Critica Sociale - Anno XXI - n. 16 - 16 agosto 1911

24S CRITICA SOCIALE LA NOSTALGIA DEI MIRAGGI (Controreplica a Tullio Colucci a proposito della " crisi del socialismo „) Forse.... non è che Iena questione di. parole.— (Dall'esordio dell'articolo precedente). Se « la parola » non avesse altro maggior pec- cato, da quello, caro Colucci, da Voi ricordato, che le attribuì rayllerand (e certo a lui parve un pregio), di aiutarci a dissimulare altrui il nostro pensiero, potremmo, dovremmo esserle molto indulgenti. Ben di peggio fa la mais femmina! Il nostro - pensiero, sovente, essa lo dissimula a noi; lo stroppia, lo sfi- gura dentro nostro cervello, per fregoia lenona di servire ai nostri più occulti e meno consapevoli e non sempre ideali bisogni... li se — sarebbe il caso vostro! — la assistono ingegno acuto e buona fede sicura, tanto più sottile è l'insidia e più si propaga. Sarebbe, senza le parole, possibile il sofisma? Ma noi più non tenta, no, la brillante scherma- glia, cui ci adesca la replica di Tullio Colucci. il quale dalla nostra glossa non altrimenti si difende che col ripigliar l'offensiva, ingegnandosi di atta- nagliarci netta morsa di talune nostre contraddi- zioni verbali. 'Buon pro! Non ci dibattiamo. /Vane- bimus optime! Conosciamo, anche, la ricetta. Si accostano e si accozzano i pensieri — o le frasi — del contraddittore per le punte estreme; i cocuz- zoli stridono. Si gioca e ci si destreggia coi voca- boli, sempre polisensi, più o meno. Uosl, senza malizia, per dimostrare una tesi; per far dell'arte. Potremmo, con minore artificio, provarci a dimo- strare all'amico che tutto il suo discorso, per con- cludere alla crisi irreparabile, si regge su una equa- zione, i cui termini non si equivalgono, anzi repu- gnano: « miraggio = mito = ideale = socialismo». Se un anello si smaglia, la catena si slaccia; il ca- stello di carte precipita. Ma parrebbe pur sempre un inane, se pur rutilante, giostrare dialettico. — Vorremmo penetrare più a fondo: sotto le parole; sotto il pensiero; nello « stato d'animo>< — diffuso, pur troppo, nei nostri giovani — che genera quel pensiero e lo adorna di quelle od altre somiglianti, e anche smaglianti, parole: piene tuttavia di trap- pole, che ci conviene smontare... — Con parole, sempre con parole!... — Si; ma, se ci riescisse, con parole krumire; ri- belli allo spirito di corpo della loro maliziosa cor- porazione. *** Intanto, e innanzi tutto, una onorevole arnmenda. - Quei fantastici miraggi dispersi del socialismo ini- ziale ci pesano sulla coscienza, come una involon- taria diffamazione. Colucci, lieto di scovarvi il reo confitente, ad essi si aggrappa come a cosa Salda, Per brandirli e vibrarti sul nostro capo e sul sodia- lismo... facendo, s'intende, le viste di amaramente rimpiangerli, contro noi che, cinicamente, non li rimpiangiamo. - Confessione: nel nostro gergo quei miraggi non furono tali se non• per metafora. E peste, un'altra volta, alla letteratura! • .. Non erano, invero, fantasie campate nell'aria, fat- te eli nube e di vento. Erano squarci e blocchi di realtà preintuita, -così come allora si poteva, con- densata, schematizzata, costretta in sintesi violenta. Fedeli quanto può esserlo ogni previsione. È falso, dunque, lo scorcio? Falso il panorama, dominato da lunge, sol perchè, nel percorrerne i sentieri, •il paesaggio, mano mano, distendendosi, ci si muterà sotto i passi? 2 a questa legge prospettica che la prima visione marxista deve sopratutto quel carattere fosco, tra- gico, fatale — « catastrofico », come fu detto — quei contrasti violenti di luci e di ombre, di cuspidi e di precipizi, a cui parve, quindi, la storia appor- tasse maternamente i suoi errala-corrige. Per chi del socialismo e della Moria -- che sono movimento e divenire perenne — ha la concezione statica che i predarviniani si facevano delle specie e dei regni naturali; ogni successivo momento nega il prece- dente, da cui sorse e che pur lo contenne — lo supera, per dirla collo stil novo —; la storia è tutta un cimitero. Cosi il socialismo, che, per di- venire, diventa, di necessità, tutto riformismo (que- sto il Colucci vide bene) anche in coloro che il ri- formismo dileggiano; cotesto socialismo è un so- cialismo che muore. Altra cosa è quella che sopravvive. Deve suben- trargli... l'erede. Per la concezione dinamica, non vi è altra forma e modo di sopravvivere — anzi, di vivere — che svilupparsi e mutare; il de cujus e l'erede sono una sola persona; sono l'ieri, l'òggi, il domani. E, in realtà, dei due elementi essenziali del., pa- norama marxista — la lotta delle classi, strumento; la socializzazione dei mezzi di produzione, sbocco, finalità, soluzione — quale é smentito dai fatti? quale potrà esserlo mai 'dalla logica? che altre vie si dischiusero per pensare risolti e risolvere gli antagonismi profondi che la società capitalista chiu- de nel seno? O non reca, anzi, ogni giornata, alla realtà di quei miraggi, un nuovo documento,. un adempimento nuovo? E allora che cosa -é crollato, che si debba rim- piangere ? Per che cosa verseremo in eterno, come sui fiumi santi di Babilonia le tribù d'Israello, il torrente inesausto delle nostre lacrime? Perocché in quei due combinati elementi — lotta di classe, socializzazione progressiva — è tutta — non nel pensiero, nei fatti — la rivoluzione socialista! È crollato —si insiste — il senso religioso; la magia del mito; il fascino arcano delle speranze inef- fabili; il misticismo; la « rivelazione »; il prodigio! Bene sta; bene sta! — abbiamo risposto. — sgombriamo, di tutte queste cose, perfino l'impor- tuno ricordo! Ma, anche qui, qualcosa è forse da rettificare. Perchè quel misticismo non .potè essere, non fu, nel pensiero dei maestri, del precursori; doveva essere, fu, nei cervelli della folla seguace; nella antica mentalità riluttante, tutta ancora impregnata della fede tenace nel miracolo. L'otre vecchia cor- rompe il vino nuovo. Ma, se dottrina fu mai, che quella fede demolisse, non scalfendola già col sillo- gismo sottile, ma squarciandone l'involucro e denu- dandone l'intimo artificioso congegno; se fu mai dottrina di determinismo schietto e di realismo bru- tale, che cacciasse dalla vita tutte le vecchie menzo- gne del moralismo, 'del finalismo, del provvidenzia- lismo, del romanticismo sociale; fu la dottrina mar- xista! Perchè, dunque, rimpiangere il mito, come una idea-forza perduta? Non è morto, e ben morto, dal- l'istante che voi stessi lo inchiodaste alla berlina di quel nomignolo? *** Ma vi è un altro arcaismo mentale, che ritorna, ostinato e sintomatico, nelle omelie funerarie di Tullio Colucci. Egli sogna una specie di « cenobitismo » socia- lista. Egli infatti una cosa lamenta sovra tutte, e in essa legge, angosciato, la condanna indeprecabile del socialismo: le utilità che esso, mano mano, conse- gue; l'edonismo che vieppiù lo contamina. L'idea-

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