Critica Sociale - XX - n. 18-19 - 16 set.-1 ott. 1910

288 CRITICA SOCIALE militarismo ha tutto' dil temere e da perdere; quello della horghcsia, che vuò essere milibtl'i~t~,.e c!1e I.e suggestioni della casta militare, le cup1d1g1c d1 pn– vati speculatori che vi giocano il loro terno al lot~o, le paure per l'ordine interno, possono far che lo s.1a, I due interessi si sostanziano in due opposti e decisivi apprczzaincnti della importanza comparativa dei bii,;oo-ni militi~ri e dei bisogni ci vili. Sotto le pa– role che° si accozzano, è un conflitto di forza, dissi· mulato. A seconda che l'uao o l'altro apprezzamento prevalga, si spostano le " necessità della difesa ,,, modificandosi la nostra politica estera, che è fatta da noi., e si allarg,t o si restringe la " potenzialità. economica 11 • Ond' è che la miglior difesa - forse l'unica, oggi - contro ulteriori :ium~nti di spese militari o in pro della loro dim111uz10ne, starebbe nel 11ilfuso senso -- nel Partito e fuori - della, ur– gente necessità delle "riforme che costano,,; sarebbe l'ipo eca presa, sup:lì incrementi dei bilanci, dalla scuola, dalle pensioni operaie, dalle opere civili. 11 solo antimilitarhnno veramente efficace è la forza - se esiste - del socialismo riformatore. V. li 11roble111a l"ornla111entnle. Come le riformo si ottengono. Le questioni <li tattica. La t'orza e l'indirizzo del I>artito. Le riforme si conquistano in ragione della forza che il Partito e il proletariato sanno spiegare. Se non ce lo dicesse il nrn,tel'ialismo storico, basterebbe il HCnso comune. Come, innanzi tutto, acquistare questa f'on;a? Questo il problema dei problemi. E per " forza,, non s'intende nè la violenza, che piìt spesso è confessione di debolezza, e i cui etl:etti, se anche fortunati, non si mantengono, perchc la natura e la storia non si lasciano truffare; nè la sola forza materiale e numerica, l'organizzazione che è semplice ag-greg-ato meccanico di unità passive ed inerti: u11 1 avanguarclia agile e destra può supe• rare resistenze e trascinare poi seco l'intero esercito, dove l'orda, cento volte più numerosa~ sarebbe dis– persa. Non bastanò, a costituire la forza politica, abilità di dirige1,ti 1 o impeto di masse. Ma vi con– fluiscono tutti questi e gli altri coefficienti, che d~nuo, nelle epoche storiche, la prevalenza a dati gruppi o classi sociali, e un'analisi minuta dei quali eccederebbe il nostro còmpito. li coraggio disperato, che può s1>ingere alla riscossa un proletariato, che - giusta la classica frase - " non ha nulla da perdere fuorchè le proprie catene,,, rovescerà un ostacolo, precipiterà una catastrofe già matura - non costrurrà una società economica nuova. I~ neanche è piit vero oggimai che il prole– tariato nulla abbia thL perdere; come ogni bellige– rante mal destro, può mettere a repentaglio le con– quiste già fatte e quelle avvenire. LH. preoccupazione idealistica di un grande fine sociale, la coscienza di portare nelle proprie bandiere i germi di una civiltà superiore, sono pure una. for;,:a, che i veechi partiti e le classi dominanti invidiano al proletariato socia– lista, e che in parte compensa le maggiori armi di or– ganizzazione, di coltura, di ricchezza 1 che quelli pos• seggono; ma, fuorchè negli asceti, anche l'idealismo esige un sostrato di moventi egoistici fortemente sentiti. Arte dei partiti è contemperare questi egoi– smi, convergendoli a un fine comune più alto. La storia, spassionatamente interrogata, ci insegna. che tutte le energie umane collaborano alle grandi evoluzioni sociali;· che ogni metodo - dal pilt rivo– luzionlLrio al più conciliativo - ha. la sua ora nel– l'eclettismo delle cose. C'insegna che quelle, che par- vero rivoluzioni improvvise, non furono che lo scoppio di forze lungamente latenti nel sottosuolo sociale, infine prevalse; la società, come la natura, non pro• cede per imboscate e per colpi di mano.- Nessu:,ia . classe dominante tramonta, che non abbia esaurito il suo còmpito; nessuna le sottentra, che non ~bbia le capacità, tecniche 1 politiche, morali, per comp1ern~ l'ufficio. E, più il tessuto sociale si estende e s1 complica, di tanto si attenua l'influenza ~oci~I~ degli • 1 eroi ,,, di fronte a quella del!e molt1tudrn~ anonime. La storia diventa sempre piu fenomeno dt massa. La influenza del proletariato si misurerà dunque dall'assieme delle sue concrete energie civili e so– ciali. La tattica può potenziare queste forze - non potrebbe sostituirle, nè saprebbe distruggerle. li partito socialista avrà, appunto, nella storia mo– dcnrn, questa insigne benemerenza, che neppure gli avversari sinceri gli disconoscono: di avere suscitato una massa di energie nuove nel proletariato; di aver fotto di una plebe un popolo. .E'osse pure il socia– lismo un mito, si~rebbe pur sempre un mito rigene– ratore. Eppnre, ancor oggi, mentre il Partito socialista italiano - a malapena ventenne - si appresta al suo undicesimo esame di coscienza, udiamo d'ogni parte levarsi voci di sconforto e di recriminazione. Non i soli avversarì celebrano la sua morte - vecchio esercizio retorico, troppe volte ripetuto, per supporre che essi stessi lo prendano sul serio. Nè sono i sindacalisti, che, assorti nell'idolatria del loro sogno avvenirista, ripudiano questo inutile ingombro, che è il nostro Partito. :Ma i su1rnrstiti e gli epigoni del rivoi uzionarismo ortodosso riesumano i loro schemi fossilizzati e lanciano a tutto ciò, che il Partito ha fatto nel decennio che si chiude, le loro scomuniche maggiori. Ben potremmo passar oltre - rispettosi di cotanta tenacia di fedi, superate dall'esperienza - convinti che il Partito, che già troppo ha gustato ai frutti dell'albero del bene e del male, non rinnegherà la vittoriosa eresia, non caccerà Satana indietro; se non fosse che un'eco di quelle stesse querimonie risuona nella censura di altri compagni, che p.ur furono, e vantano di essere tuttora, con noi nelle premesse teoriche della dottrina. Dobbiamo dunque dissipare gli equivoci, affinchè non avvenga che questi " riformisti malcontenti ,,, questo nostro " centro si· nistro r.-, costituiscano, coi superstiti del rivoluziona• rismo vecchio stile, una di quelle ibride coalizioni, delle quali il Partito fece già l'esperienza e sa quanto costano! Si parla di decadenza del Partito, di deviazioni, di degenerazioni, di dedizioni e tradimenti; di un minimismo riformista e particolarista., che si nutre di briciole mendicate, e nel quale ogni unità di pensie1·0 e di volere sarebbe andata sommersa. Il Partito - lamentano - vuole, disvuole, abbraccia mille cose e non ne stringe nessuna. Questa vaga venere lo snerva, e i seguaci lo abbandonano, e il movimento operaio se ne allontana. E si fanno pre• sag-i sinistri sul suo de~tino, se non muta a tempo la rotta! E le teste di turco sono sopra.tutto l'organo cen– tra.le - l'Avanti! - e il Gruppo Parlamentare. Non si cerca come funzioni la massa del Partito. Anche delle deficienze di questo, sono quelli i responsabili. Je suis tombé par terre, C'est la fcrnte à Voltaire/ traduzione del paesano: " piove; governo ladro! n Quest'ultimo rilievo non tende a un palleggiamento di accuse fra giornale e Gt·uppo e Partito, che sa~ rebbe un piato di comari. Tende ad altro e più

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