Critica Sociale - XX - n. 6-7 - 16 mar.-1 apr. 1910

CRITICA SOCIALE stra tesi che non all'accusa che ci vien mossa; tutto cio, diciamo, non distrugge il fatto) di intuizione elementare, che, fin quando il movimento femminile pel suffragio resti limitato a uua specie di sport signorile, e non sia volto a suscitare nelle ma~se lavoratrici femminili la coscienza dell'interesse di classe che la conquista del suffrngio munirebbe di valide difese, tale movimento - agli occhi almeno del socialismo e del proletariato - apparirà con• dannato alla sterilità pili assoluta, e ht conquista del voto universale - in qualunque ora della. storia sembri diventare imniinente - a1>parirà meno ur– gente nel suo aspetto muliebre che nel suo aspetto maschile. Il dire questo, o anche gridarlo sui tetti - non ne spiaccia alla mia severa denunziatrice - può risultare più utile, come stimolo 1 al progresso del movimento femminile democratico e proletnrio, che non sia. il comodo e più galante sorvolare sulla que• stìone; sotto il silenzio rimanendo intatte le ragioni profonde, che fanno del suffragio femminile, ancora oggi, a troppi occhi, in Ualia, un'ìucognita perico– losa, e quindi un incaglio e una cagione di ritardo, tanto al trionfo di se stesso, quanto a quello della. estensione, uni o plurisessuale, dt:!lsuffragio politico. . FILIPPO 'ruttATI. IL PROBLEMA DELL' EMI6RAZIOHE Yl. Il bilancio del bene e del male. Chi si contenta. di discutere dell'emigrazione dal solo punto di vista teorico od accademico 1 conclude agevol - mente, dando un colpo alla botte o l'altro al cerchio: che il fenomeno ò un male o un bene al tempo istesso; che reca indiscutibili v11ntaggi ma anchl? gravissimi danni; che i buoni frutti economici sono equilibrati dai pessimi frutti morali; che, in op,ni modo, si tratta d'un male necess1t.rio 1 e via di seguito. Noi, che ci siamo proposti di decidere quale debba essere, in questo campo, l'azione dello Stato: se debba cioè favorire, direttamente o indirettamente 1 l'emigra– zione, o, Indirettamente se non dir~ttamente 1 debba rre– narla, non ci possiamo accontentare di conclusioni vaghe, indecise, amorfe. A qualunque costo ci corre l'obbligo di prendere partito tra il sì e Il no, anche se In saggezza del poi avesse a dimostrarci che ci slamo sbagliati. E 1 com'era prevedibile dopo tutto quello cbe abbiamo scritto, concludiamo con l'affermare che, allo stato at– tuale delle cose e per quanto oggi ci è dato conoscere, l'emigrazione costltuiece, in genere, pili un vantaggio che un danno. In genere, perchè - Io dicemmo e lo ripetiamo - un fenomeno cosl vasto e complesso non può a tutti gio– vare. ]lcilto giovamento, tra gli altri, non ne hanno certo ricavato i proprietari grossi e piccini, specialmente i piccini. Quelli grandi hanno saputo in buona parte ri– farsi con la vendita ad usura dei terreni, e più potreb– bero rlvalersi se sapessero svegliarsi dalla secolare apatia e applicassero atl'agricoltlira i capitati che tengono a dormire nelle Banche . .Allora le macchine supplirebbero in gran parte alla sçarsità delle braccia. 1 piccoli proprietari, invece, sono stati i più scossi. Abltiuati a ricanlre dai loro posse·ssi, mediante lo sfrut– tamento esoso dei lavoratori, quel tanto che loro abbi– sognava per vivere in ozio, ora, che di lavoratori a buon mercato non ne trovano più, si vedono al perso, e con più rame di prima si gettano aulle amministrazioni pub- bllche Iocall 1 e le depredano, connivente il ùoverno. 'l'rornno In tal modo nella politica 1 chiamiamola così. un qualche compeuso ai danni che dall'emigrazione ri– cevono noi campo economico. Un nitro compenso pili onesto lo trovano nella burocrazia, che ormai da pie– moute~e ò divenuta, del tutto o quasi, meridionale. Ma queste risorse non bastano a risarcirli del perduto bene, e ogni giorno più precipitano alla rovina. 11 Udendo lo deposizioni di alcuni di questi piccoli pro– prietari - osserva Adolfo Rossi - si ricevo l'impressione che essl erano abituati a vivere col prodotto degli ar~ fitti di minuscoli poderi quando In mano d'opera costa\·a dieci soldi al giorno cd anche mono; e, mentre essi im• precano contro l'emigrazione, si pensa so non costi– tuissero una specie di parassitismo a dauno dei lavora– tori dei campi. Non essendo questi piccoli proprietari abituati al lavoro manuale, non hanno oggi neanche la possibilità di emìgrnre, e così i modesti contadini stanno ora realmente meglio dei loro antichi padroni. 11 Questo capovolgimento delle condizioni sociali, questo elevarsi dei contadini e discendere dei padroni, è il fe– nomeno più caratterbdico dell'emigrazione, ed è il pit'1 generale, come ha pure notato, ultimamente, la Com– missione d'inchiesta sui contadini del Mezzogiorno. 11 Si può dire - ha HCritto la Commissione per quanto riguarda lo Puglio, ma ripetendo l'osservazione anche per le altre regioni - che la regione pugliese attra– versa un periodo di trasformazione, di crisi sociale. ctata dal decadere della cla'Jse dei medi proprietilri borghesi, o dall'elevamento, ove più, ove meno sensibile, di quella dei contadini. La posizione cli questi mcdl proprietari ò oggi dh·enuta insostenibile, per i cresciuti bisogni e per l'aumento dei s6.larì, .che ò stato non solo generale, ma sensibilissimo a causa della rarefa:,;ione di braccia J)l"O– dotta dall'emigrazione. Forse essi potrebbero ancora sah'arsi, ma ad una condizione: quella dì discemlere di UD gradino la scala sociale, tornando ad essere proprie• tari coltintori; soltanto a questo patto potrebbero evi– tare di essere travolti dalla crisi. 11 Contro di loro si afferma intanto una nuova demo– crazia rurale, o sempre piì1 li incalza, costituita drii contadini tornati dall'emigrazione, con la mentalitit al– largata per le nuove idee acquistate e con piccoli capi• tali frutto dei loro risparmi, e da coloro che, in qualche paese, pur senza emigrare, riuscirono a migliorare le loro condizioni a furia di lavoro e di risparmio. Questi gli avversari, o oggetto della grande contesa la terra: dalla lotta uscirà non solo e non tanto una trasforma• zione di Cultura, quanto una trasformazione sociale. 11 Ora, è appunto in questa trasformazione sociale che noi \'ediamo il più grande beneficio del mo,•imento emigratorio e il principio della resurrezione del )fczr.o– giorno. Quella piccola borghesia meridionale, resa in– ca.paco alla lotta dalla piì1 ignobile indegnità, quella massa di affamati e di degenerati, irritati, malcoutenti. Inquieti contro il Governo, contro I scttentrionali 1 contro tutti, contro tutto; quell'eterno fomite di corruzione 1 di disordine, di disorganizuzione per !"Italia intera, la quale è condannata attualmente a trascinarsi il Mezzo– giorno come un condannato trascina la sua catena, è ben l'ora cbe sia tra,·olta alla rovina, che spnriscn, che muoia, come le augura da UD pezzo uu meridionale di gran mente e di gran cuore, il Sah•èmini. I3enedetta dunque sia. l'emigrazione che n questa palingenesi so– ciale ba cosl validamente contribuito. Naturalmente, ogni sconvolgimento di questa natura, per quanto benefico, produce sulle prime più disordine che ordine. Le classi che si sentono calare a fondo, o che sarebbe bene vi precipitassero al più presto, si ng. grappano disperatamente ai vecchi baluardi e con la I loro resistenza ostacolano 1 ritardano, Intorbidano, ama-

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