo rklb prrsonalc di<rnitù r:hc l'ammirai;rlio non ci rcg·ge e si rimette a s;'dere'. lln drputat~. uno dri pochi_ fuori d('lla schirra. pmc ,•:;sendo II~w c_om~~ 11_011 SI IJOtrebbe essere di più alle_ « patri.e 1sl1lu_z10m », ardisce censurare il prov– ved1mento pe.r c1_11 s a1:1menta la ricchezza pubblica aurne_ntando la. c1r~ol_az1onedei biglietti (teorica del t~r~hu~U,o!); e il m1111st.r-o non manchrwà br.llamentr d1 mv1tarl? a stare ziU,o, poichè :errò in certi calcoli consegnali qualche anno prima in una intervista con 1111 1Ziornale! _l,'inoof~ercnza clrl controllo clivenl; im– µert1nrma. E 11rl nln. La dittatura si ineuria di sé: t:un1·inta cli tulio po- tere, non rifugg,e, nel suo puntiglio di onnipotenza, da proporsi l'impossibile. Crede-re, per esempio, che il bilancio italiano comporti, senza prestiti o senza nuove imposte, il dispendio di oltre un miliardo per la guerra, è, evidentemente, ubbia cesarea. Il Go– verno la insegue, vi si infervora, e contribuirà al dissesto assoluto riel bilancio per il puntiglio di ostenta.re che non meUe imposte e non fa debiti. N aturalme·nte, µ,erchè la realtà è i'nsopprimibÌle, esso fa debiti e nielle imposte -· ma debiti e im<– posle• sono coverti da finzioni che non ingannano gli esperti, e sono il portato dei pieni poteri. Cosi, v,ere « nuove imposte » per impero dittatorio sono gli aumenti negli accertamenti, comandati agli esat– tori. oltre quel limite di onesta transazione tra l'im- ' ponibile potenziale e quello reale, che faceva legge tra il contribu,ente e il fisco. E veri debiti e vere imposte irisieme sono gli anticipi degli Istituti di emissione e l'aumento della circolazione cartacea, che spinge all'aggio, deprezzando la moneta. Ma questa forma di imposta colpisce particolarment,e i salarii dei lavoratori, che veggono, per lo stesso lasso, scemare la potenza acquisitiva ciel denaro ri– cevuto per la settimana di lavoro ... E allora, dal chiuso campo borghese, chi ha in– tenesse a rivoltarsi ad una dittatura, che si fa pe– sare sp,ecialmente. sul prolrela,riato; ad una dittatura di classe? La « democrazia » no, per centomila buo– ni motivi, di cui basta addurre il primo: che la democrazia non c'è. Non è infatti democ;razia quel miserando avanzo nazionalista che inneggia alla guerra re, per coerenza, ·ai postulati della guerra, che sono la blague, il blu{[, la vanità dei chilometri quadrati e del bilancio nazionale, da cui sono stor– nati tutti gli stanziamenti per opere di civiltà, allo scopo di vantare la guerra fatta senza debiti e senza imposte - storia da fare sprofondare dalla invidia la nostra cara alleata, l'Austria, che, più candida, ha ordinato, con la mobilitazione, un onesto prestito di 250 milioni di corone! Ah! la élemocrazia è « ir– redentista », sebbene non si arrischi a parlare con– tro la anticipazione, d,el rinnovamento della Triplice! Ma la democrazia conft!risce alla dittatura, con la speranza, che essa divide con la maggioranza, di essere tratta in· salvo nel gran cimento elettorale dall'on. Giolitti. E questo è altro dei miracoli che si attendono dal dittatore, che egli faccia vincere i deputati clericali e moderati che hanno votato per lui ed anche i loro avversari democratici e, magari. socialisti-riformisti. Per intanto, tutti, dai clericali ai socialisti riformisti, gli stanno attorno, supplici, adoranti. Non fosse per qualche socia– lista (senza qualifiche!). e per qualche ultimo repub– blicano -- meno rii tre· dozzine di deputati in tutto -: la Camera italiana darebbe lo spettacolo, unico al mondo da che esistono Parlamenti, della unani- mità. - Ora, una dittatura, che si esprime con una semi– univrersalità di consensi parlamentari, non infama sè, infama il regime parlamentare-. Essa sfrutta la situazione; l'usa e ne ah usa. È umano. Se di suo aggiunge l'espressione di un non celato fastidio ver– so colesli elemosinanti; se, n cagion d'esempio, ha creduto di sopprimere la tradizionale ora cli udienza ar dep111ati, di chi la colpa? Non si può dire che i modi della dittatura. 011de agonizza il sistema rap– presentativo, siano balzali interam,ente dalla mente ciel capo del Governo; è tutta la classe borghese che ama pros;Lra,rsi in sua viziosa lihicliine, in sua sadica esaltazione nazionalista, ai piedi del Conquistatore il quale_ non trattiene n,eppure l'ingiuria pubblica ali; gente d1 Borsa. che della• gente borghese è così gran par~e! Ma la donna che ama, tutto per.dona e dai nrnl1 trat.lam_enli lir::i matPri:i di nuovo ard~re, di altre cq11cup1sce11Le. È !"uomo forte che le promette

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