Critica Sociale - Anno XXI - n. 20 - 16 ottobre 1911

CRITICA SOCIALE 307 e un delegato del Gruppo parlamentare, membri di diritto — si volle anche rispecchiata approssi- mativamente la divisione regionale del paese; dalla quale, per il solito meschino preconcetto che fa del deputato una specie di eterno giudicabile, di prevenuto in permanenza, si esclusero a disegno tutti i deputati del Gruppo; un'assemblea di 15 ot- timi compagni, che vivono lontani e dispersi, senza mai alcun rapporto, alcun affiatamento fra loro; che, a radunarsi, costano un occhio della testa in viaggi ed indennità e, quando arrivano, hanno un gran da fare ad orientarsi, ad -unificarsi, e portano ciascuno piuttosto l'eco delle preoccupazioni locali della loro regione o dello speciale lavoro socialista che ivi più o meno si esercita, che non il senso politico unitario di tutto il Partito; un siffatto sinedrio è un ottimo Collegio probivirale per ri- solvere le infinite "beghe, che affliggono qua e là le Sezioni, ma non risponde — non può rispondere affatto —alle vive, urgenti, mutabilissime esigenze della lotta politica socialista. La esistenza di tale Direzione è — per lo stesso Segretario del Partito — piuttosto un inceppa- mento che un aiuto alla sua attività e al suo buon volere. Ora, può discutersi se è necessario, se è utile, un organo direttivo centrale del Partito socialista. Se non gioverebbe meglio, discentrare, regionaliz- zare, provincializzare magari, gli strumenti del coordinamento dell'attività del Partito. Ma se — come, del resto, noi pensiamo — si am- mette che una Direzione possa esistere utilmente, si faccia che essa debba funzionare seriamente ed effettivamente dirigere. Il che — in una nazione e fra un proletariato così ancora politicamente apatico come l'italiano, in tre quarti sopratutto delle nostre regioni — . significa essenzialmente prevedere ' stimolare, suscitare l'attività e l'emula- zione delle Sezioni, richiamarle spesso al dovere, offrir loro, quando occorre, una bussola; e questo non si fa, senza percorrere sovente il paese, sof- fermarsi nella capitale, affiatarsi coi propagandisti, colla stampa, coi deputati del Partito, coi dirigènti le grandi organizzazioni proletarie. Non si fa, più ancora, senza poter essere lì — sui luoghi dove le decisioni più urgono prontamente, immedia- tamente; prima dei fatti e durante, per indirizzarli o per correggerli, non dopo, per sentenziare sull'ir- reparabile, a guisa di una Corte suprema di Cassazione. E se anche, alla Direzione del Partito, si volesse lasciare la composizione attuale, converrebbe al- meno munirla di un Comitato d'azione — eletto dal Congresso o da lei medesima, ma non obbli- gatoriamente ed esclusivamente nel suo seno — che assistesse e integrasse l'azione del Segretario nelle iniziative più urgenti. La parola di Giovanni Zibordi. Riprodotto il triplice ordine del giorno, relativo alla questione ministeriale „ , lo Zibordi, nella sua Giustizia, scrive quanto segue: Questo ordine del giorno dei socialisti milanesi, che significa una reazione a quel che si potrebbe chiamare l'eccessivo parlamentarismo di una parte dei nostri compagni Deputati, segna anche una divergenza nel campo del cosidetto riformismo. Divergenza di conce- zione, non di uomini: divergenza che non ha in sè nulla di acre e di triste, perchè non vi sono di mezzo ran- cori, invidie e basse passioni personali, di quelle che disonorano un partito e sfiduciano e avvelenano l'a- nima popolare: ma divergenza incontestabile. Neppure si potrebbe dire divergenza di idee nè di me- todi. È piuttosto una differenza nella valutazione della realtà, nella valutazione del grado e della fase cui è giunto il Partito e la classe lavoratrice in Italia. Bis- solati, Bonomi, alcuni altri, agiscono e manovrano e si aguzzano l'ingegno in strategie parlamentari e mi- nisteriali, che non contravvengono, fondamentalmente,' ai nostri principi e ai nostri metodi, ma sarebbero ot- timi se l'esercito nostro fosse assai più numeroso e maturo: anzi, (per alcune parti d'Italia si può doloro- samente dire addirittura così), se questo esercito ci fosse. Essi valutano eccessivamente l'opera entro la Camera, e intorno e magari dentro gli organi governativi: ec- cessivamente, non in senso assoluto e perchè essa non sia davvero importantissima, ma in senso relativo al grado attuale di sviluppo del Partito e della massa che ci segue,.... e di quell'altra che non ci segue perché noi non curiamo abbastanza il lavoro di seminagione e di prcselitisnao. Enrico Ferri avea fondato le sue baldanze rivoluzio- narie, e fonda oggi le sue tendenze possibiliste, su un ottimismo sincerissimo e spiegabilissimo in lui, avvezzo, come i sovrani, a vedere il popolo " vestito a festa „, cioè a vederlo infiammato ed entusiasmato dalla sua eloquenza, a giudicarlo assai più maturo, più pronto più evoluto di quel che non sia, cessato l'ardor del Comizio. Bissolati, Bonomi, Cabrini, da una parte opposta, sembrano arrivati a un medesimo ottimismo, più strano e ingiustificato in loro, perché non è da credere essi suppongano il popolo e in genere l'ambiente d'Italia più progredito di quel che non sia. Anzi (specialmente per Bissolati) si direbbe che l'intensificarsi della loro opera parlamentare derivi da una sfiducia nelle forze del popolo: al quale — poi che esso sa poco aiutarsi da sè — essi s'argomentano di portar aiuto con un'a- zione legislativa: forma, anche questa, di patronato, non scevra di pericoli. Ma accade tuttavia che essi manovrano — onesta- mente, nobilmente finché si vuole — alla Camera e in- torno al Governo, come se le condizioni del paese e del proletariato fossero infinitamente più adulte e si- cure. E quell'opera, che in altre circostanze sarebbe preziosa perché integrerebbe sinceramente tm edificio solido e una situazione reale, rischia non solo di riuscir inutile, ma pericolosa, perché svia con illusioni il po- polo dal suo lavoro, e perché stacca essi e la loro azione dalla massa. L'ordine del giorno di Milano ha per noi questo gim stissirao significato: di controvapore a tale illusione; di ammonimento a intensificare l'opera in mezzo ai la- voratori, per accrescere militi al partito, inscritti alle associazioni proletarie, nuclei di forze e di coscienze nuove, col Circolo, con la Lega, con la Cooperativa, col libro, con l'organizzazione, con l'educazione, con la battaglia. Brevi osservazioni nostre. In sostanza, noi concordiamo col pensiero e col giudizio di Giovanni Zibordi. Per questo votammo — anzi cooperammo a emendare ed a completare — la formula della Sezione milanese, e la rivote- remmo lietamente al Congresso, E forse qualcuno ricorda come, in altro stile, ma lo stesso argomento dello Zibordi, noi svilup- passimo a lungo, allorquando commentammo in queste pagine la non ascesa al potere del Bisso- lati, spiegandola e giustificandola un po' a ritroso

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