Critica Sociale - XXI - n. 23-24 - 1-16 dicembre 1911

CRITICA SOCIALE 355 lismo ufficiale, nel corpo idropico del riformismo dilagante. Noi non neghiamo — anzi riconosciamo e sosteniamo forte — che il riformismo è l'unico socialismo ora concepibile e possibile; ma vogliamo che questo riformismo abbia in sè tutta l'impronta morale, che è l'orgoglio del primo socialismo e può essere l'orgoglio del socialismo di tutti i tempi. I dogmi non c'importano: non ci interessano i principii; disprezziamo le formule: ma quel che del socialismo noi vogliamo che sia e 'debba es- sere salvato o ricostituito è lo spirito animatore, è l'idealità di giustizia, è la probità e la forza morale, è quel contenuto indistruttibile di uma- nità, ch'esso ha saputo cosi genialmente poten- ziare, e ch'è stato come l'energia magnetica per un'innumere folla di giovani e di anime buone. Le nostre battaglie debbono ridiventare battaglie di civiltà, anche al di fuori e al di sopra dell'im- mediato interesse delle categorie proletarie; deb- bono ridiventare lotte ideali per una migliore e più alta umanità. La nostra anima giovanile — o amici — non avrebbe forse mai raccolto e custo- dito in sè l'idea socialistica, se questa idea avesse in sè portata solo l'umile aspirazione di una meno grama imbandigione al lavoratore sfruttato, se questa idea non fosse stata ricca e prodiga di un esuberante e prodigioso contenuto morale pel no- stro spirito avido di riempirsene, di saturarsene, di comunicarlo — quasi buona novella — a cento e mille altri spiriti anelanti. Noi ne siamo vissuti e cresciuti; e il socialismo, che l'avversario miope o di mela fede definiva con disprezzo una " que- stione di stomaco ha improntato ed alimentato di se il cervello d'intere generazioni. La sua forza e la sua bellezza erano nella sua opera di critica morale e nel suo ideale etico, ch'esso, costante- mente, — in sè e fuori di sè, — intendeva di per- seguire. Questi elementi di vitalità esso ha ora trascurato, e minaccia perciò, nella varietà dei partiti, di restare indistinto, confuso, sommerso. Ebbene; cotesto contenuto etico del socialismo deve rivivere in tutta la sua pienezza; e deve af- fermarsi nel seno del socialismo stesso, sopra e prima di tutto. Noi vogliamo un socialismo, che sia degno della sua tradizione. Noi vogliamo " il più grande socialismo ,,. Più grande e migliore, perchè possa risalire il suo alto scanno di vedetta, di emise, di sindacato morale sui destini della nazione e del popolo italiano. Noi siamo diventati piccoli, e minacciamo dì operare nell'ombra, perchè sappiamo — sentiamo — che gli affari — anche affari proletari — non sono la ragione e lo scopo per cui noi siamo venuti al mondo, per cui noi possiamo essere e dirci orgogliosi — contro e sopra tutti — di essere socialisti. Noi dobbiamo risolle- vare la nostra fronte nel sole, e raccoglierne tutta la purità e tutta la luce radiante. Occorre che un manipolo 'di giovani riplasmi il socialismo nella sua materia ideale, gli ridia la linea di bellezza che ha da tempo perduto. Il socialismo, come ogni idea ricolma di elementi etici e filosofici, di ele- menti umani ed eterni, ha una sua estetica insop primibile, ha una sua sagoma particolare, fuor della quale si va fuori del socialismo, si va fuori della idea. L'estetica del socialismo combacia con la sua etica. L'una e l'altra occorre riporre in onore; e alla rapida e disusata percezione di entrambe oc- corre riavvezzare il nostro spirito. Se il socialismo deve rifiorire, giammai lo potrà risuscitando le proprie formole o dando nuovo vi- gore al sorpassato misticismo; bensì rinnovandosi, appunto, nella propria compagine morale, e in- sieme riagitando i grandi problemi morali degli organismi politici. Esso crescerà così di valore e di interesse, e risplenderà, di una luce, che da tempo non conosce più. Tutto questo hanno com- preso coloro, che oggi sembrano appartarsi nella ricerca d'una soluzione del problema morale, che dal socialismo è passato a tormentare il loro spi- rito soverchiamente sensibile. Essi 'non tarderanno ad iniziare il movimento di riscossa. Così l'esercito socialista, riformista nella sua generalità, si scin- derà — s'è potenzialmente quasi già scisso — in due frazioni, diseguali per numero e per intenti. La grande massa, cioè la quasi totalità dei socia- listi, sarà il socialismo. ufficiale. Gli altri, il mani• polo dei giovani — giovani nelle energie dello spirito — sarà la minoranza, che tenterà ardimen- tosa le vie migliori della rinascenza morale. Questo manipolo vorrà e dovrà, restare mino- ranza. Il suo ufficio doni essere di critica; e il suo ideale, di restaurazione dell'etica del socia- lismo. L'esser suo di minoranza sarà il suo sprone e la sua forza; la sua funzione, il suo più alto orgoglio. Esso non avrà e non vorrà avere pro- gramma. Il programma è di chi si apparecchia a salire. Avrà, invece, una fede: il socialismo, il so- 'cialismo nel suo contenuto di rinnovazione umana, prima e al di sopra della redenzione proletaria. Gli basterà questa fede, perchè esso si slanci nella sua opera e la persegua e la compia mirabilmente; questa fede, che oggi è debole e incerta nei più, in quelli stessi che sono gli uomini rappresentativi del movimento socialistico. Oggi lo scetticismo è penetrato negli animi — non dei socialisti soltanto — e manca ad ogni azione l'impulso spirituale, ch'è solo fecondo di grandi e buoni risultati. Noi somigliamo un popolo di sonnambuli, un'opaca folla di automi. Noi siamo decaduti, dacchè nel nostro petto, dacché nel petto dei nostri avversari, di tutti quanti siamo e ci chiamiamo popolo d'I- talia, non splende più un raggio d'ideale e non vibra più un palpito di fede, qualunque essa sia, qualunque sia il suo nome. Ebbene, no. Bisogna che noi crediamo all'opera nostra e ai fini ideali di essa, se vogliamo esserne ancòra capaci e degni, se vogliamo che tutti i buoni, tutti coloro che, ribelli alla supina, alla be- stiale accettazione dell'ordine sociale, sentono la ineffabile aspirazione ad un " meglio „ umano, traggano ancòra ad essa, con la convinzione e con l'entusiasmo di accedere ad un'opera di giustizia. Bisogna dichiarare guerra allo scetticismo. Se il vagellante nazionalismo italico, anzichè trastullarsi in sogni imperialistici confidando nell'infantilismo psicologico della nazione, avesse sul serio acceso una duratura fiamma, di fede patriottica, nessun momento migliore, pel socialismo, di ritemprare nell'incendio bellico le proprie armi ideali e di ri- sollevare il proprio sogno di pace e di fratellanza umana, in cospetto ed in confronto delle sanguigne e truculenti visioni della guerra. Pure, oggi, un'o- pera simile è tentabile; e, se i fremiti di un risve- glio serpeggiano nei partiti e nelle idee avversarie, non deve il socialismo continuare, apatico, la tes- situra della propria rete, quasi vergognoso di rial- zare nei venti infidi la propria bandiera pacifista, e di giudicare e condannare un'impresa guerresca e coloniale, anzichè — come oggi — da un punto di vista strettamente commerciale, cioè dell'affare, per l'Italia e pel proletariato, dal punto di vista del suo proprio ideale, dell'ideale umano, ch'esso vuole e dice d'impersonare. Una maggior confidenza in se stesso, una sin- cera riconciliazione con la propria anima è l'ur- gente bisogno del socialismo italiano. Io mi au- guro, ed auguro al socialismo, che questa impresa sia coraggiosamente tentata. Ogni organismo poli- tico, ogni organismo " ufficiale „ ha una voce di critica, di richiamo, di sindacato morale, una voce

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